RUGGERO da Palermo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

RUGGERO (Ruggerone) da Palermo

Paolo Rigo

RUGGERO (Ruggerone) da Palermo. – Allo stato attuale degli studi non si è in grado di proporre un’identificazione storica definitiva per questo rimatore – probabilmente di prima generazione – della scuola siciliana, cui sono stati attributi dalla tradizione manoscritta due soli testi, le canzoni Ben mi deggio alegrare e l’altra Oi lasso! non pensai.

I materiali storici e i dati letterari su cui lavorare sono pochi e incerti: anzitutto, il prenome Ruggero (la cui equivalenza con Ruggerone è già mostrata da Vitale, 1953 e ripresa con giuste motivazioni da Calenda, 2005, p. 587, e 2008, che ricorda come il canzoniere V riporti due rubriche attributive del tipo Rugierone di Palermo) fu assai diffuso in Sicilia nel Duecento. Inoltre, la produzione poetica – la canzone Oi lasso! non pensai è erroneamente attribuita al Rex Federigo nel Laurenziano Rediano 9 e, nonostante autorevoli studiosi (Debenedetti, 1947; Monteverdi, 1952; Contini, 1952) l’abbiano ricondotta a Ruggero, è stata pubblicata, come testo dubbio di Federico ancora nel 2001 da Letterio Cassata – non offre particolari appigli biografici, a meno che non si vogliano considerare tali le fragilissime informazioni dei versi 8 e 9 di Oi lasso!, «e giammai tanta pena non durai, / se non quando a la nave adimorai», relative a una lontananza che hanno portato a interpretare la figura di Ruggero come quella di un crociato; «semmai, con tutte le cautele del caso e come pura suggestione tematica» (Calenda, 2005, p. 587) i versi possono legarsi all’ambientazione marinara presente nell’altra canzone attribuitagli. Infatti, il rapporto esclusivamente letterario crociati-lontananza-amore è ben evidente fin dalle origini della poesia romanza: basti pensare alla vida di Jaufré Rudel, dove il compilatore (con grande probabilità Uc de Saint Circ) raccontava dell’amore provato per la contessa di Tripoli, sentimento che spinse il trovatore a imbarcarsi per giungere fino alle coste berbere e poi spirare. Infine, merita una riflessione il cognomen da Palermo o di Palermo («de Panormo»). L’identificazione toponomastica potrebbe far supporre una vita trascorsa lontano dalla capitale sveva: in effetti, un notaio di nome Ruggero di Palermo abitò effettivamente a Genova, come viene registrato da un inventario notarile del 4 novembre 1256 (pubblicato da Stefania Mangiante, 1966, pp. 125-128). Documento dove gli esecutori testamentari, tali «frate Anfugio, priore di Santa Maria, e frate Ruffino de Soleno», annoverarono tra gli altri titoli di una piccola ma interessante scorta di libri, conservata «in una cassa che funge da archivio e biblioteca», anche un «liber unus de lingua sarracina et latina» (Mangiante, 1966, pp. 123 s., ma si vedano inoltre Petti Balbi, 1978 e Vitale Brovarone, 1983, p. 11).

Le principali ipotesi identificative sono, quindi, tre: secondo Francesco Torraca (1902, pp. 142, 203) Ruggero sarebbe un frate minore mandato da Federico II presso il re di Tunisi per cercare, poi copiare e quindi tradurre il Libro di Sidrach (pubblicato da A. Bartoli, Bologna 1868) dal «saracinesca in grammatica», ovvero dall’arabo al latino (indizio, forse, da legare al volume appena ricordato presente nella lista del notaio di Genova). Nel volgarizzamento dell’opera il primo traduttore in latino è designato come tale «Frate Ruggieri di Palermo» (p. 7, nella versione francese del testo il nome è Ogier, come nota Vitale, 1953, p. 130). Di altro parere è invece Francesco Scandone: lo studioso, basandosi su un documento del 7 febbraio 1278 – dove si parla di un «filius Iudices Rogerri de Panormo» –, identificò il rimatore con il giudice che dopo il 1242 «poteva benissimo [...] trovarsi in corte» (Scandone, 1904, p. 335) ma ciò mal si accorderebbe, in parte, con il documento genovese del 1256.

Poco aiuta alla corretta identificazione l’opposizione di De Bartholomaeis (1943, p. 138) formulata in risposta all’ipotesi di Torraca: l’improbabilità di riscontrare un francescano alla corte di Federico è solo il risultato di un supposto ateismo dell’imperatore, smentito però dalla recente critica storica. Esemplare è, a tal proposito, non solo il rapporto che Federico ebbe con frate Elia, il celebre generale dell’Ordine dei minori deposto nel 1239 e poi stabilmente parte della corte dello stupor mundi (Kantorowicz, 1976, pp. 501-503 e il più recente lavoro di Alberzoni, 2014) ma anche la leggenda della conversione in limine dell’imperatore narrata da Matthew Paris nella sua Chronica majora. Si tratta senz’altro di una leggenda, che però ha il merito di mostrare quanto l’atteggiamento anticlericale di Federico, soprattutto verso i francescani, non fosse poi così netto. La possibilità, inoltre, che un religioso, magari chierico, fosse in quell’epoca anche notaio è stata ben spiegata e documentata dallo stesso Kantorowicz (1976, pp. 356 s.).

La terza sottile ipotesi di Vitale Brovarone (1983, pp. 12 s.), che fa di Ruggero un intellettuale – tanto religioso quanto notaio – spentosi a Genova, forse sulla via del ritorno in Sicilia, è la soluzione che, seppur risultato di una congettura, fornisce, almeno, un’interessante sintesi tra i pochi indizi di cui siamo al corrente. Se si pensa a un Ruggero ‘genovese’ (come re Enzo fu a tutti gli effetti ‘bolognese’) si potranno considerare utili alla stesura della biografia anche gli importanti dati stilistici riconosciuti da Maurizio Vitale (1953, p. 141), secondo cui, visto che nelle canzoni i «tratti non siciliani sono pochi», Ruggero sarebbe anche poeta «della prima generazione», caratteristica che potrebbe essere confermata – ma si tratta sempre di una considerazione ope ingenii – dalla posizione che occupano le due canzoni del rimatore nel Vat. Lat. 3793. Nel grande collettore della lirica delle origini, le canzoni di Ruggero sono contenute quasi interamente nel foglio 13v (solo mezzo verso si trova sul 14r) e interrompono una serie federiciana (iniziata con Dolze meo drudo, e vaténe!, in cui l’autore è nominato «Re Federigo», e poi ripresa con De le mia disïanza, con la rubrica intitolata all’Imperatore Federigo).

Qualora fosse verificabile senza alcun dubbio la presenza a Genova di Ruggero – che Dominique Valérian (2006, p. 300) considera iniziata già nel 1224 –, sarà forse possibile avvicinare il rimatore a Percivalle Doria, anch’egli poeta ma soprattutto condottiero e vicario di Manfredi per varie regioni dei possedimenti italiani e, quindi, al contempo contribuire, ancora una volta, a valorizzare il ruolo di Genova nella diffusione delle tradizioni letterarie romanze in Italia.

Fonti e Bibl.: Le rime di Ruggero sono citate dalla recente edizione I poeti della scuola siciliana, a cura di R. Antonelli - C. Di Girolamo - R. Coluccia, I-III, Milano 2008. Le composizioni del nostro si trovano nel secondo volume diretto da Costanzo Di Girolamo e nello specifico sono state curate da Corrado Calenda (ibid., pp. 497-512; l’edizione delle due canzoni è stata utilizzata anche nel corpus LirIO, Corpus della poesia lirica italiana delle origini su CD-ROM, a cura di L. Leonardi et al., Firenze 2011-2013). Dello stesso studioso preziosa è la voce Ruggerone da Palermo compresa nell’Enciclopedia federiciana, I, Roma 2005, pp. 586-588. Ancora affidabile è l’edizione delle due canzoni pubblicata da Maurizio Vitale nel suo articolo Rimatori della «scuola siciliana» (Ruggerone da Palermo – Folco Ruffo di Calabria), in Bollettino (del) centro di studi filologici e linguistici siciliani, I (1953), pp. 130-151 (le canzoni sono editate a pp. 134-139). Oi lasso, non pensai (con questa forma testuale) compare come dubbia di Federico II nell’edizione delle Rime, a cura di L. Cassata, Roma 2001, pp. 47-61. Per l’attribuzione di Oi lasso! a Ruggero sono fondamentali: S. Debenedetti, Di alcune differenze di attribuzione tra il Vat. 3793 e il Laur. Red. 9, in Studj romanzi, XXXI (1947), pp. 5-21; G. Contini, Questioni attributive nell’ambito della lirica siciliana, in Atti del Convegno internazionale di studi federiciani... 1950, Palermo 1952, pp. 367-395; A. Monteverdi, L’opera poetica di Federico II imperatore, ibid., pp. 351-365; G. Brunetti, Il libro di Giacomino e i canzonieri individuali, in Dai siciliani ai siculo-toscani. Lingua, metro e stile per la definizione del canone. Atti del Convegno..., Lecce... 1998, a cura di R. Coluccia - R. Gualdo, Galatina 1999, pp. 61-92.

Gli studi fondamentali sul rimatore sono: F. Scandone, Ricerche novissime sulla scuola poetica siciliana del secolo XIII, Avellino 1900, pp. 26 s. (dello stesso studioso si veda anche Notizie biografiche di rimatori della scuola poetica siciliana con documenti, Napoli 1904, pp. 332-335); F. Torraca, Studi su la lirica italiana del Duecento, Bologna 1902, pp. 142, 203; A.V. Brovarone, Congetture su Percivalle Doria e su Ruggerone da Palermo, in Studi e problemi di critica testuale, 1983, n. 27, pp. 5-13 (in partic. pp. 9-13). Utili riflessioni sono presenti in V. De Bartholomaeis, Primordi della lirica d’arte in Italia, Torino 1943, p. 138, e in D. Valérian, Bougie. Port maghrébin 1067-1510, Rome 2006, p. 300. Per il quadro generale della cultura sveva fondamentale è E. Kantorowicz, Federico II, imperatore, Milano 1976. Sul rapporto tra l’imperatore e frate Elia si veda M.P. Alberzoni, Frate Elia tra Chiara d’Assisi, Gregorio IX e Federico II, in Elia di Cortona tra realtà e mito. Atti dell’incontro di studio..., Cortona... 2013, Spoleto 2014, pp. 91-122. L’atto notarile che include l’inventario dei beni del notaio Ruggero di Palermo è pubblicato da S. Mangiante, Una biblioteca notarile duegentesca, in Miscellanea di storia ligure in memoria di Giorgio Falco, Genova 1966, pp. 121-128, e poi ripreso da G. Petti Balbi, Il libro nella società genovese del secolo XIII, in La Bibliofilia, LXXX (1978), pp. 1-45.

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