SADDUCEI

Enciclopedia Italiana (1936)

SADDUCEI

Umberto Cassuto

Nome di uno dei partiti del giudaismo negli ultimi tempi dell'età precristiana e al principio dell'età cristiana. Come del partito avverso dei Farisei, così anche di quello dei Sadducei è assai problematica l'origine. Certo è che il partito sadduceo era quello delle classi ricche e dirigenti, costituite principalmente di sacerdoti e aperte alle correnti della cultura internazionale, e che il punto fondamentale di dottrina che divideva i Sadducei dai Farisei, partito popolare abituato invece a racchiudersi quasi esclusivamente nell'ambito della cultura patria giudaica, era la negazione della validità di quella "legge orale", o tradizionale, che i Farisei consideravano obbligatoria al pari della legge biblica scritta. Collegando fra loro questi dati, dovremo probabilmente immaginarci come segue il processo storico attraverso il quale vennero a costituirsi e a contrapporsi i due partiti. Quando la lotta intrapresa dagli elementi fedeli alla religione giudaica nazionale, sotto la guida degli Asmonei, per reagire contro l'indirizzo ellenizzante che era divenuto una seria minaccia per l'esistenza ulteriore dell'ebraismo, si concluse vittoriosamente, la tendenza all'ellenizzazione radicale fu bensì troncata per sempre, ma tuttavia i dissensi religiosi ricomparvero tosto. Le cerchie popolari, ormai entusiasticamente legate a quel sistema nazionale di vita religiosa per la cui conservazione avevano combattuto e vinto, erano tratte a considerare parte integrante di questo sistema, insieme con le norme della legge biblica, anche quelle costumanze e credenze popolari, a cui esse erano tradizionalmente abituate; e i dottori Farisei che provenivano per la più gran parte da queste cerchie si sentivano anch'essi avvinti da profondo affetto e da intima reverenza a tali costumanze e credenze, fino a ritenerle, anche se non erano state raccolte e consacrate nella Torah scritta, egualmente obbligatorie come "tradizione degli antichi" o come "legge orale". E poiché queste cerchie popolari, e con esse i dottori Farisei, nella loro semplice vita restavano lontani dalla politica e dai rapporti internazionali, era loro possibile ignorare deliberatamente presso che ogni elemento di cultura straniera o comunque profana, e ispirarsi nella loro condotta unicamente a criterî religiosi. Invece, era ovvio che le classi aristocratiche non acconsentissero alla consacrazione delle concezioni popolari accolte dai Farisei come "tradizione degli antichi", e che esse si limitassero invece a dare valore a ciò che era esplicitamente contenuto nella legge scritta, ormai accettata come codice sacro del giudaismo. D'altra parte, era naturale che queste classi dirigenti, e con esse gli stessi Asmonei divenuti sovrani, dovessero, dati i loro rapporti con l'estero e le necessità della vita statale, giudicare impossibile il circoscrivere il loro pensiero nell'esclusivo ambito della Torah, chiudendosi del tutto agl'influssi della cultura straniera e alle considerazioni di ordine politico e lasciandosi guidare soltanto da considerazioni d'ordine religioso. Così, per un graduale e spontaneo processo, si sarà venuto formando a poco a poco il contrasto fra i Farisei e i Sadducei, col quale venivano a ricomparire di nuovo, se pure con minore asprezza e con minore distanza fra le due posizioni, dissensi simili a quelli precedenti fra i fedeli seguaci della religione giudaica e i fautori dell'ellenizzazione. Non è probabile che l'origine debba essere ricercata in un singolo fatto determinato, come alcuno vorrebbe, congetturando una scissione che sarebbe avvenuta in seno al sinedrio, verso il 175 a. C., fra rappresentanti dell'aristocrazia sacerdotale e rappresentanti delle classi popolari.

Il nome Sadducei (ebr. Saddūqīm, gr. Σαδδουκαῖοι) non deriva, come fu da alcuni supposto, dall'aggettivo ebraico ṣaddīq ("giusto", "retto"), nel qual caso mal ci potremmo spiegare la vocale u, ma piuttosto da un nome proprio, che nella Bibbia è vocalizzato Ṣādōq ma la cui pronunzia Ṣaddūq è attestata dai LXX, almeno per i libri di Ezechiele, Ezra, Nehemia (la recensione di Luciano ha dovunque Σαδδούκ) e da antichi manoscritti vocalizzati della Mishnāh. L'uomo che così diede il nome al partito non era, come suppone una tarda leggenda rabbinica, uno dei dottori che fraintendendo un insegnamento del suo maestro Antigono di Sōkōh ne ricavò una dottrina eretica, e neppure un qualche sconosciuto Ṣaddūq fondatore del partito, ma piuttosto il capostipite dell'antica famiglia sacerdotale dei "figli di Ṣādōq", che, secondo il programma ideale della costituzione di Ezechiele, doveva essere l'unica famiglia esercitante il sacerdozio nella Giudea rinnovata, e che di fatto fu, se non l'unica, la preponderante. Onde dire Sadducei valeva quanto dire appartenenti al partito della schiatta sacerdotale dominante.

Della dottrina dei sadducei e del loro sistema di vita non abbiamo la possibilità di tracciare un quadro preciso e particolareggiato come ci è dato fare per i Farisei, perché, mentre per questi abbiamo amplissime notizie nella vasta letteratura rabbinica, che è appunto il prodotto dell'attività delle scuole farisaiche e di quelle che le continuarono, dall'ambiente dei Sadducei non ci è pervenuto nessun testo. Non che essi non possedessero loro insegnamenti e loro testi. È assai probabile che, sebbene essi respingessero la tradizione farisaica, si fosse però formata anche presso di loro una dottrina relativa all'interpretazione e all'applicazione della legge biblica (esempî della hălākāh sadducea si trovano citati qua e là nella letteratura rabbinica); e questa dottrina, per quanto non dovesse essere rigidamente fissa (se è vero quel che ci riferisce Giuseppe Flavio, che i Sadducei consideravano un pregio l'esprimere apertamente il dissenso dai proprî maestri), sarà stata certo depositata in testi scritti. Uno di questi sarà da vedersi nel sĕfar gĕzērāta che è ricordato in un testo rabbinico. Ma questa letteratura sadducea è andata perduta. E il cosiddetto "scritto di Damasco", scoperto dallo Schechter nella gĕnizāh del Cairo e da lui pubblicato (1910), non sarà certo un prodotto del classico partito sadduceo, ma tutt'al più di una diramazione di esso o di un gruppo religioso ad esso affine, e comunque presenta notevoli concordanze col farisaismo, sicché scarsa luce può darci. L'attribuzione poi, da alcuni sostenuta, di libri come l'Ecclesiaste o l'Ecclesiastico o il I Maccabei ad autori sadducei, è troppo ipotetica per poter servire di base per costruzioni ulteriori.

Alcune notizie sulla dottrina dei Sadducei ci sono date da Giuseppe Flavio, ma esse non possono essere accolte se non con qualche riserva, non solo perché Giuseppe, essendo fariseo, era un avversario dei sadducei, ma anche e più perché egli, scrivendo per il pubblico greco e romano, si vale nella sua esposizione di colori tratti dalla cultura classica, e presenta i partiti dell'ebraismo quasi come scuole filosofiche. Gli elementi che egli ci porge si possono riassumere nei seguenti punti: 1. I Sadducei negano recisamente l'esistenza del destino (εἱμαρμένη) e la prescienza divina, ammettendo integra nell'uomo la libertà del volere e la facoltà di scegliere fra l'operare il bene e l'operare il male, e quindi di attrarre su sé come giusta sanzione, il benessere o la sventura. 2. Negano altresì (e questa negazione ci apparirà logica conseguenza del loro pensiero circa le sanzioni in questa vita) l'esistenza di punizioni e di premi nell'Ade, e addirittura la persistenza dell'anima dopo la morte del corpo. 3. Negano anche che da Dio possa provenire il male (e ciò pure sta in rapporto logico col loro porre l'origine del male nelle cattive azioni dell'uomo). Il secondo punto è espresso in modo più conforme alle genuine idee del giudaismo nel Nuovo Testamento (Matt., XXII, 23; Marc., XII, 18; Luc., XX, 27; Atti, XXIII, 8; cfr. IV, 1-2), che riferisce essere negata dai Sadducei la resurrezione dei morti (cfr. Mishnāh, Bĕrākōt, IX, 5, e Talmud babil., Sanhedrin, f. 90 b). In Atti, XXIII, 8, si aggiunge ancora che essi negano l'esistenza degli angeli e degli spiriti.

Più assai che le divergenze dogmatiche, le quali nell'ambito del giudaismo hanno un'importanza secondaria, dovevano essere importanti per i contrasti e per le polemiche fra i Sadducei e i Farisei le divergenze relative alla hălākāh, ossia alle norme giuridiche e rituali. Però i su accennati esempî di hălākàh sadducea menzionati nella letteratura rabbinica, appunto perché sporadici e casuali, non si prestano ad essere collegati in unità e a darci modo di ricavarne nozioni precise circa il sistema giuridico e rituale sadduceo, all'infuori del principio fondamentale consistente nella negazione della "tradizione degli antichi".

Conseguentemente, data la mancanza di testi provenienti dagli stessi Sadducei, e dato il carattere impreciso o sporadico delle notizie che a loro riguardo abbiamo a nostra disposizione, dobbiamo andare molto cauti prima di osar di racchiudere i loro principî e i loro programmi, come alcuni hanno tentato, in una formula sintetica. È stato pensato di poter definire i Sadducei come conservatori opponentisi alle innovazioni, o come propugnatori del carattere profano del popolo giudaico, o come un partito politico filoasmonaico, o come un'aristocrazia rurale contrapposta a un partito classistico urbano, ecc., ma tali formule non fanno che generalizzare un qualche particolare, e se anche corrispondono ad alcunché effettivamente trovantesi nel sadduceismo, non ne esauriscono certo il contenuto dottrinale e programmatico.

L'importanza politica del sadduceismo nello stato giudaico comincia con Giovanni Ircano. La famiglia di lui, originariamente appartenente al sacerdozio di provincia, era stata per il passato vicina al popolo, ed egli stesso aveva nella prima parte della sua vita aderito all'indirizzo popolare dei Farisei; ma, come è facilmente comprensibile, data la sua vigorosa politica di espansione che richiedeva un'assai maggiore libertà di movimenti e un'assai più larga valutazione dei motivi politici di quel che potesse esser consentito dal farisaismo, a un certo momento egli passò all'indirizzo sadduceo. Il partito sadduceo divenne così il partito di governo, e tale si mantenne anche sotto i successivi Asmonei (salvo un breve periodo di reazione sotto Alessandra). Anche nel periodo erodiano e romano l'aristocrazia sadducea conservò la preminenza, e i sommi sacerdoti appartennero al partito sadduceo. Però, se nella politica i Sadducei ebbero il predominio, nella vita spirituale andarono sempre più prevalendo i Farisei, tanto che nell'esercizio della giustizia e nella prassi del culto gli stessi magistrati e sacerdoti sadducei dovevano, almeno negli ultimi tempi dello stato giudaico, conformarsi all'insegnamento delle scuole farisaiche, perché altrimenti non sarebbero stati tollerati dal popolo. Con la caduta dello stato il sadduceismo, partito essenzialmente politico, scomparve. È tuttavia probabile che in qualche cerchia ristretta e isolata le sue dottrine religiose si siano continuate ancora per secoli, forse non senza influsso sul sorgere e sullo svilupparsi delle sette antirabbiniche medievali.

Bibl.: E. Schürer, Geschichte des jüdischen Volkes im Zeitalter Jesu Christi, II, 4ª ed., Lipsia 1907, par. 26; J. Bonsirven, Le judaīsme palestinien au temps de Jésus-Christ, Parigi 1935, passim; e la bibliografia citata in queste opere (copiose indicazioni bibl. anche presso G. F. Moore, Judaism, III, Cambridge 1930, p. 25).