SAHARA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

SAHARA

Giuliano Bellezza

(XXX, p. 441; App. III, II, p. 645; IV, III, p. 255)

La grande regione sahariana, centrata su quello che è il deserto per antonomasia della cultura occidentale, è stata ancora una volta teatro di notevoli cambiamenti. Se negli anni Sessanta e primi anni Settanta l'evento principale era stato la raggiunta indipendenza da parte delle ex colonie, in seguito la politica interna ha avuto in quasi tutti i nuovi stati notevoli vicissitudini, mentre l'ambiente naturale andava incontro a un succedersi di prolungate siccità.

Dal punto di vista climatico, infatti, l'ambiente è stato sottoposto a stress rilevanti, ma le registrazioni meteorologiche non consentono di affermare che nella regione si siano manifestati fenomeni di mutamento climatico. Le annate aride sono state più numerose di quelle normali (nelle quali la piovosità è comunque scarsa), ma in periodo storico questo è molto frequente nel Sahara. Gli studi recenti hanno definitivamente confermato una tripartizione del S. basata sulla piovosità. Nella fascia centrale le precipitazioni sono prive di periodicità: la pioggia è un fenomeno assolutamente occasionale, senza stagioni preferenziali. A nord e sud della fascia di aridità estrema la piovosità aumenta simmetricamente, ma con due ben distinti regimi: piovosità invernale verso il Mediterraneo, estiva verso il Sahel e il Tropico del Cancro. Nel complesso, comunque, nel corso del passato ventennio, le condizioni climatiche sono risultate piuttosto sfavorevoli e ad aggravarne le conseguenze ha contribuito l'aumento della pressione demografica. All'origine di tale fenomeno vanno poste le migliorate condizioni igieniche, grazie alle quali la mortalità è fortemente diminuita, in modo particolare quella infantile.

Nell'arco dell'ultimo ventennio un forte aumento della popolazione (ferme rimanendo le riserve sui rilevamenti statistici in zone di nomadismo) si è avuto, per es., tra il 1978 e il 1987 in Algeria, dove la popolazione è aumentata del 31% nelle regioni più settentrionali e del 45% nel settore sahariano: nel Mali all'aumento del 39% nelle regioni semiaride ha corrisposto un aumento superiore al 50% nella regione di Gao. Ma in tutte le compagini territoriali abitate del S. si è sensibilmente appesantito il carico demografico, ad eccezione naturalmente delle regioni nelle quali si è combattuto e si combatte tuttora: per es., nella metà settentrionale del Ciad in un decennio la popolazione è cresciuta del 25%, aumento leggermente inferiore a quello del resto del paese.

L'aumento della popolazione risente della particolare realtà economica nel caso degli insediamenti sviluppatisi in zone ricche di risorse minerarie; pur se nessuna di queste ha determinato la polarizzazione verificatasi negli anni precedenti per gli idrocarburi, l'aumento della popolazione sahariana negli ultimi decenni è attribuibile principalmente ad esse. Nei paesi affacciati sul Mediterraneo non si sono avute ingenti scoperte in campo minerario nel settore sahariano, già conosciuto dagli anni Settanta, almeno a grandi linee. Negli altri paesi si sono avute nuove scoperte, ma non nuove attività estrattive. In Mauritania i giacimenti di rame di Akjoujt si trovano tra la capitale Nouakchott e i giacimenti di ferro di Idjil, dai quali era stata costruita una ferrovia che conduceva al mare per la via più breve, fino al porto di Nouadhibou: per aumentare l'estrazione del rame è ora necessaria una nuova ferrovia. L'estrazione di uranio dal massiccio dell'Air (Arlit, Akouta) ha portato il Niger ai primi posti nel mondo; è presente anche tungsteno, ma non utilizzato, al pari della cassiterite di Zinder. La presenza di tungsteno è accertata nel Tibesti, ma il conflitto fra Ciad e Libia, ufficialmente terminato nel 1994, non ha finora consentito di avviare attività mineraria.

Numerosi tentativi sono stati fatti per utilizzare a fini agrari porzioni di S., sollevando acqua dalle falde profonde. All'entusiasmo iniziale ha fatto seguito una serie di risultati negativi; per es., dato che si agiva in zone aride, gli impianti d'irrigazione sono stati realizzati senza preoccuparsi di un adeguato smaltimento; le acque si sono raccolte nelle parti a quota inferiore, evaporando e coprendole di sale, inaridendo in breve tempo quei pochi ettari che nelle oasi si coltivavano da secoli. In Egitto il programma di messa a coltura delle oasi occidentali (la New Valley, da affiancare a quella del Nilo) non è riuscito ad ampliare l'area coltivata, nonostante l'enorme impegno di risorse. In Libia molti progetti si sono dovuti arrestare, dato che le falde profonde cui si attingeva si approfondivano molto più rapidamente del previsto. Si tratta di casi di desertificazione indotta dall'uomo, senza alcun evento climatico a innescare il processo.

Per quanto concerne i nomadi, la loro base economica viene sempre più scalzata da forme di sviluppo economico più moderne, che prendono inesorabilmente il sopravvento. Il loro numero risulta in diminuzione, e tuttalpiù stabile nelle situazioni più favorevoli, in regioni cioè nelle quali non si è ancora manifestato qualche interesse esterno: quello di agricoltori spinti dalla pressione demografica delle zone predesertiche, o di compagnie minerarie. Queste pressioni sono le principali responsabili della degradazione ambientale, che si verifica a ritmi mai riscontrati nella storia precedente.

Pur condannando il sensazionalismo col quale i mass-media informano sul ''deserto che avanza'', va sottolineato che la desertificazione delle regioni circumsahariane è un fenomeno reale. Gli agronomi e i climatologi intendono per desertificazione (v. in questa Appendice) una perdita di produttività rispetto alla situazione precedente. La FAO e l'UNESCO hanno curato la redazione di una carta del rischio di desertificazione, nella quale il margine sahariano risulta essere la zona più esposta del mondo. La causa principale è stata identificata in un'eccessiva domanda all'ambiente da parte umana: dove si è tentato di sostituire l'attività agricola a quella pastorale (costringendo i nomadi verso zone ancor più aride), la si è dovuta in genere cessare dopo pochi anni, e in condizioni di suolo molto impoverite rispetto a quelle iniziali. Gli economisti dei paesi occidentali e i tecnici delle organizzazioni internazionali sono ormai concordi nel ritenere che l'uso del territorio da parte dei nomadi sia effettivamente quello più razionale nell'ambiente sahariano; ma quest'uso si scontra con una realtà demografica rispetto alla quale sembra irragionevole lasciare su enormi estensioni territoriali una densità inferiore a 1 ab./km2.

Se gli agricoltori sottraggono ai nomadi il territorio indispensabile per il pascolo degli animali, ancor più grave è il colpo inferto all'economia dei nomadi dalle nuove vie e dai nuovi mezzi di comunicazione transahariana. La funzione di tramite che questa regione un tempo svolgeva addirittura tra il Mediterraneo e il Golfo di Guinea, tra l'Atlantico e il Mar Rosso, è oggi resa del tutto superflua dalle camionabili e dai mezzi aerei. In Algeria, per di più, le principali camionabili degli anni Settanta sono diventate strade automobilistiche, con fondo artificiale, pur se mal mantenuto, su centinaia di km; stanno migliorando i prolungamenti meridionali di queste transahariane verso il Mali, il Niger e il Ciad. In tali condizioni l'offerta di trasporto di stoffe e prodotti lattieri da parte dei nomadi non è più presa in considerazione, come quella di sale da Taoudenni (Mali), Bilma (Niger) o dal lago Ciad. Spinti dagli agricoltori verso regioni sempre più aride, i nomadi le impoveriscono ulteriormente; loro unica fonte energetica sono gli arbusti e il legname usati per ardere e costruire ripari: nelle zone subaride potevano usarne senza intaccarne la riproduzione; attualmente, in zona arida, li esauriscono dopo pochi anni. Va inoltre ricordato che, semplicemente per sopravvivere, ogni nomade ha bisogno di almeno un dromedario e alcune capre: il bestiame ha necessità di mangiare e bere, e ora è costretto in ambienti sempre più aridi, che offrono sempre meno. I nomadi contribuiscono in effetti alla desertificazione, ma solo in quanto scacciati dal loro ambiente tradizionale (che non avevano mai intaccato). Va infine sottolineato come, sul piano politico, per i nomadi la vita fosse forse più facile nel periodo coloniale. Passare da un territorio all'altro dell'ex Africa francese era più facile di quanto sia oggi passare da uno stato indipendente a un altro. Pur se nessun paese è capace di sorvegliare tutti i confini, resta il fatto che le polizie di frontiera tendono a rendere difficili i transiti. I nomadi più orgogliosi, un tempo visti come combattenti per la liberazione, sono oggi considerati cittadini insofferenti delle leggi: tutti i paesi mirano alla loro sedentarizzazione, in forme anche costrittive. Solo negli ultimi anni, come si è detto, si è levata in loro favore la voce dei tecnici che stimano il genere di vita dei nomadi come il solo in grado di utilizzare il territorio del S. senza diminuirne la produttività, pur se con densità umane bassissime.

I vari stati della regione sahariana hanno aderito all'Organisation de l'Unité Africaine (OUA) per affrancare definitivamente il continente dai residui della dominazione coloniale. Non sono tuttavia mancati conflitti internazionali, localizzati principalmente nella regione dell'ex S. Spagnolo (v. sahara occidentale, in questa Appendice) e lungo il confine tra Libia e Ciad. Il primo conflitto è cominciato immediatamente dopo il ritiro delle truppe spagnole nel 1976, dato che la popolazione locale non ha inteso accettare passivamente il passaggio da una sovranità straniera (spagnola) a un'altra (marocchina e mauritana). L'organizzazione denominata Polisario (Frente Popular para la Liberación de Saguia el-Hamra y Rio de Oro) ha proclamato il 27 febbraio 1976 l'indipendenza della Repubblica Democratica Arabica Saharawi (RDAS), con territorio ampio 266.000 km2 e una popolazione stimata attualmente in 700.000 persone da fonti locali, in 100.000 persone da fonti marocchine, tra le 250.000 e le 300.000 persone da valutazioni internazionali. La nuova Repubblica ha trovato immediato riconoscimento e sostanziale appoggio logistico da parte dell'Algeria. La Mauritania, lungi dal poter affermare di fatto la propria sovranità sul territorio che avrebbe dovuto annettersi, poco tempo dopo l'inizio delle ostilità fu costretta a difendere le proprie città dall'avanzata delle truppe del Polisario. Questo portò al ritiro della Mauritania nel 1979 e all'occupazione dell'intero S. Occidentale da parte del Marocco, il quale proseguì la lotta del Polisario. Base principale di quest'ultimo è Tindouf, la cui importanza è di conseguenza enormemente cresciuta in pochi anni. La popolazione di questa località, situata nell'estremo Ovest algerino e con piovosità inferiore ai 40 mm annui, è salita da poche centinaia di persone a oltre 13.000 nel 1987; dal 1983 il governo algerino, in un riordinamento amministrativo di tutto il territorio nazionale, ha istituito per Tindouf una nuova wilāya (municipalità). Nel 1984 la Mauritania decideva il riconoscimento ufficiale della Repubblica Sahariana, che era già stata riconosciuta da decine di stati in tutto il mondo; il maggior successo diplomatico della nuova Repubblica è stato indubbiamente il riconoscimento da parte dell'OUA, dal 1984. A questo il Marocco reagiva abbandonando l'OUA, tanto da essere oggi il solo paese africano a non farne parte.

Il secondo conflitto internazionale degli anni Ottanta nel S. si è sviluppato nel Ciad (v. in questa Appendice) dove una prolungata guerra civile ha portato a ripetuti interventi stranieri.

Colpi di stato si sono verificati in quasi tutti i paesi con l'istituzione, in molti casi, di regimi militari. Il mutamento più significativo è stato probabilmente quello verificatosi a Bangui, dove nel 1979 è stato abbattuto il regime imperiale proclamato nel 1976, e lo stato ha ripreso il nome di Repubblica Centrafricana. In Egitto l'uccisione del presidente Anwār al-Sādāt in un attentato nel 1981 non ha avuto effetti istituzionali. Interessante per il S. la decisione, presa dalla Libia nel 1987, di spostare la capitale Hūn, a circa 350 km dalla costa, nella località desertica di al-Ǧofra. Fermenti d'instabilità politica si sono manifestati nei primi anni Novanta in Mali e Niger con l'insurrezione dei Tuareg che hanno compiuto azioni violente non solo contro l'esercito ma anche contro civili e stranieri. In Mauritania la maggioranza berbera è accusata di consentire la schiavitù ai danni della popolazione negra. Gravi problemi ha generato in Algeria ed Egitto la crescita della componente islamica integralista, che ha preso particolarmente di mira i turisti stranieri per eliminare una delle voci attive dell'economia.

Bibl.: Per le ricerche di tipo archeologico ed etnologico: C. Boccazzi, Pagine di pietra, Milano 1985; P. Laureano, Sahara, giardino sconosciuto, Firenze 1988. Sui problemi del nomadismo: FAO, Les systèmes pastorales du Sahel, Roma 1977; AA.VV., The future of pastoral peoples, Ottawa 1981; J. Gallais, Hommes du Sahel, Parigi 1984; J. Gritener, The West African Sahel, Chicago 1988. Sul problema dell'inaridimento: H. Menshing, Desertification: ein Weltweites Problem der ökologische Verwüstung in der Trockengebiet der Erde, Darmstadt 1990; P. Faggi, La desertificazione, Milano 1991. Sulle condizioni di vita attuali e sui problemi internazionali, con particolare riguardo al S.: Systèmes de production agricole en Afrique tropicale, a cura di J.M. Gastellu, in Cahiers de Sciences Humaines, 3-4 (1987); Géopolitique de l'Afrique, a cura di Y. Lacoste, in Hérodote, 46 (1987); Actes du Colloque Etat-Sahel, a cura di J. Gallais, in Cahiers de Géographie de Rouen, 32 (1989); Etats et sociétés nomades, a cura di A. Bourgeot e H. Guillaume, in Politique Africaine, 34 (1989); Société pastorale et développement, a cura di E. Bernus e F. Pouillou, in Cahiers de Sciences Humaines, 12 (1990); Afriques noires, Afriques blanches, a cura di Y. Lacoste, in Hérodote, 65-66 (1992).

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