SALAMINA

Enciclopedia Italiana (1936)

SALAMINA (Σαλαμίς; A. T., 82-83)

Aldo SESTINI
Doro LEVI
Gaetano DE SANCTIS

Isola della Grecia, nel Golfo Saronico, vicinissima alla terraferma, della quale apparisce come un lembo separato per sommersione recente. A nord-est è separata dall'Attica per mezzo dello stretto di Salamina, poco profondo, che si restringe fino a 1200 m. e porta nel mezzo l'isolotto di Hágios Geōrgios; a nord-ovest una penisoletta si avvicina fino a 500 m. alla terraferma. Attraverso i due stretti vi è servizio di traghetto. L'isola ha una superficie di 93 kmq., lunghezza massima di 15 km., larghezza di 12 km.; il contorno costiero misura circa 104 km. La sua forma è molto irregolare; per il profondo addentrarsi, dal lato occidentale, di una baia detta anch'essa di Salamina l'isola resta quasi divisa in due parti (l'istmo non è più largo di 2 km.), di cui quella a sud è molto maggiore dell'altra. La costa, con alte ripe rocciose dal lato meridionale, è poi frastagliata da numerose insenature minori, che rappresentano antiche valli sommerse; in una di queste insenature (Baia di Arápēs, sullo stretto di Salamina) si trova la principale stazione della flotta da guerra ellenica e l'arsenale dello stato.

L'isola costituita quasi tutta da calcari del cretacico, è collinosa, raggiungendo soltanto 405 m. di altezza massima; ma è arida e sassosa, mentre le bassure sono malariche. Le colture si limitano alle zone più basse; le principali sono quelle del grano e della vite. Forte è la siccità estiva. La popolazione è in parte di origine albanese e nel 1928 ascendeva a 15.100 ab., concentrati specialmente nel capoluogo, Salamina (o Koúlourē, 7757 ab.), sulla baia omonima, e poi in Ampeláki (che sorge presso la costa orientale presso l'antica Salamina) ed all'Arsenale (Arápēs o Naústathmos).

Qualcuno ritiene che sul sito dell'odierno capoluogo sorgesse la città più antica dell'isola, pur essa denominata Salamina, che però Strabone afferma essere stata ubicata invece sulla costa meridionale di contro a Egina; al tempo della conquista ateniese però la capitale fu trasportata sulla costa orientale di fronte all'Attica, a est del moderno villaggio di Ampeláki, fra due promontorî di cui quello più lungo meridionale anticamente si chiamava Cinosura. Nei poemi omerici Salamina appare come indipendente, sotto il dominio di Aiace figlio di Telamone, che il nome e la genealogia ricollegano con l'eroe Eaco di Egina, con la quale isola dunque forse Salamina era unita politicamente; dopo però passò indubbiamente sotto il dominio dì Megara, alla quale fu contesa da Atene, finché entrò in definitivo possesso di questa per opera di Solone e di Pisistrato, ma non formò un demo, sibbene fu considerata quasi come una cleruchia; nella seconda metà del sec. IV pare abbia avuto anche diritto di battere moneta propria. Nel 318 a. C. si unì ai Macedoni, ai quali fu strappata solamente da Arato nel 232 a. C., quando gli Ateniesi per castigo inviarono una nuova spedizione di cleruchi. I più antichi trovamenti archeologici sono rappresentati dalle suppellettili d'una necropoli micenea presso il moderno arsenale; inoltre sono conservati resti delle mura e di varî edifici della città più moderna di Salamina; il colle rotondo detto Magula sul promontorio di Cinosura è ritenuto da qualcuno come il Polyandreion dei Greci caduti nella battaglia.

Bibl.: Meinhold, De rebus Salaminiis, Diss., Gottinga 1879; C. Horner, Quaestiones Salaminae, Basilea 1901; L. Bürchner, in Pauly-Wissowa, Real-Encykl., I A, col. 1826-1832; per la necropoli micenea, S. Wide, in Ath. Mith., XXXV (1910), p. 17 segg.; per tombe elleniche, P. A. Phoukides, in 'Εϕημ. 'Αρχ., 1916, p. 1 segg. V. inoltre: G. De Sanctis, Il decreto per la cleruchia di S., in Riv. di fil., 1926, p. 49 segg.; A. Wilhelm, in Anz. Akad. d. Wiss. in Wien, 1923, p. 212 segg. Sui nomi antichi dell'isola, cfr. A. C. Chatzès, in 'Εϕημ. 'Αρχ., 1930, p. 60 segg.

La Battaglia di Salamina. - La battaglia di Salamina è una delle più decisive della storia perché essa determinò l'insuccesso dell'invasione persiana nella Grecia e assicurò così alla Grecia quel periodo di libero sviluppo delle proprie energie spirituali che diede al pensiero e all'arte antica il loro valore perenne.

Dopo la battaglia delle Termopili l'armata greca che, stazionando presso la punta settentrionale dell'Eubea, aveva protetto le truppe di terra che cercavano di chiudere quel passo ai Persiani, abbandonò il suo posto avanzato dove aveva combattuto contro i Persiani all'Artemisio (v.) e ripiegò nel Golfo Saronico presso l'Isola di Salamina. Qui si concentrò insieme con nuovi rinforzi nel golfo di Ampelaki su cui appunto sorgeva la città che portava il nome stesso dell'isola. Per terra, abbandonando la Grecia centrale, i Greci avevano concentrate le loro forze sull'Istmo dove contavano di chiudere al nemico la via del Peloponneso. L'armata stazionando a Salamina li proteggeva da uno sbarco a tergo, così come aveva fatto stazionando all'Artemisio quando la difesa terrestre era alle Termopili. Dopo che Serse ebbe occupato la Beozia e l'Attica che gli Ateniesi evacuarono, una parte dei generali dell'armata greca, credendo troppo esposta la posizione di Salamina, voleva ripiegare verso l'Istmo accanto all'esercito di terra. Ciò non solo facilitava uno sbarco persiano alle spalle dell'esercito greco, ma importava l'abbandono al nemico di Megara, di Egina e di Salamina, dove si era rifugiata una gran parte degli Ateniesi con i loro averi, e quindi avrebbe condotto alla separazione dalla flotta alleata di taluno dei maggiori contingenti. S'intende quindi come vi si opponesse l'ammiraglio ateniese Temistocle che aveva sotto di sé il maggiore dei contingenti navali e come il comandante supremo, lo spartano Euribiade, nonostante le pressioni d'altri generali, non si risolvesse a ordinare il ripiegamento. D'altra parte, essendo assai difficile per i Persiani tenere durante la cattiva stagione un'armata così ingente lontana dalle sue basi, essi erano costretti, se volevano procedere innanzi o anche solo non perdere i resultati conseguiti fino allora in quella campagna, a dare battaglia prima che la stagione fosse troppo avanzata.

Pertanto sulla fine del settembre del 480 la loro armata movendo dal porto ateniese del Falero entrò di notte nello stretto che separa l'Isola di Salamina dall'Attica e si distese in lunga linea dall'isola che ora porta il nome di S. Giorgio a O. fino al promontorio di Cinosura a E., accerchiando così virtualmente la flotta greca che stanziava nella baia di Ampelaki. Un certo numero di navi era oltre Cinosura tra Salamina e l'isoletta Lipsokutala (Psittalia) e la costa attica per chiudere la via alle navi greche cui fosse riuscito di rompere la linea accerchiante. La manovra riuscì; i Greci non se ne avvidero che quando essa era compiuta o quasi. Ma non si perdettero d'animo. Sul far del giorno uscendo con estrema rapidità dai loro ancoraggi nel golfo di Ampelaki pervennero a spiegarsi in linea di fronte ai Persiani. Fosse per stanchezza e insufficiente vigilanza e mancanza d'iniziativa o perché credevano che i Greci non pensassero se non ad aprirsi la via verso l'ingresso dello stretto, i Persiani non assalirono il nemico mentre lo spiegamento era in corso. Furono invece i Greci che dispostisi in linea sferrarono l'attacco. Sorpresi da un'offensiva che non s'attendevano, i Persiani non poterono giovarsi in quelle acque ristrette della superiorità del numero, sicché l'abilità manovriera dei Greci e l'accanito valore con cui combattevano per la patria ebbero il sopravvento. La rotta divenne totale e irreparabile quando le navi persiane incalzate dai Greci si affollarono cercando scampo verso l'ingresso orientale dello stretto. Truppe persiane che erano state sbarcate a Psittalia furono attaccate e distrutte da milizie greche agli ordini di Aristide.

Della battaglia abbiamo la descrizione di un ateniese che vi partecipò, il poeta Eschilo (Persiani, vv. 337-471); inoltre il racconto steso un mezzo secolo dopo da Erodoto (VIII, 56-95). Di scarsissimo valore è il poco che ci dà l'epitome foziana di Ctesia (c. 26). Una tradizione assai alterata in confronto della erodotea, sebbene ne dipenda, rappresenta Eforo in Diodoro (XI, 17-19). Di qualche importanza per l'apparato erudito è il racconto di Plutarco (Temistocle, 11-15; Aristide, 8-9) e non ingiustificata la critica che egli fa del racconto di Erodoto (De Herodoti malignitate, XXXVII-XXXIX). V. inoltre Nepote, Them., 4, 5; Giustino, II, 2, 18-27; Polieno, Strat., I, 30, 3; Frontino, Strat., II, 2, 14, e Aristodemo, c. 1 Jacoby, Fragm. der griech. Historiker, II A, p. 493). Destituito di qualsiasi valore storico è il nomos di Timoteo, I Persiani. Gli accenni alla battaglia nella letteratura antica e particolarmente presso gli oratori sono innumerevoli e testimoniano della risonanza che la vittoria ebbe negli animi dei Greci. Tra i moderni si è molto discusso intorno a questa battaglia. Taluni ritengono che sia stata una battaglia frontale combattuta dinnanzi all'ingresso dello stretto, il fronte della flotta greca essendo rivolto verso est, quello della persiana verso ovest. Ma i più sono d'avviso che si trattasse d'una battaglia d'accerchiamento combattuta nello stretto tra Salamina e l'Attica, e questa sembra la sola tesi che si concili coi dati delle fonti primarie. Con la tesi della battaglia frontale sta e cade la notizia data da Diodoro sulla squadra distaccata dai Persiani per chiudere lo stretto tra Salamina e la Megaride. S'è anche vivacemente disputato tra i moderni intorno all'ubicazione di Psittalia, ma il nome e i dati delle fonti sembrano dimostrare che essa non si può cercare se non a Lipsokutala. L'aneddoto antico intorno all'artifizio di Temistocle per indurre Serse alla battaglia avvertendolo che i Greci erano sul punto di ripiegare verso l'Istmo e di separarsi è fallace, sebbene sia presupposto anche nel racconto di Eschilo, perché Serse non poteva desiderare di meglio che la ritirata o la separazione dei contingenti greci, la quale gli avrebbe permesso l'offensiva marittima contro le coste peloponnesiache. L'arrivo di Aristide, richiamato dall'esilio, nella notte antecedente alla battaglia con l'annunzio dell'avvenuto accerchiamento, è abbellimento della storia, come pure l'aneddoto assurdo che Euribiade avrebbe minacciato Temistocle col bastone e si sarebbe attirato la risposta famosa: "Batti, ma ascolta". Voci maligne e tendenziose sono poi quelle raccolte da Erodoto intorno alla viltà dei Corinzî nella battaglia. Sul numero delle navi greche quale k dato da Eschilo (310) non può correre alcun dubbio, e si deve invece respingere la cifra di 380 data da Erodoto. Che il contingente maggiore fosse quello degli Ateniesi, è pure indubbio; ma è incerto se esso salisse a 180 navi, come Erodoto ritiene (cioè 380 meno 200), e forse si accosta di più al vero la cifra di 127 triremi che egli dà a proposito della battaglia dell'Artemisio. Quanto alle navi persiane, Eschilo dice che erano 1000 e 207 più celeri delle altre, dove si può interpretare tanto nel senso che erano 1207 in tutto, quanto nel senso che erano mille di cui 207 più celeri. Quest'ultima pare l'interpretazione migliore. Il numero delle 1000 navi del resto non è che una cifra tonda in cui sono incluse anche tutte le navi da trasporto che naturalmente non presero parte alla battaglia. È certo peraltro che i Persiani dovevano essere numericamente superiori ai Greci, ma forse tale superiorità che non aveva nulla a vedere con le esagerazioni di Erodoto intorno al numero delle loro navi, era in parte compensata dall'inferiorità anche numerica in quelle che erano allora le massime unità navali da battaglia, le triremi. Queste da parte persiana erano forse le 207 più celeri di cui parla Eschilo, da parte greca dovevano essere quasi tutte le 310 navi da battaglia. Quanto alla data, sappiamo con sicurezza che la battaglia fu di qualche giorno anteriore all'eclissi solare del 2 ottobre 480, la quale indusse Cleombroto a non prendere l'offensiva con l'esercito accampato sull'Istmo (Erod., IX, 10); non molto però, perché essa avvenne al tempo della celebrazione dei grandi misteri (Erod., VIII, 65), il 20 boedromione (Polieno, III, 11, 2), o circa il 20 (Plutarco, Camillo, 19); solo per una svista è dato altrove come giorno della battaglia il 16 munichione. Il 20 boedromione equivale, pare, al 24 settembre giuliano del 480. Ma la coincidenza con i grandi misteri da cui derivano le altre notizie, può anche essere solo approssimativa, e nulla impedisce di collocare la battaglia qualche giorno più tardi.

Bibl.: G. Busolt, Griechische Geschichte, II, 2ª ed., Gotha 1895, p. 695 segg. (con ricca bibliografia e accurata analisi dei dati delle fonti); G. B. Grundy, The Great Persian War, Londra 1901, p. 344 segg.; E. Obst, Der Feldzug des Xerxes, Lipsia 1914, p. 130 segg.; G. Zinn, Die Schlacht bei Salamis, Berlino 1914; J. Beloch, Griechische Geschichte, II, ii, 2ª ed., Strasburgo 1916, pp. 47, 62, 64, 106; G. Giannelli, La spedizione di Serse da Terme a Salamina, Milano 1924, p. 44 segg.; W. Keil, J. Kromayer, G. Veith, Antike Schlachtfelder, IV, i, Berlino 1924, p. 64 segg.; IV, iv, 1931, p. 582 seg.; E. Cahen, in Revue des études anciennes, XXVI (1924), p. 297 segg.; G. De Sanctis, in Rivista di filologia classica, LIV (1926), p. 108 segg.; J. Kromayer e G. Veith, Schlachten-Atlas: Griech. Abt., tav. 2, Lipsia 1926; A. Wilhelm, in Sitzungsber. der wiener Akad. d. Wiss., CCXI (1929), pp. 1-38; A. Köster, Studien zur Geschichte des antiken Seewesens, Lipsia 1934, p. 97 segg.; C. Mackenzie, Marathon and Salamis, Londra 1934.