CARBONELLI, Salvatore

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

CARBONELLI, Salvatore

Ciro Cuciniello

Nacque a Napoli il 16 sett. 1820, da Giuseppe, barone di Letino e da Geltrude Tabaho Pérez. Conseguì a diciotto anni la laurea in giurisprudenza presso l'ateneo napoletano; frequentato poi il corso di anatomia presso l'ospedale maggiore di Napoli, viaggiò a lungo nelle province del Regno. Nel 1843 aderiva, come scrisse poi nell'ottobre 1866 al gen. G. S. Pianell (Lettera all'onor. sig. luogotenente generale Pianell, Lugano 1866), alle idee del federalismo neoguelfo, restandovi fedele fino al 1870. Nel 1844 si recò a Firenze, poi in altre città italiane; tornato a Napoli, partecipò, dal 20 settembre al 5 ottobre 1845, al settimo Congresso degli scienziati italiani. Alla sezione di agronomia e tecnologia presentò una memoria, poi data alle stampe (Napoli 1845) su Un modo di far prosperare l'agricoltura e l'industria.

Ufficiale legale dell'ufficio del contenzioso, il C., che il 10 giugno 1860 aveva sposato Emilia Nobili, figlia della poetessa Giuseppina Guacci Nobili, fu chiamato a far parte del governo costituzionale varato in extremis da Francesco II il 27 giugno di quell'anno sotto la spinta dello sbarco garibaldino in Sicilia. Nominato direttore ai Lavori pubblici, sostituì il ministro A. La Greca allorché questi venne inviato a Parigi nel vano tentativo di ottenere dal governo francese un intervento tendente a salvare le province continentali del Regno dalla conquista.

Il 5 sett. 1860 il C., che per motivi d'ufficio stava partendo per Gaeta, scrisse a Francesco II chiedendo di potersi trattenere in quella piazzaforte, dove anche il re era in procinto di recarsi per organizzare un estremo tentativo di resistenza, e la sua richiesta venne accolta. Dissoltosi il governo costituzionale, Francesco II nominò a Gaeta un nuovo governo presieduto da F. Casella, e ne chiamò a far parte P. Calà Ulloa agli Interni e alla Giustizia, G. Canofari agli Esteri, L. Del Re alla Marina e il C. - nominato con decreto del 7 sett. 1860 - alle Finanze con l'interim dei Lavori pubblici, della Istruzione pubblica e degli Affari ecclesiastici (Gazzetta di Gaeta, n. 1, 14 sett. 1860).

Legittimista convinto, nonostante le sollecitazioni ad abbracciare la causa dell'unità italiana, il C. non abbandonò il Borbone nel crollo del Regno, svolgendo a suo favore un'intensa, devota attività che per taluni aspetti di spregiudicatezza contribuirà ad alienargli le simpatie di personalità della corte e del governo.

Le pressanti esigenze finanziarie per la conduzione della guerra, cui non si poteva sopperire con i 520 mila ducati disponibili, indussero il C. a proporre al consiglio dei ministri il lancio di un prestito. Approvata la proposta, il decreto reale del 10 ottobre (in Gazzetta di Gaeta, n. 11, 24 ott. 1860) ne stabiliva l'emissione in 5 milioni di ducati. Per affrettare i tempi - dovendosi anche sovvenzionare, rafforzare e cercare di far estendere le rivolte contadine che dal Liri si stavano estendendo fino agli Abruzzi - il C. partì da Gaeta il 2 novembre con un passaporto intestato al conte della Riva, e trasferì a Roma il ministero delle Finanze, lasciandone nella piazzaforte una sezione che fu affidata al Del Re.

A Roma il C. e Francesco di Paola di Borbone, conte di Trapani, affidavano al generale F. La Tour la vendita di due navi, la "Saetta" e il "Sannita" che erano nei cantieri di Tolone, e col ricavato spedivano a Gaeta viveri, equipaggiamenti e munizioni. Sul finire del 1860 il C. finanziava, le operazioni nella Marsica del generale T. F. Klitsche de La Grange che, coadiuvato dal colonnello F. S. Luverà e alla testa di circa duemila uomini, occupò Carsoli e Tagliacozzo, per esser poi definitivamente sconfitto a Scurcola. Il 20 genn. 1861 la nave francese "Sphynx", forzando il blocco, sbarcava a Gaeta viveri e munizioni.

La resistenza borbonica era senza possibili vie di uscita, né politiche né strategiche e tattiche. Il 13 febbraio era firmata la capitolazione di Gaeta; il giorno seguente Francesco II, la regina Maria Sofia e il seguito s'imbarcavano per Terracina, proseguendo poi per Roma dove furono ospitati da Pio IX nel palazzo del Quirinale. Qui fu costituito un governo in esilio: P. Calà Ulloa ebbe la carica di presidente, il Del Re fu nominato ministro degli Esteri, della Guerra e della Marina, e il C. venne confermato ministro delle Finanze e degli Affari ecclesiastici.

Pur impegnato nella azione di ministro, il C. si dedicò a raccogliere ed elaborare documenti per una riforma della pubblica amministrazione dell'Italia meridionale, specie quella delle finanze, da attuare in caso di ritorno dei Borboni sul trono (cfr. Arch. di Stato di Napoli, Archivio Borbone, fasc. 1598). Intanto, dopo il trasferimento della corte, vennero a stabilirsi a Roma nobili meridionali ed ex funzionari del Regno che si sentivano ancora legati alla dinastia e dalla quale molti speravano di ottenere ancora privilegi. La presenza di questi gruppi dette luogo a rivalità e a invidie, nelle quali lo stesso C. fu coinvolto.

Probabilmente a opera di G. Longo Vinchiaturo, marchese di Cosentino, nominato il 29 sett. 1860 intendente delle province di Terra di Lavoro e che inutilmente, giunto a Roma, aveva brigato per essere nominato ministro, venne pubblicato, anonimo, un libello di otto pagine: Biografia del ministro C. (s.n.t., ma 1861). In esso gli venivano rivolte accuse di aver dilapidato le già smunte finanze borboniche "rubbando danari", di essersi incontrato con A. Dumas (padre) e L. Romano, ministro dell'Interno nel governo borbonico a Napoli prima della partenza del re, per tramare ai danni di Francesco II, e di aver rivelato al nemico ogni segreto. Gli si faceva carico di aver impiegato al ministero delle Finanze persone a lui ligie per trafficare a proprio piacimento, di provenire da famiglia meschina e oberata di debiti, e di essere emerso dagli infimi gradi della burocrazia grazie agli intrighi e alla collusione con i rivoluzionari. Se in qualche particolare le notizie corrispondono al vero (come l'incontro con Dumas e col Romano che, secondo alcune testimonianze riportate sul quotidiano cattolico torinese L'Armonia della religione colla civiltà [5 genn. 1861], risulterebbe avvenuto il 22 ag. 1860 sulla goletta "Emma" al largo di Napoli), le accuse non risultano suffragate da alcun documento, e spesso la falsità delle asserzioni è così palese da testimoniare abbondantemente la malafede dell'anonimo autore. Una lettera in difesa del C. scritta da F. Capece Minutolo apparve su L'Osservatore romano del 31 ag. 1861; il 3 settembre vi veniva pubblicata un'altra lettera di M. Lucchesi Palli, a sostegno della dignità di A. Polpi, pagatore della Cassa di campagna di Gaeta, accusato di aver fatto carriera per essere stato persona di fiducia del Carbonelli. Infine su L'Osservatore romano del 13 settembre venne data ospitalità a una smentita del Longo Vinchiaturo: costui negava di essere l'autore del "turpe e schifoso anonimo contro il sig. Ministro Carbonelli". Ma per lungo tempo il Longo Vinchiaturo venne tenuto lontano dal Quirinale.

Fattesi ancora più precarie le risorse finanziarie occorrenti per sostenere le sommosse e promuovere il brigantaggio nell'Italia meridionale, il C., d'intesa col direttore della zecca pontificia G. Mazio, fece coniare ingenti quantitativi di monete in rame da 10 tomesi, con la falsa data 1859, facendole giungere via mare nel Mezzogiorno dove, nel marzo del 1861, il loro ammontare veniva fatto ascendere a molte migliaia di ducati. Ma l'impossibilità di unificare le forze del brigantaggio e di coordinarne l'azione verso un obiettivo di restaurazione, nonché il susseguirsi dei riconoscimenti del Regno d'Italia da parte dei vari Stati, tolsero sempre più mordente alla corte borbonica e al ministero. Il C., cui nel 1864 nasceva il figlio Carlo (la primogenita Maria Sofia era nata nel 1861), nel settembre 1865, insieme col Del Re, rassegnava le dimissioni dalla carica di ministro per l'acutizzarsi delle divergenze con P. Calà Ulloa. Questi infatti era disposto, in caso di restaurazione, a mantenere la costituzione concessa nel 1860 che il precipitare degli eventi non aveva permesso di attuare, mentre il C. e il Del Re erano di opposta opinione, e ritenevano che se nel 1860 Francesco II avesse usato la maniera forte non avrebbe perso il regno. Il re non deliberò sulle dimissioni, ma sospese il Consiglio dei ministri da ogni attività e sul finire del 1866 sciolse il governo.

Nel 1867 il C. si recò a Parigi per tentare ancora di collocare le cartelle del prestito decretato a Gaeta. Successivamente alcune sue iniziative gli suscitarono contro la diffidenza di Francesco II.

Una di queste fu, ai primi del 1868, la decisione di far inviare ad un giornale napoletano, Il Trovatore, alcune corrispondenze che furono ritenute lesive del prestigio della corte e del Calà Ulloa. Un'altra ancora fu il suo incontro, unico tra gli esuli borbonici, col gen. E. Pallavicini di Priola, comandante delle truppe italiane dislocate nel Napoletano per combattere le bande dei briganti, che era giunto a Roma per meglio coordinare con i rappresentanti del governo di Pio IX la comune azione contro il brigantaggio già oggetto della convenzione militare italo-pontificia firmata a Cassino il 24 febbr. 1867. Infine sorse un dissidio tra il C. e Alfonso di Borbone, conte di Caserta e fratellastro del re, che aveva inviato fondi a Napoli perché vi si fondasse un giornale, Lo Smascheratore, assai critico nei confronti di molti uomini della corte e del C. stesso.

Questi fu così escluso dal ricevimento dato per il battesimo della figlia di Francesco II, Maria Cristina Pia, il 29 dic. 1869. Allorché il 21 apr. 1870 l'ex re abbandonò Roma, il C. si recò in Svizzera; lì pubblicò La questione romana nel Congresso (Ginevra 1870), opera a difesa del potere temporale e nella quale tornò a confermare le sue idealità federaliste.

Tornato a Napoli nel 1877 il C. si ritirò a vita privata, dedicandosi a opere di beneficenza e all'elaborazione e alla stesura del suo scritto più importante: La Chiesa,la proprietà,lo Stato nell'intimità de' loro rapporti (Napoli 1884).

Vi sosteneva una forma di monarchia moderata ed ereditaria nella quale i ministri fossero chiamati a rispondere degli atti predisposti e fatti approvare dal re. La rappresentanza popolare doveva realizzarsi sia attraverso elezioni effettuate nell'ambito delle varie categorie professionali, sia attraverso il Senato, riservato per metà agli esponenti più rappresentativi dell'esercito, del clero e dell'insegnamento universitario, e per l'altra a diritto ereditario.

Si spense a Napoli il 30 marzo 1906.

Altri scritti: Programma per un riordinamento dello studio della giurisprudenza - Metodo storico-sintetico, Napoli 1843; Sulla storia della legislazione degli antichi popoli della Germania, ibid. 1846; Pochi ricordi intorno a Teresa Del Re, ibid. 1856; L'Inopportunité de la question d'Opportunité,Lettre à Monseigneur l'Evêque d'Orléans, Naples 1870; Ruolo dei Cavalieri costantiniani dal 1731 al 1894, Napoli 1895.

Fedele alla causa borbonica, e seguace del re in esilio, fu anche il cugino Domenico, dei baroni di Letino, nato a Napoli il 13 maggio 1831 da Luigi e da Antonia Fischetti e morto a Parigi il 7 ott. 1901. Già console generale delle Due Sicilie a Tangeri, e nominato nel 1860 da Francesco II ufficiale di carico presso la segreteria del dicastero degli Affari Esteri, fu l'unico funzionario di questo ministero a seguire il sovrano a Gaeta, poi a Roma, dove insieme con G. Ruiz de Ballesteros e M. Musci fece parte della segreteria del re raccogliendo, prima con essi e poi, dal 1870 al 1885, da solo, una vasta documentazione tratta da giornali dell'epoca circa le condizioni dell'Italia meridionale durante i primi anni di vita unitaria (ora presso l'Archivio di Stato di Napoli, Archivio Borbone, fasc. 1671-1780). Coinvolto anch'egli nelle accuse dell'opuscolo Biografia del ministro C., non gli venne meno la fiducia dell'ex re insieme con quella di Maria Sofia, della quale fu cameriere d'onore e gran ciambellano.

Nel 1859 egli aveva sposato Marianna Moscati dei baroni di Olevano, e allorché questa morì, nel 1873, i figli Guglielmo, Pio e Carmela furono educati a Napoli, rispettivamente nel collegio Troise, nel seminario, e nel monastero Croce di Lucca, a cura di Maria Sofia. Domenico seguì nuovamente gli ex sovrani dopo la loro partenza da Roma, nell'aprile del 1870, prima a Bad Kreuth e ad Arco, dove nel 1894 morì Francesco II; e poi a Monaco di Baviera e a Neuilly-sur-Seine, con l'ex regina Maria Sofia. Gli vennero affidati dai Borboni anche incarichi di carattere familiare, quali le trattative per il matrimonio del figlio del conte di Caserta, Carlo, con la principessa delle Asturie, Maria de las Mercedes, figlia del re di Spagna Alfonso XII, celebrato a Madrid il 15 febbr. 1901, del quale fu tra i testimoni.

Fonti e Bibl.: Arch. di St. di Napoli, Arch. Borbone,Invent. somm., I, a cura di J. Mazzoleni, Roma 1961, p. LI e ad Indicem; II, a cura di A. Gentile, Roma 1972, ad Indicem; G. Giucci, Degliscienz. ital. formanti parte del VII Congr. di Napolinell'aut. 1845..., Napoli 1845, p. 426; E. Cardinali, I briganti e la corte pontificia ossia la cospiraz. borbonico-clericale svelata, Livorno 1862, I, pp. 30, 72, 83, 86, 190 n. 202, 419; G. De Sivo, Storia delle Due Sicilie dal 1847 al 1861, Trieste 1868, II, pp. 194, 225, 290, 364, 382; In mortedel conte Giuseppe Carbonelli..., Napoli 1870 (contiene un necrologio di P. Remer, una poesia e il testo dell'epigrafe), p. 7; M. Liberatore, La quest. romana nel Congresso,del barone di Letino C., recens. in La Civiltà cattol., s. 8, XXII (1871), 6, pp. 440-448 (il nome dell'aut. risulta dagli indici generali); B. Candida Gonzaga, Mem. dellefamiglie nobili delle province merid. d'Italia, Napoli, 1875, VI, p. 77; M. Farnerari, Della monarchiadi Napoli e delle sue fortune, Napoli 1876, pp. 183, 200; P. Ulloa Calà, Un re in esilio. La cortedi Francesco II a Roma dal 1861 al 1870, a cura di G. Doria, Bari 1928, ad Indicem; E. Pianell Ludolf, Il generale Pianell. Memorie, Firenze 1902, p. 197; M. Liberatore, La Chiesa,la Proprieta,lo Stato nell'intimità de' loro rapporti,del barone di Letino C., rec. in La Civiltà cattol., s. 12, XXXVI (1885), 10, pp. 455-465 (il nome dell'aut. risulta dagli indici generali); A. Insogna, Francesco secondo re di Napoli. Storia del ReamedelleDue Sicilie 1859-1896, Napoli 1898, p. 210; R. De Cesare [Memor], La fine di un regno, Città di Castello 1900, II, pp. 260, 307, 378; A. Pierantoni, Il brigantaggio borbonico-papale e la questione dell'Aunis, Roma 1900, p. LV; R. De Cesare, Roma e lo Stato del papa dal ritorno diPio IX al XX settembre, Roma 1907, I, p. 236 (per Domenico); II, pp. 154, 160, 175; N. Nisco, Storia del Reame di Napoli..., Napoli 1909, III, pp. 195 s.; B. Croce, Uomini e cose della vecchiaItalia, Bari 1927, II, p. 392; T. Battaglini, Il crollo milit. del Regno delle Due Sicilie, Modena 1938, I, p. 105; II, p. 111; R. Moscati, La finedel Regno di Napoli, Firenze 1968, p. 44; F. Leoni, L'attività diplom. del governo borbonicoin esilio(1861-1866), Napoli 1969, pp. 15, 17, 33, 141.

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