LURIA, Salvatore (Salvador Edward). - Nacque a Torino il 13 ag. 1912 da Davide, discendente di un'antica famiglia di ebrei sefarditi e titolare di una piccola azienda litografica, e da Ester Sacerdote. Compì i primi studi al liceo M. d'Azeglio dove subì in particolare l'influenza di A. Monti, docente di letteratura italiana e latina, figura notevole nel panorama intellettuale e politico dell'epoca, vicino al liberalismo di G. Salvemini e P. Gobetti.
Terminati gli studi liceali si iscrisse alla facoltà di medicina, dove alla scuola dell'istologo Giuseppe Levi apprese l'uso rigoroso di tecniche e metodi sperimentali. Conseguita la laurea nel 1935 e assolti gli obblighi militari, nel 1937 si trasferì a Roma dove, per suggerimento e con la presentazione di U. Fano, fu accolto dal gruppo di E. Fermi per completare la specializzazione in radiologia, iniziata a Torino, e studiare contemporaneamente fisica.
L'emanazione, nel 1938, delle leggi razziali gli impedì di usufruire di una borsa di studio in radiologia presso la University of Berkeley. Decise comunque di lasciare l'Italia e, su invito del fisico S. De Benedetti, si trasferì all'Institut du Radium di Parigi con una borsa di studio per il laboratorio Curie, dove, sotto la direzione di E. Wollman, studiò gli effetti delle radiazioni sullo sviluppo dei batteriofagi e iniziò ad applicare i metodi statistici allo studio di virus e batteriofagi.
Nel giugno 1940, con l'occupazione tedesca di Parigi, raggiunse avventurosamente Lisbona da dove si imbarcò per gli Stati Uniti, e giunse a New York il 12 settembre.
Con l'aiuto di Fermi e di L. Dunn ottenne un posto di "research assistant in surgical bacteriology" al College of physicians and surgeons della Columbia University e l'anno dopo si incontrò con Delbrück gettando le basi di quello che sarebbe divenuto noto come "Gruppo del Fago".
I successi più significativi emersero dallo studio delle mutazioni fagiche e batteriche, sollecitato dalla necessità di chiarire il fenomeno della resistenza batterica all'invasione dei batteriofagi attribuita allora a modificazioni chimiche dell'ospite, acquisite con un meccanismo di tipo lamarckiano.
Il L. dimostrò con una serie di eleganti esperimenti che la resistenza batterica è dovuta a mutazioni spontanee, le quali consentono a nuovi ceppi batterici di neutralizzare l'infezione virale e sopravvivere a essa. L'interpretazione matematica di tali risultati fu elaborata da Delbrück sulla base di un'intuizione del L. nata dall'osservazione, fatta nel corso di una festa da ballo, del comportamento di una slot machine.
L'articolo che il L. pubblicò insieme con Delbrück (Mutations of bacteria from virus sensitivity to virus resistance, in Genetics, XXVIII [1943], pp. 491-511) conteneva l'enunciato del cosiddetto "test di fluttuazione", uno dei concetti basilari della biostatistica, che nel 1979 costituirà anche il fondamento della spiegazione della resistenza delle cellule tumorali alla chemioterapia; il significato dell'articolo andava tuttavia ben oltre, poiché dimostrava che batteri e fagi disponevano dello stesso meccanismo di eredità biologica degli organismi superiori, un carattere che li candidava immediatamente come il materiale più adatto per chiarire la natura del gene.
Nel gennaio del 1943 il L. fu chiamato alla Indiana University a Bloomington, dapprima (1943-45) come "instructor", poi come "assistant professor" (1945-47) e infine come "associate professor" di batteriologia: in quella sede il L. rimase fino al 1950, quando fu chiamato come professore di microbiologia presso la University of Illinois a Urbana-Champaign. A Bloomington il gruppo del Fago si arricchì con l'apporto di A.D. Hershey, che fino ad allora si era occupato di batteriofagi presso la Washington University of St. Louis, mentre il L. teneva i primi corsi di virologia da cui uscirono numerosi suoi allievi tra i quali i futuri premi Nobel J. Watson e R. Dulbecco.
All'Università dell'Illinois il L. compì gli ultimi studi sulle mutazioni e nel 1952 scoprì casualmente, insieme con l'allieva M.L. Human, il fenomeno di restrizione e modificazione mediante il quale segmenti del DNA sono separati e modificati secondo modalità definite e controllabili (A non-hereditary, host-induced variation of bacterial viruses, in Journal of bacteriology, LXIV [1952], pp. 557-569; Host-induced modifications of viruses, in Cold Spring Harbor Symposium of quantitative biology, XVIII [1953], pp. 237-244). La scoperta, poi generalizzata da G. Bertani, aprì la strada allo studio degli enzimi di restrizione, che sarebbero divenuti parte delle tecniche di ingegneria genetica.
Nel 1958 aveva accettato di trasferirsi al Massachusetts Institute of technology (MIT) e si stabilì con la famiglia presso Boston, nel sobborgo di Lexington dove sarebbe rimasto per il resto della sua vita.
Al MIT fu dapprima (1959-64) professore di microbiologia, poi (1964-70) "Sedgwick professor of biology" per divenire "Institute professor" nel 1970 e, infine, professore emerito. Lì fondò nel 1972 e diresse fino al 1985 il Center for Cancer Research, dove chiamò come collaboratori Ph. Robbins e D. Baltimore.
Nel 1969 gli fu assegnato, insieme con Delbrück e Hershey, il premio Nobel per la fisiologia e la medicina per le scoperte sul meccanismo di replicazione e sulla struttura genetica dei virus.
I suoi interessi si erano nel frattempo estesi dai fagi alle colicine, proteine virulente che uccidono rapidamente i batteri sconvolgendone la fisiologia. Un decennio di studi compiuti insieme con numerosi collaboratori (K. Fields, A. Jetten, Ch. Plate, J. Suit, M. Weiss e S.J. Schein) fornì dati importanti sulla biochimica delle membrane batteriche (Colicins and the energetics of cell membranes, in Scientific American, CCXXXIII [1975], pp. 30-37).
Nel corso del soggiorno francese aveva sviluppato un vivo interesse per la poesia e nel corso degli anni le sue conoscenze di letteratura erano divenute tali da consentirgli di tenere fino al 1972 seminari di storia e critica della letteratura per gli studenti del primo anno. Fu anche pittore e scultore dilettante, mentre ebbero una certa fortuna il libro di divulgazione sopra citato (Life) e l'introduzione generale allo studio della biologia scritta insieme con Stephen J. Gould e S.S. Singer (A view of life, Menlo Park, CA, 1981; trad. it., Una visione della vita. Introduzione alla biologia, Bologna 1989). Le sue straordinarie doti didattiche possono essere ancora apprezzate attraverso la trascrizione di un ciclo di lezioni tenute al MIT (36 Lectures in biology, Cambridge, MA, 1975).
Il L. morì per attacco cardiaco il 6 febbr. 1991 nella sua casa di Lexington.
Fonti e Bibl.: Le carte del L. furono donate in varie riprese, a partire dal 1985, alla American Philosophical Society of Philadelphia (Ms. Coll., 39) e includono (Box 43) una bibliografia completa: Miscellaneous reprints, including a bibliography (Call no.: 574 Pam L.). Necr., in Corriere della sera, 7 e 8 febbr. 1991; La Stampa, 8 febbr. 1991; Chicago Tribune, 8 febbr. 1991; Los Angeles Times, 7 febbr. 1991; Washington Post, 8 febbr. 1991; H.F. Judson, S.E. L., in Lancet, CCCXXXVII (1991), p. 606; J.D. Watson, S.E. L., in Proceedings of the American Philosophical Society, CXLIII (1991), pp. 681-683; G. Bertani, S.E. L. (1912-1991), in Genetics, CXXXI (1992), pp. 1-4. In occasione del Nobel, si vedano: New York Times, 17 0tt. 1969; Time, 24 ott. 1969; nonché Corriere della sera, 17 e 22 ott. 1969. Phage and the origins of molecular biology, a cura di J. Cairns - G.S. Stent - J.D. Watson, New York 1966, passim; L. Fermi, Illustrious immigrants. The intellectual migration from Europe 1930-1941, Chicago-London 1968, passim; D. Fleming, Emigré physicists and the biological revolution, in Perspectives in American History, II (1968), pp. 152-189 (rist., in D. Fleming - B. Bailyn, The intellectual migration: Europe and America, 1930-1960, Cambridge, MA, 1969, ad ind.); N.C. Mullins, The development of a scientific speciality, in Minerva, X (1972), pp. 51-82; C. Barigozzi, La stanza di genetica. Storia di un naturalista, Luino 1981, passim; R. Levi-Montalcini, Elogio dell'imperfezione, Milano 1987, ad ind.; R. Dulbecco, Scienza, vita e avventura, Milano 1989, pp. 132-156.