CHIARA, Santa

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1993)

CHIARA, Santa

G. Curzi

Nata ad Assisi nel 1193, fondatrice dell'Ordine delle Clarisse, C. rappresenta con la sua intensa spiritualità e la sua dirompente originalità l'esperienza francescana integralmente trasferita al femminile. Non è noto il casato del padre, Favarone di Offreduccio di Bernardino, che poteva comunque vantare un'antica nobiltà feudale; anche la madre Ortolana, che in seguito condivise l'esperienza claustrale della figlia, dovette essere una figura di notevole personalità e autorità all'interno della famiglia, poiché ebbe occasione di compiere lunghi pellegrinaggi e di raggiungere la Terra Santa (Nicolini, 1980, p. 504). L'attenzione dedicata dalla Legenda sanctae Clarae virginis, attribuita a Tommaso da Celano, alla nobiltà del padre e alla religiosità della madre contribuiva d'altronde a fornire, a un pubblico essenzialmente femminile, una figura, quella della santa nobile, che si inseriva in un modello agiografico tradizionale.Non si hanno notizie dettagliate sull'infanzia di C., ma le testimonianze rese al processo di canonizzazione insistono sulle qualità da lei palesate fin dalla prima giovinezza, riproponendo quindi una visione della santità concepita come virtù infusa dalla nascita (Bartoli, 1989, p. 4). Non è comunque difficile ipotizzare che già precocemente C. fosse profondamente turbata dalla predicazione del suo concittadino Francesco: secondo il processo, che costituisce la principale fonte di notizie biografiche, fu proprio quest'ultimo a prendere l'iniziativa del loro incontro. L'episodio chiave della conversione avvenne la domenica delle Palme del 1211, quando, durante la funzione, Guido, vescovo di Assisi, si diresse verso C. per consegnarle la palma. La notte successiva C. fuggì alla Porziuncola, dove venne consacrata dallo stesso Francesco che la condusse nel monastero benedettino di S. Paolo presso Bastìa. In seguito al tentativo dei parenti di rapirla si trasferì poi a S. Angelo di Panzo e da qui infine si stabilì a S. Damiano, dove visse fino alla morte, sopraggiunta l'11 agosto 1253 dopo ventinove anni di infermità. Il lungo periodo trascorso a S. Damiano e dedicato alla preghiera e alla penitenza fu interrotto da due eventi prodigiosi: il primo risale al settembre del 1240, quando la soldataglia saracena al servizio di Federico II fu fermata da C. che teneva in mano una cassetta eburnea contenente il Sacramento; fu proprio da questo episodio che l'ostensorio si consolidò successivamente come principale attributo della santa. Pochi mesi dopo, nel giugno 1241, C. intervenne di nuovo, questa volta per fermare Vitale d'Aversa, che con le sue truppe cingeva d'assedio Assisi; entrambi questi miracoli, ma in particolare il secondo, sottolineano l'identificazione della sorte del monastero con quella della città da cui la comunità religiosa traeva il proprio sostentamento in cambio della preghiera. Il legame e il mutuo sostegno tra 'donne recluse' e popolazione non furono tuttavia una peculiarità di Assisi ma costituirono caratteristiche del nuovo ideale di santità femminile rispetto alla vita itinerante condotta dalle pie donne nei decenni precedenti (per es. Bona da Pisa) e che caratterizzò anche l'attività dei primi Frati Minori (Bartoli, 1986, p. 173).Quello di C. costituì uno dei casi più significativi di 'santità urbana': il suo divenne il culto ufficiale di tutta la collettività e tale appropriazione influenzò persino le vicende costruttive della basilica memoriale a lei dedicata (Meier, 1990). La successiva mancanza di specifiche confraternite impegnate a promuoverne il culto potrebbe poi motivare sia la tiepida devozione dopo la repentina canonizzazione (agosto 1255) sia i ritardi nella trasformazione e nella dedicazione alla santa della vecchia chiesa di S. Giorgio ad Assisi (Bartoli, 1989): il trasferimento nel nuovo edificio del crocifisso che aveva parlato a Francesco (1260) segnò comunque il passaggio del centro di devozione da S. Damiano alla chiesa urbana.Negli anni iniziali della presenza di C. a S. Damiano la comunità era organizzata secondo una forma vivendi che risaliva allo stesso Francesco; tali disposizioni non sono pervenute, ma costituiscono la base della Regola che C. fece approvare prima della sua morte. Tuttavia - a seguito del quarto concilio Lateranense che sanciva la proibizione a introdurre nuove forme di vita religiosa e il conseguente obbligo di adottare una di quelle vigenti - il cardinale Ugolino (divenuto papa nel 1227 con il nome di Gregorio IX) ebbe l'incarico di redigere una nuova Formula vitae, esemplata su quella benedettina. Tale Formula ebbe notevole diffusione tra le comunità di Damianite che nel frattempo erano sorte numerose, in particolare nell'Italia centrosettentrionale. C. tuttavia, forte dell'antica familiarità con Francesco, reagì con fermezza difendendo il Privilegium paupertatis che le era stato accordato nel 1215 insieme al titolo di badessa.Anche la bolla Quo elongati, promulgata da Gregorio IX nel 1230 e che impediva le visite dei frati al monastero, suscitò l'opposizione di C.: questa misura veniva infatti a interrompere un intenso dialogo tra il ramo femminile e quello maschile, al quale il primo non era in alcun modo subordinato. Anche la clausura dunque, concepita da C. come scelta personale, non fu probabilmente mai in vigore a S. Damiano secondo le disposizioni ugoliniane (Bartoli, 1980; 1989). La fermezza nel difendere l'originalità della propria esperienza religiosa contro i tentativi di normalizzazione, operati prima da Gregorio IX e poi da Innocenzo IV (1243-1254), indusse infine quest'ultimo ad approvare nel 1253 la Regula che C. aveva redatto nei mesi precedenti e che costituisce il primo caso noto di Regola scritta da una donna per altre donne.Il prestigio personale di C. fu dunque altissimo e la sua notorietà molto precoce, se già nel 1228 Tommaso da Celano le dedicava due capitoli della Legenda, descrivendo il compianto sul corpo di Francesco e la vita a S. Damiano. Tuttavia C. non fu mai a capo di un intero movimento e caratteristica principale del francescanesimo femminile rimase nei primi decenni lo spontaneismo (Manselli, 1980); molte comunità adottarono infatti una povertà di tipo benedettino, che ammetteva il possesso comunitario. Tale varietà di forme di vita rende praticamente impossibile individuare una tipologia architettonica dei primi insediamenti di questi gruppi, che furono sicuramente condizionati anche dalle strutture preesistenti.Di grande interesse è senza dubbio il caso di S. Damiano, dove una convincente ipotesi ricostruttiva (Romanini, 1986) individua la seconda fase dell'intervento francescano - quello connesso all'insediamento di C. - nella costruzione del c.d. dormitorio che si innesta subito sopra la volta a botte archiacuta del corpo longitudinale della chiesa, mentre di poco successivi sarebbero il coro e la cappella che lo sovrasta; ulteriori conferme potrebbero giungere da una campagna di scavo attualmente in corso. In ogni caso gli aspetti di maggior novità dell'insediamento a S. Damiano restano l'assenza del chiostro - e della relativa simbologia di clausura - e la derivazione di elementi formali dalle strutture laiche di assistenza urbana (Romanini, 1986, pp. 190-192).Un quadro completo della figura di C. non può infine prescindere dagli scritti: alla già menzionata Regula si aggiungono la Benedictio, il Testamentum - entrambi di controversa autenticità - e le quattro Epistolae ad Agnese di Praga, che costituiscono probabilmente solo la minima parte di una ben più vasta attività epistolare.

Iconografia

Contrariamente a quanto accadde per Francesco (v.), le più antiche immagini di C. sono di molti anni successive alla morte e mostrano già consolidata quell'iconografia che senza grandi variazioni si ripeté nei secoli successivi. Oltre all'ostensorio, la cui diffusione è comunque tarda, gli attributi che caratterizzano la figura della santa sono il giglio, il libro della Regula e la croce, di cui C. si definiva figlia. Una singolare eccezione è costituita da un polittico di scuola senese del sec. 14° (Dresda, Staatl. Kunstsammlungen, Gemäldegal. Alte Meister), dove C. è raffigurata con il rosario, forse per indicare la sua devozione al culto promosso da s. Domenico (Zocca, 1963, col. 1213).La prima testimonianza figurativa si riscontra nel crocifisso che sormonta l'altare maggiore della basilica di S. Chiara, dove la santa è rappresentata ai piedi di Cristo insieme alla badessa Benedetta, che morì nel 1260. A tale data è stata ancorata anche l'esecuzione del dipinto (Todini, 1986, p. 376), che in passato era stata avanzata di oltre un decennio. Di grande interesse è poi il celeberrimo dossale, datato 1283 e conservato nel transetto destro della stessa chiesa, in cui, pur nella resa convenzionale delle figure, non si può escludere un certo intento ritrattistico; si tratta di un'immagine monumentale in cui C., raffigurata in veste di badessa benedettina, indossa una tonaca grigia con mantello agganciato e sfoggia la croce potenziata, simbolo di autorità. Un'accurata analisi delle otto scenette di contorno (Consegna della palma, Arrivo alla Porziuncola, Taglio dei capelli, Tentativo di rapimento, Consacrazione di Agnese, Moltiplicazione dei pani, Apparizione della Vergine, Esequie) ha recentemente confermato il carattere di versione ufficiale di questo manufatto (Wood, 1991). La scelta degli episodi e l'insistenza sulla vocazione piuttosto che sulla vita attiva di C. - significativa a questo proposito l'assenza della Cacciata dei saraceni raffigurata già nel 1280 ca. in una tavola di un seguace di Guido da Siena (Siena, Pinacoteca Naz.) - tendono a fornire l'immagine di una nobile e mistica sposa di Cristo. Se Francesco è per eccellenza alter Christus, C. trova il suo parallelo diretto in Maria e in una concezione della santità femminile che, risalendo al sec. 4°, ha i suoi pilastri nella castità, nell'obbedienza e nella contemplazione.Negli stessi anni si andava tuttavia diffondendo un'immagine, nota attraverso copie (per es. Perugia, Gall. Naz. dell'Umbria; Zocca, 1963), più adatta alla devozione privata, il cui prototipo perduto risalirebbe a Margaritone d'Arezzo.Il giglio e l'abito monacale con soggolo caratterizzano invece le note figure a fresco di Giotto, Simone Martini e Pietro da Rimini (Firenze, Santa Croce; Assisi, basilica inferiore; Rimini, S. Chiara), mostrando uno stereotipo di rappresentazione che, con poche varianti, si ripeté con successo per tutto il 14° secolo.In questo programma spicca per la sua particolarità una miniatura su pergamena, variamente datata alla metà del sec. 13° (Bayerische Frömmigkeit, 1960) o agli inizi del 14° (Der Regensburger Domschatz, 1976), che orna un reliquiario conservato a Ratisbona (Domschatzmus.): in essa compare una Madonna con il Bambino e ai lati s. Agnese martire e C.; semplicemente abbigliata, quest'ultima reca sul capo una corona e nella mano la lucerna delle vergini sagge; il cordone che cinge il saio presenta inoltre cinque nodi in luogo dei tradizionali tre.C. e Agnese che assistono alcune donne inginocchiate, la Morte della santa e l'Anima di C. tra i due s. Giovanni sono invece rappresentate nel c.d. trittico di C., eseguito da Paolo Veneziano e da un anonimo maestro in due momenti distinti entro il primo quarto del sec. 14° (Trieste, Mus. Civ. di Storia e Arte; Travi, 1992). Sempre di area veneta, ma databile al 1405, è il trittico opera di Zanino di Pietro (Rieti, Mus. Civ.), dove C. è raffigurata tra Elisabetta d'Ungheria e Francesco mentre sorregge una croce da cui scende un cartiglio.Una rilevazione sistematica delle immagini di C. è stata eseguita per il territorio dell'Emilia Romagna e del Veneto; da tale campionatura sono emerse interessanti specificità come il mantello a strisce e l'assenza del giglio per l'area veneta o la mancanza dello scapolare per tutto il sec. 14° (Bisogni, 1980).Per quanto riguarda i cicli narrativi, si deve lamentare la perdita di quello attribuito al Maestro Espressionista di S. Chiara che decorava il transetto destro della basilica assisiate e del quale sopravvivono solo brani con due momenti delle Esequie (Lunghi, 1986b). Alla prima metà del sec. 14° risalgono poi le vetrate dell'abbazia di Königsfelden, che rappresentano: l'Ingresso in convento, il Taglio dei capelli, la Monacazione e la Consacrazione di Agnese. Otto pannelli dispersi tra Norimberga (Germanisches Nationalmus.: Morte e incoronazione, Conferma della Regola e due Apparizioni di Cristo), Bamberga (Historisches Mus. der Stadt: Ortolana davanti al crocifisso, C. resuscita un defunto), Ratisbona (coll. privata) e New York (Metropolitan Mus. of Art, The Cloisters: Consegna della palma) sono inoltre quanto rimane di due altari eseguiti per le Clarisse di Norimberga tra il 1360 e il 1370 (Wixom, 1985).

Bibl.: L. Bracaloni, Santa Chiara nell'arte, in Santa Chiara di Assisi. Studi e cronaca del VII Centenario. 1253-1953, Assisi 1954, pp. 207-212; Bayerische Frömmigkeit, cat., München 1960, p. 167, nr. 181, tav. 32; E. Zocca, s.v. Chiara da Assisi, Iconografia, in Bibl. SS, III, 1963, coll. 1208-1217; Der Regensburger Domschatz, a cura di A. Hubel, München-Zürich 1976, pp. 154-159, nr. 64, tavv. VIII-IX; Fonti Francescane. Scritti e biografie di san Francesco d'Assisi. Cronache e testimonianze del primo secolo francescano. Scritti e biografie di santa Chiara d'Assisi, Assisi 1978, pp. 2207-2455; M. Bartoli, Gregorio IX, Chiara d'Assisi e le prime dispute all'interno del movimento francescano, RendALincei, s.VIII, 35, 1980, pp. 97-108; Movimento religioso femminile e francescanesimo nel XIII secolo, "Atti del VII Convegno della Società internazionale di studi Francescani, Assisi 1979", Assisi 1980; F. Bisogni, Per un Census delle rappresentazioni di S. Chiara nella pittura in Emilia, Romagna e Veneto sino alla fine del Quattrocento, ivi, pp. 131-165; R. Manselli, La Chiesa e il francescanesimo femminile, ivi, pp. 239-261; U. Nicolini, s.v. Chiara, in DBI, XXIV, 1980, pp. 503-508; M.B. Mistretta, Francesco architetto di Dio. L'edificazione dell'Ordine dei Minori e i suoi primi insediamenti, Roma 1983, p. 266ss.; W.D. Wixon, The Bishop of Assisi Handing a Palm to Saint Clare, in The Metropolitan Museum of Art. Notable Acquisition 1984-1985, New York 1985, p. 13; Francesco, il francescanesimo e la cultura della nuova Europa, a cura di I. Baldelli, A.M. Romanini, "Atti del Convegno internazionale, Roma 1982" (Acta Encyclopedica, 4), Roma 1986; M. Bartoli, Francescanesimo e mondo femminile nel XIII secolo, ivi, pp. 167-180; A.M. Romanini, Il francescanesimo nell'arte: l'architettura delle origini, ivi, pp. 181-195; F. Todini, Pittura del Duecento e del Trecento in Umbria e il cantiere di Assisi, in La pittura in Italia. Il Duecento e il Trecento, Milano 1986, II, pp. 375-413; E. Lunghi, s.v. Maestro della Santa Chiara, ivi, 1986a, pp. 610-611; id., s.v. Maestro Espressionista di Santa Chiara, ivi, 1986b, p. 632; M. Bartoli, Chiara di Assisi (Bibliotheca Seraphico-Capuccina, 37), Roma 1989; H.R. Meier, Santa Chiara in Assisi. Architektur und Funktion im Schatten von San Francesco, AM, s.II, 4, 1990, 2, pp. 151-178; J. Wood, Perceptions of Holiness in Thirteenth-Century Italian Painting: Clare of Assisi, AHist 14, 1991, pp. 301-328; C. Travi, Il Maestro del trittico di Santa Chiara, appunti per la pittura veneta di primo Trecento, AC, 80, 1992, pp. 81-96; Chiara di Assisi, "Atti del XX Convegno della Società internazionale di studi Francescani, Assisi 1992" (in corso di stampa); S. Gieben, L'iconografia di santa Chiara, ivi.G. Curzi

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