BERNARDINO Realino, santo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 9 (1967)

BERNARDINO Realino, santo

Silvana Menchi

Nacque a Carpi il 15 febbr. 1530. Il padre, Francesco, era noto e stimato uomo di corte, "maestro di scuderia" di vari principi e comandanti di eserciti (Vespasiano Colonna, Luigi Gonzaga, Cosimo de' Medici, Cristoforo Madruzzo). La madre, una Elisabetta della nobile famiglia Bellentani (morta, secondo i ricordi autobiografici del figlio, nel 1550), curò l'educazione del suo primogenito in spirito di serena devozione e di letizia.

A Carpi B. ricevette la prima istruzione (latino, greco, elementi di filosofia); verso la fine dei 1546 egli venne inviato a Modena, dove ascoltò Ludovico Castelvetro e frequentò le lezioni di Antonio Bandinelli, umanista e filologo, sotto la guida dei quale intraprese commenti di tipo filologico-erudito, senza trascurare la versificazione italiana e latina. Questo interesse continuò anche durante gli studi prima di medicina, poi di legge, fatti a Bologna, e gli procurò una certa fama fra i letterati modenesi e bolognesi. Dalla medicina alla giurisprudenza passò per amore di una nobile giovane, anch'essa letterata e latinista; ed ebbe la laurea in utroque il 3 giugno 1556 da Mariano Sozzini ir. Dopo un breve periodo trascorso a Ferrara, come "familiare" di Luigi d'Este, il futuro cardinale, dal 1556 arcivescovo di Ferrara, B. fu costretto a lasciare gli Stati estensi per aver ucciso in duello un altro gentiluomo (così il Tiraboschi; secondo altri per aver semplicemente ferito la stessa persona., ma aggredendola per vendicarsi d'un torto ricevuto). Si rifugiò presso il padre, che lo fece entrare a servizio del suo signore, il cardinale Cristoforo Madruzzo, allora governatore di Milano.

Poiché fece il viaggio in compagnia di Sigismondo d'Este e di Giustina Trivulzio, passando da Pavia poté far conoscenza con il giovane principe Carlo Borromeo. A Milano i due Realino furono ospiti dei principi Trivalzio; B. frequentò gli Sfondrati, tra i quali Niccolò, il futuro Gregorio XIV, e fu in relazione con Girolamo Cardano e Luca Contile. Il 19 nov. 1556 veniva nominato cittadino di Milano e gli veniva assegnata la podesteria di Felizzano, nel territorio di Alessandria. Nel 1558 passò ad Alessandria come avvocato fiscale, ma il 7 genn. 1560 fu retrocesso e inviato a Cassine, piccolo borgo presso Acqui. Egli avvertì tale retrocessione come un'ingiustizia: la situazione dei suoi amministrati, particolarmente penosa a causa di una grave carestia, la morte della donna amata indussero il giovane ormai trentenne a pensieri di morte e a meditazioni mistico-ascetiche sulla vanità del mondo. Nel 1562 fu chiamato ad amministrare Castelleone di Lombardia, feudo dei marchese di Pescara Francesco Ferdinando d'Avalos, governatore di Milano; l'essere ormai staccato dal mondo, "per così dire mezzo religioso", come s'espresse il primo biografo di B., Antonio Beatillo, già suo confidente, contribuì a renderlo popolare per mitezza, giustizia, spirito caritatevole e disinteresse. Queste qualità lo indussero a contrarre anche debiti personali, che risultarono al momento del suo ingresso nella Compagnia di Gesù, e dei quali B. ebbe a vantarsi col padre, come prova di "integrità… usata nei maneggi pubblici". Il popolo di Castelleone inviò del resto al Pescara un elogio del podestà, chiedendone la conferma. Questa venne, ma poco dopo il marchese lo invitò ad accettare la responsabilità di uditore generale per i suoi vasti possedimenti nel Regno di Napoli. Così, all'inizio, del giugno 1564, B. arrivò a Napoli, ospite dell'agente generale d'affari dei Pescara in quella città.

A Napoli un incontro occasionale con due gesuiti lo colpì tanto da indurlo a frequentare la chiesa della Compagnia. I gesuiti lo incoraggiarono ad avanzare sulla via del distacco dal mondo facendogli leggere vari scritti di devozione. Nell'autunno del 1564 B. chiese di entrare nella Compagnia di Gesù; l'intervento dei Pescara gli ottenne il consenso del Laínez ed egli fu ammesso al noviziato. Aveva esitato, pensando di rimandare il passo fino alla morte del padre; ma dopo molte considerazioni s'indusse a non indugiare oltre e scrisse una lettera per spiegare al padre i motivi della propria decisione. Il 24 maggio 1567 ricevette l'ordinazione sacerdotale da Marino Carafa arcivescovo di Napoli. La sua esperienza di amministratore indusse molto probabilmente il generale della Compagnia Francesco Borgia a farlo nominare maestro dei novizi e responsabile della casa napoletana, allorché nel 1568 il collegio fu trasferito a Nola, nonostante che il Salmerón, allora provinciale di Napoli, si opponesse perché B. non aveva ancora compiuto il prescritto corso di studi e non aveva pronunciato i voti solenni (ciò che avvenne il 31 maggio 1571). Ebbe notevoli successi nelle lezionidi catechistica, nella assistenza e nella conversione degli schiavi di religione islamica; svolse anche compiti di recensore di libri.

Nel 1574il Salmerón ordinò a B. di recarsi a Lecce, donde era giunta era Compagnia una cospicua offerta di proprietà terriera a condizione di fondarvi una casa professa.

Queste donazioni celavano spesso riserve di carattere giuridico-economico, tali da gravare il donatario di obblighi ecclesiastici e religiosi, oltre che di beni improduttivi, non redditizi, non amministrabili, insufficienti. B., come esperto amministratore, doveva rendersi conto personabilmente e in loco della situazione, e riferime direttamente al generale della Conipagnia, Mercuriano, tanto più che l'offerta veniva dalla città di Lecce, e fra la popolazione non c'era unanimità di vedute. L'accoglienza al rappresentante della Compagnia di Gesù fu trionfale; B. inoltre si rese presto popolare per l'attività catechistica, per la solerzia nell'assistere infermi e carcerati; ebbe anche inviti a predicare in vari conventi e monasteri. Il Salmerón però lo rimproverava di scarsa prudenza: egli avrebbe accettato garanzie insufficienti per quanto riguardava il mantenimento della casa professa, nonché il suolo e i fondi per l'erezione di una chiesa. Tuttavia l'intervento del generale Mercuriano attutì le diffidenze del Salmerón, tanto più che il 21 sett. 1575 si poté porre la prima pietra della futura chiesa del Gesù, che fu costruita secondo i disegni di Giovanni de Rosis, ed il 26 sett. 1576 venne solennemente consacrata.

Nel 1579, ottenuta da un cittadino di Lecce la donazione di una rendita annua di mille ducati, B. poté iniziare la costruzione di un collegio per l'educazione della gioventù, di cui egli fu nominato vicario, cioè vicedirettore. Inoltre continuò nell'apostolato ecclesiastico generale: promosse la fondazione di un seminario, organizzò una congregazione fra il clero secolare, una congregazione mariana per la gioventù laica; promosse discussioni pubbliche su casi di coscienza e lezioni di catechismo. Personalmente, continuò l'opera di conversione fra gli schiavi e si dedicò soprattutto al confessionale, lasciando ad altri la predicazione. Godette di tanta devota popolarità che, quando stava per morire, la cittadinanza di Lecce lo pregò, per bocca del suo più alto magistrato, di accettarne il patrocinio.

A Lecce B. morì il 2 luglio 1616. Tra i suoi estimatori vengono annoverati s. Andrea Avellino, s. Roberto Bellarmino e il pontefice Paolo V.

Dal momento dell'ingresso nella Compagnia B. aveva concepito uno sdegnoso disinteresse per l'attività letteraria ed aveva distrutto tutti i manoscritti filologici e poetici, frutto delle fatiche umanistiche giovanili. Durante il periodo leccese invece egli tornò a verseggiare, a scrivere imprese ed emblemi, sonetti, ottave, distici latini, in parte pubblicati negli atti del processo di beatificazione e spiranti una pietà serena e cordiale; egli ha lasciato anche lettere sipirituali, che sono state in piccola parte edite, e trattati di casistica, che rispecchiano la sua salda preparazione giuridica originaria.

La devozione dei Leccesi era stata così intensa, che si cominciò ben presto a tributargli un culto particolare, mentre le autorità cittadine deliberavano di promuovere in Curia la causa di beatificazione e poi di canonizzazione, e inoltre di agire per ottenere che B. fosse designato dal papa come patrono e protettore di Lecce; per intercedere presso le autorità romane i Leccesi si rivolsero a s. Roberto Bellarmino, amico ed estimatore di Bernardino. Nel 1623 si ottenne il permesso di iniziare i processi diocesani, ma essi cominciarono solo nel 1624; nel frattempo il sepolcro di B. era diventato meta di pellegrinaggi, veniva circondato di ex voto e coperto di ornamenti preziosi. Sicché si dovettero applicare le disposizioni di Urbano VIII in ordine a un più regolato fervore devozionale: il corpo venne rimossso in gran segreto e posto nella sepoltura comune dei gesuiti. I processi subirono poi un rallentamento per la difficoltà di raccogliere e vagliare gli scritti di B. composti in vari periodi della vita. Il 21 apr. 1711, nel corso di una nuova ricognizione, si constatò che i tessuti del suo corpo conservati in un vaso entro la bara erano intatti e galleggiavano su uno strato di sangue; nell'occasione si ebbe anche la guarigione improvvisa dell'uomo che aveva trasportato la bara nella sala ove sarebbe avvenuta la verifica. La rinnovata commozione popolare e la fama della guarigione miracolosa provocarono una nuova inchiesta romana, che autenticò il miracolo del sangue (24 dic. 1713). Nel febbraio 1731 iniziò il processo romano sulla virtù eroica di B.; la prima congregazione preparatoria ebbe luogo il 1° sett. 1733, ma le polemiche antigesuitiche e poi la soppressione della Compagnia interruppero tale processo; le reliquie vennero nascoste per timore di profanazione subendo varie peripezie. Ricostituita la Compagnia nel 1832, le reliquie vennero trasportate a Lecce; Leone XII approvò il decreto di venerabilità il 31 luglio 1838; Leone XIII, il 12 marzo 1896, quello di beatificazione. Il processo di canonizzazione cominciò nel 1941; la proclamazione solenne avvenne nel 1946, a quindici anni di distanza da quella del Bellarmino.

Opere: In nuptias Pelei et Thetidis catullianas commentaria; eiusdem adnotationes in varia scriptorum loca,Bononiae 1551 (rist. in Lampas sive fax artium liberalium,II,Francoforte 1604), con lettera dedicatoria di B. al cardinale di Trento (è l'unica superstite delle opere umanistiche giovanili); Lettere spirituali inedite… pubblicate dal P. Giuseppe Boero S. I., Napoli 1854.

Fonti e Bibl.: La più gran parte delle fonti primarie per la vita di B. (i suoi scritti autobiografici, le sue lettere e poesie, nonché le biografie inedite di A. Beatillo, di C. Luca, ecc.) si conservano a Roma, nell'Archivio della Compagnia di Gesù: cfr. M. Scaduto, Storia della Compagnia di Gesù in Italia, III, L'epoca di Giacomo Laínez, il governo (1556-1565), Roma 1964, p. 293. Cfr. inoltre: E. Venturi, Storia della vita di B. R., Roma 1795; V. Dente, Un santo educatore e letterato gesuita, in La civiltà cattol., LXXXII (1931), pp. 21-36, 209-225; G. Germier, S. B. R., Firenze 1943 (è una biogr. ben documentata di tipo agiografico popolare).

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