Èfrem Siro, santo

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Dottore della Chiesa (Nisibi, Siria orient., 306 o 307 - Edessa 372). Teologo, autore di numerosi scritti in forma metrica in lingua siriaca. Particolarmente importanti sono le sue concezioni cristologiche e mariologiche.

Vita e opere

A Nisibi fu battezzato a 18 anni dal vescovo Giacobbe, che alcuni anni dopo gli affidò la direzione della locale scuola catechetica, e a Nisibi E. visse fino al 363, quando la città cadde in mano ai Persiani ed egli si trasferì a Edessa, dove diresse la scuola teologica e visse conducendo vita monastica. Autore diffuso e talora prolisso d'una serie numerosissima di scritti, E. incontrò tuttavia una fortuna enorme: egli scrisse solo in siriaco, ma delle sue opere si ebbero presto traduzioni in greco, in armeno, in latino, e di alcune anche in arabo, copto etiopico e slavo. Gli scritti in prosa sono per lo più commenti scritturali (particolarmente importante quello al Diatessaron). La maggior parte dell'opera di E. è costituita però da scritti in forma metrica: prosa metrica (i "discorsi", mēmrē, in serie libere di eptasillabi) e componimenti poetici. Questi sono canzoni (madrashe), strofe di vario tipo, staccate l'una dall'altra dal ritornello (ūnītā) e scritte, sull'esempio degli inni gnostici, per essere eseguite dal popolo. La teologia di E., dominata dalla polemica antignostica, è, al pari dell'esegesi scritturale, sotto l'influsso della scuola di Antiochia; particolarmente importanti, anche per l'influsso esercitato nelle contemporanee polemiche teologiche, la sua cristologia e la mariologia. E. sostiene la concezione verginale di Maria; quanto alle due nature in Cristo, egli ne afferma la "misura", accennando, sebbene oscuramente, anche al ditelismo. Nell'escatologia E. non si distacca dall'ambiente siriaco, asserendo che l'anima del giusto dopo la morte non entra subito nella pienezza della beatitudine, ma subisce un periodo di attesa fino alla resurrezione del corpo. Venerato fin dalla prima metà del sec. 5º nella Chiesa siriaca, e poi in quelle greche, il suo culto fu riconosciuto anche da Roma ed esteso alla Chiesa universale da Benedetto XV (enciclica Principi Apostolorum, 5 ott. 1920). La festa è ora fissata, in Occidente, al 9 giugno.

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