Giovanni evangelista, santo

Enciclopedia Dantesca (1970)

Giovanni (Ioanni) evangelista, santo

Gian Roberto Sarolli

Figlio di Zebedeo e di Salome, fratello minore di Giacomo, apostolo e discepolo prediletto di Cristo, già pescatore al pari del fratello, presente e al ‛ sorgere ' della figlia di Iairo e, insieme con il fratello e Pietro, alla trasfigurazione del Cristo, e nell'orto del Getsemani; a lui il Cristo dalla croce affidò la propria madre. Dopo la morte di Gesù, visse a Gerusalemme, più tardi andò a stabilirsi in Efeso. Ai tempi di Domiziano fu confinato nell'isola di Patmo, e pare che, già vecchio, soffrisse il martirio al tempo dell'imperatore Traiano. Fu ed è comunemente ritenuto autore del quarto Vangelo, delle tre Epistole che vanno sotto il suo nome, e dell'Apocalisse.

D. lo menziona attingendo direttamente ai passi scritturali, volgendo il testo latino, direttamente assunto o da vicino elaborato, ad altissima poesia. Lo stesso dicasi dell'impiego da parte del poeta della lunga tradizione esegetica i cui risultati tipologici e allegorici sa mettere a profitto e talvolta mirabilmente mutare innovando. Si pensi alla definizione tipologica che s. Isidoro ha per primo in generale postulato per gli Evangelisti (" Evangelistae quatuor, sub quatuor animalium vultibus figuraliter Christum exprimunt ", Patrol. Lat. LXXXIII, col. 116), ulteriormente chiarita speciatim per s. Giovanni in " Ioannes per figuram aquilae signat Christum post resurrectionem carnis evolasse in coelum ", col. 117) e a quella elaborata da Goffredo (" Ioannes apostolus, vitae typus contemplativae, sicut activae Petrus ", Patrol. Lat. CLXXIV, col. 670). Si pensi alle allegorie relative alla Chiesa che s. Gregorio Magno ha ricavate dal testo apocalittico: " Arcturus in coeli axe constitutus septem stellarum radiis fulgens, semper versans et numquam mergens, significat Ecclesiam universalem quae in Ioannis Apocalypsi per septem ecclesias, septemque candelabra figuratur " (Patrol. Lat. LXXV, col. 866), e alle molte altre zoologiche che sono state elaborate sul parallelismo Ezechiele - Giovanni (che il poeta cita in Pg XXIX 105) dalla tradizione esegetica a partire da s. Gregorio Magno (" Singula Ezechielis animalia ad unumquemque evangelistam recte conveniunt ", Patrol. Lat. LXXVI, coll. 625, 803) fino a Rabano Mauro, a s. Bruno d'Asti, a Garnerio da San Vittore, tradizione ulteriormente e internamente ampliata da Alcuino (" Evangelistae quatuor animalibus significantur, quia Evangelium per quatuor mundi partes erant divulgaturi ", Patrol. Lat. ci, coll. 1120, 1133) fino a Rabano Mauro che elaborava sui postulati dell'ecumenismo alcuiniano e della teologia-politica carolingia la teoria della " quadriga Domini " (ma non va taciuto il " currus Dei " come " sedes Dei " di s. Eucherio, Patrol. Lat. L, col. 738), di cui gli Evangelisti costituivano le " ruote " (" Per quatuor rotas Ezechielis quatuor Evangelistae designantur ", Patrol. Lat. CX, col. 635), immagine destinata al più immediato e diffuso successo in ogni genere di scrittura di argomento sacro e profano fino a D., che l'innovò trasformando la " quadriga " in carro trainato dal grifone-Cristo e moventesi non su quattro ma su due ruote, simboli di s. Domenico e di s. Francesco.

Per entro l'arco di fonti così auliche e di così diffusa tradizione, D. menziona l'Evangelista come Giovanni in Pg XXIX 105 (Giovanni è meco e da lui [Ezechiele] si diparte), e XXXII 76 (Pietro e Giovanni e Iacopo condotti / e vinti... videro scemata loro scuola / così di Moisè come d'Elia, / e al maestro suo cangiata stola); in Pd IV 29 (quel Giovanni / che prender vuoli, dove il riferimento è valido anche per il Battista, v.); in Cv III XIV 7 (nel principio di Giovanni, ne l'Evangelio); in Fiore V 14 (né non creder né Luca... né Giovanni); come Ioanni Evangelista, in Cv II V 3 (‛ Lo qual fu luce che allumina noi ne le tenebre ', si come dice Ioanni Evangelista); come Vangelista, in If XIX 106 (Di voi pastor s'accorse il Vangelista); come Iohannes in Mn II XI 3 (cum etiam Cristus ipse... dicat in Iohanne: ‛ Consummatum est '), III VIII 2 (Similiter accipiunt de lictera Mathaei, similiter et Iohannis), IX 15-16 (lohannes autem dicit de illo..., e Ultimo dicit quod, cum Petrus vidisset Iohannem, dixit Iesu), XIV 4 (Unde ipse in Iohanne formam suae vitae relinquens ‛ Exemplum' inquit ' dedi vobis, ut quemadmodum ego feci vobis, ita et vos faciatis'), e in Ep XIII 89 (ut patet per Iohannem ibi: " Haec est vita aeterna, ut cognoscant te Deum verum etc. "); come filius Zebedaei, in Mn III IX 11 (Item [Matteo] scribit quod in monte transfigurationis, in conspectu Cristi, Moysi et Elyae et duorum filiorum Zebedaei, dixit: " Domine, bonum est nos hic esse ").

A queste scoperte menzioni dell'Evangelista si devono aggiungere quelle velate o perifrastiche, ma facilmente identificabili con il ricorso alle fonti o alla tradizione esegetica o ai passi paralleli nell'opera di D., come l'allusione a uno dei quattro animali nella descrizione della processione nel Paradiso terrestre, in Pg XXIX 92-93 (vennero appresso lor quattro animali, / coronati ciascun di verde fronda), dove dunque l'animale che corrisponde a G. è, tradizionalmente, l'aquila e con tale appellativo metaforicamente D. lo definisce aguglia di Cristo in Pd XXVI 53 - da considerarsi dunque passo parallelo -, nel canto dell'esame sulla carità; come le altre allusioni, sempre nella descrizione della processione, alle Epistole e all'Apocalisse: le prime rappresentate da uno dei quattro in umile partita e il secondo dal vecchio solo... dormendo (Pg XXIX 142, 143-144) che viene di retro da tutti, dal momento che l'Apocalisse è l'ultimo libro della Bibbia.

Alla serie allusiva, ottenuta per velocissimi tocchi o per più distese pennellate, sono da ascriversi le formule come più giovani piedi di Pd XXIV 126, che, tratta dal passo dello stesso G. - " Currebant autem duo [Petrus et ille alius discipulus... quem amabat Iesus] simul, et ille alius discipulus praecucurrit citius Petro et venit primus ad monumentum... non tamen introivit... Venit ergo Simon Petrus sequens eum et introivit in monumentum " (Ioann. 20, 4-6) - e analogamente usata in Mn III IX 16 (Dicit... Iohannes ipsum [Pietro] introivisse subito, cum venit in monumentum, videns alium discipulum cunctantem ad hostium), viene impiegata da D. come categoria universale per evidenziare la ‛ saldezza ' della fede di s. Pietro, di cui è il campione, in contrapposizione con la ‛ rapidità ' della carità di s. Giovanni, campione invece di quest'ultima; come anche 'l tuo fratello in Pd XXV 94, mentre D. parla con s. Giacomo, campione della speranza, in riferimento a s. Giovanni che viene ancora descritto come un lume (v. 100), splendore, foco, fiamma (vv. 106, 121, e Pd XXVI 2), termini tutti da considerare qualificativi della carità; come ancora con più ampio indugio colui che giacque sopra 'l petto / del nostro pellicano; e... fue / di su la croce al grande officio eletto, in Pd XXV 112, e quei che vide tutti i tempi gravi, / pria che morisse, de la bella sposa [la Chiesa], in Pd XXXI 127-128; e infine raccogliendo in unico abbraccio i tre apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni, per bocca di Beatrice sarà detto che furono i tre ai quali Iesù... fé più carezza (Pd XXV 33), pronti ad assurgere in tal modo non solo a campioni rispettivamente della fede Pietro, della speranza Giacomo e della carità Giovanni, ma a note ecumeniche e a sigle fondamentali dal momento che D. nei canti XXIV, XXV e XXVI di Paradiso dai tre verrà ‛ esaminato ' sulle tre virtù teologali creando le premesse nella dantologia a partire dal Foscolo fino ai giorni nostri per una dibattuta problematica da risolversi, forse, con il ricorso agl'imperativi postulati da s. Agostino nel De Doctrina Christiana, e cioè con l'affermazione che ogni stanza soteriologica individuale e collettiva passata - valgano come exempla Virgilio e Stazio -, presente - il poeta stesso e il suo ‛ esame ' - e quindi futura, doveva alle tre virtù teologali essere ricondotta e su di esse verificata.

E siccome campioni delle stesse tre virtù teologali e quindi del loro cromatismo saranno proprio s. Pietro, s. Giacomo e s. Giovanni, non fa specie che essi al par degli altri figuranti, e massime gli Evangelisti, siano da considerarsi chiavi di volta del sistema dantesco. Basterà quale esempio determinante il citare da Cv II I 5 Lo terzo senso si chiama morale, e questo è quello che li lettori deono intentamente andare appostando per le scritture, ad utilitade di loro e di loro discenti: si come appostare si può ne lo Evangelio, quando Cristo salio lo monte per transfigurarsi, che de li dodici Apostoli menò seco li tre [Pietro, Giacomo e Giovanni]; in che moralmente si può intendere che a le secretissime cose noi dovemo avere poca compagnia, dove, come si vede, l'episodio evangelico e proprio la presenza dei tre apostoli diventa perfino regola ermeneutica nel quadro esegetico della Commedia per analogia sulla Scrittura Sacra. Altrettanto non sorprenderà che le Opere di G. siano direttamente trascritte o translitterate nelle Opere di D., e più precisamente il Vangelo in Pg XIII 29 ‛ Vinum non habent ' altamente disse (che è tratto da Ioann. 2, 3; XVI 19 Pur ‛ Agnus Dei ' eran le loro essordia (da Ioann. 1, 29); XXXII 10-12 ‛ Modicum, et non videbitis me; / et iterum, sorelle mie dilette, / modicum, et vos videbitis me ' (da Ioann. 16, 16); in Cv II V 3 ‛ Lo qual fu luce che allumina noi ne le tenebre ', si come dice Ioann Evangelista (Ioann. 1, 4-5); VIII 14 Ancora, n'accerta la dottrina veracissima di Cristo, la quale è via, verità e luce (da Ioann. 14, 6, ove troviamo la notevole contaminazione dei due passi di G. citati, provata dalla scelta del secondo termine " lux " dell'endiadi " vita-lux "); XIV 19 E di questa [la divina scienza] dice esso [Dio] a li suoi discepoli: ‛ La pace mia do a voi, la pace mia lascio a voi ', dando e lasciando a loro la sua dottrina, che è questa scienza di cu' io parlo (da Ioann. 14, 27); in Mn II II 4 Ex hiis iam liquet quod ius, cum sit bonum, per prius in mente Dei est... iuxta illud ‛ Quod factum est in ipso vita erat ' (da Ioann. 1, 3-4); XI 3 cum etiam Cristus ipse, in se punitionem patiens, dicai in Iohanne: ‛ Consummatum est ' (da Ioann. 19, 30); III IX 15-16 Iohannes autem dici' de silo quod, cum Cristus vellet sibi lavare pedes, Petrus ait: ‛ Domine, tu michi lavar pedes? '; et infra: ‛ Non lavabis michi pedes in aecternum '. Dici' etiam ipsum gladio percussIsse ministri servum: quod etiam conscribunt omnes quatuor. Dici/ etiam Iohannes ipsum introivisse subito, cum veni/ in monumentum, videns alium discipulum cunctantem ad hostium. Dicit iterum quod, existente leste in litore post resurrectionem, ‛ Cum Petrus audisset quia Dominus est, tunica succinxit se, erat enim nudus, et misit se in mare '. Ultimo dicit quod, cum Petrus vidisset Iohannem, dixit lesti: ‛ Domine, hic autem quid? ', ove come si vede D. raggruppa in uno una notevole serie di passi da G. (Ioann. 13, 6-8; 20, 5-6; 21, 7 e 21), e dove appare, notevole, un chiaro esempio di conoscenza della teoria, che s. Agostino derivò dalle Regulae di Ticonio, della concordantia dei Vangeli; in Mn III XIII 3 Unde, cum Ecclesia non sit effectus naturae, sed Dei dicentis ‛ Super hanc petram haedificabo Ecclesiam meam ', et alibi ‛ Opus consummavi quod dedisti michi ut faciam ', manifestum est quod ei natura legem non dedit (da Ioann. 17, 4); in Mn III XIV 4-5 Unde ipse [Cristo] in Iohanne formam suae vitae relinquens ‛ Exemplum ' inquit ‛ dedi vobis, ut quemadmodum ego feci vobis, ita et vos faciatis '; et spetialiter ad Petrum postquam pastoris offitium sibi commisi', ut in eodem habemus, ‛ Petre ', inquit ‛ sequere me ', ove ancora una volta D. raggruppa insieme una serie notevole di passi da G. (Ioann. 13, 15; 21, 22; 18, 36); in Ep III 8 et illud de memoria sane tua non defluat: ‛ Si de mundo fuissetis, mundus quod suum erat diligeret ' (da Ioann. 15, 19: che è, a nostro giudizio, citazione di eccezionale interesse perché con essa, ma citandola solo a metà - essa continua infatti nel testo giovanneo con il significativo " ... quia vero de mundo non estis, sed ego elegi vos de mundo, propterea odit vos mundus " -, D. chiude l'epistola citata, quella del ‛ Florentinus exul inmeritus ', con l'altissimo richiamo alla missione degli apostoli che preterintenzionalmente fa sua ribadendola nel sonetto Io sono stato con Amore insieme, che seguiva l'epistola); in Ep VII 7 Verum quia sol noster... quasi Iosuae denuo vei Amos filius imperare', incertitudine dubitare compellimur et in vocem Praecursoris irrumpere sic: ‛ Tu es qui venturus es, an alium expectamus? ' (da Ioann. 1, 27, passo fondamentale sia per l'evidente allusione analogica a Enrico VII visto come typus Christi sul fondamento della teologia-politica, sia per la derivata aura profetica che l'accenno al Precursore [il Battista] riverbera su D.); in Ep XI 3 Nos quoque eundem Patrem et Filium, eundem Deum et hominem, nec non eandem Matrem et Virginem profitentes, propter quos et propter quorum salutem ter de cantate interrogatum et dictum est: Petre, pasce sacrosanctum ovile (da Ioann. 21, 17); in Ep XIII 89 In parte vero executiva... nec... quicquam dicetur ad praesens, nisi hoc... quod vera illa beatitudo in sentiendo veritatis principium consistit; ut patet per Iohannem ibi: " Haec est vita aeterna, ut cognoscant te Deum verum etc. " (da Ioann. 17, 3); in Quaestio 78 Et denique audiant propriam Creatoris vocem dicentis: ‛ Quo ego vado, vos non potestis venire ' (da Ioann. 8, 21).

E non meno, anche se non così diffusamente, è citata l'Apocalisse, come in Ep XIII 90 Et quia, invento principio seu primo, videlicet Deo, nichil est quod ulterius quaeratur, cum sit Alfa et O, idest principium et finis, ut visio Iohannis designai, in ipso Deo ferminatur tractatus, qui est benedictus in saecula saeculorum (da Apoc. 1, 8 e, come più o meno da vicino, in If XIX 106-110 Di voi pastor s'accorse il Vangelista, / quando colei che siede sopra l'acque / puttaneggiar coi regi a lui fu vista; / quella che con le sette teste nacque, / e da le diece corna ebbe argomento, / fin che virtute al suo marito piacque (da Apoc. 17, 1-3); in Pg XXIX 105 ma leggi Ezechïel, che li dipigne... tali eran quivi, salvo ch'a le penne / Giovanni è meco e da lui si diparte (da Apoc. 8, ove come si vede l'accento è posto proprio e soltanto sulle ‛ penne ', che nella tradizione esegetica erano state interpretate sul piano allegorico da Alano de Insulis, che discende da Alcuino e su quello tropologico da Ruperto di Deutz); in Pd XXV 94-96 e 'I tuo fratello [l'Evangelista] assai vie più digesta, / là dove tratta de le bianche stole, / questa revelazion ci manifesta (da Apoc. 7, 9-14), ove, in maniera altamente allusiva, D. insinua rinviando direttamente al testo neotestamentario la chiosa parallela della ‛ aspersio sanguinis '; in Pd XXVI 16-18 Lo ben che fa contenta questa corte, / Alfa e O è di quanta scrittura / mi legge Amore o lievemente o forte (da Apoc. 1, 8).

Questi passi, puntualmente verificati, a chiara voce proclamano la conoscenza di prima mano dei testi giovannei, della lunga tradizione esegetica a essi legata e talvolta delle libertà innovatrici del poeta. Non sorprenderà, quindi, che proprio a s. Giovanni D. si esponga per quell'esame sulla carità di cui l'Evangelista è campione e come tale annunciato da Beatrice, in Pd XXV 112-114 " Questi è colui che giacque sopra 'l petto / del nostro pellicano, e questi fue / di su la croce al grande officio eletto ", ove G. è presentato con l'impiego delle due perifrasi tratte da due passi del suo stesso Vangelo (da Ioann. 13, 23 e 19, 27) e il Cristo col simbolo zoomorfico del pellicano tratto dal salmo 101, 7 " Similis factus sum pellicano solitudinis ". Prima dell'esame vero e proprio (Pd XXVI 1-66) che consisterà nella parafrasi poetica del passo giovanneo, più volte qui enucleato (da Apoc. 1, 8) e nella circolarità dialettica di Amore (Spirito Santo) e di Sapienza (Cristo), D. ha visto uno spirito eguagliante il sole in lucentezza e splendore congiungersi a s. Pietro e a s. Giacomo (Pd XXV 100-111), e informato da Beatrice che si tratta dell'Evangelista (vv. 112-117), lo guarderà attentamente nella speranza di vederne il corpo; ma s. Giovanni lo rimprovererà ricordandogli che esso è in terra terra e che al cielo ascesero col corpo soltanto il Cristo e la Vergine Maria (vv. 118-129), e, persa la vista che solo lo sguardo di Beatrice ridonerà, D. supererà l'esame vedendo lo spirito del padre antico Adamo, qui più che mai figura Christi e anticipazione del mistero dell'incarnazione ‛ visto ' alla conclusione della Commedia.

Nella rosa mistica, infine, l'Evangelista è seduto alla destra di s. Pietro, seduto a sua volta alla destra della vergine Maria (Pd XXXII 124-130), e un tal seggio, esaltato dal binomio s. Pietro s. Giovanni, sarà da ricondurre forse alla definizione di Goffredo Admontensis: " Ioannes apostolus, viate typus contemplativae, sicut activae Petrus ".

Bibl. - Manca ancora uno studio sistematico su G. in D., così come sugli altri Evangelisti. Nell'attesa si rinvia il lettore ai commenti danteschi più validi, alle letture dei canti XXIV, XXV e XXVI del Paradiso, a una breve nota di B. Nardi (Perché " Alfa ed O " e non " Alfa ed Omega ", in " Alighieri " V [1964], rist. in Dal Convivio alla Commedia, Milano-Napoli, 1967) e infine a G. Marzot, Linguaggio biblico nella D.C., Pisa 1956; G.R. Sarolli, Prolegomena alla D.C., Firenze 1970.

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