MAURO, santo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MAURO, santo

Gianluca Pilara

MAURO, santo. – Nacque probabilmente nel 516; fu affidato dal padre, il nobile romano Eutichio (o Equizio), a Benedetto da Norcia, che nel 528 aveva dato inizio all’organizzazione di alcuni piccoli cenobi nell’area di Subiaco perché ricevesse un’educazione e abbracciasse la vita monastica.

Le testimonianze relative alla sua vita e alla sua attività ascetica sono poche. Per quanto concerne i primi anni della sua esperienza a Subiaco sono preziosi i Dialogi di Gregorio Magno.

Gregorio accenna all’arrivo di M. a Subiaco insieme con Placido, figlio di un altro nobile e suo futuro compagno di ascesi (Dial. II, 3, 14); narra poi della percezione miracolosa di M. nel vedere un diavolo che tormentava un compagno di cenobio (ibid., 4, 2). In particolare i Dialogi sono la fonte principale del miracolo del salvamento di Placido: mentre pregava nella sua cella, Benedetto ebbe la visione di Placido che, uscito per attingere acqua, cadeva nel lago; immediatamente il monaco chiamò M. perché corresse a salvare il suo compagno; questi, nel desiderio di obbedire alla volontà del suo abate, corse in aiuto di Placido e, vistolo fra le onde, lo raggiunse camminando sulla superficie del lago e lo trasse in salvo (ibid., 7). L’episodio assurse per l’agiografia e per l’iconografia cristiana a prototipo della virtù dell’obbedienza. Sempre secondo il racconto di Gregorio fu M. il monaco a cui ricorse un contadino goto per recuperare la roncola che gli era caduta nel lago (ibid., 6, 2) e, probabilmente, fu sempre M. il giovane monaco che raggiunse Benedetto mentre era in partenza per Montecassino, per annunciargli la morte del prete Fiorenzo avversario dell’abate, venendo da questo rimproverato (ibid., 8, 7).

I Dialogi non dicono altro in merito a M. e le informazioni sugli anni successivi alla partenza di Benedetto da Subiaco (530 circa) vengono da una biografia, risalente all’863 circa, di Oddone abate del monastero di Glanfeuil, il quale sostiene che la sua Vita sancti Mauri è un rifacimento e ammodernamento di una precedente biografia di un monaco di nome Fausto, discepolo anche lui di Benedetto e compagno di Mauro. Secondo Oddone, sotto la spinta di Benedetto alcuni monaci di Montecassino, guidati da M., nell’anno della morte del fondatore del cenobio (547) avrebbero preso la via della Gallia per diffondere in quella terra la regola benedettina. La Vita narra così del lungo viaggio fino a «Glannafolium» (odierna Saint-Maur-sur-Loire), dove M. avrebbe fondato un monastero, di cui sarebbe divenuto anche abate e dove sarebbe morto a seguito di una pestilenza, dopo averne affidato la direzione a Bertulfo.

Dunque, alcuni anni dopo la partenza di Benedetto da Subiaco, M. decise di raggiungerlo nel cenobio di Montecassino, dove rimase presumibilmente fino alla morte di Benedetto, avvenuta nel 547, anno in cui egli iniziò il suo viaggio verso la Gallia. La data della morte di Benedetto è l’unico termine cronologico che permette di datare il periodo di vita e l’anno di morte di M.: la Vita sancti Mauri informa che M. visse settantadue anni e che trascorse quarantuno anni nel monastero di Glannafolium. La stessa fonte afferma che M. fondò il cenobio durante il regno di Teodeberto I (533-547), quindi presumibilmente nel 547. La data di morte di M. cadrebbe pertanto nell’anno 588.

Il culto di M. ebbe inizio nel Medioevo ma sempre in connessione con quello di Benedetto e si estese nell’Italia settentrionale a opera soprattutto dei cluniacensi, e in Francia a opera della Congregazione dei maurini, che proprio da lui prese il nome, dove la venerazione nei suoi confronti andò sempre più diffondendosi in età moderna. In particolare una più radicata devozione verso M. maturò a seguito del concilio di Trento, grazie all’impegno dell’abate cassinese Placido Puccinelli, il quale diede il via a una nutrita raccolta di studi su Mauro.

M. è stato oggetto, dal X secolo, di una considerevole quantità di raffigurazioni miniate e di immagini dove egli appare quasi sempre in compagnia di Benedetto e del compagno Placido, senza però dimostrare particolari attributi iconografici. L’episodio più rappresentato è quello di M. che per salvare Placido cammina sulle acque del lago, ma egli compare spesso anche come propagatore della regola benedettina in Francia. Si ricordano per antichità le due figure, risalenti entrambe al X-XI secolo, della cosiddetta «grotta del Salvatore» a Vallerano e della basilica di S. Crisogono a Roma. Di particolare rilievo sono le opere di Giovanni Antonio Bazzi, detto il Sodoma, nel chiostro dell’abbazia di Monte Oliveto Maggiore, presso Siena, la serie di affreschi di Spinello Aretino nella sacrestia di S. Miniato al Monte a Firenze e le opere del Perugino (Pietro Vannucci) nella chiesa abbaziale di S. Pietro di Perugia.

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