Debenedetti, Santorre

Enciclopedia Dantesca (1970)

Debenedetti, Santorre

Giuseppe E. Sansone

Filologo (Acqui 1878-Giaveno 1948), professore ordinario di filologia romanza prima all'università di Pavia e, dal 1928 in poi, in quella di Torino. Il Debenedetti ha contenuto i suoi contributi danteschi, non numerosi ma esatti e perspicui, nei limiti dell'esegesi puntuale, della ricerca archivistica e dello studio di taluni problemi filologici. I suoi scritti, mentre testimoniano grande accuratezza nella documentazione e la costante esigenza di circoscrivere i temi d'indagine entro confini di asciutta concretezza, appaiono ancora saldamente legati ai criteri che furono propri alla migliore tradizione del metodo storico.

Nel saggio su D. e Seneca filosofo (1923) il Debenedetti riesamina il problema dell'influenza esercitata dal Seneca morale, e non tragico, sulle opere di D. e giunge alla conclusione (confortata dalla valutazione di tutti i passi che si prestano all'instaurazione di un raffronto, raccolti in un'apposita appendice) di una reale presenza e di una controllabile suggestione senechiane nel poeta (v. particolarmente p. 9). Su un piano consimile si pone la rassegna di due saggi del Filippini e del Benedetto, nella quale vengono discussi sia alcuni problemi del testo del Fiore e del Detto, sia la spinosa questione dell'attribuzione a D. del primo poemetto. Nello scritto Intorno ad alcuni versi di D., invece, il Debenedetti impugna le conclusioni caselliane relative alle dieresi espressive esistenti nella Commedia, dichiarandosi favorevole ad altre e diverse soluzioni, quali il ricorso a dialefi d'eccezione oppure alla doppia copulazione nel caso di coppie aggettivali o, ancora, alla prostesi allorquando compare una s- complicata.

Alle ricerche d'ordine più propriamente archivistico appartengono tanto lo scritto su Belacqua, identificato nel popolano Duccio di Bonavia, quanto l'articolo in cui si lumeggiano alcuni momenti dell'esilio di Francesco, fratello di Dante. Sono invece dedicate all'esegesi di alcuni versi della Commedia tre note, comparse tra il 1920 e il 1923. Nel primo scritto si propone l'assunzione di il porco Sant'Antonio (Pd XXIX 124) come persistenza di una forma genitivale propria dell'area gallica (e cfr. Pietro " Porcus Sancti Antonii "), mentre per Pg XX 81 de l'altre schiave, l'aggettivo viene collegato a un uso tipico dell'antico francese. Nel secondo, si propone un'interpretazione di Pd VI 28-34, logica e convincente in ispecie nel legame sintattico posto fra i versi 31 e 34 (già difeso dal Landoni nel 1858 e accolto poi dal Fraticelli). Nel terzo articolo, viene sottoposto ad accurato esame particolarmente il poi di If XV 121, che, in base a un'ampia documentazione, s'interpreta come poi che.

Bibl. - Scritti danteschi del Debenedetti: Documenti su Belacqua, in " Bull. " XIII (1906) 222-233; Di un nuovo documento di D. e di Francesco Alighieri, ibid. XIV (1907) 124-136; Chiose ad un passo del canto di Giustiniano, in " Studi d. " IV (1921) 99-107; Note di sintassi dantesca, in " Bull. " XXVII (1922) 75-83; D. e Seneca filosofo, in " Studi d. " VI (1923) 5-24; Gli ultimi versi del canto di Brunetto Latini, ibid. VII (1923) 83-96; Intorno ad alcuni versi di D., in " Giorn. stor. " LXXXVII (1926) 74-99; recens. a F. Filippini, Dante degli Abati probabile autore del " Fiore ", e a L.F. Benedetto, Di alcuni rapporti tra il " Detto d'Amore " ed il " Fiore ", in " Studi d. " VIII (1924) 140-150. Per un profilo critico-biografico, C. Segre, in I critici, Milano 1969, 2646-2664.

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