SANUDO, Marin, il Vecchio

Enciclopedia Italiana (1936)

SANUDO, Marin, il Vecchio

Gian Piero BOGNETTI
Roberto ALMAGIA
Giovanni Battista PICOTTI

Nacque in Venezia intorno al 1270 da Marco Sanudo, detto Torsello, del quale conservò il soprannome. Era di famiglia illustre, uno dei cui rami aveva allora nell'Egeo il ducato di Nasso e di Andro; apparteneva però ad altro ramo, a quello di S. Severo. Ancora giovanissimo, fra il 1282 e il 1286, era a S. Giovanni d'Acri; nel 1289 seguì Marco Michiel, che andava bailo a Negroponte; nel 1293 fu mandato dal padre a sistemare certi crediti con i duchi di Nasso, e nel 1296 era ancora in Oriente. Acquistò in quegli anni larga cultura nelle lingue classiche e visitò molti porti del Mediterraneo orientale, ricercando con insaziabile curiosità e con indagine acuta le condizioni dei luoghi e delle genti. Fu poi alla corte di Palermo e a quella di Roma, ove divenne familiaris et devotus domicelus del cardinale Riccardo Patroni di Siena, vice-cancelliere della Chiesa e giurista di molta fama; nel 1304 era di nuovo a Venezia e prendeva parte alla guerra contro Padova. E prima e dopo d'allora, fece nuovi viaggi per tutto l'Oriente e giunse nell'Occidente fino ai lontani mari del settentrione d'Europa. Infiammato da quell'ardore per una nuova crociata, che, dopo la caduta di S. Giovanni d'Acri e la fine di ogni dominazione cristiana in Terrasanta (1291), accendeva molti spiriti e suggeriva i più varî e fantastici disegni, cominciò nel 1306 a scrivere delle Conditiones Terrae sanctae.

Come preparazione a un'impresa futura, egli suggeriva di spezzare la potenza economica degl'infedeli, troncando ogni commercio con l'Egitto e soprattutto l'importazione di quanto poteva essere qui fonte di guadagno e mezzo di guerra: le merci dell'India sarebbero venute al Mediterraneo per altra via che per quella di Aden e del Nilo, attraverso la Persia, la Mesopotamia, la Siria; i prodotti che si andavano a ricercare nell'Egitto, come lo zucchero e il cotone, sarebbero stati coltivati in terre d'Europa; una flottiglia cristiana avrebbe vegliato all'esecuzione del decreto. Il libro, che rispondeva del resto ai divieti pontificali di commercio con gl'infedeli, fu presentato nel 1309 a Clemente v.

Negli anni seguenti, dal dicembre del 1312 in poi, il S., tra i continui viaggi, rifuse quel primo libro, aggiunse ad esso altri due, e i tre libri, intitolati ora Opus Terrae sanctae, offrì personalmente al papa Giovanni XXII, il 24 settembre 1321, in Avignone.

Il fervore per la guerra santa si univa nell'opera del S. con un'attenta cura degl'interessi commerciali e politici di Venezia sua. Era proposta nel secondo libro la creazione di un piccolo esercito di 15.000 fanti e 300 cavalieri, che si doveva fortificare sulla costa egiziana e preparare la via alla crociata futura: capo di quell'esercito doveva essere un uomo che avesse l'amicizia di Venezia; la flotta doveva essere allestita a Venezia, con marinai veneziani. Dopo tre anni, l'esercito crociato, di 50.000 uomini, avrebbe conquistato l'Egitto, con l'aiuto dei cristiani di Nubia e dei Tartari; la liberazione della Terrasanta sarebbe stata allora così facile che il S. nemmeno s'attarda a discorrerne. Dà bensì largamente ragione dei motivi per cui l'impresa doveva far capo all'Egitto; scende a particolari assai minuti sui piani di campagna, sulle qualità dei condottieri e dei soldati, sulla costruzione delle navi, sulle macchine da guerra, sulle paghe, sugli approvvigionamenti, sull'ingaggiare marinai nei porti del Mediterraneo, lungo i fiumi e sui laghi dell'Italia settentrionale e dell'Europa centrale, nelle coste settentrionali dell'Europa; descrive le coste dell'Egitto, della Tunisia, del regno di Armenia; conforta ciascuna sua proposta con esempî tratti dalla storia, specialmente da quella di Venezia. Il terzo libro, attinto per gran parte alla Historia Hierosolymitana di Giacomo da Vitry, narra la storia della Terrasanta dall'età più remota ai tempi dell'autore, e descrive largamente la Siria, la Palestina, l'Egitto, dà consigli sul modo di condurre felicemente l'impresa e di conservare la conquista: notevoli in esso la libertà di giudizio sui cristiani che si erano stabiliti in Terrasanta, la lode alla gravità, alla prudenza, alla parsimonia, all'amore di libertà degl'Italiani, il consiglio di ripopolare quella terra con coloni cattolici di ogni paese. L'opera era accompagnata da quattro carte geografiche, e da alcune piante di città (v. sotto).

Il papa incaricò una commissione di riferire sulle proposte del S. e la relazione fu per gran parte favorevole; ma la guerra d'Italia e la grande contesa fra il papa e il Bavaro attraversarono ogni disegno di crociata. Il S. non si stancò. Rifuse tra il 1321 e il 1323, in Avignone, l'opera sua in una nuova redazione, che è quella oggi nota col titolo di Liber secretorum fidelium Crucis: appunto "Le livre de secrés des loiaus" egli mandava nel 1337 a Guglielmo conte di Hainaut, e prima lo aveva inviato a sovrani, a principi, a prelati, sicché se n'ha una ventina di manoscritti, in parte diversi e con diverse carte, senza che l'opera abbia raggiunto mai una forma organica ben definita. E anche scrisse, tra il 1328 e il 1333, una Storia di Romania, nota oggi solo in una traduzione italiana contemporanea, comprendendovi le vicende del Principato di Acaia per tutto il sec. XIII, con molte notizie sulla storia della Balcania e dell'Asia orientale, sul regno di Sicilia e la guerra del Vespro, sui fatti d'Italia. E mandò lettere al papa, all'imperatore d'Oriente, al re di Francia, ai cardinali, a prelati, a signori, vigile sempre ove fosse speranza di crociata, sempre attento alle sorti di Venezia, minacciata dai Turchi nell'Arcipelago. Invertendo, non senza sforzo, i termini, in cui si soleva porre la questione della guerra santa, presentava questa non come effetto della pace fra i principi cristiani, ma come mezzo necessario a stabilirla; lamentava la condizione dell'Italia divisa con danno di tutta Europa; al cardinale del Poggetto osava scrivere (1327), dolendosi che i papi stessi fomentassero le discordie e amassero le conquiste e ammonendo, con pensiero dantesco, che all'Italia turbata non era adatto un dominio spirituale e per la pace di lei e del mondo occorreva un imperatore, col beneplacito della Chiesa, fosse pure quel Bavaro, ch'egli avrebbe voluto vedere in pace con questa.

Nel 1331 andò a Napoli per tentare accordi con Roberto; nel 1334, quando si preparava alla fine una spedizione crociata, fu a Costantinopoli e della spedizione narrò i primi successi. Continuò a lavorare e a lottare fino alla morte che avvenne, come sembra, nel 1343 o poco dopo.

Marin S. ha un posto notevole anche nella storia della geografia, soprattutto per la scrittura Conditiones Terrae sanctae, originariamente concepita come opera a sé, poi premessa come Libro I al Liber secretorum fidelium Crucis, e per le carte geografiche annesse. Le Condit. T. s. contengono una descrizione del paese di gran lunga superiore alle altre contemporanee ed anche a molte del secolo seguente e rivelano nel Sanudo un osservatore accurato e uno studioso di grande cultura. Le carte presentate dal S. a papa Giovanni XXII in Avignone nel 1321, come egli stesso dice, erano una del Mediterraneo, un mappamondo in generale, una carta della Terrasanta e una dell'Egitto. La carta del Mediterraneo si trova solo in taluni codici del Liber secretorum ed è una carta nautica normale in sette fogli; invece il mappamondo e la carta della Palestina si trovano, con lievissime differenze, in quasi tutti i codici, al pari di una carta dell'Egitto, che comprende anche tutta la Siria e l'Asia Minore. Si trovano pure in varî codici piante di Gerusalemme, di San Giovanni d'Acri e talora di Antiochia. È certo che le carte non sono opera di Marin S., ma, almeno in gran parte, del cartografo Pietro Vesconte o Visconte genovese, ma residente a Venezia, e forse anche di un Domenico Pizigani; è tuttavia probabile che il S. fornisse elementi, almeno per le carte della Palestina, Egitto e paesi contermini ed esercitasse opera di sorveglianza.

Opere: Liber secretorum fidelium Crucis, a cura di Bongars, Hannover 1611, dove sono anche 23 lettere; Istoria del regno di Romania sive regno di Morea, in Ch. Hopf, Chroniques gréco-romanes, Berlino 1873, pp. 99-170; altre lettere e memorie in Abhandl. der histor. Classe der kgl. bayer. Akad. d. Wissensch., VII (1855), p. 627 segg. e in Bibl. de l'école des chartes, LVI (1895), p. 2i segg.

Bibl.: G. degli Agostini, Notizie istorico critiche intorno la vita e le opere degli scrittori viniziani, Venezia 1752, I, pp. 440-49; F. Stefani, Della vita e delle opere di M. S. Torsello, in Atti del R. Istituto veneto, s. 5ª, VIII (1881-82), p. 931 segg., incompleto; A. Magnocavallo, M. S. il vecchio e il suo progetto di crociata, Bergamo 1901. Articoli di F. Kunstmann, in Abhandl. der bayer. Akad., cit.; di E. Simonsfeld, in Neues Archiv, VII (1882); di C. De Simoni, in Arch. stor. ital., s. 5ª, XI (1893); di R. Röhricht, in Zeitschr. d. deutschen Palaestina-Verein, XXI; di A. Magnocavallo, in Rendic. Istit. stor. lomb., s. 2ª, XXX (1898), in Boll. Soc. geogr., s. 4ª, III (1902), dov'è pubblicata la carta De mari Mediterraneo, in Nuovo arch. ven., n. s., VI (1903).