SATRICUM

Enciclopedia dell' Arte Antica (1997)

Vedi SATRICUM dell'anno: 1966 - 1997

SATRICUM (v. vol. VII, p. 75)

R. R. Knopp
C. M. Stibbe

L'identificazione dei resti archeologici a Borgo Le Ferriere (Latina) con l'antica S., generalmente accettata dal momento in cui i primi scavatori, nell'Ottocento, presentarono i risultati degli scavi nell'area del complesso templare sulla collina suddetta, identificabile col Santuario della Mater Matuta, è ormai accertata da una serie di argomenti di carattere storico, topografico ed epigrafico.

Nel panorama archeologico del Lazio meridionale le scoperte a S. furono fin dal primo momento (1895) eccezionali. Le ricerche, dopo i primi due anni di lavoro intenso, furono sospese e, tranne alcuni interventi occasionali, non ripresero prima del 1977.

Dal 1977 al 1978, il complesso templare della Mater Matuta, situato nella parte meridionale dell'acropoli, è stato riscavato e pubblicato; nuove ricerche hanno interessato gran parte dei terreni sottostanti e adiacenti. Fuori dell'acropoli si è intrapreso lo scavo di una necropoli volsca (V sec.) nella parte SO, e di una villa romana nella parte N della città; inoltre, la scoperta di alcuni lunghi muri paralleli a S della villa romana (inizio V sec.) ha aggiunto nuovi elementi alle conoscenze della struttura urbana.

La storia della città può suddividersi in vari periodi: il primo è quello di un insediamento di capanne con una popolazione latina (X-IX sec.); il secondo periodo, di dominazione culturale etrusca, vide lo sviluppo di una città vera e propria (VII-VI sec.); il terzo è quello di un insediamento volsco (V-IV sec.); nel quarto e ultimo periodo, di dominazione romana, la città era ormai distrutta. Continuavano invece le celebrazioni del culto nel tempio e la vita nelle aziende agricole (IV sec. a.C.-IV sec. d.C.).

Dopo un primo periodo di abitazione in capanne (dall'inizio del IX sec. in poi), vennero costruite attorno al 600 a.C. alcune grandi case su fondazioni in tufo. La pianta della «Casa A», la sola nota finora, con ali porticate con stanze quadrate attorno a un cortile, presenta somiglianze con quelle dei «palazzi» arcaici etruschi (Acquarossa, zona F). Distrutte verso il 550-530, le abitazioni vennero ricostruite con dimensioni più ampie in un momento riferibile alla costruzione del II tempio, con cui avevano in comune l'orientamento leggermente divergente. L'acropoli nel V sec. cessò di essere abitata. Ulteriori attività edilizie sono attestate soltanto da alcuni mattoni bollati tardo-repubblicani, quando una villa venne a occupare la zona Ν della città (I sec. a.C.-IV sec. d.C.).

Oltre alla necropoli arcaica a NO della città, ne è stata scoperta un'altra a SO, all'interno dell'aggere arcaico, con almeno 200 tombe a fossa del V-IV sec. con deposizioni in casse di legno. Il corredo normalmente consiste in alcuni vasi d'uso comune o miniaturistici, spesso collocati su una banchina laterale o, eccezionalmente, in un loculo parietale. Il repertorio mostra forme locali, con confronti anche talvolta dall'entroterra appenninico, e alcune importazioni etrusche, italiote e greche. Fra il materiale si trovano, tra l'altro, armi, fìbule, amuleti di piombo, ambra. La natura non latina della popolazione è suggerita dalla stessa presenza di corredi (fatto unico nel Lazio nel VI-V sec.), dalla tipologia della ceramica, e anche da un'iscrizione su un'accetta di piombo di carattere falisco-capenate (iùkùs:ko:efiei).

Il culto sull'acropoli era celebrato fin dal 640-625 a.C. in un sacellum su fondazioni in pietra (m 6 X 10,4), che fu sostituito verso il 540 dal più grande tempio I (m 27 X 16,2, con 4 X 8 colonne), il primo perípteros sine postico restituitoci. La progettazione, derivabile dall'evidente modulo di m 0,30, rivela alcune anomalie (spostamento del colonnato S; rastremazione della pianta verso la fronte). L'edificio fu rimpiazzato nel 500-480 a.C. da un perípteros (tempio II) a esso molto affine in modularità e pianta, anche se di maggiori dimensioni (m 33,9 X 20,4) e con orientamento divergente di 18° verso S.

Le numerose terrecotte architettoniche riferibili al santuario consistono in tre gruppi nettamente distinti. Quello più antico (560-550 a.C.) è di stile ionico-ceretano ed è forse associabile a un rifacimento del sacellum. Per il tempio I fu utilizzata una tecnica campana: è fra i primi esempî della c.d. II fase (Della Seta) nell'area etrusco-laziale. Il tetto del tempio II, del 500-480 a.C., è una creazione satricana, ma rivela forti influssi greci sia nello stile sia nell'iconografia. Fra le antefisse (a maschera e a figura mitologica), quelle con Satiro e con Menade risultano derivate da matrici parziali, con dettagli applicati separatamente. I rivestimenti di columina e mutuli presentano scene di un'Amazzonomachia in altorilievo. Alla stessa bottega satricana sono attribuibili una decina di statue fittili a grandezza naturale di divinità e giganti in combattimento, collocate sul columen del tempio.

Cavità isolate al livello delle capanne sotto il santuario, contenenti oggetti miniaturistici del VII sec., erano forse di carattere votivo. Una stipe con materiale anteriore al 540 a.C. fu rinvenuta sotto il tempio I (le fondazioni del sacellum sono state confuse con i suoi muri di contenimento); il contenuto presenta, oltre a frammenti del rivestimento del sacellum, una vasta gamma di materiale, mentre alcuni oggetti più recenti risultano provenienti da uno smistamento moderno. Dalla zona SO della città provengono ex voto arcaici e materiali edilizi riferibili a un santuario extraurbano del VI-V sec. a.C. ancora inediti, riscoperti di recente nei magazzini del Museo di Villa Giulia (scavi Mengarelli del 1909-1910). Un deposito del V sec., a O del santuario, si compone di deposizioni votive di olle, teglie e ciotole identiche ai corredi della necropoli SO; le olle spesso contenevano ossa carbonizzate e figurine a lamina di bronzo. Una decina di tombe a fossa del V sec. a.C., riscoperte a S del santuario del 1987, testimoniano la presenza volsca nel territorio. Un deposito ellenistico, sistemato all'interno di una struttura circolare preesistente di fronte al tempio, conteneva enormi quantità di ex voto del IV-I sec. a.C., frammisti a oggetti sporadici più antichi. Nell'Ottocento si rinvenne, a 500 m a NO dell'acropoli, un altro deposito votivo.

Nelle fondazioni del tempio II era riadoperata parte della base in pietra di un monumento votivo recante un'iscrizione in latino arcaico databile fra il 525 e 500 a.C.: [...] ỊEISTETERAI POPLIOSIO VALESIOSIO SUODALES MAMARTEI, di discussa interpretazione. Si discute pure sull'identificazione del Publio Valerio con il famoso Publicola.

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(R.R. Knopp – C. M. Stibbe)

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