SATURNALI

Enciclopedia Italiana (1936)

SATURNALI (Saturnalia)

Giulio Giannelli

Una delle più diffuse e popolari feste religiose di Roma antica, che si celebrava ogni anno, dal 17 al 23 dicembre, in onore di Saturno, antico dio romano della seminagione (v.). I Saturnali, per il loro carattere, ricordano assai da vicino il nostro carnevale; mentre, per l'epoca dell'anno alla quale ricorrevano - il solstizio d'inverno - possono essere a proposito ravvicinate al nostro ciclo festivo di Natale e Capodanno. Non per nulla si favoleggiava che Saturno era stato il dio dell'età dell'oro, quando gli uomini vivevano felici, nell'abbondanza di tutte le cose e in perfetta eguaglianza fra loro; e tali condizioni di quel tempo fortunato si volevano, in certo modo, rievocare nei giorni dei Saturnali, durante i quali si festeggiava con conviti e banchetti l'abbondanza dei doni della terra e, concedendo agli schiavi la più larga licenza, si rappresentava quasi l'antico stato di eguaglianza fra tutti gli uomini. Questa festa (a differenza del culto di Saturno, quasi ignoto fuori del Lazio) si diffuse in tutto il mondo romano, e in ogni provincia dell'Impero rimase, sino al trionfo del cristianesimo, la festa più popolare e più cara alle genti di ogni condizione sociale.

La parte ufficiale della festa era rappresentata da un sacrificio solenne nel tempio di Saturno, cui teneva dietro un banchetto pubblico (convivium publicum), alla fine del quale i convenuti si scambiavano (come noi, i brindisi) il saluto augurale: Io, Saturnalia. Al convito ufficiale corrispondevano i banchetti privati nelle singole case, dove s'invitavano parenti ed amici e che talora degeneravano in orge e crapule: a tavola s'imbandiva quanto di meglio offrivano le cucine e le cantine, e dopo ci si abbandonava al giuoco dei dadi, che le leggi proibivano al difuori di quei giorni.

Il senso di eguaglianza e di fratellanza umana, per pochi giorni rinato, si manifestava con la massima libertà concessa allora ai servi, per i quali i padroni stessi usavano imbandire un banchetto; e anche con la consuetudine di scambiarsi doni d'ogni genere e d'ogni prezzo, fra i quali erano assai comuni le figurine di terracotta o di pasta (sigillaria): all'uso di questo scambio di doni si riferisce, com'è noto, un buon numero degli epigrammi di Marziale. Si soleva anche spesso sorteggiare il nome di colui che doveva dirigere il buon andamento delle feste; princeps Saturnalicius si trova chiamato (in Seneca, Apocol., 8) questo "re della festa".

I Saturnali si celebravano anche nell'esercito; la festa era detta Saturnalicium castrense.

Bibl.: J. Marquardt, Römische Staatsverwaltung, III, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 586 segg.; G. Wissowa, in Roscher, Lexicon der griech. und röm. Mythologie, IV, 427 segg.; J. G. Frazer, The golden bough, 2ª ed., III, Londra 1911, p. 138 segg.; S. Reinach, Cultes, Mythes et Religions, Parigi 1905-1908, I, p. 332 segg.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 206 segg.; H. Blümner, Die röm. Privataltertümer, Monaco 1911, p. 288 segg.; J. A. Hild, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités, VIII, 1080 segg.; N. Nilsson, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., II A, col 201 segg.