MATTEI, Saverio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MATTEI, Saverio

Anna Maria Rao

– Nacque il 19 ott. 1742 a Montepavone (oggi Montepaone, in provincia di Catanzaro), feudo della certosa di S. Stefano del Bosco, in Calabria Ultra, da Gregorio e da Maddalena Stella.

La data di nascita indicata dai suoi biografi è incongruente rispetto ai dati dichiarati dal nonno, Domenico Antonio, nel catasto onciario, al 25 apr. 1742, nel quale il M. ha un anno, e quindi sarebbe nato nel 1741, suo padre 22, sua madre 40. Dal catasto si sa che la sua era una famiglia «vivente nobilmente» e dotata di beni fondiari. Il nonno era erario (cassiere) della certosa di S. Stefano del Bosco, il padre era anch’egli esperto di diritto e di amministrazione feudale, oltre che amante della musica e poeta (Arch. di Stato di Napoli, Catasti onciari, 6398, cc. 68-70, 239, 303, 307-313, 316; Regia Camera della Sommaria, Materia feudale, Relevi, b. 402, c. 12).

Il M. ricevette dal padre la sua prima formazione. A dieci anni fu mandato a studiare nel seminario arcivescovile di Napoli, dove ebbe come maestri di greco, ebraico e latino Giacomo Martorelli, Ignazio della Calce, Nicolò Ignarra, Salvatore d’Aula. A Napoli compì anche gli studi di diritto, conseguendo il dottorato il 17 maggio 1759. Nello stesso anno, appena diciassettenne, diede alle stampe la sua prima opera, le Exercitationes per saturam (Napoli 1759), elogiate dal segretario dell’Académie des inscriptions et belles-lettres.

Richiamato in patria dalla madre, che lo fece sposare a 19 anni con Giulia Capece Piscicelli dei baroni di Chiaravalle, si diede alla redazione della sua opera maggiore, la traduzione poetica in italiano dei Salmi biblici. Il suo maestro, Martorelli, fece leggere l’opera al consigliere della Real Camera di S. Chiara, Francesco Vargas Macciucca, e molto lo aiutò, non solo suggerendogli correzioni e integrazioni, ma occupandosi personalmente delle correzioni di stampa e degli avvisi da far pubblicare sulle gazzette. Fu sempre Martorelli a far stampare a Napoli una cantata in musica redatta in gran fretta dal M. nell’ottobre del 1766, La contesa de’ pastori, in occasione del ritorno a Squillace del marchese Leopoldo De Gregorio (già ministro del re Carlo di Borbone) con suo figlio Francesco. Tramite lo stesso marchese di Squillace nel 1766 il M. fu invitato a recarsi a Modena dal duca Francesco III d’Este per la redazione di un nuovo codice, ma motivi familiari lo indussero a rifiutare.

Il primo tomo dei Libri poetici della Bibbia, pubblicato a Napoli nel 1766, fu apprezzato da Ferdinando Galiani che prese anch’egli a cuore le sorti del M. e lo fece chiamare a Napoli da Bernardo Tanucci, nel maggio 1768, per assumere l’insegnamento di grammatica greca nel collegio ex gesuitico del Salvatore. L’editto di nomina, del 28 marzo 1768, gli assegnò uno stipendio di 300 ducati annui. Fu anche inserito nella commissione esaminatrice degli aspiranti ai posti di maestri nei collegi ex gesuitici, che, creata con regio dispaccio del 15 ott. 1768, fu attiva tra l’aprile e il luglio del 1769.

I libri poetici della Bibbia tradotti dall’ebraico originale, ed adattati al gusto della poesia italiana…, pubblicati a Napoli in tre volumi nell’edizione del 1766-68, portati a sei nell’edizione del 1774 e a otto in quella del 1779 (parte di una raccolta in tredici volumi delle sue opere), gli valsero critiche, apprezzamenti e recensioni nei principali giornali letterari, rendendolo noto nella repubblica delle lettere. Nei diversi tomi il M. pubblicò il carteggio intrattenuto con i suoi corrispondenti, tra i quali spiccano i nomi di Pietro Metastasio e di Melchiorre Cesarotti. Inoltre, il M. stesso si preoccupò di inviare esemplari della sua opera ai personaggi più influenti del tempo, tra i quali il re di Sardegna, il duca di Modena e il pontefice Clemente XIV. La sua notorietà fu accresciuta dal fatto che numerose sue traduzioni dei Salmi furono poste in musica da compositori di fama come J.A. Hasse, N. Jommelli, Marianna Martinez, N. Piccinni, G. Paisiello. I Salmi, che il M. sosteneva di aver tradotto direttamente dall’ebraico, erano corredati di spiegazioni e note sul loro senso letterale e spirituale e sui problemi interpretativi più controversi. La traduzione in italiano, e non in latino, rispondeva all’esigenza di rivolgersi a un pubblico vasto e non solamente al mondo dei dotti. I suoi versi italiani, come gli antichi versi ebraici, erano stati composti per essere successivamente musicati. Tuttavia, il M., in polemica con il biblista francese Augustin Calmet, sosteneva che, malgrado i molti studi fatti, fosse impossibile sapere alcunché della musica degli antichi e degli strumenti musicali utilizzati per eseguirla. Perché la musica potesse muovere gli animi e perfino esercitare funzioni terapeutiche, come avveniva presso gli antichi, bisognava accordare musica e poesia. Il linguaggio metastasiano era quello che meglio si armonizzava con la musica del suo tempo. Nella controversia erudita sul primato della musica antica o di quella moderna il M. assunse una posizione intermedia, sostenendo che entrambe avevano i loro vizi e le loro virtù. Denunciava tuttavia la decadenza dei teatri del suo tempo, che attribuiva alla venalità degli impresari e alla carenza di buoni maestri di canto, insistendo sulla funzione pedagogica che musica e teatri dovevano esercitare. Forte l’influenza di G.V. Gravina e G.B. Vico sulla sua filosofia della musica e del linguaggio, disseminata per tutta la sua opera e sviluppata particolarmente nella dissertazione La filosofia della musica, o sia La musica de’ Salmi, inserita nel V tomo dei Libri poetici della Bibbia (1779, pp. 285-352). Su questi temi tornava nelle numerose lettere inserite nei vari tomi, rispondendo a Metastasio, al vescovo di Tropea Felice Paù, al vescovo di Cortona Giuseppe Ippoliti, ai suoi estimatori, critici, recensori, tra i quali Girolamo Tiraboschi. In polemica con l’abate Gaetano Golt sosteneva che la poesia poteva trattare qualunque materia e doveva indirizzarsi a tutti, «esser popolare» (I, p. 385). Proprio per questa ragione, in contrasto con le Efemeridi letterarie di Roma, che gli rimproveravano uno stile troppo metastasiano, considerava Metastasio il maggiore poeta filosofo di tutti i tempi. Con padre Giambattista Martini disputò sulla questione del contrappunto presso i Greci, su musica sacra e musica profana.

Apprezzate da Alfonso de’ Liguori proprio per il loro linguaggio semplice e aperto a tutti, ad altri le sue traduzioni apparvero quasi un’empietà rispetto alla gravità del contenuto sacro. Affermava Giuseppe Maria Porcelli, editore delle opere pubblicate nel 1779, che le numerose edizioni rapidamente esaurite mostravano il successo dell’opera in Italia e all’estero (G.M. Porcelli alli studiosi, in I libri poetici…, I, 1779, pp. n.n. [p. 11]). Il M. stesso, in una lettera a Metastasio del 10 febbr. 1770, annunciò una nuova edizione in 8° dell’opera, già esaurita benché non ancora completata (II, 1779, p. 207). I Libri poetici ebbero nel 1775 un’edizione a Siena in 3 tomi; un’edizione congiunta a Napoli e Macerata, in 9 volumi nel 1779-81; a Torino nel 1781 in 13 tomi; un’altra a Padova in 2 tomi nel 1782 (ripresa nel 1807). Con il titolo di Salmi tradotti dall’ebraico originale furono editi a Genova nel 1784, in 2 tomi e a Venezia nel 1785. Singoli salmi furono stampati a parte a Napoli: Il Salmo 106 nel 1773, Il Salmo 50 nel 1774.

Incaricato fin dal 1768 di comporre cantate celebrative per i sovrani, da eseguirsi nel teatro di S. Carlo (ciò che gli provocò l’ostilità del suo rivale Basso Bassi), ormai noto fra i letterati, l’aspirazione principale del M. rimase la toga. Si dedicò per vivere all’avvocatura e negli anni seguenti continuò a produrre in parallelo allegazioni forensi, cantate celebrative, volumi di poesie, trattati giuridici, relazioni d’ufficio. Pubblicò nel 1771 un’allegazione in difesa di un privilegio vantato da parte del capitolo di Acerno (Difesa dell’esazion delle decime contrastate al capitolo d’Acerno dall’Università, Napoli).

Il celebre erudito svedese Jacob Jonas Björnståhl, a Napoli nel 1771, registrava nelle sue lettere di viaggio la peculiarità di questo professore di greco che poteva «nel tempo stesso piatire, scriver libri perfino in Ebraico, e star in mezzo a’ processi» (in S.Mattei, Paralipomeni, I, Napoli 1788, p. 212). Avvocato, grecista e poeta, era anche storico della musica e musicista, suonava il salterio, l’arpa, il flauto. Filologo, teologo, poeta e giureconsulto, il M. rappresentava in maniera emblematica l’intellettuale del suo tempo, costretto all’avvocatura e agli uffici per vivere.

Pieno di debiti e senza «cavalli né carrozza», a dire di Martorelli (lettera di Martorelli a Francesco Vargas Macciucca del 22 ott. 1772, in Strazzullo, p. 379), cercava di accaparrarsi le cause più lucrose. Diverse sue allegazioni forensi furono raccolte e pubblicate a Torino (1785-87). Nel 1774 pubblicò a Napoli i due tomi del Saggio di poesie latine ed italiane, ristampati con l’aggiunta di un terzo tomo a Napoli nel 1780 nell’edizione delle Opere (voll. IX-XI), nei quali riprodusse alcune sue cantate per musica.

La Traduzione della famosa elegia sopra la chioma di Berenice colle osservazioni critiche, ed astronomiche inserita nel primo tomo gli provocò nuovi attacchi, questa volta del poeta, librettista e revisore teatrale Luigi Serio, che nel 1776 lo accusò di errori di traduzione e di plagio. Nel II tomo pubblicò il poemetto La repubblica feudale, insieme con uno scambio epistolare con il giurista Stefano Patrizi, che il M. invitava a ultimare al più presto le sue istituzioni feudali.

Molto si è dibattuto dell’attribuzione a Galiani del soggetto del Socrate immaginario musicato da Paisiello, rappresentato nell’autunno del 1775 al teatro Nuovo e sospeso dopo sette recite per ordine regio: nulla prova le voci secondo le quali il personaggio messo in ridicolo come erudito esaltatore dell’antichità e fanatico grecista fosse proprio il M., tanto più che nella sua opera l’atteggiamento nei confronti degli antichi è tutt’altro che di mera e acritica esaltazione. Al Mattei-Socrate faceva pensare anche la notoria e spesso imbarazzante gelosia della moglie. Confermava (e condivideva) l’intento satirico nei confronti del M. Carlantonio Pilati, che nelle sue lettere di viaggio ironizzava sul sodalizio antiquario fra Martorelli e il M. e sul modo in cui quest’ultimo aveva «mendicato» e pubblicato lettere di elogio, particolarmente da Metastasio.

Nel 1776 pubblicò a Siena i Paradossi, epistole morali, e il Saggio di risoluzioni di diritto pubblico ecclesiastico (ripubblicato in 4 volumi a Torino nel 1785-87). Nel 1777 pubblicò a Napoli l’arringa Per le greche colonie di Sicilia sulla domanda di deputarsi in quel Regno un vescovo nazionale, ristampata in seguito più volte, tra cui nel 1782 a Vercelli, probabilmente grazie al sostegno di Giovanni Antonio Ranza, che ne apprezzò lo spirito di tolleranza religiosa a sostegno della fondazione di un vescovato di rito greco in Sicilia.

Sotto il nuovo ministero di Giuseppe Beccadelli, marchese della Sambuca, il M. ebbe finalmente gli incarichi amministrativi ai quali aveva aspirato. Nel 1777 fu eletto uditore dei Castelli e nel 1779 divenne avvocato fiscale della giunta delle Poste. Nel 1779 perse il padre, la cui morte gli ispirò un vibrato elogio, nel quale piangeva la perdita dell’amico e del dotto, ma anche di un uomo di «soda pietà», al contrario degli «spiriti forti» del «secolo illuminato» (I libri poetici, V, 1779, pp. 275-282). Nello stesso anno morì anche la moglie, dalla quale aveva avuto quattro figli, due femmine e due maschi, Luigi (autore di una Serie cronologica de’ sovrani di Napoli in versi, pubblicata a Napoli nel 1791) e Gregorio, entrambi vittime della reazione sanfedista e borbonica nel 1799, il primo ucciso in Calabria, l’altro giustiziato a Napoli. Cinque anni dopo la morte della prima moglie sposò in seconde nozze Orsola Criscuoli, figlia di Tommaso barone di Santa Lucia, dalla quale ebbe nel 1787 un altro figlio, Tommaso.

Nel 1780, inserita nel terzo tomo dell’edizione napoletana del Saggio di poesie latine, pubblicò la Dissertazione dell’utilità, o inutilità delle accademie (pp. 180-204). Secondo quanto riportava l’editore, Porcelli, questa dissertazione era stata «stampata tre anni sono in carta volante, e inserita nell’edizione di Padova» (Al lettore G.M. Porcelli, in Saggio di poesie latine, Napoli 1780, I, pp. V s.). Richiesto da alcuni «savj cavalieri» napoletani di preparare lo statuto di una nuova accademia poetica, il M. dichiarava che solo un’accademia di poeti-filosofi sarebbe stata veramente utile, non «un’adunanza oziosa di gente» (ibid., III, p. 202). La composizione si collocava a ridosso dell’apertura a Napoli della Reale Accademia delle scienze e belle lettere, di cui il M. fu fatto socio onorario nella classe di antichità.

Benché oppresso dalle occupazioni forensi, la sua attività letteraria non conobbe soste. Nel 1781 partecipò agli elogi in morte dell’imperatrice Maria Teresa, componendo Il salmista confuso (Napoli 1781). Nel 1783 scrisse la prefazione all’edizione napoletana delle Egloghe militari dell’abate Giulio Cesare Cordara di Calamandrana. Insieme con Giuseppe Orlandi realizzò l’edizione napoletana delle Opere di Metastasio in 16 tomi, pubblicata tra il 1780 e il 1785. Nel tomo XIII (1784) pubblicò le sue Memorie per servire alla vita del Metastasio… e l’Elogio del Jommelli o sia Il progresso della poesia, e della musica teatrale (ristampati poi insieme a Colle nel 1785), nel quale prendeva nettamente le distanze dalla riforma di C.W. Gluck. Le Memorie e l’Elogio gli valsero nel 1786 nuove polemiche, questa volta da parte del musicista pistoiese Vincenzo Manfredini su G.B. Pergolesi e sul rapporto tra poesia e musica; nel 1788 il compositore veneziano Francesco Fontana lo attaccò per i suoi giudizi su Benedetto Marcello.

Notevole scalpore destò una sua scrittura forense del 1785, richiestagli da Luigi de’ Medici e definita «uno scherzo letterario», Se i maestri di cappella son compresi fra gli artigiani. Probole di Saverio Mattei in occasione d’una tassa di fatiche domandata dal maestro Cordella (Napoli 1785), nella quale, contro il parere della Gran Corte della Vicaria, sostenne che i maestri di cappella dovevano essere considerati tra coloro che svolgevano professioni liberali e non come artigiani. Lo scritto, tra il serio e il faceto, provocò un acceso dibattito e numerose prosecuzioni e repliche, da parte anche di Serio e Galiani, segnando una tappa importante nel processo di professionalizzazione del musicista.

Nel febbraio 1786 fu nominato fiscale dell’Udienza generale di guerra e casa reale, con la promessa di accordargli in futuro una toga. Quanto il M. tenesse a questo eventuale, ulteriore avanzamento lo dimostra una supplica presentata al re Ferdinando IV prima di partire per Roma, dove fu inviato per occuparsi dell’Ufficio postale borbonico, in cui chiedeva di essere tenuto presente per eventuali posti che si fossero liberati nelle magistrature. Un’annotazione sulla sua richiesta, del 27 apr. 1787, stabiliva che sarebbe stata tenuta presente «per le circostanze che possono presentarsi» (Arch. di Stato di Napoli, Dossier degli aspiranti alla carica di Galiani, carte da collocare). Da Roma l’11 maggio di quell’anno inviò una relazione al Consiglio delle Finanze sulla disastrosa situazione dell’archivio dell’ufficio postale (ora in Morelli). Del suo soggiorno romano approfittò per leggere in Arcadia «una sua illustrazione sul cantico di Abacuc da lui versificato alla Metastasiana, ma ebbe la cattiva sorte di non piacere», come scrisse Amaduzzi a Bertola il 9 giugno 1787 (Amaduzzi - De’ Giorgi Bertola, p. 560).

Nel 1787 fu pubblicato contemporaneamente a Napoli e a Venezia, Che la dolcezza delle pene sia giovevole al Fisco più che l’asprezza. Paradosso politico, e legale di S. M. S’aggiunge la Costituzione emanata ultimamente in Toscana sulla riforma del Codice Criminale, del quale il M. inviò subito copia al re di Sardegna.

Stampato con permesso regio del 17 marzo 1787, il Paradosso faceva proprie le diffuse esigenze di riforma giudiziaria e di codificazione, in particolare per la giustizia militare alla quale era preposta l’Udienza di guerra. Il M. vi dichiarava esplicitamente il suo ideale di governo, una monarchia temperata dalle leggi e fondata sulla virtù, e ribadiva la sua idea del teatro come strumento di educazione civile.

L’anno successivo furono stampati a Napoli Del codice economico, politico, e legale delle poste, in cui suggeriva alcune misure per migliorare la carente organizzazione dell’ufficio postale di Napoli a Roma in palazzo Farnese, e i due tomi dei Paralipomeni per servire di continuazione alle opere bibliche.

Nel I tomo dei Paralipomeni inserì un carteggio intercorso con G.A. Ranza a proposito della sua traduzione dei Salmi e replicava a nuovi attacchi ricevuti, in particolare alle accuse di aver oltraggiato i santi Padri. Nel II tomo replicava alle accuse in tal senso del padre domenicano Giacinto Hintz, professore a Cagliari, scrivendo l’Apologetico cristiano.

Alla morte di Galiani, il 30 ott. 1787, fu tra coloro che presentarono domanda per succedergli nella carica di consigliere e segretario del magistrato di Commercio, che gli fu conferita il 17 apr. 1789. Con gli Apologi borgiani (Il pallone volante, l’asino, e il cavallo. Apologi borgiani, Napoli s.d.) interveniva nel dibattito sollevato dalla soppressione dell’omaggio feudale della chinea al Papato, polemizzando con il cardinale Stefano Borgia che in un suo scritto del 1788 lo aveva difeso.

Pervenuto finalmente alla toga, i suoi incarichi si moltiplicarono e così le sue remunerazioni. Come scrisse ad Aurelio Bertola De Giorgi il 22 maggio 1789, fra un incarico e l’altro percepiva ormai 2500 ducati annui di soldo. Dal giugno 1791 al febbraio 1793 compare nelle polizze del Banco di S. Giacomo come delegato della Real Carta geografica e nautica. Soprattutto, dal 1790 ebbe finalmente un incarico corrispondente alla sua passione e alle sue competenze musicali, quello di delegato del conservatorio della Pietà dei Turchini. In tale veste svolse un ruolo fondamentale per il rinnovamento del conservatorio e per la creazione di un archivio filarmonico e della biblioteca musicale. Nominato, il 25 marzo 1795, avvocato fiscale delle poesie di corte e delle rappresentazioni teatrali nella Deputazione dei teatri e spettacoli al posto di Serio, un regio dispaccio del 13 maggio di quell’anno accolse la sua proposta di ordinare agli impresari teatrali il deposito nella biblioteca del conservatorio una copia di tutti gli spartiti. Un nuovo dispaccio del 24 giugno 1795 gli comunicò che la biblioteca era stata arricchita da 4 cassoni di libri musicali fatti pervenire dalla regina Maria Carolina d’Asburgo Lorena; anche Antonio De Gennaro, duca di Cantalupo, il 18 giugno gli aveva comunicato di aver deciso di inviare alla biblioteca la sua collezione di musica antica.

Il M. morì a Napoli il 31 ag. 1795; il 10 ott. 1795 la Gazzetta universale gli rese commosso omaggio.

Trascurato negli studi di storia degli ambienti intellettuali settecenteschi, che lo hanno a lungo relegato nella figura dell’antiquario irriso da Galiani, il M. ha invece suscitato notevole interesse tra gli studiosi di storia della letteratura e della musica, in relazione, da un lato, al modello metastasiano, dall’altro al dibattito settecentesco sulla musica antica e sullo statuto dei musicisti.

Fonti e Bibl.: Oltre che nelle fonti e nella bibliografia citate, il M. è presente in larga parte della bibliografia su Metastasio. Arch. di Stato di Napoli, Collegio dei dottori, b. 127 (per il titolo dottorale); Napoli, Biblioteca nazionale, Mss., XX 71/41 (lettera del M. a Domenico Diodati); X AA 27/42 (lettera del 26 luglio 1774 all’abate Gioacchino Pizzi custode generale dell’Arcadia); Parma, Biblioteca Palatina, Fondo Paciaudi (lettere del M. a Paolo Maria Paciaudi); Forlì, Biblioteca comunale A. Saffi, Collezioni Piancastelli, Sezione Carte di Romagna (lettera del 22 maggio 1789 del M. a De’ Giorgi Bertola); Savignano sul Rubicone, Biblioteca dell’Accademia dei Filopatridi, Amaduzzi, 14 (lettere del M. ad Amaduzzi); Giornale letterario di Napoli per servire di continuazione all’Analisi ragionata de’ libri nuovi, XXXI, 15 luglio 1795, pp. 103 s. (per i decreti regi del 1795); M. Cesarotti, Dell’epistolario…, I-VI, Firenze 1811-13, ad ind.; P. Metastasio, Tutte le opere, a cura di B. Brunelli, III, Milano 1952; IV-V, ibid. 1954, ad indices; F. Strazzullo, Carteggi eruditi del Settecento, Napoli 1993, ad ind.; C. Pilati, Voyages en différens Pays de l’Europe…, in Illuministi italiani, a cura di F. Venturi, III, Riformatori lombardi, piemontesi e toscani, Milano-Napoli 1958, pp. 632 s.; Illuministi italiani, VI, Opere di Ferdinando Galiani, a cura di F. Diaz - L. Guerci, Milano-Napoli 1975, ad ind.; J.J. Björnståhl, Napoli la sirena vipera, a cura di G. Carrano, Napoli 1994, pp. 52 s.; G.C. Amaduzzi - A. De’ Giorgi Bertola, Carteggio 1774-1791, a cura di M.F. Turchetti, Roma 2005, ad ind.; L. Giustiniani, Memorie istoriche degli scrittori legali del Regno di Napoli, II, Napoli 1787, pp. 243-252; D. Martuscelli, in Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli ornata de’ loro rispettivi ritratti, IV, Napoli 1817, ad nomen; C. De Rosa marchese di Villarosa, Ritratti poetici di alcuni uomini di lettere antichi e moderni del Regno di Napoli, II, Napoli 1834, pp. 221-230; E. De Tipaldo, Biografia degli Italiani illustri…, IV, Venezia 1837, pp. 352 s. (D. Vaccolini); C. Minieri Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 210 s.; F. Florimo, La scuola musicale di Napoli e i suoi conservatorii, II, Napoli 1882, pp. 63 s.; B. Croce, Una raccoltina d’autografi, Trani 1891, passim; S. Mattei, Cenno della vita e delle opere di S. M., Napoli 1891; V. Morelli, Le Carte Farnesiane in una relazione inedita di S. M., in Gli Archivi italiani, VII (1920), pp. 131-136; S. Di Giacomo, Il Conservatorio di S. Onofrio a Capuana e quello di S. Maria della Pietà dei Turchini, Palermo 1924, pp. 259-275; A. Zazo, L’istruzione pubblica e privata nel Napoletano (1767-1860), Città di Castello 1927, pp. 14, 290; F. Schlitzer, Una inedita relazione di S. Maria sul Conservatorio della Pietà dei Turchini, in S. Pietro a Maiella. Boll. del R. Conservatorio di musica - Napoli, I, 4, giugno 1938, pp. 23-29; B. Croce, Aneddoti di varia letteratura, III, Bari 1954, ad ind.; M.P. McClymonds, N. Jommelli. The last years, 1769-1774, University Microfilm International, Ann Arbor, MI, 1981, pp. 766-842; G. Ferroni, La cultura calabrese e il modello metastasiano: Michele Torcia e S. M., in Settecento calabrese. Atti del Convegno, Rende-Cosenza… 1983, a cura di M. De Bonis - P. Falco - M.F. Minervino, Cosenza 1985, pp. 113-127; P. Fabbri, S. M.: un profilo bio-bibliografico, in Napoli e il teatro musicale in Europa tra Sette e Ottocento. Studi in onore di F. Lippmann, a cura di B.M. Antolini - W. Witzenmann, Firenze 1993, pp. 121-144 (con elenco del carteggio edito nelle opere del M. alle pp. 125 s., e delle cantate e dei testi musicati del M., alle pp. 137-140, oltre alla memoria del M., Per la Biblioteca musica fondata nel Conservatorio della Pietà con reale approvazione); C. Leri, Sull’arpa a dieci corde. Traduzioni letterarie dei Salmi (1641-1780), Firenze 1994, pp. 67-72, 93-99, 108 s., 145-159; R. Cafiero, S. M. «versus» G.B. Martini: una disputa «sopra la musica» nella Napoli del XVIII secolo, in Musicam in subtilitate scrutando. Contributi alla storia della teoria musicale, a cura di D. Sabaino - M.T. Rosa Barezzani - R. Tibaldi, Lucca 1994, pp. 371-382; M. Marino, Il «Socrate immaginario» ovvero un erudito calabrese del XVIII secolo, in Civiltà musicale calabrese nel Settecento. Atti del Convegno, Reggio Calabria… 1986, a cura di G. Ferraro - F. Pollice, Lamezia Terme 1994, pp. 9-28; R. Cafiero, «Se i maestri di cappella son compresi fra gli artigiani»: S. M. e una «querelle» sulla condizione sociale del musicista alla fine del XVIII secolo, ibid., pp. 29-69; E. Mattioda, Teorie della tragedia nel Settecento, Modena 1994, pp. 225-229, 446 s.; L. Tufano, Ancora su S. M.: un giudizio critico di Vincenzo Manfredini, una polemica con Francesco Fontana e trenta lettere inedite a Giovanni Cristofano Amaduzzi, in Miscellanea musicologica calabrese, II, a cura di F. Di Salvo - F. Pollice, Lamezia Terme 1997, pp. 75-108; D. Donnici, Traduzioni ed esperimenti di scrittura nell’opera di S. M., in Riscontri, XIX (1997), 3-4, pp. 115-119; P. Fabbri, S. M. e la «musica filosofica», in Studien zur italienischen Musikges-chichte, XV (1998), pp. 610-629; A. Luppi, Filarmonici e misarmonici. La polemica napoletana del 1785 sui maestri di cappella, Como 1998, passim; A. Tarallo, L’impegno editoriale di S. M.: brevi note all’edizione napoletana dell’opera di Metastasio (1780-1785), in Pietro Metastasio: il testo e il contesto. Atti del Convegno, Avellino… 1998, a cura di M. Columbro - P. Maione, Napoli 2000, pp. 65-76; F. Cotticelli - P. Maione, Funzioni e prestigio del modello metastasiano a Napoli: S. M. e le proposte di una nuova drammaturgia, in Legge, poesia e mito. Giannone, Metastasio e Vico fra «tradizione» e «trasgressione» nella Napoli degli anni Venti del Settecento. Atti del Convegno, Napoli… 1998, a cura di M. Valente, Roma 2001, pp. 281-321 (in appendice pareri del M. su alcuni libretti musicali inviati alla Giunta dei teatri del 1777); V. Trombetta, Storia e cultura delle biblioteche napoletane. Librerie private, istituzioni francesi e borboniche, strutture postunitarie, Napoli 2002, pp. 319 s.; M. Cerruti, «Teatro antico» e «teatro moderno» nel carteggio di P. Metastasio e S. M., in La tradizione classica nelle arti del XVIII secolo e la fortuna di Metastasio a Vienna. Atti del Convegno, Vienna… 2000, a cura di M. Valente - E. Kanduth, Roma 2003, pp. 209-218; M. Montanile, M., Metastasio e l’antico, in Riscontri, XVI (2004), 1, pp. 9-26; F. De Rosa, S. M.: civiltà degli antichi e diritti dei moderni, Napoli 2004; E. Pasquini, L’«Esemplare, o sia Saggio fondamentale pratico di contrappunto». Padre Martini teorico e didatta della musica, Firenze 2004, p. 267; L. Tufano, Lettere di S. M. a padre Martini (con una digressione su Salvatore Rispoli), in Napoli musicalissima, Studi in onore del 70° compleanno di Renato Di Benedetto, a cura di E. Careri - P.P. De Martino, Lucca 2005, pp. 91-118; A.M. Rao, Poeti o anarchistes? La condizione dei letterati italiani in esilio, in Vincenzo Monti e la Francia. Atti del Convegno internazionale di studi, Parigi… 2006, a cura di A. 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