SAVOIA, Maurizio di, cardinale

Enciclopedia Italiana (1936)

SAVOIA, Maurizio di, cardinale

Rosario Russo

Quarto figlio di Carlo Emanuele I e di Caterina d'Austria, nacque il 10 gennaio 1593. Il padre, per poter "aver sempre la più gagliarda parte nel pontificato", pensò di farne un cardinale. A quindici anni, Maurizio ottenne da Paolo V la porpora; poco dopo, ebbe dalla Spagna l'arcivescovato di Monreale; quindi la nomina di canonico della metropolitana di Torino e nel 1611 la sede vescovile di Vercelli. Fu inviato dapprima in missione a Parigi; e per quanto non soddisfatto dell'accoglienza avuta alla corte, ebbe la nomina di protettore della corona di Francia presso il Vaticano. Nel maggio 1620, non ritenendosi abbastanza apprezzato nella corte per l'opposizione dei fratelli ostili alla Francia, se ne andò a Roma. Geloso del proprio prestigio, Maurizio contrastò al cardinale Guido Bentivoglio la nomina di comprotettore di Francia. Nel maggio 1623, ebbe dal padre il mandato di recarsi a Roma e di mostrarsi legato alla Francia e a Venezia. Gli Spagnoli si vendicarono, diffondendo voci calunniose sulla vita che conduceva a Roma.

Nel mondo romano Maurizio acquistò tale prestigio da avere gran parte nell'elezione di Urbano VIII. Dopo il trattato di Cherasco (1631) Maurizio, che si era recato in ostaggio a Parigi, divenne fautore dell'alleanza con la Spagna e con l'imperatore. Passato il fratello Tommaso alla Spagna, Maurizio evitò il pericolo di esser consegnato dal duca Vittorio Amedeo I in ostaggio al re di Francia, partendo per Roma e fingendo di proteggere gl'interessi della Francia. In realtà, esortava il duca a unirsi con la Spagna e l'impero. L'11 luglio 1634 invece, col trattato di Rivoli, il duca si univa alla Francia; Maurizio rinunziò alla protezione di Francia e assunse quella dell'impero e di Spagna. Il papa disapprovò; ma egli pubblicò tuttavia un violento manifesto contro i Francesi. Vittorio Amedeo I, dopo avergli scritto: "Voi preferite quelli che amano le divisioni dei fratelli", gli trattenne l'appannaggio: i Francesi chiamarono lui "novello Borgia" e anabattisti i suoi seguaci. L'improvvisa morte del duca (7 ottobre 1637), mentre il paese in guerra con la Spagna era occupato dai Francesi, gli diede la sensazione del pericolo a cui erano esposti lo stato e il trono sabaudo. La reggente Maria Cristina gl'ingiunse di non entrare in Piemonte. Da Genova, dopo aver esposto le sue intenzioni agl'inviati di Madama Reale, proseguì per Savona e chiese alla Spagna ottantamila uomini, il titolo di commissario imperiale e duecentomila ducatoni. Ma esigendo gli Spagnoli la consegna di una piazza, egli, che non voleva in Piemonte né Francesi né Spagnoli, se ne ritornò a Roma. Qui sperò che il papa si dichiarasse per la liberazione del Piemonte o procurasse la pace. Nel giugno 1638 Francia e Savoia concludevano una lega offensiva e difensiva; nell'ottobre la morte del duca Francesco Giacinto e la gracilità di Carlo Emanuele fecero apparire probabile la successione di M. Lasciata Roma, da Pegli M. pregò Madama Reale di lasciarlo entrare in Piemonte; ma la cognata oppose un rifiuto. Il Richelieu, intanto, pensava di abolire la legge salica nella successione dei Savoia e di maritare Luisa, sorella del giovane duca, col delfino di Francia. Maurizio, allora, trattò una lega fra i principi italiani col granduca di Toscana; poi si recò a Chieri, dove popolo e nobiltà si affollarono intorno a lui. Maurizio non volendo esporre i suoi seguaci a un grave pericolo, se ne tornò alla volta di Annone. Così fallì il tentativo di sorprendere Torino. Ma Maurizio provocò, allora, il ritorno del principe Tommaso dalle Fiandre. I due fratelli inviarono al Senato e alla Camera dei conti una copia del diploma imperiale con cui si dichiarava nullo il giuramento di fedeltà fatto dai sudditi a Madama Reale; il 15 giugno 1639, dopo aver preso molte piazze, pubblicarono un violento manifesto contro Madama Reale, accusandola di averli costretti a fuggire dalla patria e di aver usurpato la tutela, il governo dovuto ai principi agnati prossimiori e di aver introdotto presidî francesi nelle piazze. Il paese fu diviso in cardinalisti e in madamisti. Maurizio poteva far leva sull'affetto dei popoli e sul clero: da Asti, conquistò Cuneo, Ceva, Fossano, Bene, Saluzzo, Busca e Dronero; minacciato dal Longueville, si chiuse in Cuneo e resistette disperatamente, finché giunse il principe Tommaso; poi, concepì l'impresa di entrare in Nizza; il governatore gli rifiutò l'entrata, ma il popolo abbatté la porta e portò M. in trionfo. Il 24 ottobre, scaduta la tregua del Valentino conclusa il 14 agosto, M. e Tommaso incitarono i sudditi a combattere contro i nemici. Vistasi perduta, Madama offrì a Maurizio in sposa sua figlia Luisa. Con quell'unione, impressionante per la sproporzione d'età tra Maurizio cinquantenne e Luisa quattordicenne, oltre che per la consanguineità, poteva dirsi eliminato qualsiasi motivo di discordia, perché tutti i diritti della successione si univano negli sposi. In attesa che la corte di Francia approvasse i punti da lui proposti, Maurizio si chiuse in Cuneo; ma dopo una strenua resistenza, si arrese. Era tuttavia irremovibile sulle condizioni di pace: Luisa e Nizza Nell'agosto 1642 fu celebrato il matrimonio in Torino, per procura; il 21 settembre Maurizio rassegnò le insegne cardinalizie nelle mani del nunzio. Nizza fu la sede degli sposi. Lasciata ogni attività politica, Maurizio passò gli ultimi anni della vita a Torino nella villa decorata da opere di pittori e scultori insigni: qui pose la sede dell'Accademia dei Solinghi, da lui fondata, che raccoglieva gli uomini più dotti, i quali alternavano le recite di madrigali e di sonetti con dispute filosofiche, con ricerche scientifiche, con ragionamenti intorno allo stato e all'arte della guerra e con esercizî militari. Il 4 ottobre 1657 egli si spense. Il suo corpo fu sepolto nella tomba dei Savoia, nella cattedrale di Torino; nel 1836 la sua salma insieme con quella di Luisa fu trasportata nella chiesa di San Michele della Chiusa per ordine di Carlo Alberto.

Bibl.: L. Randi, Il cardinal M. di S., Firenze 1901; V. E. Gianazzo di Pamparato, Il principe cardinale M. di S. mecenate dei letterati e degli artisti, Torino 1891; E. Ricotti, Storia della monarchia piemontese, Firenze 1869; T. Vallauri, Delle Società letter. del Piemonte, ivi 1844, pp. 46, 88 segg., 123.