SCARAMUCCIA, Luigi Pellegrino, detto Perugino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 91 (2018)

SCARAMUCCIA, Luigi Pellegrino detto Perugino

Odette D'Albo

– Nacque a Perugia nel 1621 (Mancini, 1992) dal pittore Giovanni Antonio e dalla moglie Dianora. Il suo primo maestro fu il padre, che però lo inviò in seguito a Roma insieme a Giovan Domenico Cerrini presso la bottega di Guido Reni, maestro che, stando a Lione Pascoli (1730, 1992, p. 149), Luigi seguì poi a Bologna. Secondo padre Sebastiano Resta, Scaramuccia fu anche allievo di Lanfranco (Nicodemi, 1956, pp. 301 s.) mentre Carlo Cesare Malvasia (1678, 1841) lo ricorda tra gli scolari del Guercino.

Assente da Perugia tra il 1636 e il 1645, il pittore è ricordato precocemente a Bologna tra i partecipanti all’accademia privata del disegno istituita dal conte Ettore Ghislieri e frequentata da numerosi maestri, tra i quali Guercino, un’esperienza che si concluse quando il nobile si ritirò a vita religiosa nel 1652.

Sembra quindi possibile che l’esordio pubblico del Perugino possa essere segnato dall’Apparizione di Cristo a s. Paolo in carcere per la chiesa omonima di Bologna, dipinto probabilmente alla fine degli anni Quaranta (Riccomini, 1962, p. 449), dove emerge il richiamo ai modelli di Reni, ma anche una pittura dai forti contrasti chiaroscurali, debitori della maniera di Lanfranco.

Fin dal 1650 l’artista gravitava però su Milano, dove in quell’anno risulta ospite del canonico Flaminio Pasqualini, una figura influente di collezionista ed esperto d’arte nel contesto cittadino di quegli anni. Con ogni probabilità Scaramuccia si trasferì poco dopo nel capoluogo lombardo, perché già prima del 1652 aveva eseguito, per Giovan Francesco Serra di Cassano, l’Erminia tra i pastori oggi all’Università di Barcellona, una scena di paesaggio arcadico ispirata alle prove di Guercino.

Si deve verosimilmente a Pasqualini l’aver introdotto il Perugino nell’ambiente artistico milanese, dove entrò in contatto con il giovane padre Resta e il pittore Francesco Cairo, al quale si deve un suo ritratto eseguito intorno alla metà degli anni Cinquanta (noto in due versioni: Milano, Pinacoteca di Brera; Roma, Galleria nazionale d’arte antica Palazzo Corsini). Sempre a Pasqualini, nel 1654, l’artista dedicò l’incisione con S. Benedetto tratta dagli affreschi di Ludovico Carracci in S. Michele in Bosco a Bologna (parte della sua ridotta produzione in questo campo).

Nello stesso periodo Scaramuccia portò a termine, a Milano, la S. Barbara in S. Marco (1652) e gli affreschi nella cappella dedicata al beato Giorgio Laccioli in S. Maria Incoronata, dove collaborò con Giovanni Stefano Montalto ed Ercole Procaccini il Giovane (1652-54). È possibile che il maestro si fosse recato a Napoli in tempi precedenti al 1656, poiché vi conobbe Aniello Falcone (Giubbini, 1965, pp. 69-76) morto in quell’anno. In città Scaramuccia lasciò un S. Nicola in S. Giuseppe Maggiore (disperso, realizzato comunque entro il 1674).

Intorno al 1657 il pittore affrescò una perduta Nascita della Vergine nella cattedrale di Piacenza, ma già dall’anno successivo è attestato nella parrocchia di S. Nazaro in Brolio a Milano, dove avrebbe vissuto, con la moglie Ortensia Mariani, tutta la vita.

Dai registri battesimali risulta che l’artista avesse cinque figlie, Ada Matilde (1658), Teresa Diamanta Onorata (1660), Maria Giacoma Matilde (1662), Ottavia Giustina Germana (1665) e Chiara Marina Colomba (1668). Nel 1668 fu inoltre padrino di battesimo di Antonio Maria Luigi, figlio del pittore Giuseppe Procaccini, e nel 1674 di Carlo Giuseppe Luigi Racchetti, figlio del maestro di prospettive Bernardo, che, secondo Pascoli (1730, 1992, p. 151), avrebbe sposato una delle sue figlie.

Nel 1659 Scaramuccia portò a termine il Davide taglia la testa di Golia per S. Maria Maggiore a Bergamo, un’opera ancora fortemente legata ai modelli di Lanfranco. Al di là del suo legame con la tradizione bolognese, il pittore sembra però voler esplorare, negli stessi anni, differenti orizzonti figurativi: i toni cupi della Crocifissione di s. Pietro in S. Vittore al Corpo a Milano, databile al 1659, e le due tele con scene della Passione di Cristo per il santuario di Cannobbio (1661-68), indicano una riflessione sulla pittura caravaggesca, da Ribera a Mattia Preti. Nell’Incoronazione di spine di Cannobbio (conclusa nel 1661) il Perugino offre inoltre una reinterpretazione della pala d’identico soggetto di Tiziano allora in S. Maria delle Grazie a Milano, dalla quale, probabilmente nello stesso periodo, l’artista trasse un’incisione dedicata al cardinale Girolamo Farnese. Quest’ultimo, legato pontificio a Bologna, gli aveva commissionato l’affresco con l’Incoronazione di Carlo V in palazzo pubblico a Bologna, parte di un ciclo inaugurato nel 1661 dove lavorarono anche Carlo Cignani e Lorenzo Pasinelli. Nell’episodio raffigurato, Scaramuccia abbandona gli accenti tenebrosi delle prove appena richiamate, recuperando la tavolozza luminosa e la magniloquenza legata all’intento celebrativo della decorazione, e dimostrandosi estremamente duttile e capace di lavorare contemporaneamente su registri stilistici assai differenti.

Nel 1662 l’artista eseguì la Madonna del latte nell’oratorio della Beata Vergine delle Grazie a Cesate e all’anno seguente risale il S. Carlo presenta gli orfani alla Sacra Famiglia, per la chiesa di S. Maria della Stella (oggi Milano, chiesa del Pio Albergo Trivulzio), dove la lezione della pittura emiliana si unisce a una tavolozza schiarita e limpida legata al classicismo di Poussin e Andrea Sacchi. Esiti di tale raffinata eleganza caratterizzano anche la Purificazione della Vergine per la parrocchiale di Carcegna, d’impronta schiettamente reniana (1663-64 circa).

Numerose opere pubbliche del Perugino sono perdute o ancora da rintracciare, così come la produzione da stanza, attestata in prestigiose collezioni lombarde, in numerosi centri italiani e in Spagna (Giubbini, 1965; Mancini, 1730, 1992; Geddo, 1996). A questo proposito, si può ricordare che nel 1668 l’artista inviò un Trionfo di Bacco ad Alfonso II Gonzaga di Novellara, tramite il conte Vitaliano VI Borromeo, al quale si deve verosimilmente la presenza di alcune sue prove riscoperte sull’Isola Bella (Collezione Borromeo, 2011). In tempi poco successivi al 1664 si situa un viaggio a Venezia, dove Scaramuccia incontrò Marco Boschini (che gli donò una copia delle sue Ricche minere della pittura) e, forse in quel frangente, eseguì una Conversione di s. Paolo, dispersa, nella chiesa di S. Niccolò al Lido.

All’attività di pittore, il Perugino affiancò quella di teorico, e nel 1666 sottopose all’Accademia di S. Luca a Roma, della quale era allora principe Carlo Maratti, il manoscritto Le Finezze de’ pennelli italiani, accolto favorevolmente da quella prestigiosa istituzione.

Poco dopo il 1668 l’artista soggiornò a Roma, dove incontrò Cristina di Svezia, visitando la sua collezione e l’Accademia di Francia. Verosimilmente durante la permanenza nella capitale pontificia Scaramuccia eseguì la Comunione della Maddalena tuttora in S. Maria in Trivio (ante 1673), che negli intensi contrasti chiaroscurali ricorda le prove di Giacinto Brandi, mentre nella contemporanea Presentazione della Vergine al Tempio (1665-69), già in S. Filippo Neri a Perugia, il pittore ricorre a una tavolozza schiarita, legata ai modelli di Maratti.

Maestro colto ed eclettico, Scaramuccia, attraverso un linguaggio sperimentale e al contempo fortemente ancorato ai dettami accademici, si affermò con crescente autorevolezza sulla scena milanese come rappresentante del classicismo romano. Tra gli episodi che riflettono il suo ruolo influente in città, nel 1669 venne chiamato a giudicare il lavoro di padre Andrea Pozzo, allora presso il collegio di S. Fedele, e, a seguito del suo parere positivo, l’ordine concesse al gesuita di dedicarsi completamente alla pittura. Come attesta Pascoli (1730, 1992, p. 150), l’artista «aveva uno studio famoso, e quantità di scolari anche qualificati, che prendevano lezioni di disegno» (p. 150). Tra questi allievi spiccano Andrea Lanzani e Giorgio Bonola, il quale conservò alcuni disegni del maestro in un codice oggi diviso tra Varsavia e Santiago del Cile, mentre un’altra parte della sua attività grafica è conservata presso l’Ambrosiana a Milano. Dopo la riapertura dell’accademia di pittura presso quest’ultima istituzione (1668) il Perugino eseguì il Federico Borromeo visita il lazzaretto durante la peste del 1630 (1670 circa, Milano, Pinacoteca Ambrosiana), parte di una serie di quadroni, alla quale parteciparono anche Lanzani e Antonio Busca, destinati a celebrare l’arcivescovo che l’aveva fondata.

Al 1670 risale la Madonna e santi in S. Marta a Erba, contraddistinta da un severo e controllato classicismo, ma una vena più naturalistica traspare nelle vivaci tele con i Miracoli di Pio V nel collegio Ghislieri di Pavia (1673) e nel coevo S. Carlo dispensa denaro ai poveri commissionato dal marchese Orazio Spada, su suggerimento di padre Resta, per la sua cappella nella chiesa Nuova a Roma, dove tuttora si trova (portato a termine nel 1674).

Entro quell’anno eseguì la Visione mistica di s. Caterina già nella chiesa del convento di S. Maria della Vettabbia a Milano (ora nella parrocchiale di Greco Milanese, come deposito della Pinacoteca di Brera), dove aveva preso i voti una delle sue figlie (Pascoli, 1730, 1992, p. 151). Allo stesso periodo risalgono le due tele con l’Angelo annunciante e la Vergine alla Pinacoteca di Pavia (1675).

Nel 1674 venne dato alle stampe a Pavia Le finezze de’ pennelli italiani, dedicato al conte Girolamo Niccolò Botta Adorno, dove, a indicare i forti legami d’amicizia già posti in evidenza, compaiono un’incisione di Cesare Fiori tratta dal ritratto dell’artista eseguito da Cairo e una lettera inviata da Cipriano Mauri a Pasqualini, con cui si sollecita la pubblicazione del trattato.

Nel testo si narrano, in maniera decisamente autobiografica, le vicende del giovane Girupeno (anagramma di Perugino), che, guidato dal Genio di Raffaello in un viaggio attraverso l’Italia (tra le tappe principali Roma, Bologna, Napoli, Venezia, Milano, il Piemonte, l’Emilia), si educa ai principi della pittura legati al classicismo seicentesco, studiando e talvolta traendo disegni dalle opere d’arte, ma l’itinerario offre anche una più innovativa riflessione sulle differenti scuole regionali.

A coronamento della carriera, il 5 dicembre 1675 Scaramuccia fu ammesso all’Accademia di S. Luca a Roma, dove si conserva un suo ritratto eseguito da Bonola.

In una data imprecisata, stimò, insieme ad Agostino Santagostino, la collezione di Antonio Teodoro Trivulzio (morto nel 1678, ma il documento è datato, in maniera non coerente, al 1691).

Morì a Milano il 3 agosto 1680 e fu tumulato in S. Nazaro; l’anno successivo, in sua memoria, si tenne una cerimonia funebre nella chiesa di S. Giuseppe a Pavia, con la pubblicazione di un testo commemorativo (Le giustissime lagrime..., 1681).

Fonti e Bibl.: C.C. Malvasia, Felsina pittrice (1678), I, Bologna 1841, p. 274; Le giustissime lagrime della Poesia e della Pitura, publicate ne’ sontuosissimi apparati funebri alzati dalla sempre memore et immortal pietà de’ primi virtuosi della gran città di Pavia nella chiesa di S. Gioseppe l’anno 1680 adì 27 novembre ne’ funerali del fu sig. Luigi Scaramuccia perugino, Milano 1681; L. Pascoli, Vite de’ pittori, scultori ed architetti moderni (1730), a cura di A. Marabottini, I, Perugia 1992, pp. 149-151; F.F. Mancini, Di Luigi Scaramuccia, ibid., pp. 151-156; L.P. Scaramuccia, Codice artistico di Luigi Scaramuccia, perugino, Perugia 1822; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIX, Lipsia 1935, p. 531; G. Nicodemi, Le note di Sebastiano Resta a un esemplare dell’Abecedario pittorico di Pellegrino Orlandi, in Studi storici in memoria di mons. Angelo Mercati, Milano 1956, pp. 263-326 (in partic. pp. 301 s.); M. Mrozińska, I disegni del codice Bonola del Museo di Varsavia (catal.), Venezia 1959; S. Modena, La seconda Accademia Ambrosiana, in Arte lombarda, V (1960), pp. 84-92; E. Riccomini, I pittori della chiesa di S. Paolo in Bologna, in Arte antica e moderna, XX (1962), pp. 448-455 (in partic. p. 449); G. Giubbini, in L.P. Scaramuccia, Le finezze de’ pennelli italiani, ammirate e studiate da Girupeno sotto la scorta e disciplina del Genio di Raffaello d’Urbino..., a cura di G. Giubbini, Milano 1965, pp. 7-23; G. Albricci, Luigi Scaramuccia Perugino, in Il conoscitore di stampe, VII (1976), 31, pp. 32-45; M. Bona Castellotti, La pittura lombarda del ’600, Milano 1985, nn. 544-549; L. Barroero, S., L.P., in La pittura in Italia. Il Seicento, a cura di M. Gregori - E. Schleier, I, Milano 1989, pp. 882 s.; B. Toscano, La pittura in Umbria nel Seicento, ibid., pp. 361-386 (in partic. pp. 375 s.); A. Vannugli, La collezione Serra di Cassano, Salerno 1989, pp. 107-111; A. Pampalone, La cappella della famiglia Spada nella chiesa Nuova: testimonianze documentarie, Roma 1993; C. Geddo, in Pittura tra il Verbano e il lago d’Orta dal Medioevo al Settecento, a cura di M. Gregori, Cinisello Balsamo 1996, pp. 295-297; A. Simonetti, I dipinti di «historia» di Luigi Scaramuccia, in Studi in onore di Michele D’Elia, a cura di C. Gelao, Matera 1996, pp. 394-403; F. Frangi, Francesco Cairo, Torino 1998, ad ind.; A. Spiriti, La vicenda della pittura barocca dalla fine della Maniera all’Arcadia, in La chiesa di S. Marco a Milano, a cura di M.L. Gatti Perer, Cinisello Balsamo 1998, pp. 165-229; F. Frangi, in Pittura a Milano dal Seicento al Neoclassicismo, a cura di M. Gregori, Milano 1999, pp. 262 s.; A. Volpe, Un bozzetto di Scaramuccia per la sala Farnese nel Palazzo pubblico a Bologna, in Arti a confronto. Studi in onore di Anna Maria Matteucci, a cura di D. Lenzi, Bologna 2004, pp. 215-218; Storia e vicende di una pala d’altare. S. Carlo e le sue Stelline, a cura di C. Cenedella, Milano 2007; I disegni del Codice Bonola del Museo nazionale di belle arti di Santiago del Cile, a cura di G. Bora - M.T. Caracciolo - S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 2008, ad ind.; Collezione Borromeo. La galleria dei quadri dell’Isola Bella, a cura di A. Morandotti - M. Natale, Cinisello Balsamo 2011, ad ind.; A. Squizzato, I Trivulzio e le arti: vicende seicentesche, Milano 2013; M. Dell’Omo, Apparati decorativi nella chiesa parrocchiale di Carcegna, tra Roma, Milano e cultura locale, in Carcegna, antica comunità del Cusio, a cura di F. Mattioli Carcano - T. Rigotti, Borgomanero 2014, pp. 119-121; E. Bianchi - G. Virgilio, Schede per il Seicento e Settecento lombardo: Montalto, Scaramuccia e Carloni, in Arte cristiana, CIII (2015), 890, pp. 339-346 (in partic. pp. 341 s.); F. Gonzales - M. Epifani, in Capolavori del Barocco. Il trionfo della pittura nelle terre novaresi (catal., Novara), a cura di A. Bava - F. Gonzales, Cinisello Balsamo 2015, pp. 78-83; D. Tarlazzi, Nuovi documenti sulla pala di L.P. S. per l’ospedale della Stella in Milano..., in Arte lombarda, n.s., 2017, n. 179-180, pp. 72-82; Padre Sebastiano Resta (1635-1714). Milanese, oratoriano, collezionista di disegni nel Seicento a Roma, a cura di A. Bianco - F. Grisolia - S. Prosperi Valenti Rodinò, Roma 2017, ad indicem. O

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