Schiavitù

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

schiavitu

Tito Menzani

schiavitù Istituzione sociale in cui la proprietà è estesa anche su alcune persone, dette appunto schiavi, considerati a tutti gli effetti beni che fanno parte del patrimonio dei rispettivi padroni.

Dalla schiavitù alla servitù della gleba

Le origini del fenomeno risalgono agli albori della storia, e in quasi tutte le civiltà antiche se ne ritrova traccia. Il proprietario di uno schiavo aveva diritto di vita e di morte su di esso e sulla sua famiglia, e aveva la possibilità di sfruttarne il lavoro senza fornire alcun compenso. Uno schiavo poteva nascere in questa condizione, se figlio di schiavi, oppure poteva perdere la libertà in determinate situazioni, la più comune delle quali era la cattura in guerra. La definizione dello schiavismo comporta numerosi problemi, poiché esistono varie forme di transizione da rapporti di s. vera e propria (che in tutta Europa venne meno prima del 10° sec.) a rapporti di sfruttamento, che tuttavia non presuppongono il completo possesso di una persona da parte di un’altra. Un classico esempio è la servitù della gleba, figura giuridica sviluppatasi in età medievale, che legava i contadini a un determinato terreno (la gleba, che in latino significa «zolla»). In questo caso i servi della gleba coltivavano i latifondi che appartenevano ai proprietari terrieri, pagavano un fitto ed erano obbligati a determinate prestazioni di lavoro (corvées); erano tali per nascita e non potevano lecitamente sottrarsi alla propria condizione senza il consenso del padrone del terreno; diversamente dagli schiavi, venivano considerati persone e avevano il diritto alla vita, alla proprietà privata e a lasciare un’eredità ai figli. Il feudatario poteva, però, venderli insieme alla terra, su cui questi avevano il diritto-dovere di restare. Nel corso dell’età moderna, il progressivo decadere di questo principio fu una delle ragioni che portò alla fine della servitù della gleba in quasi tutta l’Europa.

L’abolizione della schiavitù

Pur essendo stata de facto abolita in Europa, la s. sopravvisse alla fine dell’epoca medievale nella forma del commercio degli schiavi, destinati essenzialmente ad aree extraeuropee. Un forte impulso a questa pratica venne dal colonialismo. Nelle Americhe, in particolare, era richiesta molta manodopera in ambito agricolo, per cui, nel corso del 16°, 17° e 18° sec., fu organizzata una vera e propria tratta di schiavi africani, deportati con la forza dai loro Paesi natii. Allo sfruttamento di questa forza lavoro si deve la rapida e larga diffusione, nei possedimenti spagnoli, portoghesi, francesi e inglesi, delle coltivazioni di canna da zucchero e, più tardi, di cotone e tabacco. L’abolizione della s. in queste aree si ebbe nel corso del 19° sec., a seguito della graduale diffusione delle idee illuministe. La s. persiste ancora in alcune aree del globo, seppure in forme meno evidenti di quelle storicamente note. Si tratta per lo più di gravi condizioni di assoggettamento, legate al traffico di minori e allo sfruttamento del lavoro e della prostituzione.

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