Scimmie

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

scimmie

Giuseppe M. Carpaneto

I nostri cugini quadrumani

Per sapere come è fatta una scimmia, è sufficiente pensare a noi stessi con una pelliccia più o meno folta, una coda, canini più sviluppati e dita dei piedi prensili. Lo scheletro di questi animali è quasi identico al nostro, con braccia provviste di radio e ulna, gambe con tibia e perone. Anche altri caratteri anatomici ci rendono molto simili: le orecchie sono generalmente nude con lobi esterni analoghi ai nostri, mentre il naso è relativamente asciutto. Le scimmie (Primati Aplorini) comprendono circa 180 specie diffuse nell’America Centrale e Meridionale, in Africa e in Asia. La maggior parte vive nelle foreste tropicali e ha un’alimentazione onnivora

Noi non siamo scimmie

È difficile dire che cosa sia una scimmia applicando i principi della moderna classificazione biologica, basata sui rapporti di parentela. Infatti, se consideriamo la parola scimmia in senso ampio – come fa la maggior parte delle persone senza cultura zoologica, e cioè includendo in questa categoria anche i nostri parenti più stretti (per esempio, i gorilla e gli scimpanzé) –, in questo caso siamo scimmie anche noi.

Infatti, la distanza genetica che esiste tra un macaco e uno scimpanzé è molto maggiore di quella che c’è tra lo scimpanzé stesso e l’uomo.

L’ordine dei Primati (circa 230 specie) si divide in due sottordini: Strepsirrini (proscimmie) e Aplorini (Cercopitecidi, Cebidi e Callitricidi, Ilobatidi e Ominidi). Ilobatidi e Ominidi (gorilla, scimpanzé, oranghi e gibboni) non sono scimmie: vengono chiamati Primati antropomorfi, categoria che gli Inglesi rendono con la parola colloquiale ape, di cui manca un corrispondente termine in italiano (a parte il dispregiativo scimmioni). Negli Strepsirrini, cioè le proscimmie (lemuri e galagoni), si nota una regione olfattiva allungata, che determina un muso volpino e denota una forte dipendenza dagli odori. Negli appartenenti al sottordine Aplorini, invece, la regione olfattiva è ridotta, con potenziamento della vista e del cervello, caratteristiche che raggiungono la loro massima espressione nell’uomo.

Cervello e vita sociale

Molto probabilmente la riduzione delle capacità olfattive ha avuto inizio con il parallelo sviluppo della visione frontale e della capacità di distinguere bene i colori. La vista stereoscopica a colori offre vantaggi nella scelta, anche a distanza, dei frutti commestibili. Inoltre, facilita le manovre acrobatiche sugli alberi, permettendo di afferrare con grande sicurezza un ramo o una liana. Infine, gli occhi in posizione frontale permettono di guardare il viso dei compagni, ricevendo e inviando segnali attraverso la mimica facciale. Infatti gli Aplorini hanno sviluppato alcune aree del cervello, soprattutto la corteccia cerebrale, innescando un processo evolutivo verso una vita sociale sempre più complessa.

I gruppi sociali di scimmie sono fondati sulla conoscenza personale approfondita fra tutti gli individui, come avviene nei Canidi (anch’essi dotati di visione frontale e mimica facciale assai forte). Ciò porta all’instaurazione di gerarchie di dominanza che permettono di regolare i rapporti quotidiani e di prendere decisioni senza doversi continuamente azzuffare.

Nei gruppi sociali più evoluti il diritto al boccone migliore, il diritto di accoppiarsi o la scelta della strada per ritornare a casa vengono pianificati come se esistessero regole scritte, ma sempre con un certo grado di elasticità e compiacenza, attraverso un frequente scambio reciproco di favori. Il grooming – la «strigliata» – è un comportamento che serve a mantenere la coesione nel gruppo, rinsaldando i rapporti tra gli individui: consiste nella pulizia reciproca del pelo con eliminazione dei parassiti (zecche, pidocchi e pulci) che vengono subito mangiati, con evidente soddisfazione dello spidocchiatore e dello spidocchiato.

Giochi di ruolo

Quasi tutte le scimmie vivono in società poligame di tipo poliginico, cioè formate da un gruppo di femmine (harem) difese da un maschio o da più maschi alleati. La dominanza di un solo maschio si osserva nel mandrillo e nel drillo, specie forestali che formano piccoli gruppi. In queste specie, il maschio dominante si accoppia con tutte le femmine quando queste sono in calore; alcuni maschi sottomessi (generalmente più giovani) possono far parte del gruppo ma senza accoppiarsi, mentre gli altri vivono in bande di soli maschi che si aggirano nei dintorni. In entrambi i casi, i maschi sottomessi cercano continuamente di infrangere le regole e di accoppiarsi con le femmine (generalmente consenzienti), approfittando dei momenti di distrazione del dominante. Di conseguenza, quest’ultimo è in continuo stato di allerta per affermare i suoi diritti sulle femmine e per difendere il branco da eventuali predatori.

Appena il dominante si indebolisce, per malattie, ferite o vecchiaia, viene detronizzato da uno dei maschi subalterni, che fra di loro sono già organizzati in gerarchie di attesa.

In alcune specie – come nei babbuini, nei macachi e nelle scimmie cappuccine, dove i gruppi sono costituiti da numerosi componenti, più maschi possono collaborare insieme per la difesa dell’harem e condividono il diritto di accoppiarsi con le femmine.

Nella maggior parte delle scimmie le cure parentali (corteggiamento e cure parentali) sono a carico della madre, che insegna ai piccoli a riconoscere il cibo e i nemici. La monogamia, cioè la coppia, esiste solo in alcune piccole scimmie solitarie dell’America Meridionale, gli uistiti e i tamarini dove anche i maschi partecipano alle cure dei piccoli. Nei tamarini è stata osservata anche la poliandria, cioè l’accoppiamento di una femmina con più maschi. Infatti, le femmine partoriscono sempre due gemelli, e i due padri fanno a turno nel faticoso trasporto dei piccoli sul dorso.

La cultura delle scimmie

Da molti anni le scimmie costituiscono oggetto di studi sul comportamento, studi condotti sia in natura sia in condizioni di cattività. Lo stretto grado di parentela con l’uomo rende questi animali particolarmente indicati per le ricerche finalizzate a comprendere l’origine e i meccanismi dell’apprendimento, dell’uso degli strumenti e del linguaggio.

Famose sono le osservazioni compiute sui macachi giapponesi relative alla trasmissione dei comportamenti da un individuo all’altro e da una generazione all’altra. Queste ricerche effettuate in natura hanno dimostrato che anche nelle scimmie esiste la cultura, e che la singola esperienza casuale di un individuo può diventare in brevissimo tempo esperienza condivisa da tutta la popolazione, e quindi estendersi ai discendenti. Tutti i trattati di etologia raccontano i casi di una giovane femmina di macaco che imparò a lavare le patate nell’acqua dolce per pulirle dalla sabbia, e che in seguito altri individui scoprirono il vantaggio di lavare questi tuberi nell’acqua di mare per renderli più saporiti. Altri esemplari giovani avevano imparato a gettare i chicchi di frumento nell’acqua per separarli dalla sabbia, facendo sempre emergere l’importanza del caso e del gioco in ogni scoperta.

Recentemente, nel cebo dai cornetti dell’America Meridionale sono stati scoperti indizi a favore dell’uso di strumenti, come i bastoncini per catturare le termiti: ciò dimostrerebbe che tale facoltà non sarebbe esclusiva dei Primati antropomorfi, ma potrebbe essere estesa anche alle scimmie.

I babbuini

I babbuini sono le uniche scimmie africane che svolgono una vita essenzialmente terricola, pur arrampicandosi sugli alberi in caso di necessità. Riescono così a vivere in ambienti senza alberi, come le savane e le zone rocciose di montagna, sfruttando risorse alimentari diverse da quelle impiegate da altre scimmie: si nutrono di frutti caduti, erbe, radici, funghi, insetti, vermi, piccoli vertebrati e perfino animali morti. Di conseguenza, sono le uniche scimmie in cui il muso non si è accorciato come nella generalità degli Aplorini; ciò potrebbe dipendere dalla necessità di mantenere un buon olfatto per la ricerca del cibo e un morso potente per difendersi dai predatori.

Per la forma del muso, questi Primati sono stati chiamati scimmie cinocefale, cioè dalla testa di cane. La loro dentatura li rende temibili avversari e lo spirito di gruppo che spesso manifestano nei confronti dei predatori li salva dagli attacchi di iene e leopardi, almeno in un certo numero di casi. I maschi sono molto più grossi delle femmine e possiedono una criniera più o meno folta per sembrare più grandi. I denti dei babbuini e il loro carattere variabile richiedono una certa prudenza quando, nei Parchi nazionali, queste scimmie si avvicinano ai turisti con aria innocente chiedendo cibo. I babbuini veri e propri (genere Papio) vivono prevalentemente nelle savane e nella zona di transizione con le foreste; l’amadriade (Papio hamadryas), i cui maschi sono dotati di un folto mantello grigio chiaro, vive nei territori desertici della Somalia e dell’Eritrea, oltre che nel Sud della Penisola Arabica. A questa specie si sono ispirati gli artisti egizi del periodo dei faraoni quando disegnavano divinità a forma di scimmia. La gelada (Theropithecus gelada) è una specie esclusiva delle montagne etiopiche e vive in zone rocciose, prive di alberi. Invece il mandrillo (Mandrillus sphinx) e il drillo (Mandrillus leucophaeus) vivono in una ristretta zona di foresta dell’Africa occidentale.

Cercopitechi e colobi

La famiglia dei Cercopitecidi comprende, oltre ai babbuini, tutte le scimmie del Vecchio Mondo, cioè quelle che vivono in Africa e in Asia.

Per la maggior parte le scimmie africane sono arboricole e formano bande numerose. Questi animali hanno un ruolo importante nell’ecologia delle foreste e in particolare nella disseminazione. Infatti, rompono i frutti e fanno cadere a terra i semi, oppure li inghiottono e poi li espellono con le feci. In questo modo i Primati contribuiscono alla dispersione degli alberi ed evitano la competizione fra piante della stessa specie. Inoltre, sporcandosi di polline possono favorire anche la fecondazione tra fiori di sesso diverso.

I cercopitechi (genere Cercopithecus) sono le scimmie più numerose del continente africano, seguiti dai cercocebi (Cercocebus) e dai colobi (Colobus). Fra le specie diffuse nelle savane alberate citiamo i cercopitechi grigioverdi (Cercopithecus aethiops e specie affini), dal caratteristico muso nero circondato da un piccolo orlo di peli bianchi. Ma la specie meglio adattata agli ambienti aperti è la scimmia rossa (Erythrocebus patas): grazie alle sue lunghe zampe è capace di fuggire correndo velocemente sul terreno (è in grado di raggiungere i 50 km/h). I colobi sono più strettamente arboricoli dei cercopitechi, hanno il pollice ridotto e una dieta in cui le foglie prevalgono sui frutti. Un adattamento a questo tipo di alimentazione è la struttura complessa e ripartita dell’apparato digerente, analoga a quella dei Ruminanti, per compiere il difficile lavoro di digestione della cellulosa. Si distinguono colobi rossi, colobi neri e colobi bianchi e neri, a seconda del colore del mantello. Molto bello è il colobo abissinico (Colobus guereza), tutto nero con la barba bianca e un mantello bianco formato dai peli lunghi dei fianchi.

Macachi e langur

In Asia si trovano i macachi (genere Macaca), di cui esistono specie sia arboricole sia terricole. Quelle arboricole hanno generalmente una lunga coda e vivono prevalentemente nel Sud Est asiatico (Indocina, Filippine e Indonesia), come i macachi granchivori (Macaca fascicularis e specie vicine). Queste scimmie vivono in zone costiere e durante la bassa marea mangiano crostacei e altri animali marini. Quando si sentono in pericolo scendono velocemente dagli alberi per nascondersi tra gli arbusti, mostrando di non essersi pienamente adattate alla vita forestale.

Le specie terricole, invece, possiedono una coda più o meno ridotta, e per alcuni aspetti del loro comportamento ricordano un poco i babbuini. Alcuni macachi vivono in ambienti di montagna, ai confini della regione himalayana, e una specie si trova perfino in Giappone: si tratta del macaco giapponese (Macaca fuscata), che vive anche in mezzo alla neve, ed è uno dei primati più studiati dal punto di vista etologico, sia in natura sia in cattività. Nell’Africa settentrionale (dal Marocco alla Tunisia) esiste un macaco, geograficamente isolato da tutti gli altri ma chiaramente imparentato con quelli asiatici, che viene chiamato bertuccia (Macaca sylvana) ed è stato introdotto a Gibilterra dagli Inglesi.

Come i colobi in Africa, gli entelli e i langur (Semnopithecus, Presbytis, Trachypithecus) sono adattati a nutrirsi di foglie e sono forniti di apparato digerente ripartito in camere. La religione induista ha sempre considerato gli entelli animali sacri, a causa del loro aspetto serio e quasi mistico. Imparentata con gli entelli è la stranissima nasica del Borneo (Nasalis larvatus), il cui maschio possiede un enorme naso che ricade sulla bocca. Sembra che questo organo sia particolarmente apprezzato dalle femmine, essendo determinato dagli ormoni maschili e correlato allo stato generale di buona salute dell’animale.

Scimmie del Nuovo Mondo

Tutte le scimmie del Vecchio Mondo e i Primati antropomorfi (uomo compreso) sono inquadrati fra le Catarrine, divisione caratterizzata dal setto nasale stretto. Invece, le scimmie del Nuovo Mondo, diffuse nell’America Centrale e Meridionale, si chiamano Platirrine a causa del setto nasale largo e piatto. L’origine delle Platirrine è alquanto enigmatica perché esistono resti fossili di queste nell’Africa occidentale, documentando una loro più estesa distribuzione nel passato. Probabilmente, le Platirrine si sono estinte in Africa in seguito alla competizione con le Catarrine ma, prima che queste ultime arrivassero, erano già riuscite a passare nell’America Meridionale quando i due continenti erano ancora connessi tra loro o in via di separazione. Ciò fa pensare a una loro origine molto remota.

Le scimmie del Nuovo Mondo sono di dimensioni medie, piccole o piccolissime e appartengono a due famiglie: Cebidi e Callitricidi. Le specie di maggiore taglia fanno parte dei Cebidi, come le scimmie ragno (Ateles), le scimmie urlatrici (Alouatta) e le scimmie lanose (Lagothrix), che possono pesare fino a 12 kg. Di medie dimensioni sono i cebi (Cebus), il cui peso si aggira intorno ai 3 kg, mentre la specie più piccola è l’uistiti pigmeo (Callithrix pygmaea), che è grande come un ratto e pesa circa 70 g. Questo piccolo mammifero, come gli altri uistiti, ha un modo del tutto particolare di alimentarsi: produce ferite nella corteccia degli alberi e le marca con il proprio odore, poi ritorna dopo qualche giorno per nutrirsi della resina che trasuda dal legno. Inoltre, consuma anche nettare, piccoli frutti e insetti. Gli uistiti formano piccoli gruppi familiari allargati, composti dalla coppia più i figli delle precedenti cucciolate, che fanno da aiutanti e curano i fratelli più piccoli.

Le scimmie e la medicina

Alcune specie di scimmie sono sempre state utilizzate dalla ricerca medica, allo scopo di studiare gli effetti dei nuovi farmaci o di certe terapie. Sappiamo che i nostri gruppi sanguigni A, B e 0 sono meglio definiti dal fattore Rh+ o Rh-. La sigla Rh deriva dal vecchio nome latino, Rhesus mulattus, del reso (Macaca mulatta), un macaco largamente diffuso dalla Cina all’India, sul quale sono stati condotti gli studi ematologici. Attualmente, scimmie di varie specie sono studiate nei laboratori medici per comprendere i meccanismi di trasmissione dell’AIDS, malattia che sembra essersi originata in Africa. Il retrovirus HIV, di cui certe scimmie sarebbero portatori sani, sarebbe entrato nel sangue delle popolazioni africane durante la macellazione di questi animali, la cui carne è abitualmente consumata nei villaggi. Altre malattie gravissime sono trasmesse dai Primati: una di queste sembra essere il virus Ebola che ogni tanto compare in Africa e fa moltissimi morti in brevi periodi.

Una poesia di Trilussa

L’Omo disse a la Scimmia:

– Sei brutta, dispettosa;

ma come sei ridicola!

Ma quanto sei curiosa!

Quann’io te vedo, rido:

rido e nun se sa quanto…

La Scimmia disse: – Sfido!

T’arissomijo tanto

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