Sciopero nei servizi pubblici essenziali

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Con la l. n. 146/1990, successivamente modificata dalla l. n. 83/2000, il legislatore ha introdotto una regolamentazione specifica delle modalità di esercizio del diritto di sciopero dei lavoratori impiegati nel settore dei servizi pubblici essenziali. La ratio di questa normativa va individuata nella necessità di contemperare l’esercizio del diritto di sciopero con la tutela dei beni costituzionalmente garantiti alla cui soddisfazione sono diretti i servizi pubblici essenziali, espressamente e tassativamente elencati all’art. 1 della l. n. 146/1990, ossia: il diritto alla vita, alla salute, alla sicurezza, la libertà di circolazione, il diritto all’assistenza e alla previdenza sociale, il diritto all’istruzione, la libertà di comunicazione, e i servizi volti all’approvvigionamento di beni di prima necessità. Il controllo della corretta attuazione della normativa è affidato a un organo apposito e indipendente, la Commissione di garanzia, composta da 9 membri nominati dal presidente della Repubblica. La legge attribuisce alla Commissione, e alle parti sociali, il compito di individuare in concreto quali siano i servizi che rientrano nella definizione generale sopra richiamata, nonché il compito di individuare quali siano le prestazioni che debbono ritenersi «indispensabili» per poter fruire dei servizi essenziali. Tali accordi, una volta valutati come idonei dalla Commissione di garanzia, assumono valenza precettiva. La l. 83/2000 ha reso obbligatoria la prassi affermatasi negli anni precedenti, di prevedere negli accordi collettivi procedure compositive del conflitto, le cosiddette procedure di conciliazione e le procedure di raffreddamento. Le prime costituiscono una condizione per la proclamazione dello sciopero (art. 2, co. 2); in caso di loro mancato esperimento, la Commissione invita le parti sociali a riformulare la proclamazione in conformità alla legge e agli accordi, differendo l’iniziativa ad altra data (art. 13, lett. d, l. n. 146/1990). Le procedure di raffreddamento, invece, si svolgono durante il periodo del preavviso e hanno lo scopo di sospendere l’iniziativa delle parti sociali. La proclamazione dello sciopero è soggetta al rispetto di un’articolata procedura: essa deve necessariamente essere fatta per iscritto, almeno 10 giorni prima, indicando la durata dello sciopero, le modalità di attuazione, nonché le motivazioni di esso. La disciplina degli intervalli minimi di tempo da osservarsi tra le varie iniziative di sciopero e dei cosiddetti periodi di franchigia (per es. la giornata precedente alle consultazioni elettorali) è lasciata alla contrattazione, mentre la l. 146/1990 (come novellata nel 2000) disciplina espressamente l’ipotesi della revoca dello sciopero, disponendo che « … salvo che sia intervenuto un accordo tra le parti ovvero vi sia stata un richiesta della Commissione di garanzia … la revoca spontanea dello sciopero proclamato, dopo che ne è stata data informazione all’utenza ..., costituisce forma sleale di azione sindacale». La l. n. 146/90 disciplina lo strumento della precettazione, ossia quel provvedimento che può essere adottato dalla competente autorità di governo (presidente del Consiglio dei ministri, ministro delegato e prefetto) quando esiste il fondato pericolo di un pregiudizio grave e imminente ai diritti della persona costituzionalmente garantiti. Più in generale la legge sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali prevede un apparato sanzionatorio applicabile ove la Commissione di garanzia accerti che i sindacati e i lavoratori non hanno rispettato la normativa vigente.

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