SCUDO

Enciclopedia Italiana (1936)

SCUDO (dal lat. scutum e dal gr. σκῦτος, a lor volta derivati dal sanscrito sku- "coprire"; fr. bouclier; sp. escudo; ted. Schild; ingl. shield)

George MONTANDON
Gioacchino MANCINI
Ugo BADALUCCHI
Carlo MANGANONI

Primitivi. - Lo scudo è uno dei primi elementi che hanno servito a dimostrare il fondamento dell'indirizzo dei cicli culturali nell'etnologia. Dilmso, in passato od oggi, in tutti e cinque i continenti, sebbene non in tutte le regioni, esso non sfugge all'osservatore e permette una facile analisi della sua morfologia.

È opportuno prima di tutto considerare la forma generale dello scudo, la sua impugnatura, l'eventuale incurvatura corrispondente, i suoi margini, il materiale di fabbricazione e infine la distribuzione geografica delle caratteristiche affini.

Si devono anzitutto distinguere tre categorie di oggetti, che rientrano nella comune designazione di scudi: lo scudo-bastone o bastone-parabotte, lo scudo da arciere e lo scudo propriamente detto.

Il bastone-parabotte è chiamato anche bastone "da parata" (designazione da evitare perché si presta a confusione con la parata cerimoniale, tanto più che esistono veri scudi da esibizione). La prima forma di esso è il semplice bastone tenuto a scopo di difesa.

Così i giovani Zulu, pur possedendo uno scudo, si battono fra di loro con due bastoni, uno per l'offesa nella mano destra, l'altro per la difesa, che viene tenuto davanti, nella mano sinistra. Tale uso di un semplice bastone è comune ad altri due gruppi etnici dell'Africa meridionale: i Barotse (alto Zambesi) e gli Ottentotti. È stato anche riscontrato in un punto dell'Africa orientale (Wabondei) e ha come analogo, presso i Dinca e i Nuer dell'alto Nilo, un "arco-scudo": i colpi vengono in questo caso parati con la corda dell'arco. Usi simili del bastone si hanno probabilmente anche in altri punti del globo e va, per es., collegata con essi la scherma giapponese a due sciabole.

Per quel che riguarda l'Africa, il bastone-parabotte si trova inoltre nell'Africa orientale e sull'alto Nilo, ma in queste aree esso è stato dotato di una guardia che ne fa riconoscere subito la funzione anche se non lo si vede in azione. Nell'Africa orientale la guardia è costituita da un pezzo di cuoio applicato a metà del bastone (numerose tribù fra Zanzibar e il Lago Vittoria). Nell'alto Nilo, fra i Mundu e i Kish, dopo un largo territorio privo del bastone-parabotte, la guardia è pure di cuoio, mentre presso i Dinca e gli Scilluk il bastone-parabotte è tagliato con la sua guardia in un sol pezzo di legno, portando una rigonfiatura centrale e l'impugnatura intagliata nel rovescio dell'ingrossamento. Un bastone-parabotte analogo, vale a dire a guardia incavata, si trova sul confine Camerun-Nigeria (Bafum, Kanii, Esimbé), e probabilmente si tratta di una connessione diretta, attraverso il bacino dello Sciari, sebbene questo sia attualmente privo di bastone-parabotte.

Il principale dominio di tale strumento non è tuttavia l'Africa, ma l'Australia, dove esso rappresenta il mezzo classico di difesa contro i colpi della clava; è costituito da un pezzo di legno più spesso che largo, a sezione romboidale, che va assottigliandosi a poco a poco dal centro verso le estremità; nel rovescio, al centro, è l'impugnatura. L'Australia possiede pure lo scudo largo, di scorza o di legno, ma la sua derivazione diretta dal bastone-parabotte è dimostrata dalle forme convesse a impugnatura scavata, le quali poi introducono alla forma piatta a impugnatura riportata o scavata.

Fuori dell'Australia, il bastone-parabotte non s'incontra nella forma tipica che ad Alor e a Wetar (Indonesia orientale), dove esiste però anche a forma di croce e fatto di pelle di bufalo; meno tipico, cioè come scudo di legno ancora molto stretto, lo si incontra in alcuni punti della Melanesia e dell'Indonesia: isole Forestier (Mundua; arcipelago di Bismarck), a Sant'Anna (arcipelago delle Salomone), nelle Molucche, a Celebes. I Kaseng (Laos) possiedono pure un piccolo scudo ricoperto di pelle che richiama, per la forma della guardia, i bastoni-parabotte dell'Africa orientale. Ma esso ha inoltre, l'impugnatura trasversale, che è un carattere più recente. Il bastone-parabotte appartiene, nell'Oceania, alla cultura del bumerang. Nell'Africa, esso si trova nelle regioni dove s'incontra maggior numero di elementi della stessa cultura. Il bastone-parabotte manca del tutto in America. Un altro fenomeno notevole che va notato fin da ora è che la Polinesia è del tutto sprovvista di scudo, di qualunque tipo, come ne sono sprovvisti gli arcipelaghi di Santa Croce e delle Nuove Ebridi e la Nuova Caledonia.

Lo scudo da arciere è stato chiamato anche scudo senza impugnatura, e potrebbe esser detto scudo da spalla. Tuttavia nessuna di queste denominazioni è del tutto soddisfacente, perché non esprimono una qualità esclusiva e costante della categoria. L'impugnatura è in realtà sostituita da una corda di sospensione, ma ciò avviene anche in alcuni dei veri scudi; e varî esemplari non coprono la spalla, ma si tengono sotto l'ascella. Inoltre lo scudo delle isole Aru, munito di una finestrina a sportello, dalla quale passa il braccio, ripara la spalla e il fianco, ma non il braccio. E nemmeno il termine di scudo da arciere è esente da critica, poiché la maggior parte degli arcieri non fa uso di questo mezzo di difesa, ma si vale dello scudo proprio fissato al braccio sinistro in uno o due punti. Tuttavia lo scudo da arciere non è usato altro che da arcieri e la designazione ha il merito di indicare che quest'arma proviene, culturalmente, dal ciclo dell'arco. Si tratta, dunque, di uno scudo che viene appeso al collo, e che ha lo scopo di proteggere il fianco sinistro pur lasciando all'arciere le mani libere.

Nell'Indonesia e nella Papuasia esso è generalmente di legno, in Africa è fatto a intrecciatura. La forma più comune è più o meno rettangolare, col bordo superiore orizzontale, ma ve ne sono, come p. es. sulla costa sud-orientale della Nuova Guinea, di legno, che presentano una larga incavatura per il braccio, il che prova che queste forme si tengono sotto l'ascella. Per contro, nei dintorni di Aitape vi sono scudi di un sol pezzo di legno scolpito che hanno invece a metà del bordo superiore una sporgenza aguzza. Lo scudo delle isole Aru, già menzionato, è intrecciato, a forma di semicilindro più alto che largo. Lo scudo da arciere più noto dell'area oceanica è tuttavia quello della Baia dell'Astrolabio, rotondo, di legno e che presenta di solito in rilievo una grande croce di Malta; esso ha fino a un metro di diametro e fino a 10 kg. di peso, e sarebbe usato, secondo il Finsch, per la difesa dei villaggi. La sua forma rotonda, eccezionale per la Nuova Guinea, potrebbe riflettere una lontana influenza dello scudo asiatico, ma può derivare anche dai dischi a intrecciatura larghi una trentina di centimetri che servivano a proteggere il petto e che s'incontrano in alcune regioni della Melanesia.

Lo scudo da arciere si trova in Africa, nell'Indonesia-Papuasia e anche in America, almeno presso gl'Indiani delle Praterie, per i quali tuttavia i dati non consentono di localizzarlo con esattezza. Nell'Africa esso si incontra: 1. sulla riva nord-occidentale del Lago Alberto, cioè presso i Wasangora (rettangolare a intrecciatura) e i Lendu (trapezoidale); 2. presso i Pigmei del Congo centrale dove la presenza dello scudo da arciere ha interesse per la questione dell'appartenenza dell'arco alle culture più primitive.

A oriente, lo scudo da arciere si trova in numerosi punti della Nuova Guinea, nelle isole Aru, ad Alor (di cuoio), a Solor (di legno) e se ne riscontrano le tracce fin presso alcune popolazioni Mon-khmer dell'Indocina. Alcune tribù Naga sospendono alla spalla i loro scudi (a intrecciatura o di cuoio) sebbene questi siano forniti di un'impugnatura trasversale.

Lo scudo in senso proprio. - La grande maggioranza degli scudi rientra in questa categoria che si suol dividere, con criterî misti, in tre gruppi: scudi di materiale vegetale, scudi di materiale animale, scudi di forma asiatica.

Lo scudo di materiale vegetale si suddivide in due tipi: lo scudo di legno e quello intrecciato (di forma allungata). Essi andrebbero, in linea di principio, nettamente distinti perché derivano da origini diverse: il primo discende dal bastone-parabotte, il secondo dallo scudo da arciere. Ma per il materiale con cui sono fabbricati e per le numerose forme intermedie esistenti (p. es., piastra di legno al centro di uno scudo intrecciato) essi vivono frammisti e non è possibile dissociarli su una carta a piccola scala. Per l'Africa, avendo considerato insieme il dominio dello scudo di legno e di quello intrecciato (v. carta) potremo dire che il primo è relativamente più rappresentato al difuori della foresta equatoriale, mentre il secondo predomina nella foresta. Nell'Indonesia e Papuasia esistono frammisti, sebbene molto determinati localmente, con predominanza degli scudi di legno su quelli intrecciati. L'America Meridionale ha pure scudi di materiale vegetale, specialmente legno, che con la loro forma allungata (esente quindi da influssi asiatici reali o apparenti) predominano sull'altipiano andino e nella porzione adiacente della foresta tropicale. Anche lo scudo fatto con materiale animale si suddivide in due tipi, secondo che l'impugnatura è a bacchetta (Africa) o trasversale (Asia del SE.).

Le caratteristiche del primo tipo si riscontrano con una perfetta chiarezza nello scudo zulu: forma oblunga, impugnatura costituita da una bacchetta verticale lunga quanto o più del piatto dello scudo, il quale è mobile sull'asse costituito dalla bacchetta stessa. Il piatto è di pelle (con i peli, non di cuoio), di spessore sottile, senza rilievo centrale né bordi rialzati. Va aggiunto che lo scudo zulu possiede delle corregge, destinate ad assicurare nel rovescio la bacchetta, che formano sul davanti due file paramediane di piccoli rettangoli di colore diverso dai peli del piatto; ciò che rende riconoscibile anche a distanza l'appartenenza etnica di questo scudo. Poiché il piatto non presenta alcuna concavità, la bacchetta non può essere tenuta con tutta la mano, ma solo con la punta delle dita; essa inoltre non è fissata al piatto rigidamente, di modo che (come osservò G. Montandon nel 1914) lo scudo al minimo colpo gira sull'asse formato dalla bacchetta, e la zagaglia, toccato lo scudo, sfugge per la tangente o perde la forza di penetrazione. Allo stesso scopo il piatto non ha orli rialzati, i quali non farebbero altro che trattenere l'arma avversaria. Questa invenzione di uno scudo mobile sul suo asse è specificamente africana e non s'incontra in alcun altro luogo.

Nella porzione settentrionale del suo dominio lo scudo a bacchetta è stato influenzato dallo scudo rotondo di cuoio, una varietà del tipo asiatico che occupa tutta l'Africa settentrionale. La bacchetta verticale sussiste ma è rigida, e non permette più la rotazione sull'asse. Il piatto è sempre di forma oblunga ma è fornito di un rigonfiamento centrale e di bordi rialzati (Masai, Acholi, Dinca).

Come tipo parallelo allo scudo con impugnatura a bacchetta va considerata una forma, in verità molto variabile morfologicamente, ma che, ridotta ai suoi elementi essenziali, costituisce nell'Asia sud-orientale una transizione fra gli scudi di materiale vegetale e lo scudo asiatico. Questo, infatti, può essere intrecciato o di legno, ma più frequentemente appare fatto di pelle o di cuoio: ha forma allungata e rettangolare e per la sua caratteristica principale si può chiamare scudo "a impugnatura trasversale". L'impugnatura può essere (come nello scudo asiatico) unica o doppia; l'impugnatura trasversale unica s'incontra su esemplari ad intrecciatura, sino alle isole Salomone e, come la forma circolare del piatto, rivela l'influenza di una fase arcaica del tipo asiatico. Lo scudo a impugnatura trasversale s'incontra qua e là nell'Indonesia insulare, ma il suo dominio principale è la parte centrale e nord-occidentale dell'Indocina (Moi, Chin, Lushai, Naga, Kachin). In Africa, nel Kordofan, esiste pure uno scudo a impugnatura trasversale di forma romboidale, di cuoio, con impugnatura di legno che attraversa il cuoio.

Lo scudo asiatico, nella sua forma completa, si distingue per le seguenti quattro caratteristiche: impugnatura doppia (una per la mano e una per il braccio), forma circolare, rigonfiamento centrale, margine rialzato. Il carattere più importante è dato forse dalla doppia impugnatura, ma in gran parte delle illustrazioni e descrizioni esso non è notato. La forma circolare, fortunatamente, non può sfuggire all'osservazione ed è questa la caratteristica che colpisce maggiormente. Sebbene vi siano alcuni scudi rotondi nei quali tale forma è forse autoctona, si può dire che ogni scudo rotondo fa nascere il sospetto di un'influenza asiatica.

Il materiale, invece, può essere svariatissimo. In una gran parte del suo dominio in Asia e in Europa è divenuto metallico; ma presso gli Osmanli e nel Tibet si trova lo scudo rotondo intrecciato a spirale e forme analoghe si incontrano in alcuni punti dell'Africa, sebbene sempre ai margini della zona di influenza asiatica e non, p. es., in piena foresta congolese. Gli scudi abissini (amhara) e somali, d'altronde molto diversi nei particolari, sono i modelli più rappresentativi della fomiula asiatica nell'Africa: fatti di grosso cuoio (bufalo per gli Amhara, rinoceronte per i Somali), rotondi (di mezzo metro di diametro fra gli Amhara, di 25 cm. fra i Somali), hanno una convessità (di quasi tutto il piatto presso gli Amhara, ridotta a un rigonfiamento centrale fra i Somali), e un bordo rialzato; ma a differenza dello scudo asiatico hanno impugnatura unica. Vi sono poi forme intermedie fra lo scudo di cuoio dominante nel N. e quello di pelle diffuso nel S. del continente. Lo scudo del Madagascar è rotondo, fatto di un piatto di legno ricoperto di pelle: esso presenta dunque elementi di ognuno dei tre sottogeneri dello scudo proprio.

Tornando all'Asia, gli scudi erano nell'antica Cina di cuoio di rinoceronte (oggi sparito dal paese) e i modelli rotondi di cuoio, sono, ancor oggi, a fianco di quelli di metallo, conosciuti in tutto il continente. I pochi esemplari, di legno o di cuoio, della cultura artica (Ciukci e Coriaki, Eschimesi) manifestano pure un'influenza "asiatica". Infine esistono scudi rotondi disseminati anche nell'Indonesia, in passato specialmente di cuoio (preferibilmente dì rinoceronte), oggi di legno o di pergamena: Khasi, Kamti, Naga, Shan, Moi, Rade, Bagobo e Moro (Filippine), Daiaki, Accinesi, Giavanesi, Malesi propriamente detti e abitanti delle piccole isole della Sonda.

Come gli scudi intrecciati a spirale devono essere separati dagli altri scudi intrecciati, così quelli di legno circolari non vanno considerati con gli scudi di legno di forma allungata o rettangolari e devono essere collegati con la forma asiatica. Del resto, l'antica Indocina e l'Indonesia, che formano la regione della terra più ricca di scudi, presentano una forte preponderanza di tipi non asiatici: lo scudo asiatico non è qui che un intruso.

Le osservazioni relative all'America non sono ancora sufficientemente precise. L'America Settentrionale possiede lo scudo rotondo, ad esclusione del NO., che presenta in sua vece la corazza, della California, la cui cultura primitiva non possiede né l'uno né l'altra, e forse anche della regione delle foreste del NE. che pare disponesse di scudi di scorza e ad intrecciatura, sui quali non è stato pubblicato nulla di preciso. Nelle praterie, lo scudo è, dunque, rotondo, di cuoio e alcuni esemplari, se non tutti, sono del tipo da arciere. Nel Messico antico esso è, nella gran maggioranza dai casi, pure rotondo o, eccezionalmente, quadrato: è fatto a intrecciatura (non a spirale, ma a maglie incrociate), ha un bordo circolare di legno non molto rialzato e manca di convessità centrale; inoltre il davanti è ricoperto di piccole piume. Questo modello messicano deve essere considerato di derivazione asiatica, perché, oltre alla sua forma circolare, presenta due impugnature.

Nella regione andina, giudicando dalle figurazioni lasciateci dall'antica cultura della regione, lo scudo quadrato è molto più frequente che nel Messico, e si è visto sopra che ancor oggi lo scudo rettangolare, a impugnatura longitudinale, occupa la regione. Nella foresta, esso è più o meno frammisto allo scudo rotondo, il quale sembra predominare più ad est, mentre la fascia più orientale dell'America Meridionale è quasi sprovvista di scudo. Non è facile determinare se questo scudo rotondo sud-americano sia, anch'esso, di ispirazione asiatica. È da notare che, con qualunque materiale (legno, intrecciatura o pelle di tapiro), l'impugnatura è unica. Ma, fuori degli scudi di legno dei Jívaros, questa impugnatura è flessibile, di modo che lo scudo è sospeso al braccio sinistro; ciò potrebbe far pensare a un'imitazione del modo di portare lo scudo asiatico. A questa considerazione si ispira anche la cartina a pag. 238.

Infine, per quel che riguarda lo scudo europeo dei tempi passati, si può asserire con certezza che esso era di tipo asiatico, non solo perché era molto diffusa la forma rotonda, ma perché la maggior parte degli esemplari tanto rotondi che allungati presentavano due impugnature (trasversali nel caso degli scudi allungati). Si è voluta attribuire la forma circolare dello scudo asiatico al suo impiego nella cavalleria, essendo lo scudo rotondo più facilmente maneggevole stando a cavallo. Ma i cavalieri del Medioevo europeo non avevano scudi rotondi e i Tuareg, per i quali dovrebbe valere lo stesso principio, possiedono immensi scudi di cuoio terminanti a punta in basso. Schebesta e Höltker fanno derivare la forma asiatica dallo scudo intrecciato a spirale, che è tuttora largamente in uso nell'Asia centrale: questo ne rappresenterebbe la forma primitiva. Tuttavia si può anche supporre che questo paziente prodotto di intrecciatura a spirale sia l'imitazione di una forma circolare di scudo accettata, per varie ragioni, quando gli scudi erano tagliati in un pezzo di pelle. A ogni modo la forma circolare si è imposta sulla maggior parte della Terra e ciò, si noti, insieme con la diffusione dell'arco composto, detto asiatico, di modo che queste due armi, anche se non servivano alla stessa gente, hanno in complesso fatto strada insieme.

La genealogia degli scudi può essere finalmente espressa dalla tavola seguente (3-6 scudo propriamente detto):

Per l'attribuzione delle forme ai cicli culturali, si può dire che il bastone-parabotte appartiene al ciclo del bumerang, gli scudi intrecciati (compreso lo scudo da arciere) ai cicli matriarcali; lo scudo con impugnatura a bacchetta e più tardi la varietà nord-africana dello scudo asiatico appartengono alla cultura totemico-pastorale; la fomia polinesiana del ciclo polinesiano-sudanese non ha alcuno scudo e quello a impugnatura trasversale corrisponde forse alla sua forma indonesiana; la varietà messicana dello scudo asiatico proviene, nello sviluppo composito raggiunto, dal ciclo messicoandino. Infine, lo scudo asiatico tipico appartiene tanto al ciclo pastorale quanto alle culture superiori del continente antico.

Bibl.: W. Foy, Über Schilde beim Bogenschiessen, in Globus, LXXXI (1902); F. Graebner, Lederschild aus Südamer., in Ethnologica, II (1913).

Antichità classica. - La forma di scudo più antica presso i Greci fu ovale e molto grande (m. 1,40 × 0,70), detta σάκος. Lo scudo era molto pesante e fu in progresso di tempo raccorciato pur mantenendo la stessa forma. Anticamente si portava appeso attorno al collo a mezzo di un balteo (τελαμών) di cuoio, passato a tracolla, applicato all'interno dello scudo presso l'orlo. Era retto con la mano sinistra mediante una maniglia (πόρπαξ) fissata nella cavità interna. Lo stesso tipo di scudo ovale modificato fu lo scudo beota, rappresentato nelle monete, che aveva nei lati più lunghi un'insenatura o incavo, che permetteva al combattente di vedere il nemico pur tenendo lo scudo per protezione avanti al volto. I Carî applicarono alla stessa foggia di scudo un'imbracciatura di metallo o di cuoio (ὄχανον), più comoda, per la quale passava il braccio; la maniglia fu spostata all'orlo, e fu più di una per supplire quella che venisse a mancare durante il combattimento. Questi antichi scudi erano formati da più pelli di bue conciate sovrapposte, talvolta fino a sette, e congiunte con cuciture; sull'insieme veniva distesa una lamina metallica fissata con chiodi. Le capocchie di questi (ὀμϕαλοί) venivano a sporgere sull'orlo come borchie, donde l'epiteto omerico ὀμϕαλόεσσαι, ossia "ricchi di chiodi", dato agli scudi. La borchia centrale più forte e più sporgente delle altre, e anche più ornata, era l'ὀμϕαλός per eccellenza. Scudi più poveri e meno resistenti, erano formati da un intreccio di vimini ricoperto di cuoio; così era per lo più lo scudo del semplice gregario. L'antico scudo ovale fu poi sostituito da quello rotondo (ἀσπίς), detto dorico perché introdotto dai Dori, più piccolo e più comodo, ma atto, se alzato all'altezza del volto, a coprire anche la parte inferiore del corpo. Ad attutire i colpi che eventualmente venissero a cadere più in basso si soleva appendere all'orlo inferiore una lunga falda quadrangolare, formata da strisce di cuoio o di feltro cucite, molto elastica. Questa foggia di scudo, come le già descritte, è comunemente riprodotta nei rilievi e nelle pitture vascolari. Fu anche in grande uso presso i popoli asiatici.

Oltre a questi scudi di uso comune, vi erano quelli proprî dei comandanti, di forma rotonda, di bronzo massiccio, molto pesanti e costosi e perciò andati presto in disuso. Con quanta arte fosse lavorata la parte metallica di certi scudi è dimostrato dalla notissima descrizione omerica dello scudo di Achille, fabbricato da Efesto, e da quella dello scudo di Ercole, attribuita ad Esiodo. La superficie esterna degli scudi era spesso fregiata da emblemi (ἐπισήματα, σημεῖα) di svariato soggetto. In quelli riprodotti nelle pitture dei vasi si hanno: teste di Gorgone, leoni, pantere, cinghiali, tori, scorpioni, serpenti, ancore, tripodi, carri da guerra, ecc.

Questi emblemi avevano per lo più valore apotropaico, ma erano talvolta anche insegne relative agli eroi cui appartenevano gli scudi stessi.

Lo scudo di Idomeneo, ad es., portava l'immagine di un gallo, con riferimento alla discendenza di quell'eroe da Elio (il sole) al quale quell'animale era sacro; lo scudo di Menelao portava il drago, apparso a quel re in Aulide quale divino augurio; quello di Alcibiade la figurazione di Eros (l'Amore) scagliante il dardo. Altre insegne erano comuni a una intera cittadinanza. Così, dopo le guerre persiane, gli scudi dei Sicionî furono contraddistinti da un sigma (Σ), quelli dei Lacedemoni da un lambda di forma arcaica quelli dei Messenî da un M, quelli degli Ateniesi da una civetta, quelli dei Tebani da una civetta o da una sfinge. Talvolta gli scudi portavano un motto: ci è noto, fra gli altri, quello di Demostene con la leggenda: alla buonafortuna (ἀγαϑῇ τύχῃ).

Per le trasformazioni avvenute nella tattica dopo le guerre persiane, accanto alla fanteria pesante, si formò quella leggiera, combattente a distanza, della quale vennero a far parte i peltasti (πελτασταί), soldati forniti, oltre che d'arco o giavellotto, di un'arma di difesa detta pelta (v. fig., n. 1).

Presso i Romani gli scudi più antichi furono dì forma quadrangolare, grandi e pesanti, fatti con tralicci di legno ricoperti da cuoio indurito. Quando ebbero conosciuto la tattica guerresca degli Etruschi, adottarono anch'essi lo scudo di foggia greca rotondo (ἀσπίς) detto clipeus o clipeum (v. fig., nn. 2, 3, 4). Circolare e cavo all'interno, aveva una circonferenza sufficiente per proteggere il corpo dal collo alla coscia. Qualche volta era formato interamente di bronzo, ma più spesso di più pelli di bue sovrapposte, coperte da placche di metallo; le pelli giungevano fino a sette, e perfino a dieci. Clipei di forma più semplice, adottati per i semplici fanti, erano formati da rami di vimini intrecciati, coperti con cuoio crudo o con metallo.

In luogo del clipeo, quando si cominciò a dare il soldo alle milizie, fu distribuito ai fanti un altro tipo di scudo di forma oblunga, già adottato dai Sanniti e perciò detto sannitico. Si denominò scutum ed era piuttosto grande (circa m. 1,20 di altezza e cm. 80 di larghezza; v. fig., nn. 5, 6, 7). Era fatto con tavole di legno solidamente congiunte, rivestite di panno comune, con sopra una copertura di cuoio esterna, con bordura metallica. Avendo quasi l'aspetto di una porta, i Greci lo dissero ϑυρεός. Con la riforma militare di Camillo, mentre nel precedente ordinamento tattico i soldati della prima classe portavano il clipeo e quelli delle altre tre lo scutum, nelle nuove legioni la comune arma di difesa degli hastati, dei principes e dei triarii fu esclusivamente lo scutum. Ogni gruppo di legioni aveva lo scudo dipinto a colore diverso, e ciascuna legione vi portava sopra un simbolo distintivo, quali il fulmine alato, saette circondate da ghirlande, corone di alloro, un'aquila, una mezzaluna, ghirlande dì gigli, ecc., come si può vedere in varî rilievi, e particolarmente in quelli della colonna Traiana. Dopo la vittoria sui Sanniti, quasi a scherno dei vinti, fu armata con lo scudo sannitico una specie di gladiatori, che si dissero per l'appunto Samnites (cfr. Cic., Pro Sext., 64).

I soldati romani di leggiera armatura, i velites, ebbero, in luogo del clipeus, un piccolo scudo rotondo, detto parma (πάρμη), che fu adottato anche per la cavalleria. Aveva un diametro di circa tre piedi (cm. 0,98), la carcassa di ferro, ed era variamente decorato nella superficie. Fu detto parma threcidica lo scudo dei gladiatori detti Traci (Thraces), di forma quadrangolare, stretto e corto; per la sua piccolezza Marziale (XIV, 213) lo chiama pumilionis scutum, Un altro piccolo scudo rotondo, anch'esso fatto di legno e di vimini intrecciati, coperti di cuoio, ebbe il nome di cetra. Fu in uso presso le popolazioni della Spagna e dell'Africa e presso i Bretoni.

Nelle marce i soldati di fanteria portavano i loro scudi dietro le spalle, pendenti da una tracolla; i soldati di cavalleria li portavano attaccati sotto la coperta della sella, sul fianco del cavallo. I fabbricanti di scudi erano gli scutarii, denominazione che nei bassi tempi indicò anche dei cavalieri addetti alla persona dell'imperatore e facenti parte della guardia imperiale.

Lo scudo sacro, secondo la tradizione caduto dal cielo, detto ancile (ἀγκύλιον), che i Salî (v.) portavano per Roma, insieme con gli altri da quello imitati, nelle feste in onore di Marte, era di forma oblunga ovaleggiante con un' incurvatura rientrante semicircolare per ogni lato, simile a quella della pelta.

Bibl.: E. Curtis, Über Wappengebrauch, in Abhandlungen der Berlin. Akademie, 1874, p. 91 segg.; W. Reichel, Homerische Waffen, 2ª ed., Berlino 1901; W. Ridgeway, The early age of Greece, I, Londra, 1901, p. 319 segg.; L. Lindenschmidt, Die Altertümer unserer heidnischen Vorzeit, Lipsia 1903; W. Helbig, Sur les attributs des Saliens, in Mémoires de l'Académie des Inscriptions, 1905; ed., Ein homerischer Rundschild, in Jahreshefte d. österreich. archäolog. Institutes in Wien, 1909; A. Reinach, "Itanos" et l'"inventio scuti", in Revue de l'Hist. des Religions, 1909-10, p. 113; L. Weniger, Der Schild des Achilles, Berlino 1913; M. Albert, in Daremberg e Saglio, Dictionn, des antiquités, I; p. 1248 segg., s. v. Clipeus, P. Couissin, Les armes romaines, Parigi 1926.

Medioevo ed età moderna. - Alla caduta dell'impero lo scudo era presso che di forma rotonda leggermente allungato, come si vede nei musaici bizantini di Ravenna, e dovette essere di legno coperto di cuoio dipinto con simboli cristiani.

I Franchi merovingi usarono uno scudo che può rappresentare il tipo di passaggio da quello dell'antichità a quello medievale. Esso era rotondo, di legno, leggermente concavo e del diametro intorno ai 70-80 cm. Era ricoperto di pelle e recava nel centro un umbone di forma assai caratteristica, fermato da chiodi o borchie frequentemente ornate di lamelle d'oro o di bronzo dorato. Tutto intorno all'orlo recava una serie di larghi bolloni anch'essi ornati nello stesso modo. L'imbracciatura, che è una delle maggiori caratteristiche di questi scudi, era formata di un'asta di ferro piatta, lunga quanto il diametro dello scudo e ad esso fermata alle due estremità, e munita nel centro di una specie di maniglia che serviva per impugnarla. La forma di scudo che perdurò per tutto il Medioevo sino al Rinascimento, quella cioè a mandorla, o a triangolo curvilineo, provenne dal nord d'Europa. Infatti tale forma la troviamo già al tempo di Carlomagno (v. fig., n. 9) promiscuamente allo scudo rotondo di tipo francese (n. 10). I Normanni ebbero scudi a mandorla talvolta di dimensioni molto grandi. Erano di legno orlati di metallo e dipinti con gli emblemi più svariati.

Pur non cambiando essenzialmente di forma, lo scudo cominciò a diminuire di lunghezza specialmente per la cavalleria, essendo troppo ingombrante per combattere a cavallo il lungo scudo normanno; ne venne allora in uso uno piccolo, munito di imbracciatura e di "guige", cioè di correggia, che si poteva allungare o accorciare mediante una fibbia e che serviva per appenderlo al collo, consentendo così al guerriero il libero uso di tutte e due le mani (n. 11) e per portarlo dietro alle spalle fuori combattimento (n. 13). Verso la fine del 1200 i cavalieri cominciarono a far dipingere sulla faccia esterna dello scudo le pezze araldiche dei proprî blasoni (n. 14).

Impiccolitosi lo scudo da cavaliere, i fanti cominciarono per contro a usare grandi scudi di forma rettangolare con vista movibile detti pavesi o palvesi.

Nel sec. XV lo scudo perdette quasi del tutto la sua forma a mandorla o a triangolo per dar luogo alle targhe e targoni e in parte riprese la forma rotonda chiamata rotella. Queste furono generalmente di legno coperte di cuoio dipinte con fregi o stemmi e più raramente di ferro. Sempre di ferro furono invece le piccole rotelle atte a impugnarsi con la sola mano e dette appunto rotelline da pugno o bracciaiole. Un esempio bellissimo di rotella da guerra del pieno sec. XV si ha in quelle raccolte da Frischhaus Theilgi sul campo di Giornico e appartenenti alle truppe sforzesche. In esse è dipinto lo stemma coronato degli Sforza fra rami di quercia e recante lateralmente la sigla di Gian Galeazzo.

Nel sec. XVI si aggiunse talvolta allo scudo di ferro uno spuntone nel centro; e questo tipo di scudo fu chiamato brocchiere.

Durante lo stesso secolo si fabbricarono e furono molto usate per il duello rotelline da pugno, di legno o cuoio cerchiate di ferro, con ornamenti di ferro su tutta la loro superficie, recanti il più delle volte uno spuntone, un gancio o un forte umbone centrale in modo da somigliare agli antichi scudi franchi, e uno o più cerchi di ferro concentrici rilevati, atti a rompere o a fermare le spade avversarie. Alcune di queste rotelline furono munite di complicatissimi congegni meccanici per aprire o ripiegare dall'interno lo spuntone o il gancio sopramenzionato. Alcune volte vi si aggiunse anche una specie di lanterna cieca che serviva nei duelli notturni al duplice scopo di illuminare l'avversario e, abbagliandolo, nascondere il duellante che l'impugnava.

Come presso gli antichi, parallelamente agli scudi da guerra, non mancarono specialmente nel Rinascimento scudi da parata. Questi cominciarono a venire di moda durante il sec. XV, ma si svilupparono specialmente durante il sec. XVI quando il lusso sfrenato e il desiderio del bello e dell'ornamentazione non ebbero più limiti. Questi scudi da pompa cinquecenteschi, che furono uno dei peculiari prodotti dell'arte italiana e straniera della rinascenza, si dividono in due grandi classi: di metallo e di cuoio.

Il metallo più usato fu la piastra di ferro sottile, meravigliosamente sbalzata e cesellata, alcune volte ageminata in argento e oro o intieramente dorata. Alcuni ripresero l'antica forma dello scudo a mandorla, altri quella rotonda o della targa mistilinea; famosi sono quelli dell'Armeria reale di Torino creduti opera del Cellini, ma da ascrivere piuttosto alle officine milanesi, forse ai Negroli su disegni di stile celliniano; quello dell'Armeria imperiale di Vienna appartenuto a Carlo V e un altro pure di Carlo V nell'Armeria reale di Madrid.

Un altro magnifico, di forma rotonda, tutto scolpito a grandi figure storiche e intieramente dorato, è a Firenze nel Museo del Bargello. Scudi da parata, come armature, caschi e parti di armatura da pompa, vennero più raramente eseguiti anche di rame e servirono pure per decorazione dei trofei delle armi di famiglia che ornavano le sale dei palazzi patrizî.

Gli scudi di cuoio furono generalmente di forma rotonda ed ebbero sempre figurazioni di scene di battagfie - storiche e mitologiche - con nel centro quasi immancabilmente una testa di leone o di gorgone a imitazione degli antichi scudi votivi. Questi scudi di cuoio sbalzato e decorato si montavano su un disco di legno convesso, oppure venivano formati da due parti unite attorno all'orlo e imbottiti di una pasta di gesso per irrigidirli.

Scudi da trincea. - Sono una derivazione, o quasi riproduzione degli antichi mantelletti e plutei; ebbero una grande diffusione nella guerra moderna, servirono per lo più a coronare trincee (da cui la denominazione), per dare maggior protezione agli uomini che stavano appostati dietro a essi o per guardia o per sparare; all'uopo ebbero frequentemente piccole feritoie, che si chiudevano con sportellini mobili. Furono generalmente fatti di acciaio.

V. tavv. XXXIII-XXXVI.

Scudo per artiglierie terrestri.

È un riparo di lamiera d'acciaio fissato agli affusti delle artiglierie campali per proteggere i serventi dal tiro frontale di fucileria, delle pallette di shrapnel e dalle piccole schegge di granata. Tale protezione, evidentemente, non può essere efficace se la bocca da fuoco non è a retrocarica e se l'affusto non è a deformazione (ossia rimane immobile allo sparo; se fosse rigido, rinculerebbe ad ogni colpo, e i serventi dovrebbero scoprirsi per riportarlo in avanti).

L'idea di dare ai serventi delle artiglierie una protezione contro le offese delle armi portatili risale fino ai tempi delle prime bombarde a retrocarica; senza considerare i mantelletti, tavolati di legno ferrati, fissati al terreno o ai letti delle grosse e pesanti bombarde impiegate nelle operazioni ossidionali e che venivano vincolate al terreno con paletti, nel Trecento erano in uso, nei combattimenti campali, carrette a due ruote, sulle quali era sistemato, insieme a due o tre bombardelle di piccolo calibro o scoppietti, un mantelletto o scudo, che dava riparo al bombardiere e agli uomini che spingevano la carretta per mezzo delle stanghe. Dopo tale epoca, per tutta l'evoluzione dell'artiglieria fino ai nostri tempi, non si trovano più esempî di ripari applicati agli affusti delle artiglierie campali, ciò che può spiegarsi appunto con la scomparsa quasi totale della retrocarica e anche col fatto che l'aumento della potenza delle bocche da fuoco che si incavalcavano sugli affusti a ruote, non permetteva più di sopprimere o anche solo limitare il rinculo, senza determinare una sollecitazione inammissibile del materiale. Si può anche aggiungere che l'aumentata potenza delle armi da fuoco portatili rendeva irrisoria la protezione che si poteva ottenere coi mezzi allora disponibili.

Alla fine del sec. XIX un artigliere italiano, il generale Giuseppe Biancardi (1839-1906), utilizzando le possibilità che offrivano alle costruzioni d'artiglieria la retrocarica perfezionata e i progressi conseguiti in quell'epoca nella tecnica siderurgica, ideò e realizzò (1877) il primo affusto scudato. Già prima del Biancardi, a dire il vero, il generale Giovanni Cavalli aveva provveduto, in un sistema di artiglieria leggerissima e mobilissima da lui ideato (l'"artiglieria cacciatori"), alla protezione dell'unico servente del pezzo (cannone da 86 mm.), mediante un "parapetto corazzato" (v. fig.), dietro il quale erano anche sistemate, a portata di mano, in cassette ad alveare, le munizioni. Ma in questo sistema, forse, la protezione non rappresentava l'elemento essenziale, come era invece nella concezione del Biancardi, il quale rese veramente utile ed efficace l'applicazione dello scudo mediante la soppressione del rinculo dell'affusto col sistema a deformazione, del quale apparivano allora i primi tentativi.

L'affusto Biancardi (v. fig.) era interamente metallico, e con lo scudo facente parte della struttura resistente; la bocca da fuoco era collegata al corpo dell'affusto mediante due aloni imperniati sulle cosce, che consentivano al cannone, all'atto dello sparo, un movimento in alto e indietro, regolato e frenato da un freno a molla. Ma né l'affusto Cavalli né l'affusto Biancardi furono adottati.

Prima ad introdurre in servizio un affusto scudato fu la Francia col materiale da 75 mm., modello 1897 (tipo Déport), il quale appare derivato, nel concetto, se non nella forma dello scudo e nei particolari della deformazione, dal tipo Biancardi. L'affusto era munito di due scudi, fissati all'affusto lateralmente alla culla; la protezione dei serventi era completata dalla corazzatura del retrotreno del carro per munizioni, che veniva messo in batteria, senza avantreno, accanto al pezzo, ribaltato col fondo del cofano (di lamiera d'acciaio uguale a quella degli scudi) rivolto al nemico, e con la coda ripiegata a guisa di puntello (v. fig.); il cofano si presentava come un armadio, e così il prelevamento e l'allestimento delle munizioni, nonché il loro rifornimento al pezzo si potevano effettuare senza che alcun servente dovesse scoprirsi.

L'esempio della Francia fu subito seguito da tutti gli altri stati, e lo scudo si estese a tutti i materiali campali, anche di medio calibro. In Italia si ebbe il primo materiale scudato col cannone da 75/27 modello 1906 (Krupp).

Particolarità degli scudi per artiglierie. - Metallo, spessore, dimensioni, posizione, costituzione e conformazione debbono soddisfare a molte esigenze, delle quali alcune sono in antagonismo, come l'efficacia della protezione da una parte, e il peso limitato, l'ampiezza dei settori di tiro dall'altra.

Gli scudi moderni sono costituiti da lamiera di acciaio cementata, ma più generalmente, oggi, di acciaio speciale al cromo o al cromo-nichel, che presenta particolare durezza e tenacità, e con uno spessore di mm. 4 dà garanzia di resistenza alla perforazione contro i proietti dei fucili moderni da distanze superiori a circa 200 metri. In ogni modo lo spessore degli scudi non supera mai i mm. 5.

L'altezza dello scudo è limitata al minimo necessario, per non rendere troppo facilmente individuabile la posizione all'osservazione nemica: l'altezza quindi non supera mai quella di un uomo in piedi, salvo il caso di qualche materiale d'artiglieria pesante, che, data la grande altezza dell'asse degli orecchioni, richiede che i serventi compiano il servizio stando in piedi su pedane sollevate da terra. Lo scudo in genere si protende in basso fino a poca altezza da terra, allo scopo di dare riparo anche contro i colpi di rimbalzo, la parte sotto la sala è unita a cerniera al resto dello scudo, per poter essere sollevata durante il traino, in modo da evitare qualsiasi urto contro sporgenze del suolo nei percorsi in terreno accidentato. Anche la parte superiore, per una zona di 30 o 40 cm. è ribaltabile indietro in avanti, per essere abbassata durante il traino, o, in batteria, per permettere il puntamento al di sopra dello scudo, con aste di allungamento speciali che si applicano all'alzo. La larghezza è limitata a quella delle ruote o è di poco superiore.

Sulla conformazione e disposizione dello scudo ha influenza determinante il sistema di costruzione dell'affusto nei riguardi del puntamento in direzione: se l'affusto è a scorrimento sulla sala, lo scudo, per non risultare troppo stretto, e per non limitare troppo il settore di tiro, deve protendersi in forma curva, o anche piana ma con forte inclinazione, fino davanti alle ruote, e in questo caso nello scudo deve essere praticata, in senso verticale, un'ampia cannoniera, che è chiusa da una cuffia sporgente indietro, o da uno scudetto scorrevole, fissato alla culla della bocca da fuoco. In caso di affusto con affustino girevole, invece, lo scudo, di forma piana, con la parte superiore leggermente incurvata indietro, è fissato all'affusto in corrispondenza della sala o della testata; la cannoniera risulta così di piccole dimensioni salvo il caso in cui le orecchioniere siano molto arretrate (grande settore di tiro verticale). In genere lo scudo è conformato in modo da dar riparo anche al congegno di punteria; si cerca soprattutto di realizzare la condizione che i serventi possano eseguire il servizio mantenendosi per quanto possibile, addossati allo scudo.

Salvo i rari casi in cui la protezione è data da due scudetti affiancati, come nel materiale francese, si ha lo scudo costituito da unica lamiera, o da più lamiere inchiodate tra di loro. Per gli affusti da montagna, che debbono essere scomponibili per il someggio o per il traino in carichi separati, anche lo scudo è divisibile facilmente in parti di dimensioni convenienti, e può essere montato e smontato assai rapidamente.

Speciale conformazione presenta il cannone italiano da 75/27 modello 1911, in cui la protezione è data da due scudi laterali sporgenti leggermente oltre le ruote, fissati alla sala, e che lasciano tra di loro un'apertura abbastanza ampia per dar passaggio alla culla e alla bocca da fuoco; questa apertura è chiusa da uno scudo a T, longitudinale, che partecipa ai movimenti in elevazione del cannone (v. fig.).