CIPRIANI, Sebastiano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CIPRIANI, Sebastiano

Helmutt Hager

Nato a Siena il 1660 circa, si stabilì, non si sa in quale anno, a Roma, dove ebbe a maestro G. B. Contini (Pecchiai, 1952, p. 159) e subì gli influssi di C. Fontana. La sua prima opera finora conosciuta è il catafalco per i funerali di Giorgio Bolognetti vescovo di Rieti, eretto nella chiesa del Gesù a Roma il 19 febbr. 1686. Un disegno per questo monumento, che era a forma di tempietto circolare ed era coronato da un busto del defunto, si conserva nel Cooper Hewitt Museum of Design a New York (incisione della Albertina di Vienna: Berendsen, 1972). Indicativa del suo livello professionale è la partecipazione, nel 1695, al concorso per raltare di S. Ignazio nella chiesa del Gesù, in competizione con A. Pozzo, G. B. Origone e G. F. Durazzo (Kerber, 1971, pp. 146-49).

Sebbene il C. non avesse ancora al suo attivo "opere in pubblico", come non mancò di far notare l'Origone (Pecchiai, p. 159), il suo progetto, a quanto pare, suscitò, almeno all'inizio, notevoli consensi. Ma in definitiva il generale dei gesuiti Thyrso Gonzales, assieme a una commissione di architetti e artisti, preferì il progetto del Pozzo. A questa decisione il C. reagì con l'incisione del proprio disegno con una risentitissima dedica al patrono principe Agostino Chigi (5 ott. 1696) che mette in rilievo l'approvazione iniziale. Sorprende una certa somiglianza della struttura architettonica dell'altare attuale con quella progettata dal C. (ill. 80, in Kerber, 1971). Degna di nota è la concezione generale dell'inpianto fastosamente articolato mediante colonne libere; uno spazio concavo per il quadro, previsto invece della statua che vediamo oggi, viene isolato scenograficamente da colonne singole aggettanti in diagonale, ripetute ai fianchi per inquadrare statue. Il motivo centrale anticipa gli altari successivi del C. a S. Maria in Campitelli e nella cattedrale di Rieti.Pochi anni dopo, egli fu incaricato del disegno per la decorazione delle "quarantore" nel Gesù di Roma (21-23 febbr. 1700), sul tema dell'Incontro di Abramocon Melchisedec, che fu architettonicamente dominata da un arco trionfale raggiungibile mediante un ponte (Fagiolo dell'Arco-Carandini, 1977, p. 344).

Con l'ormai settantacinquenne C. Rainaldi collaborò alla progettazione e realizzazione di palazzo Mancini-Salviati sul Corso (poi sede dell'Accademia di Francia e ora del Banco di Sicilia), costruito tra il 1687 e il 1689 (Schiavo, 1969, pp. 186 s.); e forse qualche traccia del suo gusto è avvertibile nella facciata, nobilitata da una impalcatura di quattro colonne libere che sostengono un balcone assecondato da balaustre nei parapetti delle finestre e nei balconi laterali su mensole.

Il 4 ott. 1697 fu nominato "accademico di merito" della Accademia di S. Luca, insieme con Carlo Francesco Bizzaccheri e Carlo Buratti, allievi di Carlo Fontana. Servì l'Accademia come insegnante di arachitettura, tenendovi corsi della durata di un mese nel 1699, 1701, 1702 e 1703; stranamente però non lo troviamo mai menzionato nelle giurie dei concorsi, come invece spesso i suoi due compagni di nomina. Più tardi, il 19 marzo 1714, figura in un documento riguardante la riforma degli statuti, accanto al Bizzaccheri ed altri, tutti membri di una commissione nominata a tal fine dall'Accademia stessa nel 1711 (Oechslin, 1972, p. 193 n. 1).

Nel 1696 aveva fornito il disegno del catafalco, e decorato la chiesa di S. Stanislao. dei Polacchi, per le, esequie di Giovanni III Sobieski re di Polonia (Fagiolo dell'Arco-Carandini, 1977, p. 341). In proporzione con la dignità del defunto l'apparato appare poco pretenzioso; per la parte superiore, piramidale, si attiene ad un tipo in voga attorno al settimo decennio dei sec. XVII che ha il suo esempio più illustre nel monumento del Bernini per le esequie del duca di Beaufort (per lo sviluppo precedente vedi O. Berendsen, The Ital. Sixteenth and Seventeenth Cent. Catafalque [tesi dott., New York City Univ.], Univ. microfilms Int., Ann Arbo 1961, figg. 16 s.). Opera più dispendiosa, e forse una delle più importanti nel suo genere, fu la macchina funebre eretta dal C. in S. Lorenzo in Lucina, con addobbo interno ed esterno della chiesa, su commissione del cardinale Carlo Barberini, per le esequie (28 genn. 1702) di un altro monarca: il deposto Giacomo II Stuart.

Dal famoso baldacchino del Bernini a S. Pietro derivano il motivo delle colonne tortili, disposte dal C. sulle diagonali, e i sostegni a volute, adoperati però a sorreggere una corona (richiamando l'altare maggiore di S. Maria in Traspontina di Carlo Fontana). L'apparato ci è noto in tutti i particolari dalle incisioni di A. Specchi pubblicate da Carlo de Aquino con una descrizione delle esequie e il testo della sua orazione (C. de Aquino, Sacra exequialia in funere Iacobi II..., Roma 1702; G. B. Vaccondio, Distinto ragguaglio del tumulo..., Roma 1702; Valesio, III, 1702). La struttura centrale con il sarcofago può essere paragonabile a quella che Mattia de Rossi disegnò nel 1691 per le esequie di Alessandro VIII, mentre nel vasto drappeggio che scopre la vista del catafalco si collega al monumento eretto a Gregorio XV in S. Ignazio da Pierre Le Gros e altri (1697-1710).

Il C. riscosse, un successo altrettanto considerevole nel 1705, all'apertura della cappella di S. Giovanni Battista in S. Maria in Campitelli (prima a sinistra), costruita per Angelo Altieri e per la sua consorte Laura Carpegna, premortagli nel 1687 (G. B. Vaccondio, Oda ... nello scoprimento..., Roma 1706). Di nuovo l'architetto si richiama fortemente al Bernini nella forma piramidale che fa da sfondo ai busti dei defuriti. Per la forma dell'altare si servì come modello di quello della cappella "Noli me tangere" in ss. Domenico e Sisto, pure del Bernini al quale il C. farà di nuovo ricorso quando, nel 1725-26, concepirà, in modo assai congeniale, l'altare per la, statua berniniana di S. Barbara nella cattedrale di Rieti.

La sorte è stata poco benigna con altre due cappelle del C. ambedue modificate nell'Ottocento: la cappella dell'Immacolata iniziata nel 1718, seconda a destra in ss. Apostoli in Roma, e quella del Crocefisso, pure in ss. Apostoli (a destra del coro), disegnata nel 1721, nella quale l'architetto scandì le pareti con otto colonne tortili di epoca paleocristiana (sopravvive intatto soltanto il pulpito di marmo del 1736). Nel 1725, per la vicina chiesa di S. Marcello al Corso fornì il disegno per l'altare maggiore (rimpiazzato nel sec. XIX: cfr. Gigli, 1977, p. 45). Dal 1703 al 1724 si occupò della costruzione del salone della biblioteca a S. Croce in Gerusalemme (Ortolani, p. 82).

All'inizio del Settecento, quando a Roma le commissioni importanti si erano venute esaurendo, il C. dovette accettare incarichi più o meno considerevoli in provincia. Verso il 1706 eseguì lavori di restauro e abbellimento nella cattedrale di Palestrina; come successore del Pozzo, partito per Vienna nel 1702, apprestò il disegno per la volta del Gesù a Montepulciano (1710-12: Kerber, 1971, p. 199; Russo, 1979). Nel 1711, come architetto della Camera apostolica, fece a Norcia una perizia sullo stato della torre comunale che, contro il suo parere, fu demolita e rifatta ad opera di un architetto locale, G. B. Mastropaoli, nel 1713 (F. Patrizi Forti, Delle memorie storiche di Norcia, Norcia 1869, p. 633). Nel periodo 1703-17 fu costruito su suo disegno il palazzo Pica-Alfieri all'Aquila, che riecheggia il palazzo Mancini-Salviati nel particolare del colonnato accostato al centro della facciata (Vicari, 1974). Nel 1708 approntò un progetto assai convenzionale per la facciata della cattedrale di S. Massimo, sempre all'Aquila (Vicari, 1967-69), che ricorda le esercitazioni dell'Accademia di S. Luca intorno all'inizio del secolo. L'esecuzione dei suo progetto per la chiesa e canonica ebbe inizio nel 1711 (ibid., p. 206). Altri edifici della stessa città, nuovi, o ricostruiti con l'intervento del C. dopo il terremoto del 1703, Sono il palazzo Antonelli-de Torres-Dragonetti (F. Milizia, Memorie degli architetti..., Parma 1781, II p. 293) e la chiesa e il convento di S. Basilio (Vicari, 1967-69).

A Roma la sua fase più significativa fu forse intorno al 1717, anno del concorso bandito da Clemente XI per la scalinata di piazza di Spagna cui, tra gli altri, presero parte A. Specchi, F. Iuvarra, A. Valeri e F. de Sanctis, e per il quale il C. presentò quattro disegni (D'Onofrio, 1974).

Lo sviluppo delle sue idee ebbe inizio con l'unico progetto firmato (non databile al 1695 come vuole il D'Onofrio, ma al 1717 come ritengono gli altri studiosi); questo è basato su due elementi: la larga scalinata diritta inferiore e il corpo convesso circondato da scale più strette. A questo schema ancora piuttosto semplice viene più tardi interpolata una piccola piazza, a mezza altezza sul declivio, abbracciata da, rampe di scale su pianta poligonale. Nel disegno finale, lo stesso corpo convesso viene spostato più in basso e si libera la piazza che si trova a metà tra due tratti diritti di scalinata. Con questo progetto il C. quasi anticipa quello del vincitore F. de Sanctis, che riporta la parte convessa al suo posto originale, davanti alla chiesa di Trinità dei Monti.

Sconfitto di stretto margine, egli creò in questo periodo uno dei suoi lavori principali: la villa per il cardinale Giovanni Battista Patrizi (1716-17), demolita intorno al 1911 (Belli Barsali, 1970, p. 93 n. 54), in cui l'andamento della scarpa centinata della terrazza inferiore e la scalinata che attraversa quella superiore dimostrano una notevole affinità con i summenzionati progetti per la scalinata di piazza di Spagna. Il casino invece, specie nella sezione centrale che si eleva al disopra del tetto e nella "serliana" della loggia aperta, rivela l'influsso della fronte posteriore della villa Aldobrandini a Frascati di G. Della Porta. Villa Patrizi, nei pressi di porta Pia, assume particolare importanza nell'opera del C. anche perché, sebbene di scala minore, appare connessa con un progetto che egli elaborava nello stesso tempo: la villa imperiale a Strjelna, presso Pietroburgo, vicino al mare, col casino elevato su una grande terrazza e circondato da canali e isole (Lo Gatto, 1935, pp.47 s.).

Databile all'anno 1717 in base a una relazione nell'Archivio centrale degli atti antichi a Mosca (vol. 32, ff. 809-816: C. Pavone, in Rassegna degli Archivi di Stato, XXV[1965], p. 173 n. 8), questo progetto è affine ad alcuni temi dei concorsi clementini, e specialmente a quello del 1707: un palazzo per un principe "nel mezzo del mare". Non fu eseguito perché di nuovo gli fu preferito quello di un altro architetto, Nicola Michetti. Realizzato invece, tra il 1717 e il 17303 è il monumentale benché alquanto disadorno e non terminato, pal. Collicola a Spoleto (Toscano, 1963, p. 73), distinto però da una facciata posteriore aperta da tre piani di arcate di cui i due superiori assumono la funzione di belvedere verso il paesaggio montagnoso. Dello stesso periodo (1719-29) è il coro del duomo di Foligno, d'articolazione classicheggiante, i progetti del quale sono ancora conservati nell'archivio del duomo (Faloci Pulignani, 1916). Due altri disegni, che recano la data 1751 e mostrano una differente sistemazione del coro (rimasta su carta), furono ascritti al C. dal Faloci Pulignani (1908, p. 57, figg. 45-46), ma non gli, possono essere riferiti.

Il C. mantenne contatti assai stretti con l'Accademia di S. Luca: un elenco del 1725, per esempio, lo menziona come "Primo Censore e Stimatore d'architettura". L'apogeo della sua carriera, e del riconoscimento, fu da lui raggiunto il 16 nov. 1732 quando fu nominato principe per l'anno successivo. Durante il suo mandato, insisté che si osservasse la regola che i nuovi accademici lasciassero all'Accademia "prova" della loro abilità (Oechslin, 1972, p. 191 n. 13); ed è forse merito di quest'iniziativa se attualmente possediamo disegni come quelli di Nicola Salvi, Vanvitelli e B. Vittone eletti sotto il suo principato.

Quanto alla professione attiva, sembra però che fosse ormai un po' in declino. Per quanto ne sappiamo, non partecipò ai grandi concorsi indetti da Clemente XII per la facciata di S. Giovanni in Laterano e per la fontana di Trevi. Continuò a lavorare come architetto del Monte di pietà (1729-40) e, con il Salvi e Filippo Crenoli, costruì quel tratto di allargamento dell'edificio originale che guarda la S. Trinità dei Pellegrini (1735-40; Schiavo, 1956, p. 167). Pure, nel '31, in qualità di architetto rionale, ampliò la via di Pietra quando la Compagnia dei Bergamaschi si accingeva a nuovi progetti per la propria chiesa (M. Zocca, Sistemazioni urbanistiche..., in Capitolium, XX[1945], p. 25). Del 1732 sono un disegno (Arch. di Stato di Roma, cart. 86, n. 514) dello "stato pn.te" della cappella di S. Leone II in S. Maria di Costantinopoli dei Siciliani, eseguito forse in vista di un rifacimento, e l'ingrandimento del convento della Maddalena.

Verso la metà del quarto decennio del Settecento la sua attività comincia a ridursi: non viene rieletto principe dell'Accademia;nel 1734 il Vanvitelli lo sostituisce come "commissario delle Passonate di Fiumicino" (J. Garms, Beiträge zu Vanvitellis Leben..., in Römische historische Mitteilungen, XVI[1974], p. 115); nel 1740 il Salvi gli succede come architetto del Monte di pietà (Schiavo, 1956, p. 22). Deve essere morto in quel tempo, probabilmente a Roma.

Riesaminandone brevemente il percorso, sembra che il C., come architetto di un periodo di transizione, avesse un felice talento di assimilazione nei confronti di ispirazioni provenienti specialmente dal Bernini e dai suoi allievi, una particolare capacità di produrre effetti di grande solennità, come nel catafalco di Giacomo II e nella cappella Altieri. Fu anche capace di progettare a livello urbanistico e in stile grandioso, come fa pensare il progetto per lo zar, non reperibile, ma non riuscì ad affermarsi in questo campo contro altri concorrenti, e nella sua carriera non raggiunse mai un successo straordinario. Piuttosto che una linea ascendente si notano nella sua produzione dislivelli, condizionati però parzialmente dalla modestia stessa delle opere richiestegli.

Dalle sue opere note (parecchie sono ancora da scoprire, probabilmente) il C. appare come personalità caratteristica del tardo barocco romano; conservatore piuttosto che innovatore, produceva opere dignitose e rispettabili. Sostenitore della corrente berniniana, in occasione della sua perizia del 13 febbr. 1715, concernente la cappella d'Aste in S. Maria in Trastevere, espresse però grande rispetto per alcune opere del Borromini (Arch. d. Rev. Fabbrica di S. Pietro in Vaticano. I piano, s. 3, pacco 127, ff. 77-80). Va infine considerata con interesse la recente ipotesi che lo propone come maestro del Vanvitelli (J. Garms, Beiträge zu Vanvitellis Leben..., cit., p. 115).

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, Collez. Piante e Mappe, I, cart. 80, n. 240 ("piante delle piazze di Roma nelli rioni di Campo Marzio, Colonna e S. Eustachio misurate dall'architetto Seb. Cipriani; Monti, Trevi e Ripa misurate dall'architetto F. Barigioni"); cart. 86, n. 512 ("profili e taglio che dimostra l'elevazione dell'oratorio sotterraneo e mignani dell'Ospizio dei RR. pp. Agost. scalzi di S. Ildefonso"); Roma, Arch. dell'Acc. naz. di S. Luca, Libro delle Congregazioni, vol. 45, c. 117; vol. 49, cc. 110, 111v, 112, 114, 117, 119, 120, 121; Ibid., Arch. storico Capitol.: F. Valesio, Diario, III(1702), ff. 28, 29, 34, 35v (ff. 24-27v, copia della descriz. del catafalco per Giacomo II del Vaccondio; vedi anche l'edizione del Diario di Roma, III[1702], a. cura di G. Scano, II, Milano 1977, p. 42); Descriz. di Roma moderna, Roma 1708, p. 582; Roma sacra e moderna, Roma 1725, p. 21; L. Cecconi, Storia di Palestrina, Ascoli 1756, pp. 383 s.; M. Missirini, Mem. per servire alla storia della Romana Accademia di S. Luca..., Roma 1823, p. 210; P. E. Visconti, Città e famiglie nobili celebri, III, Roma 1847, p. 617; M. Faloci Pulignani, Il duomo di Foligno e l'architetto Giuseppe Piermarini. Memorie storiche, Foligno 1908, pp. 57-68; M. Faloci Pulignani, Inventario del duomo di Foligno, Perugia 1916, nn. 286, 295, 318, 328, 1400 s.; O. Marucchi, Mem. stor. della cattedrale di Palestrina, Città del Vaticano 1918, p. 32; S. Ortolani, S. Croce in Gerusalemme, 2 ed., Roma 1969, p. 82; F. Santilli, La basilica dei ss. Apostoli, Roma s. d., pp. 55, 67, 76, 79; F. Palmegiani, La cattedrale basilica di Rieti con cenni stor. sulle altre chiese della città, Roma 1926, p. 35; L'opera del genio ital. all'estero, E.Lo Gatto, Gli artisti ital. in Russia, II, Roma 1935, pp. 47 s., 131; L. Brulns, DasMotiv der ewigen Anbetung in der Römischen Grabplastik, in Römisches Jahrbuch für Kunstgeschichte, IV(1940), pp. 405-407; P. Pecchiai, Il Gesù di Roma, Roma 1952, pp. 151, 154, 156-160, 172; A. Schiavo, La fontana di Trevi e le altre opere di N. Salvi, Roma 1956, pp. 22 s., 167; E. Zocca, La basilica dei ss. Apostoli in Roma, Roma 1959, pp. 92, 112 s., 114; L. Salerno, Via del Corso, Roma 1961, pp. 84, 204, 205, 209, 244, 245; B. Toscano, Spoleto in pietre, Spoleto 1963, pp. 73 s.; A. Schiavo, Palazzo Altieri, Roma 1964, p. 193; R. Wittkower, G. L. Bernini, the Sculptor of the Roman Baroque, London 1965, pp. 234 s., n. 60; P. Portoghesi, Roma barocca, Roma 1966, pp. 286, .417; W. Buchowiecki, Handbuch der Kirchen Roms, I, Wien 1967, pp. 656, 661 s.; II, ibid. 1970, p. 549; III, ibid. 1974, p. 431; M. e M. Fagiolo dell'Arco, Bernini..., Roma 1967, scheda 162; L. Salerno, Piazza di Spagna, Napoli 1967, pp. 97, 110; L. Vicari, Due archit. romani operanti ad Aquila... S. C. e G. B. Contini, in Bull. della Dep. abruzzese di storia Patria, LVII-LIX (1967-69). pp. 199-206; W. Lotz, Dio Spanische Treppe, in Römisches Jahrbuch fürKunstgesch., XII (1969), pp. 69, 90; L. Mortari, S. Maria Maddalena, Roma 1969, pp. 76, 124, 135 n. 230; A. Schiavo, Pal. Mancini, Palermo 1969, pp. 186 s., 214; I. Belli Barsali, Ville di Roma, Roma 1970, pp. 46, 93 n. 54; B. Kerber, Andrea Pozzo, Berlin-New York 1971, pp. 146-49, 152, 156, 199; G. Zandri. S. Giuseppe dei Falegnami, Roma 1971, p. 63; O. Berendsen, A S. C. drawing ident., in Master Draw., X(1972), pp. 31-33; W. Oechslin, Bildungsgut und Antikenrezeption des frühen Settecento in Rom. Studien zum röm. Aufenthalt B. A. Vittones, Zürich 1972, pp. 54 n. 117, 165, 191 n. 13, 193 n. 1; R. de Fusco, L. Vanvitelli, Napoli 1973: pp. 182, 268; R. Wittkower, Art and Arch. in Italy, Harmondsworth-Baltimore 1973, p. 368 n. 16; C. D'Onofrio, Scalinate di Roma, Roma 1974, pp. 276, 300, 321, 328 s., 332, 340; L. Vicari, Un Progetto ined. per il pal. Pica-Alfieri a L'Aquila, in Bullettino della Dep. abruzzese di storia Patria, LXIV (11974), pp. 491-499; A. Braham, Funeral Decorations in Early Eighteenth Century Rome, London 1975; C. Elling, Rome... from Bernini to Thorvaldsen, Tübingen 1975, ad Indicem; A. Braham-H. Hager, Carlo Fontana, the drawings in the Collection of Her Majesty the Queen at Windsor Castle, London 1977, pp. 18, 90, 161; M. Fagiolo dell'Arco-S. Carandini, L'effimero barocco, I, Roma 1977, pp. 305-307, 341, 342, 344; L. Gigli, S. Marcello al Corso, Roma 1977, p. 45; N. A. Mallory, Roman Rococo architecture..., New York-London 1977, pp. 87, 96; A. Gambardella, Architettura e committenza nello Stato pontificio tra barocco e rococò, Napoli 1979, pp. 94, 114; D. Thonison Metzger, Piazza San Ignazio, Rome in the Seventeenth and Eighteenth Centuries, Ann Arbor 1979, p. 107 s.; J. Garms, Il Bambin Gesù, Roma 1979, pp. 17, 30; M. Russo, A. Pozzo a Montepulciano, I, La chiesa del Gesù, Montepulciano 1979, pp. 33-38; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VII, p. 10.

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