Selvicoltura

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(o silvicoltura) Ramo delle scienze forestali che riguarda l’impianto e la conservazione dei boschi. Con significato più estensivo, il complesso delle scienze forestali, che insegna a trarre il maggior utile possibile dai terreni boschivi, i cui prodotti si distinguono in primari (legname) e secondari (erba, frutta, resine ecc.).

Dopo il periodo iniziale della s., caratterizzato dal culto degli alberi e dall’attribuzione di un carattere sacro ai boschi, presso i Romani si ebbe il primo esempio di un demanio forestale dello Stato. Nel Medioevo si dovette agli ordini monastici l’impianto di vasti boschi. Dall’inizio del sec. 19° si moltiplicarono gli studi in questo campo, con riflessi sull’economia, la legislazione e la stessa politica forestale, con il contrasto fra due indirizzi: l’uno economico finanziario, in Germania e Austria, l’altro naturalistico, in Francia. La richiesta sempre maggiore dei prodotti forestali e in primo luogo del legname portò, in Germania e nei paesi vicini, alla sostituzione su vasta scala dei boschi naturali con boschi artificiali di specie più redditizie, particolarmente di Conifere (abete rosso, pino silvestre); tali boschi, puri, cioè di una sola essenza, e coevi, si dimostrarono a lungo andare irrazionali, perché soggetti in breve a estese distruzioni a opera degli agenti meteorici e delle invasioni massicce di parassiti animali e vegetali; si notarono anche regresso di fertilità, peggioramento delle condizioni fisiche del suolo ecc. Viceversa la scuola francese aveva sempre propugnato la conservazione dei boschi naturali e l’impianto di boschi costituiti il più possibile come i primi, quindi formati da essenze varie. Scienza forestale di fondamentale importanza è attualmente l’ecologia forestale, che considera il bosco come un organismo, cioè un tutto che si sviluppa e si riproduce ed è intimamente legato all’ambiente fisico e biologico sul quale a sua volta esplica varie azioni.

In Italia si sono avute nei secoli scorsi intense e inconsulte deforestazioni (soprattutto dal 17° al 19° sec.) che hanno prodotto una forte riduzione delle superfici forestali. Ogni anno poi estese superfici boschive, per decine di migliaia di ettari, sono distrutte da incendi dovuti a scarsa educazione naturalistica, a imprudenze e disattenzioni, ma spesso dolosi. Per questi motivi la depauperazione del patrimonio boschivo è molto più intensa delle possibilità di ricostruirlo e si devono lamentare anche la poca attenzione e la scarsezza dei mezzi destinati a questo settore. La deforestazione è alla base anche di molti disastri idrogeologici ricorrenti per il maltempo, originati dall’impossibilità del governo delle acque in zone montane e di alta collina, da tempo denudate. Altre cause di distruzione delle vegetazioni arboree lungo le coste o in distretti industriali (particolarmente evidente nelle pinete marittime e nelle macchie) sono la presenza nell’aria di fumi nocivi e il continuo afflusso verso la terra, con le brezze marine, di residui vaporizzati di detersivi portati in soluzione o in sospensione al mare dai corsi d’acqua che raccolgono i rifiuti di centri abitati e di opifici, nonché le piogge acide.

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