SEMICONDUTTORI

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

SEMICONDUTTORI

Francesco Paolo Califano-Fabrizio Galluzzi

(App. III, II, p. 692; IV, III, p. 300)

I s. hanno trovato larghissima applicazione nell'industria elettronica sotto forma di materiali monocristallini massivi. Il silicio, in particolare, viene utilizzato sotto forma di fette ricavate da lingotti cilindrici di grandi dimensioni. Lo sviluppo tecnologico ha permesso, d'altra parte, di ottenere s. di elevatissima qualità anche sotto forma di strati sottili, con spessori variabili da frazioni di nanometro a decine di micrometri. Sotto tale forma i s. mostrano non solo nuove possibilità applicative, ma persino nuove proprietà fisiche. I maggiori sviluppi in campo elettronico sono quindi oggi legati agli strati sottili di s. e su questi viene centrato il presente aggiornamento.

Semiconduttori monocristallini. - Uno strato sottile monocristallino di s. può essere facilmente cresciuto sopra un substrato monocristallino dello stesso materiale. Si parla in tal caso di crescita omoepitassiale. È anche possibile ottenere un monocristallo di un s. sopra quello di un altro s. (e in tal caso si parla di crescita eteroepitassiale) purché le celle elementari cristalline dei due materiali abbiano eguale simmetria e dimensioni molto vicine (le differenze permesse non superano pochi percento). Il metodo di crescita sono principalmente di tre tipi: epitassia da fase liquida, epitassia da fase vapore, epitassia da fasci molecolari (v. anche epitassia, in questa Appendice). A differenza dei metodi di crescita dei s. cristallini massivi, generalmente basati su processi di ricristallizzazione da fuso, le tecniche di crescita epitassiale impiegano temperature sempre molto inferiori alla temperatura di fusione del s. da depositare.

L'epitassia da fase liquida (LPE, Liquid Phase Epitaxy) consiste nella crescita per precipitazione diretta da fase liquida. È quindi necessario che il materiale da depositare sia solubile in un solvente e che la soluzione fonda a temperatura relativamente bassa. Partendo da una soluzione fusa satura si abbassa lentamente la temperatura in modo da ottenere una soluzione soprasatura dalla quale il soluto (cioè il s. da depositare) possa precipitare. Grazie alla presenza del substrato, che agisce da seme cristallino, il precipitato cresce sotto forma di monocristallo. Il metodo di epitassia da fase liquida, a causa delle basse velocità di crescita raggiungibili, è adatto solo alla deposizione di strati sottili (non superiori a circa 0,1 μm) ma permette di ottenere alte purezze poiché durante il processo di precipitazione le impurità presenti nel fuso tendono generalmente a restare nella fase liquida.

Nell'epitassia da fase vapore (VPE, Vapour Phase Epitaxy), oggi largamente usata anche a livello industriale, una miscela gassosa contenente i costituenti del materiale da depositare viene fatta decomporre e reagire termicamente sopra il substrato. Il risultato della reazione chimica è la formazione del materiale desiderato, il quale, grazie alla presenza del substrato che agisce anche in questo caso da seme cristallino, assume la struttura ordinata di un monocristallo. La velocità di crescita dipende sia dalla temperatura sia dal flusso dei gas presenti. Infatti, all'aumentare della temperatura vengono attivate le reazioni chimiche di decomposizione e all'aumentare del flusso gassoso viene aumentata la quantità di gas suscettibile di reagire. L'epitassia da fase vapore di strati s. viene tipicamente realizzata in reattori chimici di quarzo in cui sono posti dei suscettori di grafite, riscaldati per induzione elettromagnetica e sostenenti i substrati monocristallini (fig. 1). Una miscela gassosa, a pressioni variabili da 760 torr (pressione atmosferica) a poche decine di torr, attraversa il reattore con flusso laminare e reagisce termicamente sulla superficie dei substrati riscaldati.

Nell'epitassia da fasci molecolari (MBE, Molecular Beam Epitaxy) la deposizione dello strato s. avviene in condizioni di altissimo vuoto (tipicamente 10−10 torr) da parte di uno o più fasci di atomi o di molecole che reagiscono sulla superficie del substrato. Questi fasci sono generati da fornetti a efflusso, all'interno dei quali vengono vaporizzati sia gli elementi costituenti il materiale da depositare sia gli eventuali droganti (fig. 2). Una fase molto critica del processo MBE è costituita dalla pulizia in situ della superficie del substrato, che viene effettuata sia mediante trattamenti termici ad alta temperatura in presenza di opportuni gas, sia mediante bombardamento con fasci di ioni di gas inerti a bassa energia (ion-etching), seguito da un riscaldamento a bassa temperatura per riordinare la struttura cristallina superficiale del substrato. La tecnica MBE permette di controllare la crescita di singoli strati atomici ed è quindi particolarmente indicata per deposizione di strati cristallini multipli ultrasottili, dove sono richieste la formazione di interfacce molto nette e la possibilità di variare finemente le composizioni. I processi di crescita omoepitassiale sono largamente utilizzati in microelettronica, per es. per crescere uno strato ad alta resistività su un substrato fortemente drogato, oppure per crescere strati di drogaggio opposto, formando giunzioni p-n con profilo di impurezze droganti molto ben controllato. I principali materiali cresciuti per omoepitassia sono naturalmente silicio e arseniuro di gallio (GaAs), per i quali sono disponibili substrati massivi monocristallini di elevata qualità. Per il silicio si fa principalmente uso di tecniche VPE, utilizzando come gas di partenza clorosilani (con formula generale SiHxCl4−x, dove x è compreso tra 0 e 3) diluiti in idrogeno, che si decompongono a temperature intorno ai 1000°C dando silicio cristallino e acido cloridrico (HCl). Il drogaggio di tipo p è ottenuto aggiungendo alla miscela gassosa di partenza diborano (B2H6), mentre per quello di tipo n si aggiunge fosfina (PH3) o arsina (AsH3). Per quanto riguarda la deposizione di strati omoepitassiali di arseniuro di gallio, è stata molto utilizzata la tecnica di crescita da fase liquida, nella quale si parte generalmente da una soluzione di arseniuro di gallio in gallio metallico liquido; recentemente si stanno diffondendo sempre più le tecniche di deposizione da fase gassosa, nelle quali si utilizzano come miscele di partenza arsina e cloruro di gallio (GaCl3), che vengono decomposte a temperature tra 700 e 800°C, oppure miscele di arsina con composti metallorganici − per es. trimetilgallio Ga(CH3)3 −, che reagiscono a temperature sensibilmente inferiori. Nella crescita di strati s. per eteroepitassia si incontrano problemi molto maggiori di quelli incontrati nelle crescite omoepitassiali, poiché differenze anche piccole tra le dimensioni delle celle cristalline del substrato e dello strato depositato inducono la formazione di difetti estesi di interfaccia, detti dislocazioni, che possono anche muoversi all'interno del materiale depositato, degradandone irreversibilmente la qualità elettronica. Nella condizione ideale, non solo la simmetria cristallina, ma anche le dimensioni della cella elementare del substrato e del deposito dovrebbero quindi risultare coincidenti: uno dei pochissimi sistemi (fig. 3) in cui una tale condizione è praticamente soddisfatta è il sistema costituito dall'arseniuro di gallio e dall'arseniuro di alluminio (AlAs), le cui dimensioni della cella, dette anche costanti reticolari, differiscono per circa l'uno per mille (GaAs: 5.654 Å; AlAs: 5.661 Å). Poiché è possibile avere leghe tra questi due materiali in qualunque composizione (Al1−x Gax As con x variabile tra 0 e 1) mantenendo la stessa costante reticolare, risulta anche possibile crescere per eteroepitassia su GaAs strati monocristallini di arseniuro di gallio e alluminio con composizione variabile e quindi con ampiezza della banda proibita di energia variabile tra 1,42 e 2,16 eV. Le applicazioni elettroniche e optoelettroniche del sistema GaAs/AlGaAs sono molteplici e importanti, come sarà brevemente illustrato nel successivo paragrafo sulle eterostrutture.

Nei processi eteroepitassiali su silicio non si incontrano situazioni altrettanto favorevoli, anche se nelle leghe cristalline di silicio-germanio (Si1−x Gex con x variabile tra 0 e 1) a basso contenuto di germanio è possibile mantenere la differenza di costante reticolare sufficientemente piccola in modo da permettere una buona crescita epitassiale. È comunque importante ricordare che per spessori molto piccoli degli strati depositati (pochi strati atomici) il SiGe può mantenere il parametro reticolare del silicio, dando luogo a strati e multistrati meccanicamente tensionati (strained layers), le cui proprietà possono trovare importanti applicazioni nell'elettronica per altissime frequenze e nell'optoelettronica. Un interessante processo eteroepitassiale basato sul silicio è il processo di deposizione da fase vapore di carburo di silicio cristallino (nella forma cubica, detta β−SiC). In questo caso le differenze di parametri reticolari non sono trascurabili ma l'epitassia è resa possibile mediante un pretrattamento di carburazione della superficie del silicio (con gas idrocarburi leggeri ad alta temperatura), seguito dalla deposizione vera e propria a partire da miscele gassose contenenti silicio e carbonio. Questi sistemi trovano applicazione nella fabbricazione di fotorivelatori per ultravioletto e di diodi emettitori di luce nel blu.

Vanno infine citati i processi di deposizione di strati sottili monocristallini di silicio su substrati isolanti (zaffiro, silice), che cominciano a mostrare una crescente importanza in microelettronica. Uno dei motivi che oggi limita l'aumento di densità di componenti nei circuiti integrati è legato alla presenza di connessioni parassite dovute al substrato massivo di silicio. Riducendo a circa 1 μm lo spessore del silicio utilizzato e impiegando come sostegno meccanico un materiale isolante, questi problemi possono venire eliminati. Con un substrato cristallino di zaffiro la deposizione di uno strato epitassiale di silicio non presenta particolari problemi tecnologici, poiché la costante reticolare dello zaffiro è vicinissima a quella del silicio (questa tecnologia è chiamata in ingl. SOS, Silicon On Sapphire). Altra tecnologia di interesse è quella detta SOI (Silicon On Insulator), che si basa su substrati di silice amorfa. In questo caso una crescita epitassiale diretta non è possibile, ma è possibile adottare un processo detto di epitassia laterale. In tale processo una normale fetta di silicio cristallino viene ossidata termicamente in superficie (con formazione di silice amorfa SiO2), tranne che in sottili regioni opportunamente distanziate. Viene poi depositato da fase vapore uno strato disordinato di silicio, che è infine sottoposto a un trattamento termico rapido di ricristallizzazione, durante il quale le regioni non ossidate della fetta di silicio sottostante fungono da semi-cristallini e inducono la formazione di uno strato monocristallino anche sulla silice (fig. 4).

Eterostrutture e nanostrutture. - Le strutture formate da due diversi s. sono dette eterogiunzioni e presentano caratteristiche di comportamento non ottenibili con le giunzioni p-n di uno stesso s. (omogiunzioni). Le eterogiunzioni più studiate sono quelle costituite da materiali che più facilmente crescono l'uno sull'altro per eteroepitassia come, per es., le eterogiunzioni tra arseniuro di gallio (GaAs) e arseniuro di gallio e alluminio (AlGaAs), quelle tra tellururo di cadmio (CdTe) e tellururo di mercurio (HgTe), quelle tra silicio e silicio-germanio (SiGe). La struttura elettronica di una eterogiunzione è determinata in prima approssimazione da pochi parametri energetici caratteristici dei s. costituenti: il lavoro di estrazione Φ, l'affinità elettronica X, l'ampiezza di banda proibita Eg (fig. 5A). In un s. isolato l'affinità elettronica misura l'energia richiesta per portare un elettrone dal fondo della banda di conduzione all'esterno del materiale, nel cosiddetto livello di vuoto, mentre il lavoro di estrazione misura la differenza di energia tra il livello di vuoto e il livello di Fermi del s. (esso coincide in pratica con il potenziale elettrochimico del s.).

Quando due diversi s. vengono messi in contatto, i loro livelli di Fermi assumono ovunque lo stesso valore e, affinché questo avvenga, si sviluppa nella regione di contatto una differenza di potenziale elettrico, detta appunto potenziale di contatto, pari alla differenza tra i lavori di estrazione (fig. 5B). Inoltre, all'interfaccia tra i due s., le bande di conduzione e di valenza presentano generalmente delle discontinuità: la discontinuità in banda di conduzione è pari alla differenza tra le affinità elettroniche, mentre quella in banda di valenza dipende sia dalla differenza tra le affinità elettroniche sia dalla differenza tra le ampiezze di banda proibita. Con una scelta opportuna dei s. da accoppiare è quindi possibile in linea di principio modificare a piacere l'andamento delle bande di energia nella zona di giunzione.

Le eterogiunzioni sono alla base di vari tipi di dispositivi elettronici e optoelettronici. Nel transistore bipolare a eterogiunzione (HBT, Heterojunction Bipolar Transistor), che possiede tipicamente la struttura n-AlGaAs/p-GaAs/n-GaAs, la presenza di una regione di emettitore (n-AlGaAs) in cui la larghezza di banda proibita sia maggiore di quella della regione di base (p-GaAs) permette di bloccare molto più efficacemente che in un transistore convenzionale a omogiunzione il flusso delle lacune dalla base all'emettitore, aumentando così notevolmente il guadagno in corrente. Inoltre, potendo la base essere drogata in misura maggiore e l'emettitore in misura minore (senza compromettere il guadagno), si ottengono una minore resistenza di base e una minore capacità tra base ed emettitore. Tutto questo porta a un significativo miglioramento della risposta alle alte frequenze.

Le eterogiunzioni sono anche ampiamente utilizzate nei dispositivi fotorivelatori, con strutture del tipo p-AlGaAs/p-GaAs/n-GaAs (attive nella regione spettrale tra 0,50 e 0,85 μm) oppure del tipo p-GaInAs/i-GaInAs/n-InP (attive nella regione spettrale tra 1,0 e 1,6 μm), dove si ottengono valori molto elevati sia di efficienza sia di velocità di risposta. Un impiego particolarmente importante delle eterogiunzioni è infine quello nei laser a s.: la fig. 6 illustra in particolare la struttura di un laser a doppia eterogiunzione, del tipo p-AlGaAs/p-GaAs/n-AlGaAs. La caratteristica di questa struttura è quella di poter confinare nella sottile regione di GaAs sia i portatori di carica sia i fotoni generati. Qui infatti il profilo delle bande di energia intrappola un'alta densità di elettroni nella banda di conduzione e un'alta densità di lacune nella banda di valenza, portando così a quella situazione di inversione della popolazione che è alla base del funzionamento del laser. Nella stessa regione il più elevato indice di rifrazione del p-GaAs costringe la radiazione prodotta a subire effetti di riflessione interna e a essere quindi guidata tra le due interfacce (confinamento ottico). L'insieme di questi fenomeni porta a un dispositivo con alta efficienza di emissione luminosa anche per correnti iniettate relativamente basse.

La struttura a doppia eterogiunzione appena descritta acquista particolari proprietà elettroniche allorché lo spessore dello strato intermedio di GaAs diventa dell'ordine del nanometro, corrispondente cioè a pochi strati atomici. Quando le dimensioni sono così ridotte, il moto degli elettroni non è più descrivibile dalla meccanica classica ma bensì da quella quantistica e diviene possibile realizzare una tipologia completamente nuova di dispositivi elettronici, quella dei dispositivi quantistici o dispositivi a nanostruttura (v. anche nanostrutture, in questa Appendice). La più semplice nanostruttura è costituita da un pozzo quantico, quale quello realizzabile nella banda di conduzione di una eterostruttura AlGaAs/GaAs/AlGaAs (fig. 7). All'interno di questo pozzo un elettrone può occupare solo alcuni livelli discreti di energia (E1, E2), mentre uno spettro continuo di livelli energetici rimane accessibile al di sopra del pozzo. In queste condizioni diventa possibile per l'elettrone non solo effettuare salti tra bande di energia, ma anche passare tra livelli energetici diversi dello stesso pozzo.

Un'altra semplice struttura quantistica è rappresentata dalla doppia barriera. Se lo spessore di una singola barriera è sufficientemente sottile (pochi strati atomici), un elettrone può attraversarlo sfruttando un tipico fenomeno quantistico, detto ''effetto tunnel''. Se due barriere vengono affiancate, il loro attraversamento è ancora possibile, anche se con ridotta probabilità. Tuttavia, per particolari valori di energia, corrispondenti a livelli presenti all'interno della doppia barriera, l'elettrone può attraversare l'intera struttura con probabilità praticamente unitaria (''effetto tunnel risonante''). In corrispondenza a questi valori di energia la conducibilità elettrica di strutture a doppia barriera mostra dei massimi.

Di particolare interesse applicativo appaiono le nanostrutture costituite dalla ripetizione di pozzi quantici o di barriere quantiche (strutture quantiche multiple) e ottenibili con le tecniche di epitassia da fasci molecolari. In particolare, alternando strati sottilissimi di due differenti s., si ottengono strutture periodiche dette super-reticoli, nelle quali alla periodicità del reticolo cristallino naturale si aggiunge una periodicità artificiale, capace di fornire al s. composito risultante caratteristiche tutte nuove.

Due applicazioni particolari di queste strutture quantiche multiple sono mostrate nella fig. 8. La prima è un rivelatore di radiazione infrarossa, basato sull'eccitazione degli elettroni confinati nei pozzi quantici da parte della radiazione. Gli elettroni compiono transizioni radiative da stati localizzati del pozzo a stati delocalizzati della banda (foto-ionizzazione del pozzo) e sono poi trascinati e raccolti dal campo elettrico presente nel dispositivo. La seconda applicazione si riferisce invece a un super-reticolo, nel quale gli elettroni possono passare per tunneling risonante da un pozzo quantico a un altro. Per effetto del campo elettrico applicato, nel passaggio l'elettrone transisce da uno stato più legato a uno meno legato (stato eccitato), ritornando poi allo stato di partenza con l'emissione di un fotone. La ripetizione coerente di questi processi porta all'amplificazione della radiazione infrarossa emessa e la struttura può funzionare quindi da laser infrarosso.

Semiconduttori policristallini. - Gli strati s. cresciuti in condizioni non epitassiali mostrano tipicamente una struttura costituita da vari grani monocristallini di diversa orientazione e di dimensioni variabili, dipendenti dalle condizioni di deposizione. A questa struttura, detta in generale policristallina (o talvolta microcristallina, se le dimensioni dei grani sono particolarmente ridotte), corrispondono proprietà elettroniche inferiori a quelle caratteristiche di una struttura monocristallina, poiché le interfacce tra un grano e l'altro, dette bordi di grano, hanno molti difetti strutturali e sono spesso siti di segregazione preferenziale per le impurezze. La presenza dei bordi di grano, quindi, riduce la mobilità e il tempo di vita dei portatori di carica del s., degradandone le prestazioni elettroniche. Gli strati policristallini non sono perciò generalmente utilizzati in microelettronica (con l'eccezione notevole del silicio policristallino, come si vedrà più avanti), ma trovano larga applicazione in settori particolari, come quelli della sensoristica, della conversione fotovoltaica dell'energia solare, ecc.

La crescita degli strati s. policristallini può avvenire mediante processi di deposizione da fase vapore sia di tipo chimico (CVD, Chemical Vapour Deposition) che di tipo fisico (PVD, Physical Vapour Deposition). Le tecniche CVD sono essenzialmente quella già viste a proposito della epitassia da fase vapore, mentre le tecniche PVD sono principalmente rappresentate dalla evaporazione termica e dal bombardamento catodico (sputtering). Nell'evaporazione termica un crogiuolo contenente il materiale da depositare è riscaldato sotto alto vuoto (tipicamente tra 10−4 e 10−6 torr) e genera un flusso di materiale che raggiunge il substrato sovrastante e qui ricondensa in forma di pellicola solida. In taluni casi il riscaldamento del materiale da evaporare è effettuato mediante un fascio di elettroni e si parla allora di evaporazione da fascio elettronico. Nel bombardamento catodico, d'altra parte, un gas nobile pesante (per es. argon) viene ionizzato e gli ioni positivi vengono accelerati contro un bersaglio (target), posto a potenziale negativo e costituito dal materiale che si intende depositare. Gli ioni accelerati colpiscono la superficie catodica estraendone particelle che vanno a depositarsi sul substrato, formando lo strato sottile desiderato. Come abbiamo precedentemente accennato, il solo s. policristallino largamente utilizzato in microelettronica è il silicio policristallino, anche detto polisilicio. Esso viene depositato per CVD a partire da silano alla temperatura di circa 600°C ed è in generale fortemente drogato, in modo da poter essere utilizzato come conduttore al posto dei metalli, in particolare come elettrodo di porta nei dispositivi MOS (Metallo-Ossido-Semiconduttore).

Tra i tipi di s. che trovano applicazione sotto forma di strati policristallini i principali appartengono alle famiglie degli ossidi (ossido di zinco ZnO, ossido di indio In2O3, ossido di stagno SnO2, ecc.) e dei calcogenuri (ZnS, CdS, CdTe, CuInSe2, ecc.), che possono essere preparati anche con tecniche meno costose di quelle CVD e PVD, per es. con tecniche serigrafiche. La preparazione serigrafica (screen printing) consiste essenzialmente nella deposizione di una pasta contenente il materiale desiderato sotto forma di polvere dispersa in un solvente organico, a cui fa seguito un trattamento termico in forno che ha lo scopo di saldare tra loro i grani di polvere, convertendoli in uno strato compatto. Gli ossidi non drogati di zinco, stagno e indio trovano applicazione come sensori di gas, poiché la loro conducibilità elettrica è sensibilmente variata dalla presenza di specie gassose che si assorbono in superficie e sui bordi di grano. Gli stessi materiali, d'altra parte, se fortemente drogati, trovano applicazione come elettrodi conduttori e otticamente trasparenti (le larghezze delle loro bande proibite di energia sono infatti poste nel vicino ultravioletto) in molti dispositivi optoelettronici. Gli strati policristallini di s. calcogenuri sono invece utilizzati in celle solari sottili, con strutture del tipo CdS/Cu2S, CdS/CdTe, CdS/CuInSe2. In questi dispositivi policristallini a eterogiunzione il solfuro di cadmio, essendo otticamente più trasparente (l'ampiezza della banda proibita è di 2,4 eV) costituisce il cosiddetto ''strato finestra'', mentre gli altri s. con ampiezze di banda proibita molto minori, costituiscono lo strato assorbitore della radiazione solare. A proposito delle celle solari a strato sottile, ricordiamo la recente realizzazione di un dispositivo basato su un film nanocristallino di ossido di titanio, ricoperto con un colorante organico, che ha la funzione di sensitizzatore della luce solare, e posto in contatto con un elettrolita, che ha la funzione di formare la giunzione. Gli strati policristallini di s. composti come il solfuro di zinco trovano applicazione come dispositivi sottili a elettroluminescenza (TFEL, Thin Film Electro-Luminescence), su cui si basano alcuni tipi di schermi piatti emissivi. In questo caso lo strato semiconduttore viene drogato con ioni di manganese o di terre rare e posto tra due strati di isolante contattati elettricamente, in una struttura a capacitore. Applicando un campo elettrico alternato di alta intensità, alcuni elettroni del s. possono essere così fortemente accelerati da poter eccitare per urto le impurezze droganti, provocandone la luminescenza.

Tra i nuovi tipi di s. a strato sottile policristallino ricordiamo infine il diamante, che può essere cresciuto su silicio con varie tecniche di tipo CVD a partire da metano (CH4) e idrogeno, a temperature non superiori a 1000°C. La crescita avviene in condizioni metastabili, poiché a quelle temperature e a pressioni non superiori alla pressione atmosferica la fase stabile del carbonio solido è la grafite. In realtà durante il processo di deposizione viene cresciuta anche la grafite, che viene però rimossa selettivamente dalle grandi quantità di idrogeno atomico presenti. Grazie all'elevata ampiezza di banda proibita del diamante (circa 5 eV), alla sua elevatissima conducibilità termica e all'alta mobilità dei portatori, questi strati possono trovare applicazione in dispositivi elettronici per alta temperatura, in dispositivi di potenza e in dispositivi ad alta frequenza.

Semiconduttori amorfi. - La maggior parte dei s. si presenta in fase cristallina, con gli atomi posti nello spazio in posizioni regolari e ripetitive, formanti un reticolo periodico. Tuttavia alcuni s., e in particolare quelli appartenenti al IV gruppo della tavola periodica degli elementi (per es., silicio e germanio), possono anche assumere una forma amorfa, in cui la periodicità della struttura e il corrispondente ordine a lungo raggio vengono perduti, mentre viene mantenuto l'ordine a corto raggio. In altre parole, i primi vicini di ogni atomo mantengono una configurazione regolare, del tutto simile a quella di un cristallo perfetto, ma passando ai secondi, terzi, quarti vicini, la ripetitività e la regolarità della struttura vengono perse e sia le distanze sia gli angoli di legame tra atomi subiscono rilevanti fluttuazioni. In alcuni punti della struttura le deformazioni risultano talmente forti da non permettere il mantenimento di legami stabili e si formano così legami non saturati o pendenti (dangling bonds) che, comportandosi da centri di cattura e ricombinazione dei portatori di carica, degradano fortemente la qualità elettronica del materiale. Tali difetti possono tuttavia essere eliminati, almeno parzialmente, introducendo nella struttura idrogeno atomico, che satura i legami pendenti e permette il recupero delle proprietà elettroniche del semiconduttore. Questi materiali sono propriamente denominati s. amorfi idrogenati e sono indicati con i simboli a-Si:H, a-Ge:H, ecc.

Il silicio amorfo idrogenato (a-Si:H) può essere preparato sotto forma di strato sottile mediante varie tecniche, la più efficace delle quali risulta essere la deposizione mediante decomposizione in plasma di composti gassosi contenenti silicio e idrogeno (per es., silano SiH4). Tale metodo è una variante dei processi di deposizione chimica da fase vapore (denominata PACVD, Plasma Assisted Chemical Vapour Deposition) in cui la miscela gassosa di alimentazione non è decomposta per azione dell'alta temperatura, ma bensì per azione di un campo elettrico esterno (generalmente a radiofrequenza) che ionizza parzialmente il gas, cedendo energia agli elettroni e permettendo loro di dissociare per impatto le molecole neutre. Grazie alla saturazione dei difetti effettuata dall'idrogeno, il silicio amorfo può essere drogato efficacemente sia in modo n che in modo p, aggiungendo alla miscela gassosa di partenza specie contenenti fosforo o boro, per es. fosfina (PH3) o diborano (B2H6).

La diversa struttura di un s. amorfo rispetto a uno cristallino causa notevoli differenze nel comportamento elettronico del materiale. Infatti il materiale amorfo presenta, come il cristallino, una banda di valenza e una di conduzione, in cui i portatori di carica possono muoversi liberamente, ma tra le due bande non esiste una zona di energia proibita agli elettroni, come invece avviene nel materiale cristallino, bensì una distribuzione quasi continua di stati localizzati, in parte legati alle fluttuazioni delle distanze interatomiche e degli angoli di legame e in parte dovuti alla presenza dei legami insaturi. Nonostante ciò il concetto di banda di energia proibita può ancora essere utilizzato, pur di riferirlo alla separazione energetica tra stati elettronici delocalizzati. Nel silicio amorfo idrogenato questa separazione assume un valore tra 1,7 e 1,9 eV, ben più alta quindi dell'ampiezza della banda di energia proibita nel silicio cristallino, pari a 1,1 eV. Per quanto riguarda le proprietà di trasporto elettrico, a temperatura ambiente e al buio, la conducibilità del silicio amorfo non drogato è molto bassa (non superiore a 10−10 Θ−1cm−1). Questo valore può aumentare di vari ordini di grandezza sia per effetto dell'aumento della temperatura sia per effetto dell'illuminazione (fotoconducibilità). Il maggiore aumento di conducibilità (fino a 10 ordini di grandezza) si ha comunque nei materiali drogati contenenti nella loro struttura fasi nanocristalline. Tutte queste caratteristiche elettroniche possono essere ulteriormente variate utilizzando il silicio amorfo idrogenato in lega con altri elementi, particolarmente con carbonio e germanio. Infatti, contrariamente a quello che avviene nel caso di molti composti cristallini, che possono dare fasi stabili solo per ben definite stechiometrie, nei materiali amorfi la struttura disordinata è sufficientemente flessibile da permettere la formazione di materiali non stechiometrici, del tipo Si1−x Cx :H o Si1−x Gex :H (dove x è variabile con continuità tra 0 e 1). Al mutare della composizione chimica mutano le proprietà elettroniche e in particolare le larghezze della banda di energia proibita, che può essere fatta variare con continuità tra 1 e 3 eV.

Queste caratteristiche, unite ai bassi costi di preparazione, rendono i s. amorfi idrogenati largamente usati nel campo dell'elettronica di grande area, laddove possono essere minori i requisiti di prestazione, ma più forti i vincoli di costo. Sono così realizzati con strati sottili di silicio amorfo i moduli fotovoltaici integrati di nuova generazione, depositati direttamente su lastre di vetro e il cui spessore totale non supera 1 μm, grazie all'alto assorbimento ottico del silicio amorfo nello spettro visibile. Il silicio amorfo è anche impiegato negli schermi piatti a cristalli liquidi, come materiale di base delle matrici di transistori a effetto di campo utilizzate per il pilotaggio. Analogamente possono essere realizzati in silicio amorfo i lettori di immagine utilizzati nelle macchine facsimile o i tamburi fotosensibili impiegati nelle fotocopiatrici.

Bibl.: Hydrogenated amorphous silicon, a cura di J.I. Pankove, New York 1984; VLSI technology, a cura di S.M. Sze, ivi 1988; M. Shur, GaAs devices and circuits, ivi 1989; Physics of quantum electron devices, a cura di F. Capasso, Berlino 1990; S.M. Sze, Dispositivi a semiconduttore: comportamento fisico e tecnologia, Milano 1991; Semiconductor heterostructures and nanostructures, a cura di H. Ehrenreich e D. Turnbull, "Solid State Physics" vol. 44, New York 1991; I. Brodie, J.J. Muray, The physics of micro/nanofabrication, ivi 1992.

TAG

Differenza di potenziale elettrico

Epitassia da fasci molecolari

Diodi emettitori di luce

Conducibilità elettrica

Composti metallorganici