SENAPE

Enciclopedia Italiana (1936)

SENAPE (fr. moutarde, oppure sénevé; sp. mostaza; ted. Senf; ingl. mustards)

Fabrizio CORTESI
Alberico BENEDICENTI

Esistono due sorta di senape: la senape nera e la bianca. La prima è fornita dai semi della Brassica nigra Koch, erba perenne della famiglia Crocifere, pianta probabilmepte di origine asiatica o egiziana, largamente diffusa per coltivazione e spontaneizzata nell'Europa meridionale, nell'Africa settentrionale, nell'America Settentrionale: ha un fusto alto da 20 a 90 cm. molto ramificato, foglie quasi glabre pennatifide e poi, a mano a mano che si sale verso la regione fiorale, meno divise e più piccole. Fiori gialli in grappoli terminali, frutti a siliqua, glabri, cilindrici, brevemente rostrati all'apice, eretti e ravvicinati all'asse caulinare. La droga è costituita dai semi, piccoli (i mm. diametro), globosi, di color bruno nerastro, finemente alveolati se si esaminano con una lente allo stato secco.

La senape nera in Italia viene specialmente coltivata in Puglia: somministrando zolfo ai terreni di coltura si ottiene una droga più ricca di principî attivi.

La senape bianca è fornita dalla Sinapis alba L., erba annua della famiglia Crocifere molto comune nell'Europa meridionale e che viene anche coltivata come pianta oleifera e come foraggio; ha il fusto ruvido al tatto, dell'altezza di circa 1 m., foglie pennatolobate leggermente pelose, fiori giallo-chiari in grappoli terminali; frutti a siliqua pelosi ispidi, patenti, muniti di un lungo becco obliquo acuto. I semi sono sferici, lisci, lucenti, di color giallo rossastri, il doppio più grandi di quelli della senape nera (diametro mm. 2-2,5). In alcuni paesi anche i semi di senape bianca sono officinali, però a preferenza si usano mescolati ad altre droghe per la preparazione di quello speciale condimento che prende il nome di mostarda. Con la senape bianca si prepara la mostarda francese e con quella nera la inglese.

Dai semi della senape nera si ricava un olio volatile (di color giallo chiaro, rifrangente, di odore fortissimo che provoca lacrimazione, di sapore bruciante) detto essenza di senape (isosolfocianato di allile: C3H3 NCS). In presenza di acqua e per azione di un fermento (mirosina), il glucoside (sinigrina) contenuto nella farina di senape si scinde e così si libera l'essenza intensamente irritante. Ha proprietà antisettiche che però non sono utilizzabili. A forti dosi, per bocca, produce gastroenterite; in forte diluizione, invece, si limita a eccitare la secrezione del tubo digerente e si usa perciò come condimento. Posta sulla pelle, l'essenza di senape produce bruciore e rossore vivo a tipo erisipelatoso. Gli antichi Indiani le attribuivano proprietà afrodisiache, i medici della scuola salernitana ritenevano avesse azione sul sistema nervoso, quelli del sec. XVIII la prescrivevano come lassativo, come stimolante, come febbrifugo. Oggi si prescrive, come rivulsivo, sotto forma di pediluvî o semicupî senapati e si usa comunemente in forma di empiastro che si prepara estemporaneamente con farina di senape, farina di lino e acqua. La carta senapata si prepara incollando su fogli di carta la farina di senape, privata dalle sostanze giasse che essa contiene.

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