SERIE

Enciclopedia Italiana (1936)

SERIE

Giovanni SANSONE
Luigi GALVANI

(ted. Reihe). -1. Termine matematico con cui si designa l'operazione di addizione, estesa - sotto opportune condizioni, che le assicurino un senso preciso - al caso di un numero infinito di addendi. Se, per es., si toglie dall'unità prima 1/2, poi 1/4, poi 1/8 e così via di seguito, si ottiene un resto sempre più piccolo ma mai nullo, sicché l'uguaglianza

1 = 1/2 + 1/22 + 1/23 + ... + 1/2n

per n, comunque grande, resta sempre approssimata, e non esattamente vera. Tuttavia si è indotti a ritenere che la formula stessa diventi esatta qualora la serie dei termini che figura nel secondo membro venga prolungata all'infinito, cioè

1 = 1/2 + 1/22 + 1/23 + ... + 1/2n + ...

in parole: "i è la somma degl'infiniti termini della progressione geometrica 1/2 + 1/22 + 1/23 + ...".

Questa considerazione si presenta già nel primo argomento sul moto di Zenone d'Elea (v. integrale, calcolo; giuochi) e perciò è lecito arguirne (con H. G. Zeuthen) che essa suggerisse pure il problema che vediamo implicitamente posto dal secondo argomento di "Achille e la Tartaruga": data una progressione geometrica illimitata

di ragione q, trovare la somma dei suoi infiniti termini.

Per es., per q = 1/4, la somma 1/4 + 1/42 + ..., vale 1/3; e la conoscenza di questo fatto appare implicita nella decomposizione del tetraedro, mercé la quale Euclide ne valuta il volume (determinazione che sembra risalire a Democrito), e poi nel procedimento con cui Archimede calcola l'area del segmento parabolico.

In modo esplicito la somma della progressione infinita

per q positivo e 〈 1, si trova determinata nel secolo XVII da P. Fermat (1659-61).

Le prime somme di infiniti termini corrispondenti a serie che non sono progressioni geometriche s'incontrano in P. Mengoli (1650), e sono

In tutti gli esempî precedenti, come è facile capire, la possibilità di ottenere un valore finito per la somma di infiniti termini porta che questi debbono diventare e restare minori di ogni quantità positiva prefissata o, come si suol dire, debbono tendere allo zero. Ma il Mengoli stesso ha avvertito che tale condizione necessaria non è sufficiente per la finitezza della detta somma (o - come si dice - per la convergenza della serie) rilevando che la serie 1 + 1/2 + 1/3 + ... + 1/n + ... (la cosiddetta serie armonica) è divergente, cioè conduce a una somma infinita.

Dopo il Mengoli s'incontrarono assai presto le prime serie di potenze; così il problema della quadratura dell'iperbole condusse simultaneamente G. Mercator e W. Brouncker (1668) alla serie logaritmica

D. Gregory (1671) trovò lo sviluppo di arctg 1 (= π/4) e più in generale la serie dell'arco tangente

e Newton (1676) dal problema della quadratura della curva y = (1 − x2)m/2 con m intero positivo fu condotto a divinare la serie binomiale

la cui validità fu dimostrata da Eulero in modo rigoroso soltanto un secolo dopo (1773).

L'impiego delle serie di potenze divenne sistematico nell'analisi per opera di Newton e dei suoi scolari; il problema dell'inversione della serie logaritmica condusse Newton alla serie esponenziale (1669)

e nel De Analysi per aequationes numero terminorum infinitas (1711) si trovano le serie del seno e del coseno circolare e la serie dell'arco-seno

Si sono così rammentati gli sviluppi in serie di potenze delle principali funzioni dell'analisi. I matematici dei sec. XVII e XVIII ammisero implicitamente la possibilità di tali sviluppi e particolarmente degli sviluppi in serie di Taylor (1715) e di Mac-Laurin (1742) per qualsiasi funzione; si vedrà in appresso che tale possibilità sussiste sotto condizioni abbastanza generali.

Nel sec. XIX l'approfondimento del problema della rappresentazione analitica di una funzione arbitraria dischiuse ampî orizzonti all'analisi; la recisa affermazione di Fourier (1807) della possibilità di rappresentare qualsiasi funzione con una serie trigonometrica costrinse da un lato i matematici alla revisione dei fondamenti e al perfezionamento dei loro strumenti di indagine, dall'altra fece passare dalle serie trigonometriche alle serie di funzioni sferiche, di Bessel, di Sturm-Liouville, di polinomî di Čebyčev (Tchebychef) e più in generale alle serie di funzioni ortogonali.

2. Convergenza. - Si è detto che l'uso delle serie infinite si fece più frequente tra i matematici con l'introduzione dell'analisi infinitesimale; sennonché la considerazione di coteste serie, implicante la somma di infiniti termini, non è esente da dubbî e da difficoltà.

Per i matematici moderni, che si pongono da un punto di vista logico critico, già la "somma di infiniti termini" appare priva di senso, perché codesta somma - chi si provi a farla - riesce necessariamente incompiuta e quindi impossibile. Non si può credere che questa difficoltà pregiudiziale sia sfuggita ai matematici anteriori che appartengono al periodo fecondo della fondazione del calcolo infinitesimale; e certo essa era già stata avvertita dai Greci che perciò appunto avevano sostituito i ragionamenti infinitesimali col metodo di esaustione di Eudosso, adottato poi da Euclide e da Archimede. Ma sopra la difficoltà logica i pionieri del calcolo vedevano la fecondità dell'uso delle serie e di altri analoghi procedimenti infiniti. Del resto l'intuizione dei maggiori fra quei matematici li preservava dagli errori a cui quell'uso espone i meno esperti. In un certo momento (Eulero) si è formata una mentalità che risponde in qualche modo a un realismo filosofico, per cui il processo infinito dovrebbe definire a priori un ente possibile non contraddittorio, tantoché si ritenne permesso di operare sulle serie con una grande libertà, senza nemmeno accertarsi prima della loro convergenza: p. es., determinando il valore di una serie convergente col sommare termine a termine due serie divergenti o oscillanti o con l'integrare termine a termine una serie oscillante. Così Eulero nel suo Subsidium calculi sinuum del 1760 determina la somma della serie

col seguente procedimento. Da

facendo q = −e = − cosϕ − i senϕ e separando il reale dall'immaginario ottiene

e integrando tra 0 e ϕ ricava la (7).

Ora la serie (7′) è oscillante e l'integrazione termine a termine - in enerale non legittima - ha condotto alla (7) che è vera per

− π 〈 ϕ 〈 π.

Soltanto ai primi del secolo scorso si è fatta valere l'esigenza critica di definire la somma di una serie come limite della somma dei suoi primi n termini, quando n diverge a ∞.

Negli scritti di Bernardo Bolzano si trova la precisa definizione di convergenza di una serie e il criterio generale di convergenza (1817); ma le sue opere giacquero per lunghi decennî manoscritte in una biblioteca di Vienna.

I procedimenti sulle serie non convergenti furono banditi dall'analisi principalmente per opera di A. Cauchy e di N.H. Abel. Diremo in seguito che l'uso delle serie non convergenti è suscettibile di essere disciplinato in modo rigoroso e può rendere preziosi servizî all'analisi (v. nn. 10, 11).

La definizione di serie convergenti, dalla quale, come si è detto, è scartata ogni idea logicamente priva di senso di somma di infiniti termini, è la seguente: data una successione {an}, cioè

a1 a2 a3 a4 . . . an . . .

termini reali o complessi, si formi la successione

s1 = a1 , s2 = a1 + a2 , s3 = a1 + a2 + a3 , . . . , sn = a1 + a2 + . . . + an , . . ;

se il limite

esiste ed è uguale ad S (v. limite) si dice che la serie

è convergente e ha per somma S.

La serie (8) si dirà divergente a + ∞ (− ∞) se

+ ∞ (− ∞) divergente a ∞ se

= ∞.

Una serie convergente o divergente a +∞, −∞ si dice regolare, in caso contrario oscillante. Una serie oscillante e non divergente si dice indeterminata.

Ad esempio, la serie della progressione geometrica (1) per ∣q∣ 〈 i è convergente e ha per somma a/(i q); per q > 1, a > 0 è divergente a +∞; per q = 1 si riduce alla serie oscillante e indeterminata

e per q 〈 1 è divergente e oscillante.

3. Criteri di convergenza. - Assegnata una serie (8) occorre riconoscere se essa è convergente, divergente, oscillante, indeterminata - o come si dice - trovare il suo carattere.

È fondamentale il teorema di Cauchy (1821): condizione necessaria e sufficiente per la convergenza della serie (8) è che, scelto un numero 6 > 0 e arbitrario, si possa trovare un indice n0 tale che per qualunque n > n0 e qualunque sia l'intero positivo p si abbia

sn+psn ∣ 〈 σ.

Ne viene che condizione necessaria per la convergenza della (8) è che sia nullo il limite del suo termine generale

an = 0; ma questa condizione, come si è già visto per la serie armonica, non è sufficiente.

Dal teorema di Cauchy segue che se {an} è una successione limitata, ∣αn∣ ≤ L (n = 1, 2, 3,...), e se la (8) è a termini positivi e convergente, allora anche la serie Σan an è convergente; in particolare, se una serie a termini positivi è convergente, mutando con qualsiasi legge il segno dei suoi termini, si ottiene una nuova serie convergente, e, se la serie dei valori assoluti di una serie converge, anche la serie converge.

Non sussiste però la proprietà inversa: la serie 1 −1/2 + 1/31/4 + ... converge (e ha per somma log 2), mentre la serie dei suoi valori assoluti, cioè la serie armonica, è divergente.

Nei trattati di algebra sono raccolti i più correnti criterî sufficienti di convergenza delle serie; quelli sulle serie a termini positivi (tutte regolari) si deducono essenzialmente dal seguente criterio del confronto: se le due serie Σan, Σbn hanno i loro termini positivi e se per ogni n si ha an bn, le somme della prima serie (minorante) non superano quelle della seconda (maggiorante), talché se la seconda serie converge, converge anche la prima, e, se la prima diverge, diverge anche la seconda.

Ne conseguono i criterî di Cauchy:

Io Se nella (8) è an > 0,

an/an-1 = q e q 〈 1, la (8) converge; se q > 1, la (8) diverge.

2° Se nella (8) è an > 0 e

= q 〈 1, la (8) converge; se

= q > 1, la (8) diverge.

Ad esempio, nella serie

(serie esponenziale), qualunque sia x, si ha

essa è perciò convergente qualunque sia x (e la sua somma vale ex).

Così pure se {an} è una successione a termini non nulli tale che

la serie Σxn/ann converge qualunque sia x; si ha infatti

Hanno notevole importanza per il calcolo numerico le serie a segni alternati

a1a2 + a3a4 + . . .,

nelle quali sia

queste sono convergenti e per la loro somma S sussistono le limitazioni

limitazioni che permettono di valutare l'errore che si commette quando per S si assuma come valore approssimato una somma parziale della serie (G. W. Leibniz, 1705).

Soddisfa, ad esempio, a queste condizioni la serie

la cui somma γ = 0,57721566. . . è la costante di Eulero-Mascheroni (v. funzione, n. 44; mascheroni).

4. Proprietà formali delle serie convergenti. - Data la serie convergente

si abbia

S = a1 + a2 + . . . + an + . . .

e si associno con una legge qualsiasi i suoi termini; le somme parziali della nuova serie sono parte delle somme della serie data; la nuova serie risulta quindi convergente e ha per somma S; come si dice, sussiste per le serie convergenti la legge associativa.

La legge dissociativa relativa alla somma di un numero finito di addendi non vale in generale per le serie; si ha, ad es.,

è oscillante.

Così pure non sussiste in generale la proprietà commutativa; alterando l'ordine dei termini di una serie convergente si può mutare tanto la sua somma quanto il suo carattere. Ad es. è

1 − 1/2 + 1/31/4 + 1/5 − . . . = log 2.

mentre è

1 + 1/31/2 + 1/5 + 1/71/4 + . . . = 3 (log 2)/2;

e da ciò consegue che è da scartarsi una dimostrazione basata sul cambiamento dell'ordine dei termini di una serie quando non sia provata per altra via la legittimità del procedimento (v. giuochi).

Perché una serie resti convergente (divergente) qualunque sia l'ordine dei suoi termini o, come si dice, sia incondizionatamente convergente (o incondizionatamente divergente) è necessaria e basta la convergenza della serie dei suoi termini positivi e dei valori assoluti della serie dei suoi termini negativi (o, rispettivamente, converga l'una e diverga l'altra); quando queste due serie divergono entrambe e il termine generale della serie per n → ∞ ha per limite lo zero, si può alterare l'ordine dei termini della serie in guisa da renderla, a piacere, convergente verso un numero prefissato ad arbitrio, o divergente, oppure oscillante (B. Riemann, 1854; U. Dini, 1869).

Segue di qui che per la convergenza incondizionata di una serie è necessaria e basta la convergenza della serie formata dai moduli dei suoi termini (Dirichlet, 1837).

5. Operazioni sulle serie. - Supposto che le serie

siano convergenti e abbiano per somma rispettivamente A e B, sia cioè

si ha

Posto wn = a1 bn + a2bn − 1 + ... + an − 1b2 + anb1, nell'ipotesi che risulti la serie

convergente, si ha anche

Avvertiamo che la convergenza assoluta delle serie (9) implica la convergenza della serie

ma questo fatto non si verifica in generale. Il problema del prodotto di due serie è stato il punto di partenza della moderna teoria della sommazione delle serie col procedimento delle medie aritmetiche (v. n. 10).

6. Sviluppi in serie di Bernoulli, Taylor, Maclaurin, Eulero-Maclaurin, Cauchy-Taylor. - Il primo sviluppo in serie di potenze relativo a una funzione reale f(x) della variabile reale x, la quale ammetta in un punto x derivate finite di tutti gli ordini, è quello di Giovanni Bernoulli (1694)

dal quale potrebbe subito dedursi il classico sviluppo di Taylor (1715)

In questo, facendo x = 0 e h = x si ottiene il cosiddetto sviluppo in serie di Maclaurin

sviluppo scoperto da J. Stirling nel 1717 e pubblicato da C. Maclaurin nel 1742.

Gli sviluppi (10)- (12) sono di uso corrente nell'analisi e con essi viene pure considerato lo sviluppo di Eulero (1732) e Maclaurin (1742)

dove Bp, pesimo mumero di Bernoulli (v. bernoulli), ha l'espressione

Gli scopritori degli sviluppi (10)- (13), lasciandone del tutto imprecisate le condizioni di validità, implicitamente ammisero che per ogni funzione dell'analisi valesse lo sviluppo di Taylor. Lagrange accolse questa concezione nella sua Théorie des fonctions analytiques del 1797.

La condizione necessaria e sufficiente di validità dello sviluppo di Taylor è precisata da Cauchy nel 1823; egli parte dal teorema di Lagrange

ove θ è un conveniente numero positivo compreso tra 0 e 1, e conclude che condizione necessaria e sufficiente perché valga lo sviluppo di Taylor nel punto x + h è che si abbia

È sufficiente perché si verifichi questa circostanza che la f(x) ammetta nell'intervallo (x, x + h) derivate di tutti gli ordini complessivamente limitate; e da ciò conseguono immediatamente gli sviluppi in serie di ex, sen x. cos x (v. [5], [6]1, [6]2) e delle funzioni iperboliche sen hx, cos hx (V. Riccati, 1762):

Quando si passi dal campo reale al campo complesso la condizione di validità dello sviluppo di Cauchy-Taylor

è data dal teorema di Cauchy: perché sussista la (14) in tutti i punti x interni a un cerchio di centro a e raggio non nullo è che internamente a questo cerchio la f(x) sia uniforme e finita e in ogni punto interno ammetta derivata finita (v. funzione, n. 29).

7. Serie di potenze. Raggio del cerchio di convergenza. - Con C. Weierstrass (1876) e con la sua scuola il concetto di funzione analitica s 'identifica (v. funzione, n. 33) con l'insieme delle serie di potenze che si possono dedurre per prolungamento analitico da una serie di potenze assegnata

Qui basterà ricordare che il raggio R del cerchio di convergenza di una serie di potenze è precisato dalla formula di Cauchy-Hadamard

la serie per ogni valore di x tale che ∣x∣ 〈 R converge e per ogni x tale che ∣x∣ > R non converge (Cauchy, 1821; Hadamard, 1892).

Ne viene subito che una serie di potenze e quella ottenuta da essa derivandola termine a termine hanno lo stesso raggio di convergenza.

Sul comportamento delle serie di potenze sulla circonferenza del cerchio di convergenza si hanno i seguenti fatti generali:

a) sul cerchio di convergenza esiste almeno un punto critico della funzione analitica generata dalla serie stessa.

b) se la serie converge in un punto della sua circonferenza di convergenza, ivi la somma della serie è il limite della somma della serie stessa lungo il raggio del cerchio di convergenza che ha un estremo in questo punto (N. H. Abel, 1826).

8. Serie di funzioni. Convergenza uniforme. Derivazione e integrazione per serie. - I problemi della fisica matematica imposero, oltre allo studio delle funzioni analitiche, quello delle serie del tipo Σan αn(x) (serie di potenze se αn (x) = xn) dove le funzioni αn (x) sono quasi sempre òi facile tabulazione numerica; e a queste serie si richiese di rappresentare sotto condizioni molto estese le funzioni definite nel senso di Dirichlet (v. funzione). Si presentò subito la necessità di operare su tali serie, oltre che per somma e prodotto, con la derivazione e integrazione termine a termine, in altre parole di operare su di esse come se avessero un numero finito di termini.

La critica della seconda metà dell'800 permise ai matematici di superare questa difficoltà con l'introduzione del fecondo concetto di convergenza uniforme (la denominazione convergenza uniforme è del Weierstrass, 1841).

La serie

sia convergente in ogni punto x di un dominio D e abbia per somma S (6x). Se, scelto positivo arbitrario, si può determinare un indice n0 tale che per n > n0 risulti

ovunque sia x in D, la serie si dice uniformemente convergente in D.

Per le serie uniformemente convergenti valgono le proprietà: a) se la serie

converge uniformemente in D e se in un punto x0 di D si ha

un (x) = un (n = 1, 2, ...) si ha allora

o, ciò che è lo stesso, sussiste la formula di inversione

Se ne deduce che se le un (x) sono continue in D e la serie Σun (x) è uniformemente convergente in D, la sua somma è una funzione continua in D (G. G. Stokes, 1847; Ph. L. Seidel, 1848).

b) Se la serie

(x) = S(x) è convergente nell'intervallo (a, b), se tutti i suoi termini sono derivabili in (a, b) e se la serie delle derivate

è uniformemente convergente in (a, b), allora S (x) è derivabile in (a, b) e si ha (Dini, 1878)

Inversamente se la serie

(t) è uniformemente convergente in (a, b) e i suoi termini sono integrabili nel senso di Mengoli-Cauchy in (a, b), se x, è un punto qualunque di (a, b), vale la formula di integrazione per serie (v. integrale, calcolo)

o ciò che è lo stesso

Per riconoscere la convergenza uniforme delle serie sono di applicazione frequente i seguenti criterî.

A) Se in (a, b) i moduli dei termini della serie Σun(x) soddisfano la limitazione ∣ un (x) ∣ ≤ an, con le an costanti e la serie Σan è convergente (o, come si dice, la serie Σun (x) è totalmente convergente) allora la serie Σun (x) è uniformemente convergente in (a, b). Ad es., se ìa serie a termini positivi Σan è convergente, la serie trigonometrica Σan cos nx converge uniformemente in qualsiasi intervallo.

B) Se i termini un (x) di una serie

(x) sono funzioni continue della x in (a, b), se un (x) ≥ o in (a, b) per n = 1, 2,... e se la somma della serie è continua in (a, b), allora la serie Σun (x) è uniformemente convergente in (a, b) (Dini, 1877).

Per le serie di funzioni olomorfe vale il teorema di G. Vitali (1904): se {un (x)} è una successione di funzioni olomorfe in un dominio D, condizione necessaria e sufficiente perché la serie Σun (x) converga uniformemente in D verso una funzione olomorfa f(x) è che le somme parziali della serie siano limitate in D e che la serie converga in un insieme di punti aventi nell'interno di D un punto di accumulazione.

9. Serie trigonometriche di Fourier. Serie di funzioni ortogonali. Spazio Hilbertiano. - Il problema delle corde vibranti condusse D. Bernoulli (1747) alla conclusione (v. curve, n. 1) che una funzione arbitraria, definita in un intervallo (0, l) e nulla agli estremi, si potesse rappresentare con una serie trigonometrica della forma

e il risultato, data l'identità che allora si faceva dei tre concetti di funzione, espressione analitica, curva geometrica, parve impossibile a Eulero (1753). Molto tempo dopo J.-B. Fourier in una serie di lavori raccolti nel 1822 nella Théorie de la Chaleur affermava che ogni funzione f(x) definita in (o, 2π) si può rappresentare con una serie trigonometrica

i cui coefficienti egli determinava seguendo un metodo già indicato in una memoria di Eulero del 1777.

Se si tien conto delle relazioni

e si moltiplicano ambo i membri della (15) una volta per cos nx dx e una volta per sen nx dx e si integra termine a termine, si ottengono le formule

le quali dànno univocamente an e bn (v. fourier).

Fu subito osservato che il procedimento di Fourier ammetteva lo sviluppo (15) e che restava da provare la sua effettiva convergenza verso f(x). Gli studî di Dirichlet (1829), R. Lipschitz (1864), Dini (1880) e di altri eminenti analisti assicurarono la convergenza della (15) sotto condizioni estremamente generali sulla natura della f (x).

Come è stato già indicato, i problemi della fisica matematica condussero anche alle serie di Legendre, di Sturm-Liouville, di Bessel, di Čebyšev (Tchebvchef), e lo spirito di generalizzazione e di unificazione, caratteristico nei matematici, portò al moderno studio degli sviluppi in serie. di funzioni ortogonali, nel quale si riflettono quasi tutte le indagini particolari precedenti. Ne daremo qui un rapidissimo cenno.

Una successione {ϕn(x)} di funzioni di quadrato sommabile in (a b) (secondo Lebesgue) si dice un sistema ortogonale e normale in (a, b), quando sono verificate le relazioni

Formano, ad esempio, un sistema ortogonale in (0,2π) le funzioni

(vedi {ϕn(x)} Funzione, n. 50).

Dato un sistema {ϕn(x)} ortogonale e normale in (a, b) e una successione {an} di costanti reali, si supponga che qualunque sia x in (a, b) la serie

(x) sia convergente e abbia per somma f(x), sia cioè

Moltiplicando (al modo di Eulero-Fourier) ambo i membri per ϕn (x) dx e integrando termine a termine, supposta beninteso legittima quest'ultima operazione, si ricava

Indipendentemente da qualunque ipotesi sulla serie che figura nel secondo membro della (16), data la funzione .f(x), sommabile col suo quadrato, risultano univocamente determinate dalle (16′) le costanti an o, come si dice, i coefficienti di Fourier di f (x) rispetto al sistema {ϕn(x)}.

Se il sistema {ϕn(x)} è chiuso in (a, b), se cioè l'unica funzione ω (x) di quadrato sommabile in (a, b) che soddisfi le relazioni

è quella generalmente nulla in (a, b) (e in questa condizione sono i due sistemi prima citati), allora due funzioni f(x) e g (x) le quali abbiano le stesse costanti di Fourier sono generalmente uguali. In (a, b) sussiste inoltre l'uguaglianza di Parseval (1805)

Inversamente, fissata una successione di costanti {an}, se la serie

risulta convergente, esiste una funzione f (x) la quale verifica le (16′), e tra le somme parziali della serie

(x) e la f(x) sussiste la relazione

o, come si dice, la serie

(x) converge in media verso f(x) (F. Rieszi E. Fischer, 1907). Si avverta che da quest'ultima relazione non si può dedurre la (16); si dimostra però che si possono associare i termini della serie (16) in modo che quasi ovunque in (a, b) essa converga verso f(x).

Ai precedenti risultati si può dare forma geometrica; un sistema {ϕn(x)} ortogonale, normale e chiuso in un intervallo finito (a, b) prende il nome di sistema cartesiano ortogonale dello spazio Hilbertiano reale H, e una funzione reale f(x) di quadrato sommabile in (a, b) quello di punto dello spazio H. Le costanti an definite dalle (16′) si chiamano coordinate del punto f e si scrive

La funzione generalmente nulla chiamasi origine, le sue coordinate sono (o, o, ... o, ...); se f ≡ (a1, a2, ... an ...) e g ≡ (b1, b2, ... bn ...), distanza dei due punti f e g è per derinizione il numero non negativo d dato da

se f e g sono due punti, tutti i punti λf + μg con λ e μ variabili tra − ∞ e + ∞ formano una retta; e angolo ω delle due rette λf, μg è per definizione

Si è definito in questo modo nello spazio a infinite dimensioni H una metrica funzionale o come si dice uno spazio metrico, notevole per l'eleganza e la semplicità delle sue proprietà (d. Hilbert, 1909). È da notare che di geometrie e di spazî a infinite dimensioni si occuparono, precorrendo i moderni sviluppi, G. Veronese (1891) e S. Pincherle e U. Amaldi (1901).

10. Sommazione delle serie col metodo delle medie aritmetiche. - Data una serie oscillante, nessun partito si può trarre da essa ove ci si voglia attenere alla classica definizione di somma; ma tale definizione non risponde ad alcuna necessità logica (K. Knopp, 1924) e si può pensare di generalizzarla in modo che, se una serie è convergente ad S (divergente a + ∞, −∞), con la definizione classica, tale resti nella nuova definizione, senza escludere per altro che una serie, alla quale si possa attribuire una somma con la nuova definizione, sia invece oscillante con la definizione classica.

Questa generalizzazione si è necessariamente riattaccata alla concezione che gli analisti del sec. XVII e XVIII avevano delle serie oscillanti, e come ora diremo l'intuizione condannata in prima istanza è pur suscettibile di essere disciplinata in modo impeccabile.

Consideriamo la serie

facendo in essa x = 1 G. Grand. (lettera a Leibniz, 1705) trovò

Questa conclusione diede luogo allora a lunghe discussioni; Leibniz spiegò il risultato col calcolo delle probabilità; le somme parziali della serie (17) sono alternativamente 1 e 0 e perciò il valore più probabile della somma è 1/2.

Il significato dell'affermazione del Grandi integralmente accettato da Eulero è il seguente: se un calcolo qualunque conduce alla serie (17), il risultato di questo calcolo è 1/2; però l'inesattezza schematica di questa conclusione si prova col seguente esempio. È

ovvero

e facendo x = 1

mentre per la (17) la somma della serie è 1/2. Lagrange (1801) osservò che la contraddizione si può così rimuovere: la serie (18) proviene dalla serie

ed essa si dovrà scrivere 1 + 0 − 1 + 1 +0 − 1 +. . ., cosicché le sue somme parziali sono 1, 1, 0; 1, 1, o; ... e perciò il valore più probabile della sua somma è 2/3. In conclusione ai termini di una serie va attribuito un peso diverso secondo il posto che essi occupano nella serie.

E. Cesaro (1890), guidato appunto da concetti che si seguono nella teoria degli errori di osservazione, quando ci si riferisca a osservazioni di peso diverso, definì somma di ordine δ, o come si dice in suo onore somma (C, fi), di una serie

il limite, se esiste,

dove

Quando il limite (20) esiste, la serie si dice sommabile (C, δ); ad es., la somma (C, 1) della serie 1 − 1 + 1 − 1 + ... è 1/2.

La sommabilità (C, 0) si identifica con l'ordinaria convergenza.

Supposto δ > 0 si verifica che:

a) se la somma (C, 0) della (19) è S(+∞, −∞) anche la somma (C, δ) della (19) è S(+ ∞, −∞).

b) se h e k sono due costanti e le due serie Σan, Σbn hanno per somme (C, δ) rispettivamente S e S′, allora la somma (C, δ) di Σ(han + kbn) è hS + kS′.

c) se una serie è sommabile (C, δ) e ha per somma S, e si altera l'ordine di un gruppo finito dei suoi termini o si aggiunge un numero finito di zeri tra i suoi termini, la nuova serie ha ancora il numero S per somma (C, δ); se si sopprime un numero finito di termini di somma A la somma della nuova serie è S − A.

d) se due serie e la loro serie prodotto secondo Cauchy (v. n. 5) ammettono tutt'e tre somme (C, δ), il valore della serie prodotto è uguale al prodotto dei valori delle due serie date.

In generale si è riconosciuto che, per evitare contraddizioni e paradossi, i procedimenti di sommazione debbono soddisfare le quattro condizioni or ora dichiarate, dette condizioni di regolarità.

È qui da ricordare uno dei più brillanti risultati conseguiti dalla sommazione (C, δ) delle serie trigonometriche di Fourier: se f(x) è continua in (0, 2 π), con f(0) = f(2 π) e si considera la sua serie di Fourier,

la sua somma (C, δ) con δ > o converge uniformemente verso f(x) in (0, 2 π), mentre la sua somma (C, δ) in un'infinità numerabile e ovunque densa di punti può non esistere (L. Fejér, 1903; S. Chapman, 1911; H. Steinhaus, 1919).

Altre ricerche sono state istituite per dedurre dalla sommabilità (C, δ) di una serie con δ > o la sua convergenza (C, o); notevole il risultato di G. H. Hardy-J. E. Littlewood (1923) che estende un precedente teorema di Hardy e E. Landau: se la serie

è sommabile (C, δ/ e an >k/n (n = 1, 2, ...; k > 0) allora la serie è convergente.

11. Sommabilità con l'integrale di Borel. - Non sempre una serie oscillante è sommabile col procedimento delle medie aritmetiche; la sommabilità (C, δ) della serie

richiede la condizione

an/nδ = 0 e così la serie

non è sommabile (C, δ), comunque grande sia δ.

Tuttavia nel tomo III del grande Trattato di calcolo differenziale e integrale di S.-F. Lacroix (1819), che riassume l'analisi del Seicento e Settecento, è attribuito a questa serie il valore 0,4036525377..., risultato che, come diremo, si può ora ritrovare col metodo di sommazione di E. Borel, assai più potente di quello di Cesaro.

Borel, rielaborando le antiche vedute e riattaccandosi alla teoria del prolungamento analitico, arriva alla somma di una serie

con la seguente considerazione. La serie

abbia raggio di convergenza ∞, sia cioè la sua somma una trascendente intera Φ(x)

si verifica allora che, se la serie

è convergente e ha per somma S, vale la relazione

ma non inversamente, giacché quest'ultimo integrale può convergere senza che la serie

converga. Questa circostanza sta a fondamento 0 della sommabilità di Borel; in generale, data una serie

e supposto che la serie

risulti una trascendente intera, o anche per prolungamento analitico una funzione Φ(x) olomorfa in un angolo del piano x limitato da due raggi uscenti dall'origine, se l'integrale

è convergente, il suo valore si chiama la somma di Borel della serie

Per la serie

si ha

e perciò la somma di Borel della (22) è

e ciò permette di concludere che la somma della (21) ha appunto il valore indicato dal Lacroix.

Il procedimento di sommazione del Borel non è regolare; ad es., dalla sommabilità della serie a0 + a1 + a2 + ... + 2n + ... non sempre si può dedurre la sommabilità di a1 + a2 + ... + an +... .

La teoria della sommabilità del Borel, perfezionata e generalizzata, è oggi a base di tutti i metodi di prolungamento analitico delle serie di potenze.

12. Serie asintotiche. - Si chiamano serie asintotiche quelle serie che provengono dalla considerazione di funzioni per valori grandissimi delle variabili, le quali, pur non essendo in generale convergenti, presentano la particolarità che la somma dei loro primi termini rappresenta il valore della funzione con un errore piccolissimo, in generale minore del primo termine trascurato della serie, mentre l'errore cresce se, conservando gli stessi valori delle variabili, si prende un maggior numero di termini.

Queste serie, già di continuo uso nei calcoli astronomici e oggi largamente applicate nella teoria degli sviluppi in serie di polinomî, furono poste in evidenza da J. J. Stieltjes (1886), che le chiamò serie semiconvergenti e da H. Poincaré (1886), che le chiamò asintotiche; è prevalsa quest'ultima denominazione.

È una serie asintotica la serie di Stirling (1730)

la quale esprime il logaritmo della funzione euleriana di seconda specie Γ(x) per le potenze di 1/x (v. funzione, n. 45; Bp indica il pmo numero Bernoulliano).

La serie (23) non converge per alcun valore di x; però, fermandosi al termine (−1)p-1 Bp/(2 p − 1)2px2p-1), si ha per log Γ(x) un valore con un errore del segno di (−1)p e in valore assoluto minore del primo termine trascurato.

Per le serie asintotiche è particolarmente importante il fatto rilevato da Poincaré che, siano o no convergenti, si possono eseguire su di esse le ordinarie operazioni di addizione, moltiplicazione, integrazione, come sulle serie convergenti, giungendo così alle serie asintotiche delle funzioni corrispondenti.

Bibl.: E. Cesaro, Corso di analisi algebrica con introduzione al calcolo infinitesimale, Torino 1894; M. Cipolla, Analisi algebrica e introduzione al calcolo infinitesimale, Palermo 1921; U. Dini, Lezioni sulla teoria generale della serie, in Ann. univ. toscane, VI (1921), pp. 247-336; L. Tonelli, Serie trigonometriche, Bologna 1928; G. Vitali, Geometria nello spazio Hilbertiano, Bologna 1929; id., Limiti, serie, frazioni continue prodotti infiniti, in Enc. delle mat. elem. di L. Berzolari, G. Vivanti, D. Gigli, I, Milano, 1932; E. Borel, Leçons sur les séries divergentes, 2ª ed., Parigi 1928; E. Kogbetliantz, Sommation des séries et intégrales divergentes par les moyennes aritmétiques et typiques, Parigi 1931; T. J. I'a. Bromwich, An Introduction to the Theory of Infinite Series, Londra 1908; K. Knopp, Theorie und Anwendung der unendlichen Reihen, 2ª ed., Berlino 1924.

Serie e seriazioni statistiche.

Una successione di dati statistici, distinti in corrispondenza alle modalità di un certo carattere a, costituisce una serie o una seriazione statistica secondo che questo carattere, dal quale si dice dipendere la serie o la seriazione, sia qualitativo o quantitativo. Schematicamente:

Le serie o seriazioni concettualmente più semplici, e che d'altronde ricorrono più spesso nella pratica, sono quelle che si dicono "di frequenze", nelle quali f1, f2, ..., fi, ..., fn denotano le frequenze assolute o relative con cui le modalità a1, a2, ..., ai, ..., an si presentano in una collettività di N unità statistiche. Ma, come si vedrà (es. 4. °), f1, f2, ..., fi, ..., fn, possono anche avere altri significati. Nel parlare comune non si fa talora distinzione tra serie e seriazione statistica.

Esempî di serie.

1. Distribuzione di 8431 soldati della provincia di Alessandria secondo il colore dei capelli (da R. Livi, Antropometria militare, Roma 1896, I, p. 188 delle tavole):

2. Nati vivi per 1000 abitanti negli anni indicati (Annuario statistico italiano, Roma 1935)

3. Ripartizione proporzionale a 1000 dei matrimonî avvenuti a Roma dal 1 giugno 1915 al 1 giugno 1917, secondo il giorno in cui vennero celebrati (da C. Gini, Di una estensione del concetto di scostamento medio, e di alcune applicazioni alla misura della variabilità dei caratteri qualitativi, in Atti del R. Istit. ven. di sc. lett. e arti, 1917-18):

4. Valore medio del primo numero sorteggiato su 100 estrazioni del lotto nelle ruote indicate, 1902-03 (da G. Mortara, Statistica metodologica, Città di Castello 1922):

Esempî di seriazioni:

5. Distribuzione delle abitazioni di Napoli secondo il numero di vani (cens. 21 aprile 1931-VIII, da P. Conca, Le abitazioni in Napoli, ecc., Napoli 1932):

6. Distribuzione degli infortunati in accidenti stradali, secondo l'età (a Napoli, nel settennio 1925-1931, da P. Conca, Gli accidenti della strada in Napoli, ecc., Napoli s. a.): fino ad anni 6:1296; da 7 a 14: 3349; da 15 a 60:7197; da 61 in poi: 1538; in totale: 13.380.

In relazione alla natura del carattere qualitativo da cui dipendono, le serie possono essere ordinate e non ordinate o sconnesse. Nelle prime il carattere presenta modalità disposte in un ordine naturale di successione; se questo ammette una prima e un'ultima modalità, esse si dicono rettolineari (es. 1°, in cui è naturale disporre i colori dei capelli dal più chiaro al più scuro o viceversa; es. 2°, in cui il carattere qualitativo è l'anno di calendario), mentre se non esiste una modalità che debba essere preferita come prima, esse diconsi cicliche (es. 30, in cui la successione dei giorni della settimana può incominciare da uno qualunque di essi). Esempio di serie sconnessa è il 4°, in cui le ruote, che non si seguono in un ordine naturale, sono state disposte, con un criterio arbitrario, in ordine alfabetico. Le serie dipendenti dalle divisioni cronologiche del tempo (es. 2°) si dicono temporali o storiche. Se invece si considerano gl'intervalli di tempo a partire da un certo istante iniziale, il tempo deve evidentemente riguardarsi come un carattere quantitativo. In tal senso le successioni:

esempio 70:

costituiscono una seriazione storica, in quanto esse dànno l'intensità di un fenomeno (popolazione) in corrispondenza a istanti determinati.

Le serie (sconnesse) nelle quali il carattere qualitativo da cui dipendono è costituito dal luogo in cui si manifesta un certo fenomeno si dicono territoriali (es. 4°).

Anche le seriazioni dànno luogo a distinzioni che si collegano al modo di essere del carattere quantitativo da cui dipendono: se questo può assumere esclusivamente una successione di valori interi si dicono discrete (es. 5°, in cui il carattere che può assumere soli valori interi è il numero dei vani), e, invece, continue se il carattere può variare con continuità (es. 6°, in cui il carattere dal quale dipende la serie è costituito dall'età).

Data una seriazione di frequenze si possono, in riferimento a un sistema cartesiano, rappresentare sull'asse delle ascisse i valori del carattere cui essa è subordinata e parallelamente all'asse delle ordinate le corrispondenti frequenze relative; la poligonale che ha i vertici negli estremi di tali ordinate costituisce un poligono di frequenze, che diviene, al limite, una curva di frequenze nel caso che quel carattere sia continuo, che il numero dei termini della seriazione tenda all'infinito e che gl'intervalli parziali di variazione del carattere tendano a zero. Si possono inoltre definire alcune quantità che servono a sintetizzare altrettante caratteristiche della seriazione data. Sono tali, per es.: i diversi valori medî di a (v. media), specialmente la mediana, la moda, la media aritmetica A e la geometrica G, definite, queste ultime, da:

dove i segni Σ e Π denotano la somma (e rispettivamente il prodotto) degli n termini analoghi a quello scritto dopo il segno, per i variabile da i a n; i diversi indici di variabilità (v. variabilità), che servono a misurare la maggiore o minore attitudine che ha il carattere a ad assumere valori fra loro diversi, e in particolare lo scostamento quadratico medio dalla media aritmetica, definito da:

gl'indici di asimmetria, che hanno lo scopo di mostrare se la seriazione si scosti più o meno dalla conformazione simmetrica, che si verifica quando a valori del carattere a equidistanti dalla media corrispondono frequenze uguali; ecc. Un indice di asimmetria è la media cubica degli scarti dalla media aritmetica e cioè:

espressione che sarà positiva, negativa o nulla secondo che prevalgano gli scarti positivi, oppure quelli negativi, oppure né gli uni né gli altri (condizione, quest'ultima, necessaria, ma non sufficiente, di simmetria).

Le serie temporali o storiche, che hanno grande importanza specialmente nelle statistiche economiche (serie di indici di prezzi, del costo della vita, di quantità esportate o importate, ecc.), dànno luogo a diverse distinzioni. Statiche sono quelle i cui termini rimangono presso a poco costanti attraverso il tempo: per es. rapporto numerico dei sessi fra i nati vivi di una successione di anni (v. nascita, Statistica della natalità). Si dicono, invece, dinamiche se i termini hanno una spiccata tendenza a variare, e precisamente evolutive se la tendenza è prevalentemente in senso crescente o decrescente, e altrimenti non evolutive. La seguente serie:

Es. 8° - Rendimento medio annuale in quintali per ha. del frumento in Italia (Compendio statist., 1934 e Bollett. di statistica agraria, 1935)

costituisce una serie dinamica evolutiva progressiva, che documenta lo sforzo compiuto dal governo fascista per l'intensificazione della produzione granaria.

Per lo studio e per la comparazione delle serie e delle seriazioni è molto utile l'impiego di convenienti rappresentazioni grafiche (v. cartogrammi; diagramma; stereogramma). Per l'analisi delle componenti (secolare, stagionale, cicliche, accidentali) di una serie storica v. Statistica: Statistica metodologica.

Il concetto di serie e di seriazione statistica può estendersi al caso di dipendenza da più di un carattere. Per lo schema di una serie o seriazione dipendente da due caratteri (cioè a due dimensioni), v. Probabilità: Applicazioni alla statistica.

Bibl.: R. Benini, Statistica metodologica, Torino 1906; C. Gini, Variabilità e mutabilità, Bologna 1912; Appunti di statistica, 3ª ed. curata da A. de Pietri Tonelli, Padova 1921; G. Mortara, Lezioni di statistica metodologica, Città di Castello 1922; F. Vinci, Manuale di statistica, Bologna 1934. Per l'estensione alla serie dei concetti di media dipendenti da caratteri qualitativi, oppure da due caratteri. C. Gini e L. Galvani, Di talune estensioni dei concetti di media ai caratteri qualitativi, in Metron, 1929.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata

TAG

Calcolo delle probabilità

Analisi infinitesimale

Calcolo infinitesimale

Proprietà commutativa

Metodo di esaustione