SERVITÙ

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

SERVITÙ (XXXI, p. 468)

Domenico PASTINA

Il codice civile del 1942 ha mutato profondamente la sistemazione e la disciplina particolare della materia, portando notevoli innovazioni in alcuni suoi punti essenziali. Delle servitù prediali il nuovo codice si occupa in un titolo a sé, il VI del libro III, relativo alla proprietà, diversamente da quanto faceva il codice del 1865, il quale sotto un unico titolo ("Delle modificazioni della proprietà") comprendeva, sotto due capi distinti, oltre le servitù prediali, anche l'usufrutto, l'uso e l'abitazione.

Se pure invalsa nella terminologia tradizionale, una classificazione delle servitù in prediali e personali ha oggi ancora minor ragione di esistenza. Di vere e proprie servitù non si può parlare che per le servitù prediali: unico elemento comune ad esse e agl'istituti sopra accennati è di appartenere alla categoria dei diritti reali.

È chiarito dal nuovo codice, o meglio dai lavori che hanno preceduto il testo definitivo, il dubbio che era sorto secondo il codice del 1865 circa la possibilità di esistenza di servitù irregolari. La loro costituzione era stata prevista dal progetto redatto per il nuovo codice dalla commissione reale (art. 267), allo scopo di lasciare all'autonomia privata la facoltà di assoggettare ai più svariati vincoli la proprietà fondiaria. La soppressione del predetto articolo nel progetto, e quindi nel testo definitivo, dimostra chiaramente la intenzione di non dare a tali servitù diritto di cittadinanza.

Nessuna modificazione essenziale per quanto riguarda la natura e il concetto di servitù prediale: da notare soltanto che, con una espressione più concisa, ma più comprensiva, il codice del 1942 (art. 1027) non parla più di uso o di utilità del fondo dominante, ma di "utilità" soltanto, in cui naturalmente deve ritenersi compreso anche l'uso. Notevole anche la nozione del concetto di utilità, contenuto nel successivo art. 1028, per il quale l'utilità stessa può consistere anche nella maggiore comodità o amenità del fondo dominante, come può essere inerente alla destinazione industriale di questo. Di notevole rilievo, tra le disposizioni di carattere generale, quella (art. 1029) che ammette la costituzione di una servitù per assicurare a un fondo un vantaggio futuro.

Immutati sono rimasti i principî e i concetti tradizionali, relativi alla inalienabilità e alla indivisibilità delle servitù; alla vicinitas dei due fondi; al principio servitus in faciendo consistere nequit; a quello nemini res sua servit, chiaramente desumibile dal fatto che i due fondi debbono appartenere a diversi proprietarî; all'altro servitus sevitutis esse non potest, ecc.

Il codice del 1865 aveva classificato le servitù in due ampie categorie: servitù stabilite dalla legge e servitù stabilite per fatto dell'uomo, comprendendo in queste ultime non soltanto quelle costituite per volontà negoziale, ma altresì quelle stabilite per prescrizione e per destinazione del padre di famiglia. Le critiche suscitate da tale classificazione erano, può dirsi, unanimi: sia perché inesatto si riteneva il richiamo alla legge come modo di costituzione della servitù, sia perché erano comprese in detta classificazione norme delle quali la maggior parte costituivano non già vere e proprie servitù, ma rappresentavano delle limitazioni del diritto di proprietà, dei modi di manifestazione e di esercizio di tale diritto in alcuni casi previsti dalla legge.

Con una sistematica molto più appropriata, il nuovo codice ha distinto le servitù in coattive e volontarie, aggiungendo a tali categorie quelle delle servitù costituite per usucapione e per destinazione del padre di famiglia. Forse la distinzione in tali due ultime categorie appare superflua, in quanto sia dalla usucapione sia dalla destinazione del padre di famiglia non è disgiunto un concetto di volontarietà (che è l'unico poi che fondamentalmente può opporsi a quello di coazione stabilito dal nuovo codice); ma la nuova classificazione adoperata sta chiaramente ad indicare che per servitù volontarie debbono intendersi soltanto quelle stabilite per volontà negoziale.

Mantenute dall'attuale codice le distinzioni delle servitù in affermative e negative, in apparenti e non apparenti, l'altra distinzione che faceva il vecchio codice delle servitù in continue e discontinue è scomparsa, e ciò ha una importanza notevole per quanto riguarda i modi di acquisto e l'estinzione delle servitù (v. appresso).

Essenziale è per il nuovo codice, agli effetti di cui sopra, la distinzione delle servitù in apparenti e non apparenti, intendendosi per non apparenti quelle in cui non si hanno opere visibili e permanenti destinate al loro esercizio.

Servitù coattive. - L'espressione "servitù coattive", adoperata dal nuovo codice invece di "servitù legali" sta ad indicare che dalla legge è imposta la costituzione di una determinata servitù, non che dalla legge questa sorga senz'altro. Ed il nuovo codice dispone appunto (art. 1032) che essa può essere costituita mediante convenzione o con sentenza, la quale ne stabilisce le modalità e determina l'indennità da corrispondersi, oppure, aggiunge ancora, mediante atto dell'autorità amministrativa. Non hanno quindi più trovato sede nel titolo delle servitù prediali quelle norme che costituivano delle limitazioni del diritto di proprietà, e cioè quelle concernenti il decorso e l'uso delle acque; le norme concernenti le distanze da osservarsi nelle costruzioni, nelle piantagioni e negli scavi e quelle concernenti le luci e le vedute o che stabilivano presunzioni di comunione relativamente ai muri divisorî, ai fossi e alle siepi. Del pari non è stato più compreso tra le servitù prediali l'accesso al fondo altrui reso necessario per l'esecuzione di determinate opere. Tutto questo complesso di norme è invece compreso nel nuovo codice sotto il titolo della proprietà come strettamente inerenti al diritto di proprietà, di cui costituiscono una limitazione.

Le servitù coattive contemplate dall'attuale codice, e già comprese nel codice abrogato, sono quelle dell'acquedotto e dello scarico coattivo; dell'appoggio e dell'infissione di chiusa; del passaggio coattivo a favore di un fondo intercluso. A tali tipi di servitù il nuovo codice ha aggiunto la somministrazione coattiva di acqua a un edificio o a un fondo, l'elettrodotto coattivo e il passaggio coattivo di linee teleferiche. Per queste ultime due il codice ne demanda alle particolari leggi in materia la disciplina. Da ricordare che per la prima è in vigore il t.u. 11 dicembre 1933, n. 1775, nonché gli articoli 714-717 del codice della navigazione, e per la seconda la legge 13 giugno 1907, n. 829.

Servitù volontarie. - Il loro modo di costituzione è il contratto o il testamento. Il potere di costituire servitù sul fondo spetta pure, in caso di usufrutto, al nudo proprietario, purché però la servitù non pregiudichi l'usufruttuario. Uguale potere spetta all'enfiteuta (arg. ex art. 1077), ma la durata della servitù è legata a quella dell'enfiteusi. La concessione della servitù fatta da uno dei comproprietarî non può pregiudicare gli altri. Per la costituzione della servitù sul fondo comune è necessario il consenso di tutti i partecipanti. Così l'enfiteuta, come l'usufruttuario e come infine il marito rispetto al fondo dotale possono costituire servitù a favore del fondo.

Servitù acquistate per usucapione e per destinazione del padre di famiglia. - È su tal modo di acquisto che maggiormente si riflette la soppressione della distinzione fra servitù continue e discontinue. Per il codice del 1865 erano acquisibili per usucapione o per destinazione del padre di famiglia soltanto le servitù continue ed apparenti. In realtà il requisito dell'apparenza è già di per sé stesso evidente intenzione di fare della servitù; si tratti quindi di servitù continua o discontinua, purché esistano opere visibili e permanenti destinate all'esercizio della servitù, ciò è sufficiente perché possa decorrere il termine per l'usucapione o possa aver luogo la destinazione del padre di famiglia. Correlativa a tali principî, che hanno ispirato la nuova sistematica del codice del 1942, è la soppressione della norma contenuta nel secondo comma dell'art. 631 del vecchio codice, concernente l'inizio del possesso nelle servitù negative. Poiché le servitù apparenti sono tutte affermative era inutile parlare in questo caso anche delle servitù negative.

Esercizio delle servitù. - A parte un riordinamento secondo un criterio più razionale che il nuovo codice ha dato alla materia, le norme relative all'esercizio delle servitù sono rimaste sostanzialmente inalterate. Di nuovo e di notevole è da segnalare la disposizione con la quale si dà all'autorità giudiziaria la facoltà di disporre che la servitù sia trasferita su altro fondo del proprietario del fondo servente o di un terzo che vi acconsenta, quando l'esercizio di essa riesca ugualmente agevole al proprietario del fondo dominante (art. 1068); quella per cui se il fondo servente viene diviso e la servitù ricade su una parte di esso, le altre parti sono liberate.

Estinzione delle servitù. - Nessuna innovazione sostanziale rispetto al codice del 1865 per quanto riguarda i modi di estinzione delle servitù: confusione, prescrizione, decorso del termine. È piuttosto da segnalare, in relazione a quanto già detto precedentemente, che riappare qui la distinzione tra servitù continue e discontinue (art. 1073), per quanto le due espressioni non siano nel testo adoperate. Quando si parla infatti di servitù per il cui esercizio è necessario il fatto dell'uomo, la legge intende riferirsi alle servitù discontinue. Ma, d'altra parte, di tale distinzione - se essa poteva ritenersi inoperante ai fini dell'usucapione - non poteva farsi a meno agli effetti della estinzione della servitù.

Nulla si ha di sostanzialmente mutato per quanto riguarda la sospensione o la quiescienza della servitù, l'esercizio di essa in tempo diverso da quello determinato, ecc.

Azioni a difesa delle servitù. - Sebbene di una estrema laconicità, il nuovo codice ha introdotto una disposizione concernente l'azione tipica a tutela del diritto di servitù, e cioè l'actio confessoria o vindicatio servitutis. Veramente di actio confessoria vera e propria si potrebbe parlare soltanto per quanto riguarda la prima parte dell'art. 1079, concernente cioè l'accertamento della esistenza della servitù contro chi ne contesti l'esercizio. Ma la disposizione stessa attribuisce al titolare della servitù, e non quindi al possessore a qualsiasi titolo del fondo dominante, anche l'azione per rimuovere eventuali impedimenti e turbative.

Di alcune servitù in materia di acqua. - In un ultimo capo infine (capo VIII) del medesimo titolo VI il nuovo codice ha raccolto quelle norme del codice anteriore, sparse in varie sezioni, relative ad alcune servitù in materia di acque (servitù di presa o di derivazione di acque, servitù degli scoli o degli avanzi di acqua). Poche innovazioni di carattere sostanziale in materia: da segnalare quella dell'art. 1092 in tema di onere della deficienza dell'acqua tra i diversi utenti; quella dell'art. 1095 per cui non è stato riprodotto il secondo comma dell'art. 637 del codice abrogato in quanto la riproduzione di tale disposizione sarebbe stata in contrasto con la norma della non usucapilità delle servitù non apparenti.

Bibl.: R. De Ruggiero, Istit. di Diritto civile, Messina 1934; C. Ferrini, G. Pulvirenti, A. Butera, Delle servitù prediali, Torino 1916-23; F. Bianchi, Servitù legali, Lanciano 1888; L. Coviello, Le servitù prediali, Napoli 1926; A. Cicu, Le servitù prediali, Bologna 1931; L. Barassi, I diritti reali limitati, Milano 1937; L. Cariota-Ferrara, in Comm. diretto da M. D'Amelio, Firenze 1942; D. Barbero, ibidem, ivi 1942; G. Branca, in Comm. del Codice civile.

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