SERVOSISTEMA

Enciclopedia Italiana - III Appendice (1961)

SERVOSISTEMA (fr. système asservi; ingl. servosystem; ted. Regelsystem; russo sistema avtomatičeskogo upravlenia)

Goffredo RUBINO

Generalità. - Servosistema è un sistema fisico a controreazione, nel quale si cerca di stabilire una relazione funzionale fra una o più grandezze fornite al sistema (grandezze di entrata o di comando) e una o più grandezze da questo elaborate (grandezze controllate o di uscita); la potenza all'uscita è indipendente da quella che accompagna le grandezze d'ingresso e, di regola, molto maggiore.

Il caso più comune, al quale nel seguito di regola ci riferiamo, è che ci sia una sola grandezza di comando e una sola grandezza controllata, e che fra esse si voglia stabilire una relazione d'identità.

Una rappresentazione grafica molto impiegata nel campo dei s. è quella che fa uso degli schemi a blocchi (ingl.: block diagram); in tali schemi, che si adoperano ogni volta che non interessa conoscere la struttura fisica dei componenti, ma le funzioni da essi esplicate e il modo con cui essi sono collegati, si rappresentano le parti del sistema che si vogliono mettere in evidenza mediante rettangoli o "blocchi", disposti in cascata; i segmenti che collegano i blocchi sono orientati nella direzione di propagazione del flusso di informazioni (v. anche controlli automatici, in questa App., I. p. 430).

La fig. 1 rappresenta lo schema a blocchi di un s. ridotto alla sua più semplice espressione: r è la grandezza di comando e c quella controllata. La catena di controreazione (o di precisione) riporta all'ingresso la c e la confonta con la r in un comparatore (chiamato anche discriminatore o differenziale) che fornisce alla catena diretta (o catena di azione) l'errore (o scarto o grandezza agente) e = r c, differenza fra entrata e uscita; il funzionamento delle catene di azione e di controreazione non è reversibile, in quanto i segnali viaggiano in un senso ben determinato che è quello indicato dalla freccia, e cioè dall'ingresso verso l'uscita nella catena di azione, e dall'uscita verso l'entrata nella catena di precisione.

Ad un s. si richiede, in generale: 1) di rispondere con precisione sufficiente a funzioni di comando di forma d'onda variabile; 2) di avere sufficiente prontezza di risposta, cioè di essere capace di riprodurre con sufficiente rapidità funzioni di comando a fronte d'onda ripido; 3) di avere un comportamento il più possibile indipendente da grandezze diverse da quella di comando, cioè di essere insensibile alle perturbazioni; 4) di essere stabile, cioè tale che l'uscita non contenga componenti indipendenti dall'entrata che non tendano ad estinguersi o almeno a ridursi sufficientemente piccole.

In un sistema di controllo a ciclo aperto o a catena aperta (fig. 2), come si chiamano quelli privi di catena di controreazione, nei quali la risposta dipende, oltre che dalla conformazione del sistema, esclusivamente dalla grandezza di comando, l'introduzione della controreazione migliora sostanzialmente il comportamento nei riguardi dei primi due requisiti.

L'introduzione della catena di controreazione provoca infatti, fra l'altro, un aumento della banda passante, tanto più rilevante quanto più elevata è l'amplificazione della catena d'azione. Ciò deriva sostanzialmente dal fatto che il sistema a controreazione si comporta come uno strumento di zero, il quale tende ad annullare lo scarto fra ingresso e uscita: se il guadagno della catena di azione è molto grande, variazioni anche piccole dell'uscita e quindi dello scarto provocano energiche azioni correttive. In conseguenza, anche forme d'onda a spettro di Fourier molto esteso, come quelle a fronti ripidi, vengono riprodotte con maggior precisione. Questa, in definitiva, è legata alla precisione con cui si misura lo scarto fra uscita ed entrata e quindi dalla precisione degli elementi della catena di controreazione; la precisione degli elementi della catena diretta non gioca invece, da questo punto di vista, un ruolo essenziale.

È particolarmente indicativo, a questo riguardo, il confronto fra le risposte indiciali, cioè le risposte a un comando avente la forma di una funzione unitaria 1 (t) di uno stesso sistema prima e dopo la chiusura della catena di controreazione (fig. 3).

Nel sistema a controreazione è maggiore la ripidità del fronte d'ingresso e quindi la prontezza di risposta; se esso è ben studiato, gli scarti fra le ordinate della variabile controllata e del comando sono, almeno da un certo istante in poi, minori che nel sistema a ciclo aperto ed è più breve il tempo necessario a che lo scarto fra uscita e comando si mantenga permanentemente inferiore a un dato valore.

L'introduzione della controreazione in un s. di controllo a ciclo aperto peggiora peraltro, in generale, la situazione nei riguardi della stabilità, che è il requisito fondamentale a cui il sistema deve soddisfare, perché esso abbia una qualche utilità pratica; e ciò proprio a causa dell'aumento di precisione ottenuto.

La cosa si spiega con il fatto che, quanto maggiore è la fedeltà richiesta, tanto minore è l'errore tollerabile e più energica deve essere l'azione correttrice; l'elevata amplificazione della catena di azione, che ne costituisce il presupposto, può provocare fenomeni d'instabilità, a causa dei ritardi inevitabili nella risposta dei varî elementi del sistema, cha acquistano in questo caso grande importanza. Dopo che l'azione correttrice ha avuto luogo e la necessità della correzione è venuta meno, per i ritardi in tali elementi l'arresto dell'azione può infatti non avvenire in tempo per impedire uno scarto eccessivo in senso opposto della variabile controllata; tale scarto può diventare maggiore di quello che ha dato origine all'azione correttrice e quindi dare origine ad oscillazioni.

Sempre con riferimento alla fig. 3, l'entità della sovraelongazione (ingl.: overshoot), cioè del fenomeno per cui l'uscita risulta, in certi istanti maggiore dell'entrata, che si verifica se nel sistema sono simultaneamente presenti elementi reattivi di specie diversa e le resistenze passive sono abbastanza piccole, risulta maggiore nel sistema a catena chiusa che in quella a catena aperta; e ciò proprio perché la sovraelongazione indica tendenza all'instabilità.

In effetti, il funzionamento di un sistema di controllo dipende da altre grandezze, oltre che da quella che abbiamo chiamata di comando, la riproduzione della quale (o di qualche sua prestabilita funzione) costituisce la ragion d'essere del sistema stesso.

Tali grandezze "o entrate secondarie", siano esse di origine esterna (carichi variabili all'uscita, azioni ambientali, ecc.) oppure di origine interna, come ad esempio i "rumori" nei componenti elettrici del sistema, costituiscono perturbazioni (o disturbi), che, in definitiva, modificano le caratteristiche intrinseche del sistema, in maniera in generale non prevedibile a priori; in conseguenza, non è più determinata la relazione funzionale fra uscita e ingresso. La controreazione riduce la sensibilità del sistema ai disturbi: poiché ogni perturbazione provoca un aumento dello scarto fra l'andamento ideale e quello effettivo, essa fa nascere nel sistema azioni correttive che tendono ad annullarlo. La controreazione, in altri termini, funziona come un filtro che discrimina le entrate parassite da quelle desiderate.

Le fedeltà e la prontezza di risposta di un s. si possono convenzionalmente valutare, riferendosi al suo comportamento a comandi di forma tipica, e in particolare alla funzione unitaria (fig. 4).

Si definiscono così: a) una precisione statica, caratterizzata dal valore dell'"errore a regime", cioè dallo scarto fra uscita e ingresso dopo un tempo molto lungo dall'applicazione del comando (supposto di forma d'onda tale che si possa stabilire un regime permanente nel sistema); poiché in un s. non si raggiunge di regola mai un regime, tale precisione statica è atta a caratterizzare il suo comportamento generale quando il comando (e la risposta) varia molto lentamente; b) una precisione dinamica, connessa con l'entità dello scarto, nel periodo transitorio, fra uscita e entrata, supposta questa a gradino unitario; c) una prontezza legata alla ripidità del fronte d'ingresso della risposta indiciale, la non verticalità del quale è dovuta ad un ritardo fra comando e risposta, causato dagli elementi inerziali.

Le caratteristiche della risposta indiciale e quindi la precisione e la prontezza di risposta del s. si possono a loro volta convenzionalmente individuare a mezzo delle seguenti grandezze: d) tempo di formazione, cioè il tempo t0 necessario per raggiungere una determinata frazione (ad es. il 90%) del valore asintotico (di regime); e) tempo di assestamento, cioè il tempo ts necessario perché l'ampiezza dell'oscillazione eventualmente presente scenda al disotto di una data frazione (ad es. il 2%) del valore finale; f) valore percentuale della sovraelongazione, riferito al valore asintotico della risposta.

Poiché la pendenza del fronte d'ingresso della risposta cresce all'aumentare della sovraelongazione, una buona precisione dinamica e una buona prontezza di risposta richiedono un valore non troppo piccolo della percentuale di sovraelongazione (ad es., il 25%), che viene fissato in modo diverso a seconda delle applicazioni, e quindi un valore non eccessivamente ridotto di un "coefficiente di smorzamento" da cui quello dipende, il quale caratterizza l'importanza relativa delle resistenze passive e degli elementi di natura reattiva.

Un valore eccessivo dell'overshoot è invece pericoloso perché può portare a instabilità nel caso di accidentali variazioni dell'amplificazione della catena d'azione.

La specificazione delle caratteristiche richieste può essere fatta riferendosi al campo delle frequenze anziché a quello temporale.

Infatti, come s'è già detto, al crescere della larghezza di banda aumentano la precisione dinamica e la prontezza del sistema, ma peggiorano le sue proprietà filtranti, specie nei confronti del rumore; tale banda deve avere quindi la larghezza strettamente necessaria per ottenere le prestazioni desiderate, perché un suo ulteriore aumento può provocare una riduzione del rapporto segnale-rumore, e quindi, in definitiva, della precisione. Da questo punto di vista è, in genere, desiderabile una rapida caduta della curva di guadagno fuori della banda passante.

La larghezza di banda varia in ragione inversa del tempo di formazione. D'altro lato, il rapporto fra le ampiezze della risposta e del comando, supposte entrambi funzioni circolari del tempo, presenta in genere un (o più d'uno) massimo Mm per una (o più d'una) pulsazione ωm, che è detta di risonanza. Al crescere di questa aumenta la larghezza di banda; l'aumento di Mm, a cui è legato il valore della sovraelongazione, diminuisce il margine di stabilità, mentre la sua diminuzione è dannosa per la prontezza. Spesso, nei calcoli di prima approssimazione, s'impone che sia 1,1 ≤ Mm ≤ 1,4.

Compensazione. - Poiché le esigenze di stabilità e di precisione sono contrastanti, in generale non basta la chiusura della catena, perché un sistema di controllo possegga i requisiti richiesti. Si presenta la necessità di modificare le caratteristiche di un s., e in particolare dei suoi componenti fissi, in guisa da correggerne una insoddisfacente prestazione.

Ciò si può ottenere, in modo semplice ed economico, inserendo nel s. dei componenti opportuni, detti correttori o compensatori, i quali, a seconda che siano introdotti in cascata nella catena diretta (di regola negli stadî a basso livello, per ragioni di economia e praticità) oppure nella catena di controreazione, si chiamano rispettivamente compensatori in cascata (o in serie) e compensatori in retroazione (o in parallelo). Essi sono generalmente costituiti da reti elettriche passive; nei s. nei quali i segnali non hanno natura elettrica in nessuna sezione, si usano correttori meccanici, idraulici o pneumatici.

a) Compensatori in cascata. - In pratica si adoperano solo due tipi di compensazione in cascata e cioè la compensazione per ritardo di fase (o per controllo integrale), e la compensazione per anticipo di fase, o una loro combinazione (controllo di anticipo e ritardo).

La compensazione per controllo integrale viene impiegata soprattutto per eliminare l'errore a regime, senza modificare sensibilmente, se ben proporzionata, la risposta transitoria. Essa consiste nel ricavare un segnale che sia la somma di due parti, una proporzionale all'errore e l'altra al suo integrale: in questo modo lo scarto iniziale, successivo alla messa in azione del s., tende ad annullarsi, ma l'azione correttrice non si annulla perché contiene un termine proporzionale all'integrale dello scarto, che è diverso da zero anche quando l'errore si è annullato, e può acquistare il valore necessario perché l'azione correttrice sia quella che occorre per ottenere a regime c = r.

La compensazione per anticipo di fase ha lo scopo di migliorare la stabilità e la rapidità della risposta senza aumentare l'errore a regime, nonché di diminuire o eliminare l'effetto dei ritardi parassiti. Esso si ottiene ricavando un segnale correttore che sia la somma di due parti, una proporzionale allo scarto e l'altra alla derivata dello scarto. L'entità della correzione dipende pertanto, oltre che dal valore attuale dell'errore anche dal suo valore futuro: una sua tendenza all'aumento più o meno forte provoca una correzione più o meno energica e di senso tale da opporsi alla variazione dell'errore: finché questo aumenta, la presenza del termine proporzionale alla derivata dell'errore aumenta l'entità dell'azione correttrice; al diminuire dell'errore l'addendo proporzionale alla derivata cambia segno, e quindi l'azione correttrice globale diminuisce più rapidamente, adeguandosi alla misura dell'errore; il dispositivo si oppone all'insorgere di oscillazioni spurie, cioè indipendenti dall'azione di comando, e quindi ha un effetto stabilizzatore.

Composizione di un servosistema. - Lo schema più generale di un s. è quello di fig. 5.

Per ragioni di carattere pratico, i segnali presenti nelle diverse sezioni del s. possono avere natura fisica diversa; in particolare, il comando e l'uscita possono essere di natura non elettrica (ad es. posizioni angolari, temperature, pressioni, ecc.), mentre conviene spesso che il s. elabori, almeno in alcune sue parti, segnali di natura elettrica, di più facile manipolazione; oppure, può darsi che il comparatore sia atto ad effettuare la differenza solo di grandezze di natura fisica diversa da quelle che competono al comando e alla grandezza controllata (così, per es., il comparatore può essere uno strumento per la misura della differenza di due tensioni mentre l'entrata o l'uscita o entrambe sono posizioni angolari). In tal caso, la grandezza di comando v è applicata, non direttamente al comparatore, ma ad un trasduttore d'entrata, il quale ha lo scopo di modificarne opportunamente la natura fisica senza variarne, almeno teoricamente, la forma d'onda. Analoga trasformazione può essere necessaria per la variabile controllata c, il cui organo trasduttore, se esiste, si deve intendere incorporato nell'elemento di controreazione.

Le grandezze applicate al comparatore sono quindi, da un lato quella uscente dal trasduttore d'entrata, o grandezza di riferimento, r, dall'altro quella proveniente dall'elemento di controreazione, o grandezza di controreazione, b; la loro differenza, effettuata dal comparatore (come ricordano i segni + e − apposti vicino al relativo simbolo), è l'errore o scarto o grandezza agente, e, che è applicato al dispositivo di controllo. Questo comprende: 1) il compensatore o correttore in cascata; 2) un amplificatore a uno o più stadî, che eleva il livello del segnale agente; 3) un dispositivo di uscita od organo finale, (ad es., servomotore), che fornisce la grandezza di correzione, m (ad es., una coppia motrice funzione opportuna della grandezza agente), ad un livello di potenza sufficiente ad agire sul sistema controllato. All'uscita di questo si ottiene la variabile direttamente controllata, c, così chiamata per distinguerla dall'eventuale variabile indirettamente controllata, q, che spesso costituisce lo scopo finale di un sistema di controllo, ma sulla quale non si può agire se non attraverso la grandezza c (così la velocità di una reazione chimica che viene controllata a mezzo della temperatura). Naturalmente, le parti del dispositivo di controllo, descritte come separate, possono essere incorporate le une nelle altre in misura parziale o totale; vi possono essere inseriti trasduttori quando i segnali nelle varie parti hanno natura fisica diversa (come accade, ad es., se ad un amplificatore elettrico segue un motore idraulico) o in alcune di esse sono modulati, mentre in altre no (v. anche controlli automatici, in questa App., I, p. 430).

Molto spesso la grandezza di controreazione s'identifica con la variabile controllata (s. a ritorno unitario). Un eventuale elemento di controreazione inserito nella catena di precisione, oltre che funzione di trasduzione può avere altri compiti: principalmente, quello di modificare ed elaborare opportunamente la grandezza della variabile di controreazione, come, ad es., nei s. nei quali si vuole una uscita proporzionale (non uguale all'entrata).

I componenti descritti possono poi, ciascuno per proprio conto, essere sistemi a controreazione (o anche a reazione positiva); in particolare, questo si verifica per quelle parti del s. la cui risposta venga corretta mediante compensatori inseriti in controreazione.

Nello schema sono anche rappresentati i disturbi che agiscono sul sistema controllato.

Rispetto agli altri sistemi a controreazione, in particolare agli amplificatori elettronici, i s. presentano caratteristiche peculiari, delle quali le più importanti sono le seguenti:

1) I s. spesso impiegano componenti dati a priori (elementi "fissi"), in quanto determinati in base a considerazioni ed esigenze diverse da quelle del controllo (ad es. i servomotori con le loro caratteristiche commerciali, i processi e gli impianti da controllare, ecc.). Tali componenti devono essere accettati con le loro peculiarità, e gli unici elementi a disposizione del progettista sono gli elementi di correzione.

2) Nei s. sono presenti disturbi in punti anche diversi dall'entrata (coppie resistenti, pressioni, temperature e in genere caratteristiche variabili dei sistemi controllati), ed è problema fondamentale minimizzarne gli effetti; negli amplificatori i disturbi che hanno importanza prevalente sono in genere i rumori presenti all'entrata.

3) Gli elementi dei circuiti elettrici degli amplificatori sono molto precisi e di caratteristiche invariabili per lunghi periodi di tempo. I componenti dei s. comprendono invece, oltre a quelli elettrici, elementi meccanici, idraulici, pneumatici, le cui caratteristiche sono determinabili con approssimazione di solito scarsa; ciò che rende la precisione di calcolo dei s. inferiore a quella dei sistemi elettrici.

4) Nei s. è spesso essenziale che la risposta sia immediata (mentre nei sistemi di comunicazione, ad es., può non avere importanza un ritardo di trasmissione).

Classificazione dei servosistemi. - Si indicano con il nome di servomeccanismi (fig. 6) i s. in cui l'uscita è una grandezza meccanica (ma gli anglosassoni adoperano il termine servomechanism come sinonimo di s.); e con il termine regolatori si designano i s. ad entrata costante, ai quali si richiede un'uscita costante, nonostante i disturbi (figg. 7 e 8).

I s. si possono classificare da diversi punti di vista. In relazione al supporto fisico cui si affida il trasporto dell'informazione si distinguono i s. a propagazione diretta (o a corrente continua) e quelli a modulazione, fra i quali particolarmente interessanti quelli a corrente alternata che comprendono, fra l'altro, i "servomeccanismi di posizione", facenti uso di sincromacchine (ingl.: syncro) (fig. 9). In relazione al modo con cui si effettua la misura dell'errore, si hanno i s. a misura continua dell'errore e i s. a segnali campionati (fig. 10), nei quali ultimi, a differenza dei primi, la grandezza agente uscente dal comparatore è applicata solo periodicamente al s.; a seconda che l'azione correttrice varî con continuità col variare dell'errore oppure abbia un numero finito (di regola due) di valori, si hanno i s. ad azione continua e quelli ad azione intermittente (a relè o a tutto o niente); oltre ai s. a comando unico e uscita unica si hanno i s. a più variabili, come il regolatore per gruppo elettrogeno di fig. 11 nel quale si regola la tensione dell'alternatore agendo sull'eccitazione e si regola la velocità del motore agendo sulla valvola a farfalla, le due regolazioni essendo interdipendenti.

Un'altra classificazione, che fa riferimento alla natura dei componenti, distingue s. lineari e s. non lineari. Questa classificazione è d'importanza fondamentale, sia perché le proprietà delle due categorie sono profondamente diverse, sia per il fatto che nei due casi differiscono radicalmente i metodi di calcolo; fra l'altro, i metodi relativi ai servosistemi lineari hanno una generalità ed una completezza di sviluppo che è lungi dall'essere posseduta dai procedimenti in uso per i sistemi non lineari.

Servosistemi lineari. - Un sistema fisico, in particolare un s., si dice lineare se le grandezze d'uscita sono legate alle grandezze d'entrata da relazioni esprimibili a mezzo di equazioni differenziali lineari a coefficienti indipendenti dalle cause agenti. Se, come supporremo sempre nel seguito, il sistema è a costanti concentrate, queste equazioni sono alle derivate ordinarie, cioè del tipo:

il cui ordine si chiama ordine del servosistema.

I componenti elementari di un sistema lineare devono essere tutti lineari; le equazioni di equilibrio dinamico sono effettivamente differenziali soltanto per i componenti passivi di natura reattiva (come ad es. le capacità e le membrature elastiche o le induttanze e le parti dotate di massa); mentre per quelli dissipativi risultano algebriche (lineari).

Per i sistemi lineari è valido il principio di sovrapposizione: "la risposta alla somma (o ad una certa combinazione lineare) di più cause agenti è la somma (o una combinazione lineare con gli stessi coefficienti) delle risposte che le singole cause agenti provocherebbero se agissero isolatamente". In conseguenza, variando l'ampiezza del comando senza modificarne la forma d'onda, la risposta muta d'ampiezza ma non muta di forma; è per questo che le prestazioni dei sistemi lineari si possono caratterizzare con le risposte a forme d'onda tipiche.

Se i coefficienti che compaiono nelle equazioni di equilibrio non dipendono dal tempo, e indipendenti dal tempo sono quindi anche i parametri che caratterizzano tutti i componenti elementari del sistema, il sistema si dice a parametri indipendenti dal tempo o normale. Per sistemi del genere vale il principio di traslazione: "la traslazione nel tempo della causa agente non modifica la forma d'onda della risposta ma provoca in essa una traslazione identica". La maggior parte dei s. lineari è a parametri indipendenti dal tempo; non sono invece tali, ad es., i servosistemi a segnali campionati, nei quali esiste un elemento, il campionatore, a risposta non normale perché dà sempre uscita nulla, salvo in certi istanti, regolarmente spaziati, nei quali l'uscita è proporzionale all'entrata (v. fig. 10).

Naturalmente, i sistemi lineari e normali (di regola indicati col solo termine linear nella letteratura in lingua inglese) soddisfano insieme al principio di traslazione ed a quello di sovrapposizione. Da ciò segue la proprietà che è isomorfa la loro risposta a comandi che siano funzioni esponenziali del tempo: cioè a comandi del tipo r = Rest corrispondono risposte del tipo c = W(s) Rest, con W(s) dipendente solo dalla configurazione del sistema. In particolare, quindi, a funzioni di comando di tipo circolare corrispondono uscite che sono funzioni circolari del tempo di eguale frequenza, ma di ampiezza e fase in generale diverse; la risposta non può pertanto contenere componenti armoniche di frequenza diversa da quelle presenti all'entrata.

La stabilità di un s. lineare, sempre di tipo asintotico, o la sua instabilità sono caratteristiche intrinseche, indipendenti dalle condizioni iniziali e dal modo in cui il sistema viene eccitato.

A rigore, non esistono s. lineari: descrivere come tale un s. significa quindi darne una rappresentazione semplificata, e sostituirlo con un modello matematico, valido se l'escursione delle cause agenti è compresa entro un intervallo tale che in esso ognuno dei componenti si possa considerare lineare, in relazione al grado di approssimazione desiderato. Devono altresì essere trascurabili certi effetti come gli effetti "di soglia" e "di saturazione" (fig. 16), i primi dei quali (di particolare interesse per i sistemi contenenti elementi meccanici: attrito non viscoso, giochi, laschi) pongono un limite inferiore e i secondi (specialmente importanti per i componenti elettrici) un limite superiore ai segnali applicabili in regime di linearità; il sistema, inoltre, non deve contenere elementi (ad es. relè) non linearizzabili in alcun caso.

Per soddisfare alle condizioni anzidette, i componenti devono essere sovradimensionati rispetto alle prevedibili cause agenti, ciò che ne aumenta naturalmente il costo. In assenza di fenomeni di isteresi, questo procedimento di sovradimensionamento equivale sostanzialmente a rendere trascurabili, nel campo di escursione della grandezza di comando, i termini di grado superiore al primo nella relazione che lega l'effetto alla causa, ossia ad estendere il campo entro il quale la caratteristica, che rappresenta graficamente tale relazione e che è in effetti sempre curva, si può ritenere, con una data approssimazione, coincidente con un segmento di retta. I s., più dei sistemi a ciclo aperto, si avvicinano a soddisfare le ipotesi in questione, in quanto la controreazione ha un effetto linearizzante, tanto più marcato quanto più elevato è il guadagno della catena di azione; se questo è sufficientemente grande, il sistema si può considerare lineare nei limiti in cui si possono ritenere tali gli elementi della catena di controreazione.

In relazione al comportamento dell'errore a regime, un s. lineare si dice di tipo n, o ad n integrazioni, se il valore asintotico dell'errore (errore a regime), dovuto all'applicazione di una funzione di comando del tipo th1(t) è nullo per hn, costante per h = n; se si applica il comando 1(t) a un s. di tipo n, risultano nulli i valori asintotici delle derivate dell'errore, fino all'ordine n, (fig. 12).

In pratica i s. lineari vengono sempre realizzati nei tipi 0, 1, 2; si presentano infatti difficoltà per la stabilizzazione dei tipi di ordine superiore; inoltre, nonostante che, al crescere del tipo, migliori il comportamento a regime, gli errori dinamici dei tipi di ordine superiore sono maggiori di quelli che si hanno con i tipi 0, 1, 2.

1) Al tipo o appartengono i regolatori, ai quali si richiede che l'errore di posizione a regime, o del primo ordine, cioè l'errore conseguente all'applicazione della 1(t) sia costante e quindi che l'uscita sia costante, al pari dell'entrata (anche se diversa da questa), nonostante le perturbazioni.

Di solito tali s. non rispondono bene a brusche variazioni dell'entrata (prontezza scarsa), ma hanno buone caratteristiche di stabilità (fig. 13).

2) Sono s. di tipo 1 i s. di posizione (fig. 14), nei quali si cerca l'uguaglianza delle posizioni angolari di due alberi meccanici per un comando del tipo 1(t). La risposta asintotica ad un comando del tipo t1(t) (ad es. spostamento angolare dell'albero d'ingresso a velocità angolare costante) differisce di un valore costante dall'entrata; cioè l'errore di velocità o del secondo ordine, che consegue a regime all'applicazione di una forma d'onda che è l'integrale della 1(t), risulta costante, mentre la differenza delle derivate delle variabili di comando e controllata (ad es. le velocità angolari di entrata e di uscita) è nulla.

3) Per i s. di tipo 2, i valori asintotici della risposta e della sua derivata coincidono con quelli della grandezza di comando, se questa è del tipo 1(t) e t1(t), mentre la risposta asintotica a un comando variabile con derivata seconda costante è affetta da un valore costante dell'errore (di accelerazione o del terzo ordine) (fig. 15).

Servosistemi non lineari. - Sono quelli descritti da una o più equazioni differenziali di tipo non lineare; sono tali i s. che contengono almeno un elemento non lineare. Per essi non si può definire la fedeltà a mezzo di certe caratteristiche (tempo di formazione, sovraelongazione, ecc.) della risposta a funzioni di comando di forma tipica (ad es. funzione unitaria), o almeno è necessario definire tali caratteristiche per tutte le ampiezze di comando che possono interessare il servosistema. Infatti, per tali sistemi non è più valido il principio di sovrapposizione; in conseguenza, per una data forma d'onda del comando, al variare della sua ampiezza la risposta non si modifica solo quantitativamente, ma ne varia in genere la forma d'onda; in particolare, la grandezza di uscita può contenere componenti armoniche di frequenza diversa da quelle delle componenti presenti nella grandezza d'entrata.

Mentre in un s. lineare esiste un solo stato di equilibrio (r=0, c=0), al quale il sistema tende a tornare (se stabile) o ad allontanarsi indefinitamente (se instabile), nei s. non lineari si possono avere più stati di equilibrio, stabili od instabili. Essi possono appartenere all'una o all'altra delle seguenti due categorie: 1) la grandezza di uscita resta costante; 2) essa oscilla con ampiezza, frequenza e forma d'onda che dipendono dalla caratterische del sistema (oscillazioni limiti). Il sistema, lasciato a sé stesso in certe condizioni iniziali, tende al più prossimo stato di equilibrio stabile; in conseguenza la stabilità di un sistema non lineare non è una caratteristica intrinseca del sistema stesso. In particolare, a seconda della sua conformazione, le oscillazioni d'instabilità possono aver luogo in presenza di piccoli segnali (autoeccitazione molle) o solo per segnali eccedenti un certo valore minimo e per certe condizioni iniziali (autoeccitazione dura, tipica della non linearità dovuta a effetto di soglia: fig. 16).

Le non linearità presenti in un s. si possono classificare in base a diversi punti di vista. A seconda che siano volute o non volute, si distinguono le linearità intenzionali da quelle accidentali. Le prime sono introdotte di proposito per conseguire determinati scopi, in particolare per ottenere un'uscita che non si ottenga dall'entrata con sole operazioni lineari, come nei s. a relè; le seconde rappresentano scostamenti non desiderati dalla linearità, derivanti dalle limitazioni dei materiali e dalle imperfezioni dovute, ad es., a dimensionamento insufficiente (curvature delle caratteristiche degli amplificatori, fenomeni di saturazione, ecc.). Si distinguono poi non linearità istantanee e non istantanee a seconda che esse siano rappresentate da equazioni ordinarie oppure differenziali; continue o discontinue a seconda che le caratteristiche siano curve continue oppure con punti di discontinuità; ad uno o a più valori, a seconda che l'uscita sia funzione monodroma oppure polidroma dell'entrata. In fig. 16 sono riportati i principali tipi di non linearità che interessano i servosistemi.

Fino a quando lo scostamento dalla linearità di un s. è, entro certi limiti di approssimazione, trascurabile o molto piccolo, le prestazioni del sistema sono modificate in modo non sostanziale. Esse variano invece in modo radicale se s'inseriscono elementi fortemente non lineari; ed è agevole comprendere, data la varietà dei tipi di non linearità che si hanno a disposizione, che è possibile, mediante una scelta giudiziosa di tali elementi, ottenere di volta in volta quei risultati che più particolarmente interessano, sia dal punto di vista delle prestazioni che del costo. La relativa attuale scarsa diffusione dei s. non lineari dipende solamente dalle difficoltà della loro progettazione.

Metodi di studio dei servosistemi lineari. - Consistono in procedimenti di risoluzione delle equazioni differenziali lineari che definiscono il comportamento del s. o in tecniche particolari, specialmente adatte al tipo di apparecchiature in esame, a mezzo delle quali si possono conoscere rapidamente, anche se in via approssimativa, quelle caratteristiche che interessano, eventualmente senza risolvere le equazioni stesse.

La generalità, la semplicità e la completezza dei metodi in parola rendono ragione della grande diffusione dei s. lineari, che possono essere, per questo fatto, accuratamente progettati. I procedimenti in questione permettono non solo l'analisi, cioè il controllo delle prestazioni, ma anche la sintesi, cioè la determinaziorie dei componenti che si devono collegare agli elementi fissi di un s. per ottenere prestazioni prestabilite.

I diversi metodi presentano ognuno pregi e difetti, e ciascuno è più idoneo per ottenere certe informazioni e meno per certe altre; se ne richiede quindi in genere un uso promiscuo, dato che essi si completano a vicenda.

I metodi in parola si possono suddividere in due grandi categorie: a) metodo classico (o metodo dell'equazione differenziale o dell'analisi transitoria); b) metodi di trasformazione, nei quali le funzioni del tempo vengono trasformate in funzioni di una variabile complessa; essi si basano essenzialmente sull'impiego della trasformata di Laplace, per i sistemi a parametri indipendenti; e della trasformata z, derivata dalla prima, per i sistemi a segnali campionati.

a) Il metodo dell'analisi transitoria consiste nella risoluzione, con i metodi classici dell'analisi matematica, del sistema di equazioni differenziali lineari che descrivono il sistema, cioè nella determinazione della risposta ad una funzione di comando data; in particolare, della "risposta impulsiva" W(t), cioè della risposta alla funzione impulsiva unitaria (funzione δ(t) di Dirac) e dell'anzidetta "risposta indiciale" A(t).

L'importanza della risposta indiciale e di quella impulsiva deriva dal fatto che alcuni parametri che le caratterizzano possono servire a definire le prestazioni del s.; e che da esse si può dedurre la risposta a funzioni di comando di forma qualsiasi, nel caso, quasi sempre verificato e al quale nel seguito faremo sempre riferimento, di s. a parametri indipendenti dal tempo. Potendosi, infatti, decomporre la funzione di comando in componenti aventi la forma di funzioni unitarie o impulsive unitarie di ampiezza e posizione opportune, il teorema di traslazione e quello di sovrapposizione permettono di determinare la risposta ad una forma d'onda qualsiasi, quando sia nota la risposta impulsiva W(t) o la risposta indiciale A(t). Valgono infatti le formule di Duhamel:

Il metodo dell'analisi transitoria, sebbene sia il più diretto, è tutt'altro che il più semplice. La laboriosità dei calcoli cresce infatti rapidamente al crescere del numero dei gradi di libertà. Questa complicazione crescente conduce a fare ipotesi semplificatrici spesso esagerate, con la conseguenza che le conclusioni sono spesso assai lontane dalla realtà. Oltre che l'analisi, soprattutto la sintesi dei sistemi è inoltre estremamente complicata; poiché i coefficienti che compaiono nelle equazioni dell'equilibrio dinamico sono funzioni di un gran numero di parametri del sistema, è praticamente impossibile isolare l'influenza della modificazione di un singolo parametro sulle caratteristiche del sistema. Questa circostanza rende molto difficile la correzione degli eventuali difetti di stabilità o di prestazione messi in luce dall'analisi effettuata. Per motivi analoghi ha importanza relativa il criterio di stabilità di Routh-Hurwitz (v. avanti). Queste considerazioni naturalmente vengono superate se si hanno a disposizione adeguate macchine calcolatrici elettroniche.

Risultati generali interessanti, come quelli qualitativamente illustrati precedentemente a proposito della precisione e prontezza, si ottengono tuttavia con questo metodo in modo abbastanza semplice, per i sistemi del 1° e 2° ordine.

b) I metodi basati sulle trasformate di Laplace sono tutti indirizzati allo scopo di ottenere, in modo rapido anche se approssimativo, informazioni sul comportamento del s.; la loro utilità discende dalla necessità di rendersi subito conto dell'influenza della modificazione di uno qualsiasi dei parametri a disposizione del progettista. Naturalmente, il controllo finale delle prestazioni del s. si effettuerà in via sperimentale o risolvendo il sistema di equazioni differenziali che lo caratterizza con un qualunque metodo, ad. es. col calcolo operatorio basato sulle trasformate di Laplace.

Di queste, ricorderemo qui soltanto le definizioni. Precisamente, data una funzione f(t) della variabile reale t (che d'ora innanzi identificheremo sempre con il tempo), la trasformata diretta di Fourier vale:

dove j è, al solito, l'unità immaginaria (j2 = − 1), e la trasformata inversa (o antitrasformata) di Fourier:

La validità delle [4] e [4′] è legata alla convergenza dell'integrale di Dirichlet

In questa ipotesi, la [4′] rappresenta la f(t) come somma di una infinità continua di funzioni circolari del tempo t, di pulsazioni comprese fra 0 e ∞, la generica delle quali ha ampiezza ∣ 2F(jω) ∣ cos [ωt − arg F(jω)], con F(jω) dato dalla [4].

Se l'integrale di Dirichlet non converge, consideriamo solo funzioni f(t) identicamente nulle per t〈0, per le quali esista un valore αc reale positivo o nullo tale che, per ogni α>αc la funzione f1(t) = e-αt f(t) sia sviluppabile in integrale di Fourier, cioè che converga l'integrale

Dalle relazioni [4] e [4′] applicate alla f1(t), posto

si ottengono da ultimo le seguenti relazioni che definiscono rispettivamente la trasformata diretta di Laplace:

che effettua la trasformazione dalla variabile reale t alla variabile complessa s, e la trasformata inversa (o antitrasformata) di Laplace

che effettua la trasformazione inversa. Si dimostra che, per α>αc, l'integrale [5′] non dipende da α.

In pratica, per le funzioni che interessano le applicazioni, la determinazione delle trasformate di Laplace non richiede il calcolo degli integrali [5] e [5′]; ci si avvale invece, molto più semplicemente e rapidamente, di apposite tabelle e delle proprietà fondamentali delle trasformate, che non è il caso di richiamare in questa sede (v. anche calcolo simbolico, in questa App.).

Il metodo operatorio basato sulle trasformate di Laplace per la risoluzione di un sistema lineare e normale, sottoposto all'azione di più cause agenti note, rk(t), consiste nel prendere le trasformate di Laplace di entrambi i membri di ciascuna delle equazioni differenziali (lineari a coefficienti costanti) che caratterizzano l'equilibrio dinamico del sistema. L'originario sistema di equazioni si trasforma così in un sistema lineare di equazioni algebriche avente come incognite le trasformate di Laplace della 0 delle risposte, nelle quali compaiono i dati che caratterizzano le condizioni iniziali. Risolvendo tale sistema rispetto alla trasformata C(s) della risposta (supposta, per semplicità, unica) oppure applicando alla [1] il metodo ora indicato, si ha una relazione del tipo

nella variabile complessa s, la cui antitrasformata rappresenta la risposta c(t) nella variabile reale t.

Funzioni di trasferimento. - Nella [6], la C(s) appare somma di due addendi: il primo rappresenta la trasformata della risposta forzata del sistema, cioè di quella parte della risposta che è dovuta alle cause agenti, la seconda la trasformata della risposta libera, cioè di quella parte della risposta che esisterebbe anche in assenza di eccitazione, ossia il transitorio dovuto alle condizioni iniziali non nulle (e quindi all'energia inizialmente accumulata nel sistema).

Le Wk(s) sono funzioni reali della variabile complessa s, che dipendono solo dalle caratteristiche del sistema; nel caso particolare, che qui c'interessa, che esista una sola grandezza di entrata r(t) e una sola risposta c(t), e che le condizioni iniziali siano tutte nulle, la [6] diviene:

Alla funzione W(s) definita dalla [5′]:

come rapporto fra le trasformate di Laplace della risposta e della causa agente, che dipende unicamente dalle caratteristiche del sistema, si dà il nome di funzione di trasferimento del sistema; essa è atta da sola a definirne completamente il funzionamento (sempre che il sistema sia lineare e normale). Il calcolo della risposta consiste dunque nella determinazione della W(s), che si riduce ad una funzione reale razionale per i s. a costanti concentrate.

Tale calcolo è in realtà molto semplice, in quanto W(s)•R(s) è decomponibile in una somma di termini facilmente antitrasformabili, la determinazione dei quali richiede solo la conoscenza dei poli della W(s) [oltre che di R(s)]. Si verifica subito che la W(s) rappresenta la trasformata di Laplace della risposta impulsiva W(t). Se nella [6′] si scrive jω al posto di s, è facile vedere che l'espressione

la quale rappresenta il valore assunto da W(s) sull'asse immaginario jω, ed è detta funzione di risposta isomorfa o guadagno complesso, indica altresì il rapporto delle trasformate di Fourier, se esistono, della risposta e della causa agente.

Si verifica immediatamente, infine, che [6‴] rappresenta anche il rapporto fra le ampiezze complesse del comando e della risposta, supposte funzioni circolari del tempo (necessariamente) della stessa frequenza; cioè fra i valori C(jω) e R(jω) che compaiono nelle relazioni:

nelle quali il simbolo Re sta ad indicare che si considera la sola parte reale dell'espressione in parentesi. Per conseguenza si ha anche, in tal caso:

La funzione di trasferimento di più s. lineari disposti in cascata è uguale al prodotto delle rispettive funzioni di trasferimento, purché i singoli sistemi non interagiscano fra loro.

È così agevole studiare l'influenza, sul comportamento del s., dell'aggiunta di nuovi gruppi di elementi: se questi non "caricano" i precedenti, la loro funzione di trasferimento viene, dopo la modifica, moltiplicata per la funzione di trasferimento del gruppo di elementi aggiunti.

In fig. 17 sono riportate le funzioni di trasferimento relative ad alcuni componenti e sistemi tipici.

In un s. si distinguono varie funzioni di trasferimento:

a) la funzione di trasferimento della catena d'azione G(s) = C(s)/E(s);

b) la funzione di trasferimento della catena di controreazione

essa vale 1 nei s. "a ritorno unitario";

c) la funzione di trasferimento del sistema a catena aperta o del ciclo o dell'anello: T(s) = H(s)•G(s) = B(s)/E(s), che è quella che competerebbe al sistema se la catena di controreazione s'interrompesse immediatamente a monte del comparatore;

d) la funzione di traferimento globale del s., data in generale da:

essa vale:

per i sistemi a ritorno unitario;

e) la funzione di trasferimento dell'errore

che, per i sistemi a ritorno unitario, vale

Gli schemi a blocchi, completati con l'indicazione delle funzioni di trasferimento delle varie parti e delle trasformate delle grandezze in giuoco, sono di grande utilità per le calcolazioni (fig. 18). Ne sono stati riportati esempî anche nelle figg. 13, 14 e 15.

Dalla [8], nella quale si ponga s = jω, segue, in particolare, che se la causa agente r(t) ha una trasformata di Fourier R(jω) il cui modulo è praticamente nullo fuori della gamma di frequenza per cui

potendosi in tale zona scrivere W(jω) ≅ 1/H(jω), la trasformata dell'uscita dipende solo dalle caratteristiche della catena di controreazione.

In particolare, se H(s) = 1 (sistemi a ritorno unitario), si ha

nella banda predetta, e quindi c(t) ≅ r(t).

Se la funzione di trasferimento della catena diretta di un s. lineare ha nell'origine un polo di ordine n e quindi è della forma

il s. è di tipo n.

Per i s. di tipo 0, K si chiama guadagno statico, per quelli di tipo i guadagno in velocità, per quelli di tipo 2 guadagno in accelerazione; esso rappresenta, in generale, per il tipo n, il rapporto fra la derivata n-ma dell'uscita a regime e il segnale di errore che lo provoca, supposto costante.

Metodo del luogo delle radici o di Evans. - La determinazione della risposta di un s. a un dato comando si può fare antitrasformando la [6′] per il che si richiede la conoscenza dei poli della funzione di trasferimento globale (8). Riferendoci, per semplicità, ad un s. a ritorno unitario, per il quale è T(s) = G(s), poiché la funzione di trasferimento dell'anello è data dal rapporto di polinomî T(s) = N(s)/D(s), risulta

quindi gli zeri di W(s) sono quelli di T(s), mentre i poli di W(s) sono gli zeri dell'equazione algebrica a coefficienti reali o equazione caratteristica

che si può anche scrivere:

Se la risposta del s. non è soddisfacente, si presenta la necessità di variarne qualche parametro; ogni volta che si esegue una modifica di tal genere, il controllo delle prestazioni ottenute richiede la laboriosa risoluzione di un'equazione del tipo [10]. Questa è la situazione che si presenta in sede di progettazione, quando è definita la struttura del sistema e quindi la forma della T(s), ma sono ancora indeterminati alcuni parametri, ad esempio la sensibilità statica k (legata al guadagno statico da una relazione di proporzionalità), che è il rapporto delle potenze di ordine più elevato di N(s) e di D(s):

Interessa in tal caso derminare il modo di variare, al modificarsi di k (o di altri parametri), della risposta del sistema e quindi delle sue prestazioni, sia dal punto di vista della precisione e prontezza che della stabilità, in guisa da poter scegliere per k il valore più opportuno, nonché di determinare la struttura degli eventuali compensatori.

In tale ricerca si evita di ricorrere al procedimento, praticamente laboriosissimo, di risolvere l'equazione caratteristica per ogni valore di k, impiegando il metodo del luogo delle radici, che è un sistema grafico per determinare gli zeri della somma N(s) + D(s) a partire dalla conoscenza degli zeri di ciascuno degli addendi D(s) e N(s), al variare di k, e che risulta d'impiego semplicissimo.

Il luogo delle radici o luogo di Evans è il luogo degli zeri dell'equazione caratteristica (poli della funzione di trasferimento globale) al variare di k e quindi del guadagno statico a ciclo aperto.

Da [10′] segue che tale luogo deve soddisfare alle due condizioni:

Al variare di k, la condizione delle fasi determina il luogo, mentre la condizione dei moduli ne permette la graduazione in valori di k.

Determinata preventivamente la posizione degli zeri e dei poli di T(s), tale luogo si traccia in modo agevole, avvalendosi di alcune regole trovate da Evans, la cui applicazione è facilitata dall'impiego di un regolo speciale, dall'ideatore denominato "spirule".

Una volta tracciato il luogo delle radici (fig. 19), si possono scegliere le radici più adatte per ottenere date prestazioni e quindi il valore di k a ciò necessario; così, essendo noti gli zeri zi di W(s) e i suoi poli pi ricavati dal luogo di Evans, la W(s) è determinata, poiché

è quindi subito noto anche il guadagno complesso W(jω). Si possono allora calcolare le risposte a comandi qualsiasi, e, in particolare la risposta di regime a comandi sinusoidali, antitrasformando la [6′].

In realtà, assai spesso, non è neppure necessario calcolare le risposte: la semplice ispezione del luogo permette di determinare molte delle caratteristiche che interessano e di decidere circa la necessità o meno di introdurre delle correzioni. Così, per la stabilità si richiede che le radici di 1 + T(s), cioè i poli della W(s), abbiano parte reale negativa; il s. è quindi stabile per i valori di k corrispondenti a punti del luogo situati a sinistra dell'asse immaginario.

Il valore assoluto della parte reale delle radici indica l'entità dello smorzamento. Se esistono radici complesse (certo in coppie coniugate), la parte della risposta indiciale o impulsiva che corrisponde a ciascuna di tali coppie è oscillatoria a frequenza che dipende dalla parte immaginaria; crescendo lo smorzamento aumenta il margine di stabilità, ma diminuisce la prontezza e la precisione della risposta: effetto contrario ha la sua diminuzione, che porta però ad un aumento dell'overshoot; come già visto, lo smorzamento deve perciò essere piccolo ma non troppo (fig. 20).

Nota W(jω), per ogni valore di k, si può tracciare la curva che dà ∣ W(jω) ∣ in funzione di ω e rilevare l'eventuale presenza di massimi Mm, i quali sono legati, come si è detto, alla sovraelongazione della risposta indiciale; e scegliere quindi k in modo che tali massimi non superino un dato valore e che la banda passante abbia la larghezza necessaria per gli scopi che si cerca di conseguire.

Il luogo di Evans si può utilizzare anche per il calcolo dei correttori; il suo impiego è inoltre possibile anche quando non sono note le funzioni di trasferimento di tutti o parte dei componenti, ma si conoscono le curve dei loro guadagni (ad es. rilevate sperimentalmente) o la loro risposta transitoria, in quanto da tali elementi, con tecniche appropriate, si possono dedurre espressioni approssimate delle T(s).

Metodo della risposta in frequenza. - Questo metodo si presta particolarmente per controllare e correggere le prestazioni di un s. quando ne sia nota la risposta in frequenza o armonica, cioè l'andamento del guadagno complesso dell'anello T(jω) in funzione della frequenza, per i singoli componenti o per l'insieme di essi; andamento che può essere dedotto sperimentalmente, come in seguito si accenna.

In particolare è agevole, avvalendosi di tale metodo, soddisfare ai requisiti richiesti per il s., quando essi si esprimano imponendo condizioni nel campo della frequenza; risulta altresì molto semplice e rapida la verifica della stabilità e il riconoscimento del tipo di servosistema. Poiché dalla conoscenza di T(jω) si risale subito alla W(jω), dalla risposta in frequenza è possibile risalire, ove sia necessario, alla risposta transitoria ad una forma d'onda qualsiasi, cercando la trasformata inversa di Fourier, ove esista, del prodotto C(jω) = W(jω)•R(jω), cioè calcolando l'integrale

a mezzo di tavole, o per via grafica. Se tale trasformata non esiste, i metodi cui già si è fatto cenno parlando del luogo delle radici, permettono, alcuni di determinare espressioni approssimate della funzione di trasferimento e quindi della risposta transitoria, altri gli elementi più importanti di tale risposta.

Si usano, per la descrizione della risposta in frequenza, i seguenti tipi di diagrammi.

a) Diagramma polare o curva di Nyquist o luogo di trasferimento, che è la rappresentazione vettoriale di T(jω), ottenuta riportando, per ogni valore di ω, il modulo di T(jω) in funzione del suo argomento.

Diversi tipi di questi diagrammi sono riportati in fig. 21 (v. anche figg. 13, 14, 15 in c).

S'impiegano anche diagrammi polari o di Nyquist "inversi" che sono la rappresentazione polare di T-1(jω).

Dai diagrammi polari diretti di T(jω) si ricavano immediatamente quelli della funzione di trasferimento globale W(jω) a mezzo della semplicissima costruzione di fig. 22, riferita al caso in cui T(s) ⊄ G(s) (s. a ritorno unitario); la costruzione del diagramma inverso globale [W-1(jω)] a partire dal diagramma inverso di [G-1(jω)] è riportata in fig. 23 [sempre nell'ipotesi T(s) = G(s)].

b) Curve che rappresentano, in funzione della frequenza o della pulsazione, rispettivamente il modulo (diagramma di attenuazione) e l'argomento (diagramma di fase) di T(jω).

Si usano per tali diagrammi coordinate cartesiane, o, più spesso, coordinate logaritmiche; queste ultime sono di più semplice impiego, in quanto con esse le operazioni di prodotto e quoziente si trasformano in operazioni di somma e differenza. In questi diagrammi logaritmici o diagrammi di Bode, le ascisse sono espresse in ottave (log2ω) o in decadi (log10ω); i moduli di T(jω) sono di solito espressi in decibel (20 log10T(jω) ∣ le fasi in gradi.

In fig. 24 sono riportati i diagrammi logaritmici di attenuazione delle funzioni di risposta in frequenza più importanti, che rappresentano i fattori, combinando i quali si riesce ad ottenere tutte le funzioni di risposta in frequenza che interessano i s. a costanti concentrate; ivi sono anche tracciati gli asintoti delle curve di attenuazione, che le sostituiscono vantaggiosamente nei calcoli di prima approssimazione.

c) Diagrammi di Black, che danno l'attenuazione, di solito espressa in dB, in funzione della fase, espressa in gradi, e sono graduati in valori di ω.

L'uso dell'uno o dell'altro dei citati diagrammi permette di ottenere varie informazioni, in particolare, ad es., d'individuare il tipo del s.; così, se il diagramma polare diretto ha, per ω=0+, la direzione −nπ/2, il s. è di tipo n.

È agevole anche calcolare il guadagno da dare alla catena diretta per ottenere un dato valore del guadagno massimo globale Mm, avvalendosi dei luoghi M = ∣ W(jω) ∣ = cost e α = arg W(jω) = cost, preventivamente tracciati sul piano T(jω), nonché di accertarsi delle eventuali modifiche da apportare alla curva di T(jω), se non è soddisfacente il valore della pulsazione di risonanza ωm ottenuta con il dato Mm.

Criterî di stabilità. - Poiché la risposta libera di un s. lineare è la somma di termini esponenziali od oscillatori ad inviluppo esponenziale (fig. 25), la stabilità dell'equilibrio è per esso sempre di tipo asintotico: l'unico stato di equilibrio (r = 0, c = 0) di un s. è stabile, se la risposta di questo ad una perturbazione tende a zero per t → ∞; la stabilità è assoluta o condizionata, secondo che persista o no al diminuire del guadagno statico.

Tutti i criterî di verifica della stabilità dei s. lineari consistono sostanzialmente in metodi per controllare l'assenza di zeri a parte reale positiva dell'equazione caratteristica del s.:

Tali zeri sono infatti i poli della funzione di trasferimento globale W(s) (form. [9]). La risposta impulsiva W(t) è la somma di tanti addendi quanti sono questi poli, ed ognuno di essi tende a zero, asintoticamente o in modo oscillatorio, se la parte reale dei poli stessi è negativa: questa è quindi la condizione perché

a) Criterio di Routh-Hurwitz. - È l'applicazione all'equazione caratteristica del teorema di Hurwitz:

"Sia data l'equazione algebrica a coefficienti reali

Soddisfatta la condizione che tutti i coefficienti siano diversi da zero e dello stesso segno, e posto

ecc.; se la prima colonna della seguente tabella ha termini tutti dello stesso segno

l'equazione non ha radici a parte reale positiva".

Il criterio di Routh ha l'inconveniente già citato, che non è facile studiare l'influenza dei varî parametri di un s. sulla stabilità; se poi il sistema è stabile esso non dà idea del "margine di stabilità" (v. avanti), cioè della maggiore o minore rapidità di smorzamento dei transitorî, dipendenti dal modulo della parte reale delle radici dell'equazione caratteristica.

b) Criterio di stabilità di Nyquist. - Si basa sul teorema (fig. 26): Mentre l'immagine della variabile s descrive una volta in senso positivo una curva chiusa nel piano s, all'interno del quale una funzione T(s) possiede Z zeri e P poli (ogni zero ed ogni polo contato tante volte quanto è il suo ordine di molteplicità), il vettore che rappresenta, nel piano T(s), questa funzione, compie intorno all'origine, in verso positivo, un numero di giri dato da

Per la funzione 1 + T(s), la [13] si riferisce al numero dei giri attorno al punto critico − 1 + j0.

Per la verifica della stabilità di un s., per quanto già detto, basta controllare che la funzione 1 + T(s) non abbia zeri nel semipiano a destra dell'asse immaginario del piano s. Questo si può fare scegliendo la curva di cui parla il teorema citato in modo che essa delimiti il sempiano

Tale contorno (di esclusione) è costituito dall'asse immaginario, da una semicirconferenza di raggio infinito e centro nell'origine situato nel semipiano a destra dell'asse immaginario ed eventualmente - se l'origine è un polo di T(s) - da una semicirconferenza di raggio infinitesimo situata nello stesso semipiano (fig. 27). Ponendo Z = 0 nella [13], il criterio citato si enuncia così: "il s. considerato è stabile se, mentre l'immagine di s descrive in senso orario il contorno di esclusione, il numero dei giri che l'immagine di T(s) descrive (in senso antiorario) intorno al punto critico è eguale al numero di poli di T(s) a parte reale positiva:

L'importanza della [14] deriva dal fatto che è sempre molto facile determinare il valore di P. Questo è nullo se gli elementi costitutivi del s. sono tutti a catena aperta, se cioè v'è una sola catena di controreazione, in quanto i sistemi a ciclo aperto sono certo stabili. Per la stabilità di s. di questo genere deve risultare

Se invece sono presenti più catene di reazione, il valore di P si determina subito, applicando la [13] successivamente a partire dalla catena più interna. Ad es., nel caso della fig. 28, se il sistema G2, H2 è costituito da elementi a catena aperta e quindi la funzione T2(s) = G2(s)H2(s) non ha poli con parte reale positiva, il numero di giri che l'immagine di T2(s), corrispondente al contorno di esclusione, compie intorno al punto critico, rappresenta il numero di zeri a parte reale positiva di 1 + T2(s) e quindi il numero di poli a parte reale positiva della sua funzione di trasferimento globale W2(s), che coincide, nell'esempio, con il valore di P da introdurre nella [14] per la verifica della stabilità.

Il tratto di curva descritto da T(s) mentre s percorre la semicirconferenza di raggio infinito, è un arco di circonferenza di raggio infinitamente piccolo compreso fra le direzioni -mπ/2 e mπ/2, se m è l'ordine dello zero di T(s) all'infinito (che di regola è sempre presente per effetto degli elementi di tipo inerziale). Il tratto che corrisponde all'eventuale semicerchio di raggio infinitesimo è un arco di circonferenza di raggio infinito che si svolge fra le direzioni nπ/2 e − nπ/2, se n è l'ordine del polo all'origine. La parte di curva T(jω), che corrisponde ai valori positivi di ω è quindi tangente nell'origine (per ω = + ∞) alla direzione + mπ/2, ed ha un asintoto (per ω = 0+) nella direzione − nπ/2.

In particolare, il tipo di s. s'individua subito dall'esame del diagramma polare.

Il criterio di Nyquist si può quindi applicare, in base alla sola conoscenza della risposta armonica T(jω), cioè della parte del luogo T(s) che corrisponde alla parte del contorno di esclusione costituita dall'asse immaginario (curva di Nyquist), in quanto la parte residua del luogo è completamente determinata dai valori di m ed n, deducibili nel modo ora visto dal comportamento di T(jω) alle basse ed alle alte frequenze. L'importanza di questa osservazione e del criterio di Nyquist deriva dalla circostanza che T(jω) può essere dedotto sperimentalmente aprendo la catena di controreazione e alimentando il sistema con comandi sinusoidali di frequenza variabile: e tenendo presente che la parte di curva T(−jω) è simmetrica rispetto all'asse reale della T(jω), poiché T(s) è funzione reale di s.

Nella fig. 29 sono riportati esempî di applicazione del criterio di Nyquist nell'ipotesi P = 0, per cui vale la [13].

Sui diagrammi polari inversi, se si indica con N′ il numero di giri della curva di Nyquist inversa intorno al punto critico, e con P′ il numero dei poli di T-1(s) a parte reale positiva, il criterio di Nyquist si riassume nella relazione (fig. 30), analoga alla [14],

c) Criterio di Bode. - Per la stabilità assoluta si richiede che il diagramma polare intersechi una sola volta l'asse reale (fig. 29 a), a sinistra del punto critico.

Se indichiamo con ω0 la pulsazione a cui la fase di T(jω) vale 180° e ω1 quella per cui il modulo di T(jω) vale 1, posto T(jω) = ∣ T(jω) ∣ejϕ(ω), deve perciò essere:

Si può caratterizzare il margine di stabilità, ossia il grado di sicurezza nei confronti dell'influenza delle possibili variazioni delle caratteristiche del s. per ciò che si riferisce alla stabilità, con l'indicazione del margine di guadagno e del margine di fase.

Il primo è convenzionalmente definito dal guadagno logaritmico Tm dell'anello alla frequenza ω0: esso rappresenta una misura della garanzia che la stabilità continui a sussistere nonostante accidentali variazioni del guadagno; il margine di fase è l'angolo c = 180° − ϕ (fig. 31) alla frequenza ω1; esso misura la garanzia che la stabilità non venga a cessare nonostante i ritardi introdotti dai varî elementi del s., dei quali non si può tenere conto che imperfettamente; di regola s'impone che Tm sia compreso fra 10 e 15 dB e γ fra 45° e 60°. I valori di Tm si possono rilevare subito nei diagrammi polari, logaritmici o di Black (figg. 32 e 33).

Il criterio sovra menzionato si può enunciare in modo particolare per i s. a minimo di fase. Sono, questi ultimi, s. aventi una funzione di trasferimento priva di zeri a parte reale positiva. Questa proprietà dipende dal modo con cui sono collegati i componenti e non da loro proprietà intrinseche. Fra tutti i sistemi aventi una data curva di attenuazione, i s. a minimo di fase danno origine allo sfasamento minimo fra ingresso e uscita (donde il nome); la curva di risposta in fase è completamente determinata dalla curva di risposta in ampiezza. La risposta di un s. non a minimo di fase a un gradino unitario è caratterizzata dal fatto che negli istanti iniziali essa comincia con il decrescere anziché crescere come la causa agente (fig. 34) ed è quindi mepo pronta.

In questi sistemi, se la curva di attenuazione ha pendenza costante k(dB/ottava) per un tratto abbastanza lungo intorno a una certa pulsazione ω?, la fase di T(jω) vale ivi sensibilmente kπ/12; questa fase è quindi minore di π, e il margine di fase positivo, se k è minore di 12 dB/ottava. Il s. è stabile se, intorno alla frequenza angolare per cui ∣ T(jω) ∣ vale 1, la pendenza della curva di attenuazione si mantiene inferiore a 12 dB/ottava; per un margine sufficiente si richiede di regola una pendenza minore di 6 dB/ottava.

Questo criterio è d'immediata applicazione anche sugli abachi di Black: il s. è stabile se il punto 0 dB, −180° è a destra della curva di Black (fig. 33), assolutamente o condizionatamente, secondo che le intersezioni a ordinata positiva con la retta ϕ = −180° di tale curva siano una o più di una.

Uso della risposta armonica per il calcolo dei correttori in cascata. - Teoricamente il problema della compensazione si presenta così: il s. possiede una certa funzione di trasferimento a ciclo aperto ma, per soddistare certe esigenze, se ne desidera una diversa. Tale funzione di trasferimento si può realizzare mediante l'inserzione di un sistema che abbia come funzione di trasferimento il rapporto delle due.

In pratica, tuttavia, come si è detto, si usano quasi esclusivamente i correttori di anticipo, ritardo e anticipo-ritardo.

a) Controllo integrale. - Il correttore di ritardo ha una funzione di trasferimento del tipo 1 + 1/sτ; un segnale sinusoidale di ampiezza complessa X(jω) è da esso trasformato nel segnale sinusoidale di ampiezza complessa X(jω) + X(jω)/τjω). Il secondo di questi addendi è ritardato di 90° rispetto al segnale originario; perciò questo tipo di controllo è anche chiamato per ritardo di fase (fig. 35). Scrivendo la funzione di trasferimento del correttore nella forma (s +1/τ)/s, si vede che l'integratore introduce un polo all'origine e quindi aumenta di un'unità il tipo del s. (questo correttore è perciò particolarmente adatto nei regolatori), determinando così l'aumento dell'ordine del primo errore che non si annulla.

Alle frequenze reali, una qualsiasi funzione di trasferimento T(jω) non si modifica sensibilmente a frequenze molto elevate, per effetto dell'integratore, mentre il suo modulo risulta tanto più elevato e la fase tanto più ritardata quanto più bassa è la frequenza.

Il fatto che il guadagno alle alte frequenze risulti diminuito provoca altresì una diminuzione dell'effetto del rumore. Poiché nella regione delle alte frequenze, che interessa la stabilità (intorno del punto critico), la T(jω) non è sensibilmente modificata (fig. 36), anche la risposta transitoria non risulta sensibilmente variata.

Il controllo integrale puro richiede guadagno infinito alle basse frequenze e quindi non è realizzabile se non in via approssimata a mezzo di amplificatori a reazione positiva o di giroscopî integratori (specie usati nel controllo di velivoli). Si preferisce di regola approssimare l'azione integrale mediante reti passive a resistenza-capacità (eventualmente seguite da un amplificatore che ha soprattutto la funzione di far lavorare la rete su un'impedenza elevatissima).

Si ottiene così il controllo integrale sottocompensato (fig. 37 a): la funzione di trasferimento della rete di ritardo in tal caso vale

a cui corrispondono la curva di Nyquist di fig. 37 b. ∣ Gi(jω) ∣ vale A per ω = 0 e A/ω per ω=∞.

Naturalmente una rete di questo genere non può modificare il tipo di s., ma ne migliora comunque il comportamento a regime (l'errore diminuisce a causa dell'aumento del guadagno statico) senza influenzare praticamente la stabilità, né la risposta transitoria (fig. 38), purché le sue caratteristiche siano scelte giudiziosamente.

b) Controllo di anticipo. - La funzione di trasferimento di un compensatore di anticipo deve essere del tipo 1 + τs; un segnale X(jω)ejωt è da esso trasformato in un segnale di ampiezza complessa X(jω) + jωτX(jω), il secondo termine del quale è sfasato di 90° in anticipo rispetto al segnale originario; per questo motivo il compensatore per derivata è chiamato anche correttore di anticipo di fase (fig. 39). La funzione T(jω) si trasforma, per effetto del compensatore di anticipo, nella

Nella zona di basse frequenze essa non è sensibilmente modificata, mentre il modulo viene notevolmente aumentato e la fase accresciuta nella zona delle alte frequenze: questo anticipo allontana la curva dal punto critico (fig. 40). Il derivatore ideale è difficile e costoso a realizzare (sia pure in via approssimativa); inoltre l'azione derivante amplifica il rumore presente nel segnale di errore. Si usano di regola reti passive di correzione a resistenza-capacità (controllo di anticipo sottocompensato), del tipo di quello di fig. 41 a; la funzione di trasferimento della rete illustrata vale

a cui corrisponde la curva di Nyquist di fig. 41 b.

I vantaggi della compensazione per anticipo e di quella per ritardo, si possono cumulare con l'impiego del controllo per anticipo-ritardo, realizzabile, ad es., come in fig. 42 e calcolabile con lo stesso metodo dei precedenti; metodo che, naturalmente, si estende ai correttori di natura non elettrica (ad es. meccanici e idraulici).

Anche le altre rappresentazioni grafiche della risposta armonica, in particolare quella logaritmica, si prestano bene per il calcolo dei correttori.

Correttori in controreazione. - La scelta fra l'impiego dei compensatori in cascata o di quelli in controreazione dipende da varie considerazioni, tra le quali: natura dei segnali, peso e costo dei componenti, di solito maggiori nei compensatori in serie che necessitano di amplificatori sia per ottenere un sufficiente guadagno sia per ragioni d'isolamento; rapidità di risposta desiderata (di regola maggiore nei correttori a controreazione); problemi di rumore, ecc.

Ottimazione statistica lineare. - Tutti i metodi fin qui descritti hanno l'inconveniente che la sintesi e l'analisi delle prestazioni di un s. si basano sulla determinazione della risposta a certe entrate tipiche, mentre, come accade in tutti i sistemi di trasmissione delle informazioni, il segnale d'ingresso non è affatto determinato: le funzioni che possono costituire le grandezze d'entrata si comportano, nei riguardi del s., come membri di un processo aleatorio, al pari dei disturbi.

Per quanto ora detto, il s. ottimo è quello il quale, sottoposto all'azione di un segnale di comando aleatorio r(t) = s(t) + n(t), somma di una parte desiderata s(t) e di un disturbo n(t), risponda alla componente desiderata nel miglior modo possibile e al disturbo nel peggior modo possibile: per un tale s. l'uscita c(t) deve essere, per quanto possibile, simile alla s(t) (o ad una sua prestabilita funzione, secondo i casi).

Si può caratterizzare la bontà del s. dal punto di vista che esaminiamo, a mezzo di un "indice di prestazione" da rendere il più piccolo possibile.

La definizione dell'indice è arbitraria; ma, almeno per i s. a ritorno unitario, sorge spontaneo di assumere per esso una qualche funzione dell'errore e(t) = r(t) − c(t).

A seconda dei casi, converrebbe definire tale funzione in modo diverso; quasi tutti gli autori assumono però come indice di prestazione il valore quadratico medio dell'errore

e ciò non perché tale scelta sia sempre la migliore, ma perché conduce a calcoli non eccessivamente complicati e richiede la sola conoscenza delle funzioni di correlazione propria e mutua del segnale e del rumore; si fa inoltre sempre l'ipotesi che i processi aleatorî considerati siano stazionarî almeno in senso lato. Naturalmente, la soluzione del problema non è perfetta, in quanto con tale scelta dell'indice di prestazione vengono trascurati certi aspetti importanti dei problemi relativi ai s.

Fra i metodi di calcolo, che consistono nel determinare la funzione di trasferimento del s., supposto lineare, che rende minimo

i più importanti sono: 1) quello di Wiener-Kolmogorov, nel quale si cerca tale minimo senza imporre alcun vincolo; 2) quello di Phillips, basato sulla conoscenza degli spettri di potenza del segnale e del disturbo, che si applica al caso in cui gli elementi essenziali del s. siano definiti a meno di regolazioni: perciò la forma della funzione di trasferimento è nota e si tratta di determinare i parametri ancora disponibili.

Sebbene l'interesse teorico dei metodi di ottimizzazione sia grandissimo, la loro importanza pratica è di gran lunga minore, sia perché la determinazione della statistica delle possibili entrate e disturbi è estremamente lunga e laboriosa, sia perché l'ottimo teorico può anche essere notevolmente lontano da quello indicato dal calcolo di ottimizzazione, nel quale non si possono portare in conto tutte le variabili. Perciò l'applicazione di tali metodi è attualmente ristretta ai soli casi di estremo interesse generale, e limitatamente al procedimento di Phillips.

Servosistemi a segnali campionati. - Un algoritmo di feconda applicazione nello studio dei s. a segnali campionati è il metodo delle trasformate z, che rappresenta l'estensione a tali s. del metodo delle trasformate di Laplace, dalle quali quelle derivano e la cui tecnica d'impiego è assai simile.

Si può definire una funzione di trasferimento in z, dipendente solo dalle caratteristiche del sistema, che collega le trasformate in z dell'ingresso e dell'uscita attraverso la relazione, analoga alla [6]:

La stabilità richiede che l'equazione caratteristica 1 + T(z) = 0 abbia tutti gli zeri di modulo inferiore all'unità. La verifica di questa condizione si può fare con uno qualunque dei metodi esposti a proposito dei s. lineari.

In particolare, si dimostra la validità del seguente criterio di stabilità, analogo al criterio di Nyquist: "Sia T*(s) la funzione di trasferimento dell'anello del s. a segnali campionati, legata alla (T(s) dalla relazione

dove Ω = 2π/T e T è il periodo di campionatura. Il s. è stabile se il numero di giri che la curva di Nyquist T*(jω) del sistema campionato compie attorno al punto critico −1 +j0 del piano s, quando la pulsazione cresce da 0 a Ω = 2π/T (identico a quello che si ha quando la variabile s descrive il contorno di figura), è uguale al numero di poli a parte reale positiva della T*(s) e parte immaginaria in valore assoluto Ω/2". Ciò richiede naturalmente il tracciamento della curva T*(jω), che si deduce subito dalla T(jω) a mezzo della relazione TT*(jω)=T[j(ω + nΩ)] (fig. 43).

Metodi di studio dei servosistemi non lineari. - Alcuni di questi metodi consistono in un'estensione ai sistemi non lineari di procedimenti valevoli per i sistemi lineari, in particolare dei metodi della risposta in frequenza. Tale estensione in taluni casi è possibile a tutto rigore, in altri costituisce solo un'approssimazione. Così, in particolare, i s. a corrente alternata, sebbene non lineari, si possono studiare utilizzando in modo opportuno il metodo della risposta armonica; particolarmente semplice è il calcolo dei compensatori, che impiegano reti contenenti in genere, oltre che capacità e resistenze, anche induttanze.

Altri metodi sono invece espressamente concepiti per i sistemi non lineari. Essi consistono (v. anche meccanica non-lineare, in questa App.) nell'applicazione o estensione dei metodi di studio delle equazioni differenziali non lineari (metodo di Poincaré, topologici, ecc.); oppure in procedimenti particolari, validi per categorie ristrette di s. non lineari. Comunque, manca a tale metodi la generalità e la completezza che caratterizza i metodi lineari.

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