SESSO

Enciclopedia Italiana (1936)

SESSO

Giuseppe MONTALENTI
Lidio CIPRIANI

(fr. sexe; sp. sexo; ted. Geschlecht; ingl. sex).

Sommario. - Introduzione (p. 481). - Storia (p. 482). - La determinazione del sesso: Rapporto numerico dei sessi (p. 482); Classificzione delle teorie (p. 483); La teoria cromosomica (p. 483); L'intersessualità e l'inversione del sesso (p. 485); Conclusioni sulla teoria cromosomica (p. 489); Altre teorie della determinazione del sesso (p. 489); La sessualità relativa (p. 490); Conclusioni (p. 490). - Il determinismo dei caratteri sessuali secondarî (p. 490). - Antropologia (p. 492). - Diritto (p. 494).

Introduzione. - In tutti gli animali superiori, è necessaria, generalmente, per la riproduzione, l'unione di elementi provenienti da due individui distinti e spesso fra loro molto diversi per varî caratteri morfologici e fisiologici, il maschio e la femmina. Negli animali inferiori e nelle piante, la riproduzione (v.) può anche compiersi altrimenti, ma, nella grandissima maggioranza dei casi, si verificano, almeno in certi momenti del ciclo vitale, fenomeni analoghi a quelli che avvengono negli animali superiori, e che sono conosciuti sotto il nome di riproduzione sessuata. La sessualità è quindi un fenomeno biologico molto diffuso; non sempre, tuttavia, è facile riconoscerla, tanto che soltanto in tempi moderni si è potuto misurarne tutta l'estensione.

Una definizione generale, non pure del sesso, che è un'astrazione, ma dei sessi, è oltremodo difficile, e forse la più soddisfacente è ancora quella con cui Aristotele inizia il suo trattato sulla generazione: "maschio diciamo l'animale che genera in un altro essere, femmina quello che genera in sé stesso" (De Gen. an., l. 1, § 3). Ciò non è vero, alla lettera, che in un limitato numero di casi, e, in particolare, in quelli che erano conosciuti ad Aristotele: ma anche oggi sogliamo indicare come maschio quell'organismo che consta di una cellula o produce cellule (spermî [v.]) piccole, per lo più mobili, ciascuna delle quali è destinata a penetrare in un'altra cellula, in genere più grossa, immobile, ricca di materiale nutritizio, che si suol chiamare cellula femminile o uovo (v.). In rari casi, negli organismi inferiori, si osserva l'assoluta eguaglianza morfologica dei due elementi, o isogamia; l'anisogamia, cioè la presenza di differenze del genere di quelle ora indicate, è di gran lunga più frequente. Molto spesso, negli organismi inferiori, v'è una isogamia soltanto apparente, in quanto i gameti, pur non essendo morfologicamente distinti, si rivelano appartenenti a diverse categorie - maschile e femminile - per il loro modo di comportarsi all'atto della fecondazione (anisogamia fisiologica; v. riproduzione).

Si vede come il criterio fondamentale per la distinzione dei sessi è oggi quello della produzione (che, negli organismi pluricellulari avviene in organi, gonadi, a ciò destinati) di cellule specifiche, i gameti o elementi germinali, che devono unirsi (v. fecondazione) per la formazione di un nuovo individuo. Questa proprietà fondamentale, la presenza di gonadi dell'uno o dell'altro sesso, può essere associata poi ad altri caratteri "secondarî" (alcuni autori li distinguono ulteriormente in secondarî e terziarî) come la presenza di organi accessorî, destinati a facilitare la funzione delle gonadi, di organi copulatori, destinati a provvedere alla possibilità dell'incontro degli elementi germinali dei due sessi, di organi destinati alle cure prenatali e postnatali della prole, o, infine, di caratteri cutanei, scheletrici, fisiologici, psicologici, ecc., le cui relazioni con la riproduzione non sono sempre, a prima vista, altrettanto evidenti.

La sessualità è un fenomeno molto diffuso fra gli esseri viventi, siano essi unicellulari o pluricellulari; soltanto nei Batterî, in alcuni Protozoi e altri organismi inferiori non è conosciuta con sicurezza. Può manifestarsi tuttavia in modi alquanto differenti: con l'isogamia o con l'anisogamia, con il gonocorismo (sessi separati) o con l'ermafroditismo (cellule germinali d'ambo i sessi prodotte da un solo individuo, contemporaneamente o successivamente); come l'esclusivo modo di riproduzione, o in alternanza più o meno regolare con la riproduzione asessuata, oppure con la partenogenesi (v. generazione: Generazione alternante; partenogenesi). Quest'ultima è da ritenersi come un modo particolare di riproduzione sessuale in cui è soppressa la fecondazione. Infatti sono sempre cellule specializzate, gameti (per lo più uova), quelle che dànno origine ai nuovi individui: soltanto lo possono fare senza la fecondazione.

Nelle piante vi è generalmente un'alternanza fra generazione sessuata (gametofito) aploide e generazione agamica (sporofito) diploide (v. riproduzione). Nelle piante inferiori, fino ai Muschi e alle Felci Isosporee, lo sporofito o diplonte è sessualmente indifferenziato. Nelle Felci anisosporee e in tutte le Fanerogame, invece, gli sporofiti sono sessualmente differenziati e formano rispettivamente micro- e macrospore, da cui si originano gametofiti maschili e femminili.

Negli animali, i gameti, aploidi, si originano direttamente dalle cellule diploidi, senza che sia intercalata una generazione aploide, che nelle piante è rappresentata dal gametofito, sempre presente, anche se ridottissimo, come nelle Fanerogame.

Numerosi problemi sorgono dalla considerazione di questi varî modi di essere della sessualità; problemi che hanno sempre attratto l'interesse dei biologi, e alcuni dei quali sono stati e sono, oggi specialmente, oggetto di attive indagini sperimentali. Tralasciamo il sempre arduo problema delle origini: se e come, cioè, la sessualità si sia originata in organismi primitivamente asessuali; se l'ermafroditismo abbia, nell'evoluzione, preceduto il gonocorismo, come in genere si ammette, o non piuttosto viceversa, come ad alcuni sembra più ragionevole ritenere. I problemi che sono accessibili direttamente all'osservazione e all'esperimento si possono raggruppare in due grandi categorie: la determinazione del sesso, cioè le cause che fanno sì che un individuo appartenga all'uno o all'altro sesso; e la determinazione dei caratteri sessuali secondarî, cioè le cause che determinano il differenziamento morfologico e fisiologico dei sessi, che conduce spesso a un "dimorfismo sessuale" molto notevole. Molte altre questioni relative alla sessualità, come la fisiologia della riproduzione, la psicologia sessuale, ecc., sono trattate sotto altre voci (v. genitale, apparato; riproduzione; sessuologia).

Prima di discutere questi argomenti converrà però accennare allo sviluppo storico delle conoscenze sul concetto e sui problemi del sesso.

Storia. - Gli antichi conoscevano soltanto il sesso in alcuni animali, né potevano, senza l'aiuto del microscopio, osservare gli elementi germinali. Gli animali inferiori e anche alcuni vertebrati, nascevano, secondo i più, per generazione spontanea e Aristotele ammetteva anche una forma di generazione senza accoppiamento, che attribuiva ad alcuni animali ermafroditi o partenogenetici. La sessualità delle piante dioiche era stata soltanto intravista da Teofrasto, e spesso s'indicavano come maschio e femmina piante di specie differenti.

L'invenzione del microscopio permise la scoperta degli elementi germinali: gli spermatozoi furono descritti per la prima volta nel 1677 da A. v. Leeuwenhoeck, ma dovette trascorrere lungo tempo prima che la loro importanza per la fecondazione fosse riconosciuta; ciò avvenne soltanto nel sec. XIX. Verso la fine del sec. XVII R. de Graaf scoperse il follicolo ovarico dei Mammiferi, che interpretò come uovo: l'aforisma di W. Harvey (1652) ex ovo omnia, che Th. v. Siebold (sec. XIX) trasformò in: omne vivum ex ovo, trovò così la sua ragion d'essere anche per i Mammiferi, il vero uovo dei quali fu descritto da K. E. von Baer soltanto nel 1827. Prima del de Graaf si riteneva, per lo più, che le femmine dei Mammiferi contribuissero alla generazione con il sangue mestruale.

La prima affermazione della sessualità nelle piante è dovuta a R. J. Camerarius (1696), e tosto fu riconosciuta esatta: nel sec. XVIII gli organi sessuali delle Fanerogame furono ben descritti e presi a base del sistema di classificazione da Linneo.

Agl'inizî del sec. XIX, dunque, la nozione del sesso si era estesa già notevolmente, quando la formulazione della teoria cellulare consentì di penetrare anche più addentro nei fenomeni della riproduzione. Alcuni fondamentali aspetti dell'impollinazione (formazione del budello pollinico e sua penetrazione nell'ovulo) furono descritti da G. B. Amici (1823, 1830) e tosto confermati da R. Brown e da M. J. Schleiden, uno degli enunciatori della teoria cellulare. U. v. Mohl, C. Darwin, W. Hofmeister, continuarono poi le osservazioni e gli esperimenti in proposito. La nozione di alternanza di generazioni, prima stabilita da L. A. von Chamisso per gli animali (salpe) veniva poi estesa anche alle piante, e innanzi tutto alle Felci (C. Nägeli, W. Hofmeister), e così anche la riproduzione sessuale delle Crittogame veniva messa in luce.

Nel 1855 N. Pringsheim, anticipando nozioni che furono acquisite più tardi, poteva già scrivere: "il sesso è una proprietà universale di tutti gli organismi, e manifesta una mirabile analogia tanto negli animali di più elevata organizzazione quanto nelle più semplici piante unicellulari". Il Pringsheim stesso poi osservò la penetrazione del gamete maschile in quello femminile (nell'alga d'acqua dolce Vaucheria). Era quindi definitivamente sfatata la leggenda dell'aura seminalis o spirito fecondativo, che si era tramandata dall'antichità, e che, già negata in base ad accurati esperimenti da L. Spallanzani, era stata tuttavia ammessa ancora, per le piante, da W. Hofmeister (1849). G. Newport (1855) fu condotto, dalle sue osservazioni sull'uovo di Anfibî, alla conclusione che, all'atto della fecondazione, lo spermio penetra nell'uovo, ma soltanto nel 1879 H. Fol poté osservare direttamente questo fenomeno nell'uovo di un riccio di mare.

Con queste osservazioni fondamentali si entra nel periodo moderno delle ricerche sul sesso, almeno di quelle a carattere eminentemente citologico. Riconosciuta come fenomeno fondamentale della fecondazione la cariogamia, o fusione dei nuclei dei gameti (O. Hertwig, 1875), varî citologi (E. v. Beneden, Th. Boveri, E. Strasburger, ecc.) contribuirono a illustrare i fenomeni citologici della maturazione degli elementi germinali, provvedendo così di basi la teoria cromosomica dell'eredità, e della determinazione del sesso. Nel tempo stesso, per opera di molti protistologi (G. Balbiani, T. W. Engelmann, O. Bütschli, E. Maupas, ecc.), si vennero studiando i fenomeni sessuali negli organismi unicellulari.

Ad A. Weismann (1885) spetta il merito di avere intuito un concetto di molta importanza: la netta distinzione fra "soma" e "germe", cioè fra il corpo e le cellule germinali, ch'egli considerò quasi come un retaggio continuo e virtualmente immortale, che si trasmette di generazione in generazione, mentre i corpi, quasi involucri latori dei gameti, periscono (v. eredità, XIV, 198, fig. 1). Ne venne quindi la distinzione fra sessualità gametica e sessualità somatica. La quale ultima è spesso determinata da certe azioni delle gonadi (che furono per la prima volta intuite da C.-E. Brown-Séquard (1889) e chiarite poi dalle ricerche di varî altri fisiologi), cioè dalle secrezioni interne. Di esse si riconobbe tosto la grande importanza fisiologica, che non è affatto limitata ai fenomeni della sessualità (v. endocrinologia).

La determinazione del sesso.

Rapporto numerico dei sessi. - Grossolanamente si può dire che, almeno nell'uomo e negli animali superiori, maschi e femmine sono in egual numero. Esaminando statisticamente questo rapporto, però, si vede che non sempre, anzi raramente, si trova il rapporto perfetto 1 : 1. Il rapporto dei sessi (che si suol esprimere indicando il numero dei maschi per 100 femmine, oppure la percentuale dei maschi sul numero totale dei dati) può variare considerevolmente nelle varie età della vita, e si sogliono perciò stabilire tre punti di riferimento: la concezione, la nascita e la maturità. I rapporti numerici corrispondenti a queste tre età, si sogliono indicare coi nomi di rapporti primario, secondario e terziario.

Sul rapporto secondario, cioè quello che si verifica alla nascita, si hanno dati più numerosi e sicuri. Si è visto che varia in modo molto notevole, nelle varie specie, come dimostra questa tabella, compilata sui dati più attendibili di varî autori. Da essa risulta, ad es., che in certi ragni si ha una stragrande preponderanza di maschi, laddove in alcuni Cefalopodi predominano di gran lunga le femmine.

Negli altri animali ivi considerati, se si eccettuano alcuni Pesci, il rapporto non si discosta di molto da 1 : 1. Nell'uomo il rapporto numerico dei sessi è diverso nei varî paesi, come risulta dai dati riassunti nella seguente tabella.

Anche quando diverse razze vivono nello stesso paese, e si trovano quindi sotto le stesse condizioni climatiche, si osservano notevoli e costanti differenze nel rapporto dei sessi. Gli Ebrei, ad esempio, hanno sempre un rapporto piuttosto elevato, che oscilla fra 114 e 105. Le razze colorate, invece, hanno generalmente un rapporto più basso delle razze bianche, che vivono negli stessi luoghi; secondo statistiche dovute a diversi autori, il rapporto per le razze colorate oscilla fra 93 e 103, mentre quello delle razze bianche negli stessi luoghi varia fra 102 e 108.

Il rapporto dei sessi presenta variazioni annuali (v. nascita, XXIV, p. 283) e anche stagionali, almeno per alcuni animali (M. Wilkens, 1886; W. Heape, 1908; A. Dighton, 1922). Altre variazioni del rapporto dei sessi alla nascita possono essere in relazione con il numero delle gravidanze (in generale è stato osservato che il numero dei maschi è più alto nelle prime gravidanze, e va diminuendo in quelle successive), e probabilmente anche con l'età dei genitori. Ma queste, come altre affermazioni analoghe che furono fatte (influenza del periodo del ciclo sessuale in cui avviene la concezione, ecc.) devono essere accolte con riserva, perché i dati numerici per lo più scarseggiano, spesso sono contraddittorî, e talvolta decisamente contrarî alle teorie che furono sostenute.

Certo è, invece, che il rapporto dei sessi può essere notevolmente spostato negl'incroci fra razze o specie diverse. Così negl'incroci fra Lepidotteri, Ditteri, Uccelli di specie diverse, accade spesso che nascano solo maschi o solo femmine, o che gli uni, o le altre, siano rarissimi. J. B. G. Haldane (1922) fa osservare che in genere il sesso che è assente o raro, è il sesso eterogametico (v. sotto: Teoria cromosomica). Anche gl'incroci fra razze umane diverse dànno rapporti che si discostano dai normali.

Si è poi potuto dimostrare sperimentalmente che alcuni individui hanno tendenza a dare maggior numero di figli maschi, o di femmine. H. D. King (1918) ha potuto selezionare una stirpe di ratti albini in cui il rapporto dei sessi era 125:100, e una stirpe in cui era 83:100. Il che dimostra che la costituzione genetica può influenzare notevolmente il rapporto dei sessi.

Il rapporto secondario, dunque, varia secondo la specie, e in ogni specie oscilla entro certi limiti, sotto l'influenza di condizioni genetiche e fisiologiche. Raramente il numero degl'individui dei due sessi è uguale; nell'uomo e negli altri Mammiferi, in genere, predominano i maschi.

Risalire al rapporto primario, computando i nati morti e gli aborti, non è facile. Tuttavia le varie statistiche che furono fatte, indicano concordemente che nell'uomo la mortalità prenatale è, in totale, più elevata per i maschi: ciò significa che il rapporto primario è anche più elevato del secondario. In altri termini, vengono concepiti più maschi che femmine, e, in seguito, la mortalità più elevata dei primi tende a stabilire l'equilibrio. La tab. III riporta il rapporto primario nell'uomo, calcolato da diversi autori; ma si ha ragione di ritenere che tutte queste cifre siano al di sotto della realtà.

Anche le ricerche eseguite su alcuni altri Mammiferi hanno condotto ad analoghe conclusioni.

L'alta mortalità dei maschi non cessa dopo la nascita, pur diminuendo gradatamente, con l'aumentare dell'età. Il rapporto terziario, del resto, non ha molta importanza per il problema che ci occupa, e ha piuttosto interesse dal punto di vista sociologico (v. morte, XXIII, 894)

In conclusione si può dire che, in molte specie, v'è la tendenza alla eguaglianza del numero degl'individui dei due sessi. Nelle condizioni teoriche che verremo esponendo si considera l'eguaglianza come il caso ideale. Né d'altra parte si conoscono sempre bene le cause che spostano il rapporto primario. In certe specie e in certi incroci, invece, v'è una sproporzione numerica evidente, di cui, almeno in alcuni casi, s'è trovata la ragione, come più oltre diremo.

Classificazione delle teorie. - Le teorie degli antichi sulla determinazione del sesso erano affatto rudimentali, ed ebbero scarsa importanza nella storia della biologia. Si ritenne che il sesso fosse determinato dal "prevalere" del seme di un genitore su quello dell'altro, o dalla sua provenienza dalla gonade destra o sinistra, o dalla "frigidità" dell'un seme rispetto all'altro, o dall'età dei genitori, o dal periodo in cui avviene la fecondazione, e via dicendo.

Le teorie moderne si possono classificare in tre gruppi: teorie progamiche, singamiche ed epigamiche, secondo che ammettono che il sesso del nascituro sia determinato prima, durante, o dopo la fecondazione. A favore della determinazione progamica si possono citare pochi casi, fra cui il più conosciuto è quello d'un Anellide Dinophilus, in cui sono presenti due categorie di uova ben riconoscibili alle dimensioni, anche prima della fecondazione: le uova più grandi darebbero sempre origine a femmine, le più piccole a maschi (fig.1). Nella grandissima maggioranza dei casi, tuttavia, non è così facile riconoscere morfologicamente due classi di gameti corrispondenti ai sessi degl'individui ch'essi formeranno.

Varî argomenti furono portati a favore della determinazione epigamica, e ad alcuni di essi avremo occasione di accennare più innanzi. La teoria singamica ha trovato poi una nuova e più precisa formulazione nella teoria cromosomica, elaborata soprattutto dal biologo americano T. H. Morgan e dalla sua scuola, dalla quale conviene iniziare la nostra esposizione.

La distinzione fra determinazione progamica, singamica ed epigamica, del resto, ha perduto molto del suo significato, e ha ora un valore puramente formale, descrittivo. Si è visto infatti che i tre modi di determinazione possono, almeno in molti casi, interferire e sommare le proprie azioni.

La teoria cromosomica. - Questa teoria è già stata esposta nell'articolo genetica (XVI, 515) e sarà sufficiente richiamarne qui i punti fondamentali.

Si poté constatare che in molti organismi esistono dei cromosomi, spesso individuabili morfologicamente, che furono chiamati appunto cromosomi sessuali o eterocromosomi, che sono diversi nei due sessi. A essi si contrappongono i rimanenti cromosomi, chiamati anche autosomi. E si è visto che i varî gruppi animali presentano diversità molto caratteristiche sotto questo riguardo.

In alcuni casi (tipo Protenor) il maschio, in condizione diploide, ha, oltre agli autosomi, un solo eterocromosoma, o cromosoma X, come si suole indicarlo, la femmina due X (♀ = XX; ♂ = XO). In altri casi (tipo Lygaeus) il maschio ha lo stesso numero di cromosomi della femmina, ma i due eterocromosomi sono differenti e si sogliono indicare uno con X, l'altro con Y; la femmina ha sempre due X (♀ = XX; ♂ = XY). Alla formazione dei gameti avviene la riduzione del numero dei cromosomi: in ambedue i casi la femmina forma un sol tipo di uova, con un solo X; il maschio due tipi di spermî presumibilmente in egual numero, e precisamente con X e senza X nel tipo Protenor; con X e con Y nel tipo Lygaeus. Il sesso maschile è digametico, o eterozigote (fig. 2, A; fig. 3, 1-4 e 5-10).

Se uno spermio con X feconda l'uovo si ha uno zigote con il corredo cromosomico proprio della femmina (XX); se invece l'uovo è fecondato da uno spermio con Y (o senza cromosoma sessuale, nel tipo Protenor) si ha il corredo cromosomico proprio del maschio (XY o XO, secondo i casi). Talvolta invece di un solo X o di un solo Y si hanno dei complessi cromosomici che si comportano allo stesso modo. Un simile meccanismo è stato osservato in molti animali: Insetti (escluse le farfalle), Miriapodi, Aracnidi, Nematodi, Echinodermi, Pesci, Anfibî, Mammiferi. Nell'uomo, secondo le più recenti ricerche, vi sarebbero 48 cromosomi allo stato diploide: la donna avrebbe due X, l'uomo un X e un Y (Evans e Swezy, Shiwago e Andres; fig. 3, 11).

Un meccanismo analogo, ma in cui il sesso femminile è digametico si ha nelle farfalle (tipo Abraxas) e, molto probabilmente, anche negli Uccelli (fig. 4). Il maschio è omozigote, ha due eterocromosomi eguali (ZZ), la femmina, invece, è eterozigote, e ha o un sol cromosoma sessuale (ZO) o due differenti (ZW). In tal caso gli spermî sono tutti eguali (con uno Z) e le uova sono di due categorie (con Z e senza; oppure con Z e con W). A seconda che l'uovo appartiene all'una o all'altra categoria, si forma, alla fecondazione, un individuo con corredo cromosomico femminile (ZO o ZW) o maschile (ZZ) (fig. 2, B).

Anche in alcune piante dioiche (Melandrium, Rumex, Humulus) si è trovato (1923) un meccanismo simile, sempre del tipo XX-XY. Già il Correns (1907) in base a considerazioni puramente genetiche aveva riconosciuto, in Bryonia dioica, che il sesso maschile è eterogametico, il femminile monogametico.

Scoperti questi fatti, era logico considerare gli eterocromosomi come i determinanti del sesso: un meccanismo semplice e perfettamente chiaro poteva dar ragione del fenomeno. Ma tosto si vide che questa semplice interpretazione urtava contro varî ordini di fatti, che verremo esponendo nel capitolo sulla intersessualità, e che, pur senza costringere ad abbandonare l'interpretazione stessa, richiedevano ulteriori spiegazioni.

Argomenti in favore della teoria cromosomica. - Un fatto che, se non può dirsi proprio in appoggio alla teoria cromosomica, è per lo meno contrario alla determinazione progamica del sesso, è dato dalla poliembrionia (v.). In alcune specie d'Insetti (Imenotteri calcididi, ad es.) e di Mammileri (Tatusia o Dasypus) accade normalmente che da un solo uovo, per separazione dei primi blastomeri, si originino numerosi embrioni. Questi sono sempre tutti dello stesso sesso. Anche in altre specie animali, compreso l'uomo, si trovano spesso casi di gemellarità, e si sa che i gemelli (v.) monocoriali sono derivati dalla separazione dei due primi blastomeri in cui l'uovo s'è diviso, che si sono regolati e hanno dato due embrioni completi. Anche questi sono sempre dello stesso sesso, mentre i gemelli che provengono dalla fecondazione contemporanea di due o più uova possono essere di sesso diverso. Ciò prova che il sesso è determinato, al più tardi, al momento della fecondazione, contrariamente a un'opinione che ha avuto molto favore in antico, che i giovani embrioni fossero inizialmente asessuati, o indifferenti, e che il sesso si determinasse poi, nel corso dello sviluppo (determinazione epigamica).

Molte osservazioni citologiche stanno in favore della teoria cromosomica: ricorderemo che il comportamento degli eterocromosomi nelle divisioni di maturazione degli elementi germinali si è potuto osservare in molti casi. Si è visto il cromosoma X dei maschi di tipo XO passare integro a un polo della mitosi riduzionale; si è visto nelle uova di farfalla di tipo ZO, che il cromosoma Z può rimanere nell'uovo o andare nel globulo polare, e la frequenza di questi due casi è esattamente proporzionale al rapporto dei sessi (fig. 6).

Nella farfalla Talaeporia tubulosa, J. Seiler poté far variare, sottoponendo le uova a varie temperature durante il periodo di maturazione, la frequenza dei casi in cui Z rimane nell'uovo o va nel globulo polare, e osservò che il rapporto dei sessi subiva variazioni analoghe (v., qui in basso, la tab. IV).

In un Nematode, Ancyracanthus, il Mülsow è riuscito a osservare tutto il ciclo cromosomico, in ogni stadio: ha visto spermî con cinque e spermî con sei cromosomi, e ha osservato zigoti con 11 (maschi) e zigoti con 12 (femmine) cromosomi (figg. 5 e 7). In un altro Nematode, Angiostomum nigrovenosum, generazioni ermafrodite si alternano con generazioni sessuate. Th. Boveri e W. Schleip osservarono che, nella spermatogenesi, negl'individui ermafroditi, spesso un cromosoma X va perduto: ne risultano quindi spermî con 5 e spermî con 6 cromosomi. Le uova hanno tutte 6 cromosomi, e, secondo che vengono fecondate da uno spermio con 5, o con 6 cromosomi, dànno origine a maschi o a femmine.

Un caso molto interessante è offerto da certi Afidi e Fillosserini, in cui si alternano generazioni partenogenetiche a generazioni anfimittiche. I maschi sono di tipo XO e producono quindi due classi di spermî, con X e senza; questi ultimi, che, se fecondassero le uova, tutte provviste di un X, darebbero origine a maschi, degenerano; soltanto i primi fecondano le uova (uova durevoli) dalle quali nascono esclusivamente femmine partenogenetiche, che ricominciano il ciclo. In questo caso un rapporto sessuale interamente spostato a favore di un sesso si spiega con la degenerazione degli spermî che dovrebbero determinare il sesso maschile (fig. 8).

Certi casi di partenogenesi (v.) anche parlano in favore del meccanismo cromosomico. Così per l'Ape (v.) è ormai accettata la teoria di I. Dzierzon secondo la quale le uova che vengono fecondate, e risultano perciò diploidi, dànno origine a femmine, quelle che non sono fecondate, e rimangono aploidi, dànno origine ai maschi. Così anche dalle uova non fecondate che le operaie (femmine sterili) possono eccezionalmente deporre, nascono, per lo più, soli maschi. Anche in varî Rotiferi e Cladoceri si verifica, in certe generazioni, che uova fecondate dànno origine a femmine, mentre se le stesse uova si sviluppano partenogeneticamente dànno origine a maschi. Tutto ciò si può interpretare con un meccanismo XX-XO: le uova fecondate posseggono due X, quelle partenogenetiche uno solo. Purtroppo lo studio citologico di quegli animali è irto di difficoltà, che non hanno permesso ancora di chiarire completamente il ciclo cromosomico. Quindi l'interpretazione data è puramente congetturale

Altri argomenti di natura genetica favorevoli all'interpretazione cromosomica, sono forniti da quel modo di eredità che si suole indicare con il nome di eredità legata al sesso (cfr. genetica, XVI, pagina 515), e che si spiega molto semplicemente e completamente con l'ammettere che i fattori di quei caratteri che si comportano in tal modo siano localizzati nei cromosomi sessuali.

Il fenomeno della "mancata disgiunzione" (non-disjunction) dei cromosomi X nella Drosophila (il moscerino dell'aceto, oggetto preferito delle ricerche di genetica), studiato da C. B. Bridges nel 1913, ha portato non soltanto una conferma all'ipotesi della localizzazione dei fattori di certi caratteri nel cromosoma X, ma anche nuova luce sull'importanza dei cromosomi X e Y per la determinazione del sesso. In alcune femmine avviene un'anomalia nella maturazione delle uova, per cui i due X non si separano: si formano quindi uova con due X, e uova senza X (fig. 9). Incrociando queste femmine con maschi normali, che formano due classi di spermî, con X e con Y, si possono avere le quattro combinazioni che risultano dallo schema: XXX, XXY, XO, OY. Si sono potute controllare citologicamente queste formule, e si è visto che gl'individui con tre X e quelli con XXY sono femmine; quelli con un solo X sono maschi (sterili); non si sono invece trovati individui con il solo Y e senza X, si è supposto che essi fossero quelli che negli allevamenti erano morti precocemente e se ne è concluso che tale costituzione non è compatibile con la vita. Questi fatti sembrano dimostrare, come meglio sarà esposto in seguito, che non la presenza o l'assenza di Y determina il sesso, ma piuttosto la presenza di uno o più X. Queste osservazioni hanno molto valore, soprattutto perché sono accompagnate dall'analisi citologica, che ha sempre confermato la formula attribuita ai varî individui: i corredi cromosomici con tre X, con due X e un Y, con il solo X, sono stati effettivamente osservati.

Un altro ordine di fatti, che pure fornisce argomenti favorevoli alla teoria cromosomica, è rappresentato dai ginandromorfi (figg. 10 e 11). Questi sono individui in cui certe zone del corpo hanno caratteri maschili, altre femminili (vedi ginandromorfismo). Si conoscono ginandromorfi bilaterali, metà maschi e metà femmine, o a musaico, in cui le parti dell'uno e dell'altro sesso sono più o meno irregolarmente distribuite. Molti casi sono conosciuti nella Drosophila, nell'ape, in alcune farfalle. Anche queste anomalie sono spiegabili con la distribuzione dei cromosomi sessuali. Uno dei casi più frequenti e meglio studiati è il ginandromorfo bilaterale della Drosophila (figura 10) in cui una metà del corpo ha i caratteri del maschio, l'altra quelli della femmina. Secondo il Morgan questo deriva da uno zigote XX, cioè primitivamente femmina, in cui, in una delle prime mitosi, uno dei due cromosomi X è andato perduto, così che un blastomero è rimasto con un solo X. Tutte le cellule che discendono da questo hanno perciò un solo X, che, come sappiamo, determina i caratteri maschili; le altre, due X, cioè il corredo cromosomico femminile. Con incroci opportuni, fra razze che differiscano per caratteri portati dai cromosomi X, si possono ottenere ginandromorfi le cui metà differiscano anche per quei caratteri (un occhio bianco, ad es., e uno rosso, ecc.) e si può avere così la riprova dell'esattezza dell'interpretazione, in mancanza della conferma citologica. In altri casi la spiegazione che si adatta è diversa, ma sempre basata sul meccanismo cromosomico. Interessante, perché controllato citologicamente, è il caso descritto da R. Goldschmidt e K. Katzuki nel Bombyx (baco da seta). Qui può talvolta avvenire una duplice fecondazione, del nucleo dell'uovo e del globulo polare, che non viene emesso. Lo zigote comincia dunque lo sviluppo con due nuclei, e, poiché il nucleo dell'uovo e quello del globulo polare sono diversi (uno ha Z, l'altro W), mentre gli spermî sono tutti eguali (Z), ne risultano due nuclei di fecondazione diversi ZZ e ZW, uno maschile e uno femminile.

In conclusione, il numero dei fatti che, in questi ultimi anni, si sono venuti raccogliendo a sostegno della teoria cromosomica, soprattutto per opera della scuola del Morgan, ma anche di molti altri studiosi, è veramente ingente; e, nonostante che molti casi, specialmente dove vi sono cicli biologici complicati, rimangano ancora oscuri, si deve riconoscere che tale teoria è quella che finora ha dato ragione del maggior numero di fenomeni. Tuttavia, la semplice interpretazione che prima si è affacciata alla mente dei genetisti e dei citologi, che i cromosomi X e Y (o W e Z) portassero rispettivamente i fattori della femminilità e della mascolinità, e che il meccanismo cromosomico risolvesse interamente il problema della determinazione del sesso, risultò tosto insufficiente. Come spesso avviene nello studio dei fenomeni biologici, sono i casi eccezionali, le anomalie, che offrono il primo appiglio alla sperimentazione e all'indagine. Così per i fenomeni del sesso, nuove vie di ricerca furono aperte non appena si presero attentamente in considerazione i fenomeni (alcuni dei quali già noti da tempo) della intersessualità (v.).

L'intersessualità e l'inversione del sesso. - Si è convenuto, adottando la classificazione proposta da R. Goldschmidt, di riservare il nome di ginandromorfi a quegli individui che fin dall'inizio sono costituiti da un musaico di parti maschili e femminili, e di riservare il nome di intersessi, a quelli che iniziano lo sviluppo come individui di un sesso, poi, a partire da un certo momento, proseguono come individui del sesso opposto. Ciò può avvenire normalmente negli ermafroditi, in cui spesso maturano prima le gonadi di un sesso, poi quelle dell'altro, e può verificarsi pure in organismi unisessuati, per varie cause, che si possono raggruppare in due categorie: genetiche e fisiologiche. Caso estremo dell'intersessualità è l'inversione del sesso. Come un caso intermedio si può considerare l'ermafroditismo.

Intersessualità da cause genetiche. - Uno dei casi meglio studiati, che ha servito di base alla creazione di una teoria fisiologica dell'eredità, è dato da una farfalla (Lepidottero Eterocero) che ha un'area di diffusione molto vasta, e il cui bruco è assai dannoso a molte piante d'alto fusto, la Lymantria dispar. Il dimorfismo sessuale è accentuatissimo, e si esplica, oltre che nella struttura degli organi copulatori, nella forma delle antenne, nella colorazione delle ali, ecc. Era noto che, incrociando razze provenienti da diverse località, si ottenevano individui anormali, che presentavano una miscela dei caratteri dei due sessi. ll Goldschmidt, con paziente e lungo lavoro d'analisi dei varî incroci fra diverse razze europee e asiatiche, giunse alle seguenti conclusioni. Gl'individui anomali sono intersessi, cioè cominciano a svilupparsi e a differenziarsi come maschi, o come femmine, poi, a un certo momento, più o meno precoce, dell'ontogenesi, avviene una inversione, e lo sviluppo si continua nella direzione del sesso opposto. Ne risulta che gli organi che al momento dell'inversione sono già differenziati, o per lo meno già stabilmente determinati (v. embriologia; determinazione) conservano i caratteri del sesso primitivo; quelli che al momento dell'inversione non sono ancora determinati, e sono suscettibili di modificarsi, acquistano i caratteri dell'altro sesso. Poiché ogni organo si sviluppa in un periodo ben definito, e v'è una successione caratteristica nel differenziamento dei varî organi, il momento in cui avviene l'inversione è quello che decide quali organi possono acquistare i caratteri del sesso opposto (legge temporale della intersessualità). Se l'inversione è molto tardiva, e avviene, ad esempio, quando già le gonadi, gli organi copulatori e le antenne si sono differenziati, soltanto il colore delle ali acquisterà qualche carattere del sesso opposto (intersesso debole). Se è più precoce, anche la forma delle antenne e anche gli organi copulatori risultano modificati, e acquistano caratteri più o meno intermedî fra quelli di un sesso e quelli dell'altro (intersesso medio). Se l'inversione è molto precoce, può avvenire che persino le gonadi risentano la sua influenza, e si sviluppino quindi individui che sono geneticamente maschi, ma in pratica femmine, capaci anche di funzionare come tali, o viceversa (intersessi forti). Il Goldschmidt poté così raccogliere, dai varî incroci, tutta la serie d'interessi femminili (fig. 12), cioè individui di costituzione genetica femminile, più o meno completamente trasformati in maschi, fino a divenire maschi completi, funzionanti; e la serie d'intersessi maschili (fig. 13), in cui avviene il contrario. Egli concluse: che ogni sesso possiede le potenzialità dell'altro, poiché può divenire intersessuale; che la determinazione del sesso è legata al giuoco dei cromosomi, nei quali sono localizzati i fattori determinanti l'uno o l'altro sesso (che si indicano rispettivamente con M e F). Ciò che decide poi per lo sviluppo dell'uovo in individuo maschio o femmina, è una certa relazione quantitativa, o d'intensità fra i fattori M e F, che si trovano in ciascun individuo.

Il Goldschmidt cercò di tradurre il concetto di azione quantitativa, o "valenza" dei geni, o fattori, con un esempio numerico. I numeri però non rappresentano alcun valore misurato, sono puramente fittizî. Poiché gli esperimenti genetici conducono alla conclusione che nella Lymantria il maschio è omozigote per il fattore della mascolinità (M), e la femmina eterozigote, mentre ambedue posseggono un fattore della femminilità (F), si hanno le seguenti relazioni: ♂ = MMF; ♀ = MF (M è localizzato nel cromosoma Z, e F, probabilmente, nel citoplasma dell'uovo). Quando la differenza tra MM e F è positiva e ha un valore sufficiente (nel suo esempio assume il valore 20 come minimo) si sviluppa un maschio. Quando M − F è negativa (nel suo esempio il minimo è −20) si sviluppa una femmina. Negli zigoti provenienti da genitori della stessa razza ciò accade normalmente, ma in razze diverse i valori di M e di F possono esser diversi, e, negl'incroci vengono così a stabilirsi delle relazioni disarmoniche, in cui, ad esempio MM−F=0, o M−F=−10, ecc., così che non si ha più la prevalenza dei fattori della mascolinità, o di quelli della femminilità, che è necessaria per il normale differenziamento dei sessi, e si sviluppano perciò intersessi, che saranno "maschili" quando la costituzione dello zigote è MMF, "femminili" quando è MF, e più o meno "forti" secondo che il valore della differenza si discosta più o meno dal normale, per accostarsi a quello proprio del sesso opposto (fig. 14).

Il Goldschmidt spiega poi la formazione dei varî gradi di intersessualità con la seguente ipotesi: i fattori M e F agendo quasi come catalizzatori (andrasi e ginasi, sono stati anche chiamati usando la nomenclatura solita per gli enzimi) produrrebbero il loro effetto per una serie di reazioni, la cui velocità si può supporre proporzionale alla loro valenza e si può rappresentare con una certa curva. In condizioni normali, cioè quando il valore M−F supera un certo limite, le due serie di reazioni non interferiscono, perché l'una si completa prima che l'altra possa manifestare i proprî effetti. Quando invece la differenza M−F non sia sufficiente, la serie delle reazioni del sesso opposto a quello primitivo, genetico, procedendo con velocità eccessiva rispetto all'altra, la raggiunge e vi si sostituisce. È questo il momento in cui avviene l'inversione, ed è tanto più precoce quanto più l'andamento delle reazioni del fattore del sesso opposto al primitivo è accelerato rispetto all'andamento di questo; quanto più la differenza M−F si approssima al valore caratteristico del sesso opposto (v. fig. 15).

Tutto il ragionamento del Goldschmidt, è stato obiettato, non è che una descrizione dei fatti osservati, espressi in termini numerici; come spiegazione è puramente teorica. Tuttavia la teoria, anche nella sua forma necessariamente imprecisa e in molta parte del tutto ipotetica, è certamente ingegnosa e seducente, e i concetti della legge temporale della intersessualità, della "valenza" dei geni e delle velocità delle reazioni da loro promosse, possono essere applicati anche ad altri casi.

L'autore stesso ne tentò una generalizzazione col nome di Physiologische Theorie der Vererbung.

Anche la scuola del Morgan ha elaborato una teoria quantitativa per l'interpretazione degl'intersessi della Drosophila (fig. 16). I fatti osservati possono essere riassunti nella tabella V, in cui X indica il cromosoma X, e A gli autosomi. Si vede come la relazione X:A, cioè il numero degli X rispetto al numero degli autosomi è quella che determina il sesso (cfr. fig. 17) mentre la presenza del cromosoma Y non ha importanza, almeno per il differenziamento dei sessi. Infatti, come già si è detto, Y può essere presente nelle femmine (XXY) e assente nei maschi (XO). Il fatto che questi maschi privi di Y sono tutti e sempre sterili (S. R. Safir, 1920) prova però che esso è molto importante per la normale funzionalità dei testicoli.

Se X : A ??? 1, si hanno femmine (normali ogni volta che X : A = 1). Quando X : A ??? 1 : 2, si hanno maschi. Negli altri casi, intersessi. Il caso 7° ha due X, e autosomi triploidi; ma manca uno degli autosomi che si suol indicare con IV. È interessante notare il caso 5°, che si riferisce a femmine aploidi. Esso rimase puramente teorico fino a che il Bridges (1925-1930) poté trovarlo in alcuni individui costituiti da un mosaico di zone aploidi e diploidi, e poté constatare con certezza che le parti aploidi hanno caratteri femminili.

La scuola del Morgan, pertanto, anziché di "valenza" dei geni, preferisce parlare di "bilancio" (balance) dei geni, e considera il rapporto X : A come quello che decide il sesso.

Altri casi d'intersessualità da cause genetiche sono quelli descritti da E. Pflüger e da R. Hertwig, ma elaborati specialmente in questi ultimi anni da E. Witschi, e ottenuti con incroci fra varie razze di Rana temporaria. L'interpretazione del Witschi è sostanzialmente analoga a quella del Goldschmidt.

Nella rana vi sono razze, cosiddette "differenziate", in cui i sessi si determinano precocemente, prima della metamorfosi, e altre "indifferenziate" in cui tutti gl'individui cominciano lo sviluppo come femmine, e poi, nel primo o nel secondo anno di vita, la metà circa divengono maschi, così che, all'epoca della riproduzione, si ha una distribuzione normale dei sessi. Di rado tale inversione accade molto tardi, al periodo della maturità sessuale, e allora non è completa e possono aversi veri e proprî ermafroditi, con uova e spermî maturi. Con varî incroci fra razze differenziate e indifferenziate il Witschi poté concludere che i maschi e le femmine sono ambedue omozigoti per M; le femmine sono anche omozigote per F, i maschi eterozigoti (♂ = MMFF; ♀ = MMFf); secondo questo autore M sarebbe localizzato negli autosomi, F nel cromosoma X e f (che in questo caso non significa solo assenza di F, ma rappresenta un fattore distinto) nel cromosoma Y. Poté inoltre constatare che, mentre la valenza di M è eguale in tutte le razze, la valenza di F varia notevolmente, e, a seconda delle combinazioni che si avverano alla fecondazione, si ottengono individui con precoce differenziamento dei sessi, o individui con differenziamento molto tardivo. I pochi ermafroditi adulti trovati (fig. 18) servirono per un esperimento molto importante, che ha dimostrato che il sesso maschile nella rana è eterozigote e quello femminile omozigote. Le uova di Rana temporaria ermafrodita, fecondate da spermî di maschio normale, dànno circa il 50% di maschi e il 50% di femmine. Invece le uova di rana normale, fecondate da spermî di rana ermafrodita, dànno tutte femmine, che non mostrano tendenza a cambiar sesso. Ciò prova che gli spermî della rana ermafrodita sono di un sol tipo, cioè provengono da cellule omozigote (XX) e determinano quindi tutti il sesso femminile mentre quelli di rana normale sono di due tipi X e Y (cfr. genetica, XVI, p. 521).

Negli Anfibî, del resto, la tendenza all'ermafroditismo è manifesta: nei maschi dei rospi esiste sempre il cosiddetto organo del Bidder, che è la parte più rostrale della gonade, che ha caratteri decisamente femminili, senza peraltro potersi considerare come un vero e proprio ovario. Le uova possono svilupparsi anche nei testicoli dei rospi (N. Beccari) e si conoscono anche casi di vero e proprio ermafroditismo.

Casi analoghi a quello della Lymantria e a quello della rana sono conosciuti in molti altri animali e specialmente negl'Insetti (incroci fra specie diverse di farfalle [Harrison 1916-19], di pidocchi [Keilin e Nuttal, 1919]), nei Crostacei (Gammarus [Sexton e Huxley, 1921], Daphnia [Banta, 1916 segg.]), nei Pesci (nei pesci d'acqua dolce Riphophorus e Lebistes avviene la trasformazione delle femmine in maschi [Harms, 1926; Winge, 1927; Kosswig, 1930]) e nei Mammiferi. Spesso è difficile decidere se si tratta d'intersessualità genetica, dipendente da uno squilibrio ereditario, come nei casi ora illustrati, o d'intersessualità fisiologica, come quella di cui diremo in seguito: occorrerebbero esperimenti d'incrocio, che non è sempre possibile fare. Si hanno tuttavia buone ragioni per ritenere che molti dei casi di ermafroditismo e pseudo-ermafroditismo descritti nei Mammiferi e nell'uomo siano da considerarsi come intersessualità d'origine genetica. Intersessi triploidi analoghi a quelli della Drosophila sono stati ottenuti con l'ibridazione interspecifica e con altri mezzi soprattutto nelle farfalle (Saturnidi e Bistonidi). In alcuni incroci si ha un'alterazione notevolissima del rapporto dei sessi, che fu spiegata con l'inversione del sesso (Harrison, 1919).

L'intersessualità, che può considerarsi come un ermafroditismo rudimentale, si avvicina alle condizioni dei veri e proprî ermafroditi (fig. 19), nei quali, naturalmente, il corredo cromosomico è d'un sol tipo, e in cui i fattori M e F devono essere perfettamente bilanciati.

Recentemente A. Arcangeli (1932) ha descritto e illustrato ampiamente l'ermafroditismo negl'Isopodi terrestri, e ha proposto un'interpretazione nuova, applicandola anche ai casi degli Anfibî e dei Nematodi. Sostanzialmente egli respinge la concezione mendeliana del sesso, ammette che i gameti d'ambo i sessi contengano contemporaneamente le due tendenze, maschile e femminile, i cui valori, ipotetici, esprime sotto forma di frazione. Per passare dal gonococismo all'ermafroditismo egli ammette che uno dei gameti possa avere subito una modificazione dei valori e quindi del rapporto delle due tendenze. Questa modificazione sarebbe in relazione a cambiamenti nel trofismo dell'animale, riflettentisi sul metabolismo dei gameti.

Intersessualità da cause fisiologiche. - Il problema della determinazione del sesso non può dirsi interamente esaurito dall'analisi genetica. Molte cause esterne possono influenzare il differenziamento dei sessi, specialmente durante lo sviluppo embrionale, ma anche più tardi e ciò ha dato argomento alle teorie epigamiche. Varî casi molto caratteristici sono conosciuti sotto il nome, alquanto inesatto, di castrazione parassitaria. Il termine fu creato da A. Giard (1886) per i fenomeni che egli aveva osservati in certi granchi (Inachus) parassitati dal Crostaceo Rizocefalo Sacculina. Le femmine non si modificano di molto, ma i maschi parassitati acquistano invece netti caratteri somatici femminili (per ulteriori particolari, v. castrazione: Castrazione parassitaria). Contemporaneamente anche i testicoli possono ridursi, e, allorché in seguito a una muta il granchio può liberarsi del parassita, le gonadi possono rigenerare tessuto ovarico, anziché testicolare. Tuttavia è certo che né la castrazione, né la rigenerazione di gonadi del sesso opposto sono condizioni necessarie per l'inversione dei caratteri sessuali secondarî, perché questa può avvenire anche in presenza di testicoli funzionanti.

Fenomeni analoghi produce la "stilopizzazione", cioè la presenza dello Strepsittero Xenos Rossii in alcuni apidi, e particolarmente nel gen. Andrena. Maschi e femmine, infetti dal parassita, acquistano alcuni caratteri del sesso opposto. Si possono seriare gl'intersessi analogamente a quelli di Lymantria, e si vede che anche in questo caso vale la "legge temporale" di Goldschmidt (Salt, 1927).

Un altro caso simile è stato descritto recentemente in un Emittero Membracide americano, Thelia (Kornhauser, 1919), le cui larve sono parassitate dall'Imenottero endofago Aphelopus: i maschi infetti dal parassita acquistano caratteri femminili più o meno pronunziati.

Molte ipotesi si sono proposte per spiegare gli effetti della "castrazione parassitaria", che meglio si dovrebbe chiamare "intersessualità da infezione parassitaria", e specialmente le teorie che mettono tali fenomeni in relazione con l'elaborazione di ormoni testicolari od ovarici determinanti i caratteri sessuali secondarî, hanno avuto immeritato favore. I caratteri secondarî degl'Insetti non sono certamente sotto il controllo ormonale (v. sotto: Il determinismo dei caratteri sessuali secondarî), ed è molto poco verosimile che lo siano quelli dei Crostacei; inoltre, il fatto che caratteri del sesso opposto possono comparire anche quando la gonade si conserva integra, dimostra che l'interpretazione ormonale è errata. Probabilmente la teoria di G. Smith (1909-12) che il parassita produca modificazioni nel metabolismo dell'ospite analoghe a quelle che induce la presenza della gonade del sesso opposto è la più attendibile, ed è accettata anche dagli autori più recenti.

Un fenomeno che ha molto interessato i biologi è quello presentato dalla Bonellia (v.), verme Gefireo (Echiuroide), caratteristico per il notevolissimo dimorfismo sessuale. Le femmine sono lunghe parecchi centimetri, i maschi, che hanno anche forma molto diversa, misurano pochi millimetri (fig. 20). Era noto fin dal 1879 (Spengel), e fu poi ampiamente illustrato da F. Baltzer (1914-1932) come avvenga il differenziamento dei sessi in questo verme. Dall'uovo nasce una larva, di tipo trocophora, indifferente, cioè capace di differenziarsi come maschio, o come femmina. Se tale larva si fissa sulla proboscide di una femmina adulta, in tre giorni circa diventa un maschio; se invece non si dà a questa vita parassitaria, ma rimane libera e s'intana nella sabbia, diventa una femmina. Qualora poi le larve parassite sulla proboscide vengano staccate prima che abbiano compiuto il loro sviluppo e tenute poi in vita libera, esse formano degl'intersessi di vario grado, secondo che il cambiamento di vita è stato più o meno precoce. Valgono anche in questo caso i soliti principî dell'intersessualità. Si potè poi stabilire che è una sostanza succhiata dalla larva quella che produce l'effetto mascolinizzante, perché anche estratti della proboscide o di altri organi della femmina adulta della Bonellia sono egualmente attivi (Baltzer), e che anche l'acidificazione, l'aggiunta di ioni potassici e altre alterazioni della composizione chimica dell'acqua di mare esercitano un'azione analoga a quella degli estratti di proboscide (C. Herbst), sempre, s'intende, su larve libere.

Questi fatti dimostrano che la determinazione del sesso nella Bonellia è essenzialmente epigamica, e dipendente da cause esterne. Probabilmente questo verme si avvicina alle condizioni degli ermafroditi: i geni M e F sono quasi perfettamente bilanciati e le condizioni esterne decidono poi quale dei due debba prevalere. Molti fatti, però, parlano a favore di una, sia pure labile, determinazione genetica del sesso. In alcuni individui questa sembra più accentuata, tanto che anche in quegli esperimenti in cui la massima parte degli individui si sviluppa in una direzione, alcuni, nelle identiche condizioni, divengono intersessi.

L'intersessualità e l'inversione del sesso da cause fisiologiche nei Vertebrati, sono state oggetto di numerose ricerche. Trascureremo qui quei casi d'intersessualità ormonale, più o meno transitoria, derivati dall'iniezione di estratti di ghiandole dell'altro sesso, o da trapianti o dall'involuzione delle gonadi (di essi si farà cenno più oltre: Il determinismo dei caratteri sessuali secondarî) e ci limiteremo a considerare i casi in cui le gonadi stesse vengono deviate nel loro sviluppo.

Tale deviazione può essere prodotta da cause che agiscono sui gameti prima della fecondazione. Sono ben note le ricerche di R. Hertwig, di S. Kuschakewitsch e di E. Witschi sull'effetto della sovrammaturazione delle uova di rana (ritenzione nell'"utero" per parecchi giorni, prima che vengano fecondate): il rapporto dei sessi si sposta notevolmente a favore del sesso maschile, e sembra escluso che ciò sia dovuto a una mortalità maggiore delle femmine durante lo sviluppo.

Più spesso la deviazione è prodotta da cause agenti durante lo sviluppo: sottoponendo embrioni di rana a bassa temperatura (10°) si ottiene il 100% di femmine, laddove la temperatura elevata (32°) inibisce lo sviluppo degli ovarî e favorisce quello dei testicoli (Witschi). La disidratazione dei girini di rospo induce pure uno squilibrio nel rapporto dei sessi, a favore del sesso femminile (E. D. King). In questi casi si è potuto osservare che le condizioni che favoriscono la formazione di maschi ritardano lo sviluppo della parte corticale delle gonadi, mentre quelle che favoriscono lo sviluppo di femmine, ritardano lo sviluppo della parte midollare. L'ovario, infatti, si sviluppa prevalentemente dal cortex, il testicolo dalla medulla. Anche qui si tratta dunque soprattutto di velocità relativa di differenziamento.

Un altro genere di cause può determinare la formazione d'intersessi, o l'inversione del sesso. È noto agli allevatori di bovini che nelle gravidanze gemellari, quando i due gemelli sono di sesso diverso, le femmine risultano molto spesso sterili (gl'Inglesi le chiamano free-martins). F. R. Lillie (1917), studiando le condizioni della circolazione fetale in simili gemelli, si avvide che le membrane fetali si fondono precocemente e ne risulta una anastomosi dei vasi, così che si ha una comunicazione nelle circolazioni dei due individui (fig. 21). Secondo la teoria del Lillie, sostanze (ormoni) secrete dalle gonadi del maschio, che si sviluppano più precocemente, passano attraverso questa via nel corpo del gemello di sesso femminile, e inibiscono il normale differenziamento degli ovarî, pur non riuscendo a trasformarli in testicoli. Anche nei maiali avvengono fatti simili.

Risultati analoghi furono ottenuti sperimentalmente unendo in parabiosi (v.) embrioni di Anfibî di sesso diverso. Le varie specie presentano differenze caratteristiche nel modo di comportarsi delle gonadi (fig. 22): nei rospi avviene uno sviluppo completo e indipendente delle gonadi dei due sessi, senz'alcuna influenza reciproca; nelle rane v'è una parziale influenza della gonade maschile a danno di quella femminile; negli Urodeli si ha l'effetto più sensibile, in quanto le gonadi dei due sessi, influenzandosi scambievolmente, rimangono entrambe sterili (R. K. Burns, 1930; E. Witschi, 1931-1932). Negli Uccelli invece si è tentato invano di produrre un effetto analogo con innesti corio-allantoidei di gonadi dell'altro sesso (B. H. Willier, 1927-28). Recentissime ricerche di V. Dantchakoff (1935 e di E. Wolff (1935) con iniezioni d'ormone ovarico negli embrioni di pollo hanno prodotto però la formazione d'intersessi o la completa inversione.

L'inversione del sesso si può ottenere anche in animali adulti, in seguito a particolari condizioni fisiologiche, o patologiche. Castrando rospi maschi, e lasciando intatto l'organo di Bidder, si può ottenere, con un'alimentazione ricca di grassi, lipoidi e lecitine, la trasformazione della parte caudale di quest'ultimo in un ovario (W. Harms, 1921; K. Ponse, 1924). Sul sesso dei discendenti delle uova di questi maschi genetici divenuti femmine, v. genetica, XVI, 521. Anche nei tritoni castrati, residui di testicolo rigenerano spesso ovarî (Du Bois e Beaumont 1927). Negli stessi animali si può ottenere, col digiuno prolungato, un'involuzione delle gonadi (castrazione alimentare). Chr. Champy ottenne da maschi, sottoposti a questo trattamento e poi nuovamente alimentati la rigenerazione di tessuto ovarico.

Anche nei polli si è potuta ottenere l'inversione completa del sesso. Praticando la ovariectomia sinistra in pollastre di pochi giorni, la gonade destra (che nelle femmine di quasi tutti gli Uccelli rimane rudimentale) s'ipertrofizza e in un certo numero di casi si sviluppa in un ovotestis, o anche in un testicolo, che può presentare perfino la spermatogenesi normale (I. Benoit, L. V. Domm).

Casi d'inversione spontanea del sesso, oltre a quelli già ricordati delle rane, attribuiti a cause genetiche, sono conosciuti anche nelle colombe (O. Riddle, 1914) e galline, e dovuti presumibilmente a processi patologici (tumori, tubercolosi; F. E. A. Crew, 1923).

Anche nelle piante sono stati descritti parecchi casi d'intersessualità e d'inversione del sesso, prodotte da oause analoghe a quelle che agiscono sugli animali: parassitismo, condizioni varie di ambiente, alimentazione, temperatura, mutilazioni e traumatismi, ecc.

L'intimo meccanismo di queste inversioni sessuali, dovute a cause fisiologiche e patologiche è del tutto oscuro. Le ricerche embriologiche e istologiche sugli animali accentuano l'importanza dell'azione della parte corticale e midollare delle gonadi come "induttori" (E. Witschi), nel senso embriologico (v. embriologia: Embriologia sperimentale) del differenziamento sessuale, ma ciò non ci porta nel nucleo del problema. Evidentemente, volendo usare un linguaggio consacrato dall'uso, le varie azioni fisiche e chimiche cui abbiamo accennato, e quelle, anche più oscure, di natura fisiologica che intervengono nell'inversione del sesso da castrazione, devono agire sui fattori M o F, in modo da alterarne il primitivo equilibrio.

Conclusioni sulla teoria cromosomica. - Come si vede, tutti questi fatti costringono a modificare il primitivo carattere semplicistico della teoria cromosomica, soprattutto nel senso che non la presenza o l'assenza di uno degli eterocromosomi possano essere sufficienti a determinare il sesso, bensì le relazioni quantitative che si vengono a stabilire all'atto della fecondazione (determinazione singamica). Su queste, poi, possono agire ancora, durante lo sviluppo, cause esterne di varia natura (determinazione epigamica). Si possono dunque trarre le seguenti conclusioni (E. Witschi): 1. Tanto il maschio quanto la femmina portano i fattori d'ambo i sessi. 2. La determinazione del sesso è dovuta a una prevalenza quantitativa dei fattori di un sesso su quelli dell'altro. 3. Il fattore di uno dei sessi è localizzato negli autosomi, e perciò presente in stato omozigote nei due sessi; l'altro è localizzato nel cromosoma X, ed è perciò duplice nel sesso omogametico, semplice in quello eterogametico. 4. Il sesso omogametico forma un sol tipo di gameti (A + X), quello eterogametico due tipi, uno A +X e uno con i soli autosomi (A + O). 5. Nei casi di eterozigosi del maschio (tipo Drosophila) le formule dei sessi sono: ♀ MMFF; ♂ MMFf, e valgono, in condizioni normali di sviluppo, le relazioni quantitative: 2F > 2M > F; 3M ≈ 2F. 6. Nei casi di eterozigosi della femmina (tipo farfalle) le formule dei sessi sono: ♀ FFMm; ♂ FFMM, e valgono le relazioni quantitative: 2M > 2F > M; 3F ≈ 2M. 7. In condizioni anormali, come la poliploidia e l'incrocio fra razze in cui i fattori non hanno valenze eguali, si possono produrre combinazioni in cui la somma delle valenze dei fattori F è quasi eguale a quella dei fattori M F − ΣM = 0); da tali zigoti risultano intersessi. 8. Diverse cause esterne, applicate prima o dopo la fecondazione, in periodi più o meno precoci dello sviluppo, sono capaci di alterare la primitiva relazione quantitativa stabilitasi alla fecondazione, e di far deviare lo sviluppo in un senso o nell'altro. Anche in tal caso risultano intersessi.

La Lymantria rappresenterebbe tuttavia un'eccezione, perché i fattori F sarebbero localizzati, secondo gli studî più recenti, nel citoplasma. Valgono però le stesse relazioni quantitative.

Altre teorie della determinazione del sesso. - La teoria cromosomica dell'eredità, e in particolare la sua applicazione alla determinazione del sesso, ha trovato acerrimi oppositori fin dal suo apparire. Il meccanismo cromosomico sembrò a molti di un semplicismo eccessivo, e le teorie fisiologiche costruite sulla teoria cromosomica (come quelle del Goldschmidt e del Witschi) sembravano piuttosto compromettere l'integrità della teoria stessa. Bisogna convenire che le critiche non sono del tutto infondate e che per spiegare molti dei fatti sopra riassunti con la teoria dei cromosomi, è necessario ricorrere a varie ipotesi sussidiarie. Tuttavia si deve riconoscere che nessun'altra teoria proposta ha dato altrettanto impulso alla ricerca ed è riuscita a spiegare un numero altrettanto grande di fatti, in maniera egualmente semplice.

Le teorie che sono state opposte alla teoria cromosomica, rimproverando a questa di considerare esclusivamente il lato genetico della questione, hanno tenuto conto soprattutto del lato fisiologico. Una di queste, la teoria ormonale, ha riscosso un certo favore per alcun tempo: essa ammetteva che la differenza prima fra i sessi fosse la presenza degli ormoni sessuali. Si è visto poi che ciò è insostenibile: in molti gruppi di animali e di piante, ormoni sessuali analoghi a quelli dei Vertebrati, che condizionano la formazione dei caratteri sessuali secondarî, non sono dimostrati e molto probabilmente non esistono. Inoltre gli ormoni sono essi stessi da considerarsi come prodotti secondarî.

Le teorie metaboliche ritengono che la differenza primitiva fra i sessi consista in una diversità del metabolismo. A questo concetto alquanto vago, varî autori cercarono di dare maggiore determinatezza. Così Geddes e Thompson ritennero che il maschio sia il risultato di un catabolismo preponderante: è il sesso più attivo e mobile, e tende a distruggere piuttosto rapidamente le riserve; la femmina è invece il risultato di un anabolismo preponderante: accumula riserve nutritive, è più passiva, meno mobile. A questa teoria si collegano anche le vedute di A. Russo (1907-1912), che, nel coniglio, distingue uova povere di lecitina, di tipo catabolico, e uova ricche di lecitina, di tipo anabolico: le prime darebbero origine a maschi, le seconde a femmine. Iniettando a coniglie soluzioni di lecitina l'autore sarebbe riuscito ad aumentare la proporzione delle femmine nelle nascite. Questi esperimenti non andarono però esenti da critiche.

Una critica della teoria di Geddes e Thompson e una formulazione più precisa della teoria metabolica sono date da O. Riddle (1912-31), il quale, con lunghi e accurati studî, ha dimostrato che la differenza essenziale fra i sessi sta nel tasso delle ossidazioni, maggiore nel maschio, che nella femmina. Su questo fatto si basa anche la reazione chimica proposta da E. O. Manoiloff (1923-24) per la diagnosi del sesso con il sangue, applicata con successo da alcuni autori anche alle piante (cfr. Ph. Joyet-Lavergne, 1931). Il Riddle adatta il suo modo di vedere alla teoria cromosomica, ammettendo che l'effetto primario dei cromosomi o dei geni della sessualità sia appunto quello di stabilire tassi d'ossidazione più o meno alti.

La teoria fisico-chimica, recentemente proposta da Ph. Joyet-Lavergne, che si basa su molte interessanti ricerche condotte specialmente su Protozoi, Funghi e Alghe, non riconosce al nucleo e ai cromosomi una parte preponderante nella determinazione del sesso, e accentua invece il fatto che il citoplasma appare precocemente "polarizzato", possedendo i caratteri dell'uno o dell'altro sesso. La teoria si può riassumere nelle due leggi della "sessualizzazione citoplasmatica": 1. Il valore del potenziale di ossido-riduzione (rH) intracellulare è un carattere di sessualizzazione del citoplasma: in ogni specie le cellule polarizzate in senso femminile hanno un rH inferiore a quello delle cellule polarizzate in senso maschile. 2. Le differenze di natura e di proporzione nelle riserve lipoidi e grasse costituiscono un carattere di sessualizzazione del citoplasma: le cellule polarizzate in senso femminile acquistano riserve grasse che riducono l'acido osmico; le riserve lipoidi delle cellule che daranno i gameti maschili non hanno tale proprietà.

Le differenze di natura fisico-chimica del citoplasma, secondo questa teoria, sono le differenze fondamentali, primarie fra i sessi. I cromosomi non sono che indici di stati fisiologici, o fisico-chimici diversi.

Tutte queste teorie fisiologiche (v. in proposito anche le ricerche di E. Remotti, 1928) prospettano un aspetto interessantissimo del problema della sessualità, ed è chiaro, da quel poco che se n'è detto, che rispecchiano una fondamentale e profonda differenza fra i sessi. Non v'ha dubbio che molti fenomeni dell'intersessualità da cause fisiologiche si possano interpretare più facilmente al lume di queste teorie che non in base a quella cromosomica. Ma tutte, o lasciano insoluto il problema vero dell'origine di tali differenze fisiologiche e quindi della sessualità (e perciò possono ben dirsi teorie della sessualità, ma non della determinazione del sesso), o devono ricorrere ai geni, o ai cromosomi, e ammettere che questi siano il primo determinante delle differenze fra i sessi. Una conciliazione fra le teorie a base morfologica, come quella dei cromosomi, e quelle fisiologiche, appare non solo possibile, ma augurabile, per far sì che i geni dei genetisti perdano un poco del loro carattere misterioso, e operino attraverso proprietà fisiologiche conosciute.

La sessualità relativa. - Di grande interesse ai fini di una teoria generale della sessualità sono i fenomeni messi in luce specialmente per merito di M. Hartmann (1909 e segg.) in alcune Alghe (in particolare nella Feoficea Ectocarpus siliculosus, in alcune specie di Spirogyra) e poi anche, da altri autori, in alcuni Funghi (Mucor, ecc.). L'Ectocarpus siliculosus è morfologicamente isogamo, perché i gameti dei varî individui sono tutti esteriormente simili fra loro, ma fisiologicamente anisogamo, perché, quando i gameti provenienti da due individui vengono a contatto, quelli di uno (femminili) si fissano e perdono i flagelli, mentre quelli dell'altro (maschili) rimangono mobili e attivi e circondano in gran numero i gameti femminili, con cui poi si copulano (fig. 23). Si può così riconoscere il sesso delle piante da cui provengono i varî gameti, e si è visto che gameti dello stesso sesso, ancorché provenienti da individui diversi, in genere non reagiscono e non si copulano. Ma, oltre a piante a sessualità nettamente maschile o femminile, ve ne sono altre in cui l'"intensità" della sessualità (così come si può misurare dall'intensità della reazione dei gameti messi a contatto) è più debole. Vi sono cioè piante maschili, o femminili, i cui gameti dànno soltanto una debolissima reazione se messi in presenza di quelli dell'altro sesso. Si è visto che gameti maschili "deboli" e "forti" possono reagire fra loro come se fossero di sesso diverso; e lo stesso fanno i gameti femminili "deboli" e "forti".

La fig. 24 rappresenta un fenomeno analogo in una Spirogyra dioica, dove il filamento B funziona da maschio rispetto al filamento A e da femmina rispetto al filamento C.

Questi e altri fatti inducono a ritenere che in questi organismi la separazione fra sessi non sia assoluta, ma vi sia una serie di gradi intermedî fra due poli - maschio e femmina - e che la reazione e la copulazione fra due gameti dipendano soprattutto dalla loro posizione relativa lungo tale scala d'intensità: gameti, che in senso assoluto appartengono allo stesso sesso, ma hanno intensità diversa, possono reagire fra loro come gameti di sesso opposto.

Conclusioni. - Da tutti i fatti esposti e dai molti altri che si conoscono relativamente al sesso e alla sua determinazione non è facile oggi districare una teoria generale della sessualità. È questa una complessa serie di fenomeni, che trova la sua ragion prima nella fecondazione (v.), epperò la ricerca delle cause più remote del differenziamento dei sessi si confonde con quella della ragion d'essere della fecondazione, per la quale molte ipotesi, d'indole genetica e fisiologica, sono state proposte. Anche a voler prescindere da queste considerazioni, e a volersi limitare a un'indagine delle cause più immediate che regolano la determinazione e il differenziamento dei sessi, non è però facile desumere dal groviglio dei fatti una teoria generale. Ci limitiamo quindi a riassumere le più importanti e generali conclusioni che si possono trarre dall'insieme dei fatti finora conosciuti (cfr. M. Hartmann, 1927).

1. Ogni individuo sessualmente differenziato, come ogni gamete sessualmente differenziato, ha in sé complete le potenzialità del sesso opposto.

2. La determinazione del sesso consiste nell'inibizione della realizzazione di un sesso, senza tuttavia sopprimerne le potenzialità.

Ambedue queste tesi sono dimostrate all'evidenza da tutti i casi d'intersessualità e d'inversione del sesso.

3. La determinazione del sesso può avvenire, o per effetto di cause esterne o interne, non ereditarie, oppure per effetto di fattori ereditarî, genetici, e perciò mendeliani.

Il primo modo di determinazione si chiama anche, in accordo con la terminologia genetica, determinazione fenotipica, il secondo determinazione genotipica. Il primo modo è caratteristico di molte piante inferiori monoiche (Alghe, Felci, Muschi) e Protozoi, nonché di varî animali ermafroditi, in cui sono cause esterne (specialmente la nutrizione), o talvolta anche interne, ma non ereditarie (dimensione delle uova del Dinophilus, della Fillossera, ecc.), quelle che determinano il sesso. Il secondo modo è caratteristico di tutti gli animali e piante superiori a sessi separati, e si trova anche in alcune Alghe e Funghi dioici. Anche nella determinazione genotipica però, come s'è visto, cause esterne possono influire modificando il decorso normale del differenziamento. La teoria cromosomica, che si è dimostrata valida per molti animali e piante, probabilmente non è generalizzabile a tutti gli organismi.

4. In alcuni organismi inferiori, la sessualità non è assoluta, ma relativa, quasi come un potenziale. Probabilmente è questa la prima tappa nell'evoluzione della sessualità.

Il determinismo dei caratteri sessuali secondarî.

Abbiamo considerato come fatto essenziale della sessualità la presenza di cellule germinali dell'uno o dell'altro sesso; ma, come abbiamo detto, anche il corpo (cellule somatiche) manifesta una sessualità. Le cellule che sono a diretto contatto con le cellule germinali costituiscono, insieme con esse, quelle che impropriamente si chiamano ghiandole genitali, o meglio gonadi; e sono diverse, testicoli o ovarî, nei due sessi. Vi sono poi differenze negli organi genitali sussidiarî (vie genitali, ghiandole accessorie, organi copulatori, ecc.) e differenze di altri organi, o sistemi, o caratteri, come scheletro, cute e organi cutanei, voce, crasi sanguigna, caratteri psichici, ecc. Ci si domanda ora qual'è il meccanismo che controlla questi varî aspetti della sessualità somatica, e in quale relazione essa sta con la presenza delle gonadi. La castrazione di varî animali domestici e dell'uomo (eunuchi), pratiche molto antiche, avevano reso noto da molto tempo che l'ablazione delle gonadi nei Vertebrati porta di conseguenza profonde modificazioni morfologiche, fisiologiche e psicologiche; ma soltanto in epoca recente, dopo le ricerche di C. E. Brown Séquard e di E. Steinach e di molti altri si poté afferrare il significato di tali fatti, e scoprire gli ormoni e le secrezioni interne (v. endocrinologia).

In alcuni casi, dunque, sostanze (ormoni) secrete dalle gonadi e messe in circolo, inducono la comparsa dei caratteri sessuali secondarî. Sono questi in tutti gli animali sempre dipendenti dagli ormoni? Per rispondere a tale domanda quattro tipi di esperimenti possono essere fatti: 1. ablazione delle gonadi (castrazione e ovariectomia); 2. trapianto di gonadi del sesso opposto nei castrati; 3. trapianto di organi o parti di un individuo di un sesso su individui dell'altro sesso; 4. iniezioni di estratti ghiandolari, o di ormoni sessuali altrimenti ottenuti, in individui castrati o sani.

Mercé tali esperimenti si sono potuti distinguere nettamente due tipi di determinismo dei caratteri sessuali secondarî: uno genetico, caratteristico degli Artropodi, e uno ormonale, caratteristico dei Vertebrati (v. la rivista sintetica di E. Padoa, 1933).

Tipo Artropodi. - Numerosi esperimenti di castrazione, anche molto precoce, di trapianti eterosessuali di gonadi o di ali o altre parti del corpo, eseguiti specialmente sulle farfalle (J. Th. Oudemans, 1899; V. L. Kopeč, 1908; J. Meisenheimer, 1909; ecc.), hanno dimostrato l'assoluta indipendenza dei caratteri sessuali secondarî dalle gonadi. Insetti castrati o portatori di innesti di ghiandole del sesso opposto sviluppano tutti i caratteri del sesso primitivo. Anche i ginandromorfi, in cui coesistono, nello stesso individuo, parti maschili e parti femminili, confermano l'indipendenza dei caratteri sessuali secondarî dagli umori circolanti nell'organismo. La costituzione genetica delle cellule somatiche determina direttamente i suoi caratteri: zone di costituzione genetica maschile hanno caratteri maschili, e si sviluppano indisturbate accanto a zone con costituzione e caratteri femminili.

L'intersessualità genetica (es. Lymantria) e fisiologica (es. granchi sacculinizzati) degli Artropodi, dimostrano poi che uno stesso meccanismo controlla il differenziamento dei caratteri sessuali primarî e secondarî. Questi fatti dimostrano ancora che i caratteri secondarî di un sesso sono potenzialmente presenti anche nell'altro.

Altri gruppi di Artropodi non sono stati studiati sotto questo riguardo, ma è probabile che l'indipendenza dei caratteri sessuali dall'attività delle gonadi sia un fatto generale in questo tipo animale. In nessun caso si è potuta dimostrare con sicurezza un'attività endocrina delle gonadi, simile a quella dei Vertebrati.

Tipo Vertebrati. - Nei Vertebrati invece, come abbiamo accennato, molti caratteri secondarî sono sotto il controllo degli ormoni secreti e messi in circolo dalle gonadi (dalle cellule interstiziali, secondo molti autori [cfr. Bouin e Ancel, 1927], dalle cellule germinali o dalle cellule del Sertoli o di sostegno, secondo altri [cfr. Diamare, 1920]). Meglio conosciuti, sotto questo riguardo, sono gli Anfibî, gli Uccelli e i Mammiferi. Si hanno però anche ricerche, con risultati concordanti, sui Rettili e sui Pesci. Le ricerche embriologiche di V. Dantchakoff, B. H. Willier, R. R. Humpfrey, ecc., hanno dimostrato che anche le gonadi, almeno negli Uccelli e negli Anfibî, si sviluppano dipendentemente dalle cellule germinali. Queste, in stadî precoci, sono situate fuori dalla regione delle gonadi, e, se s'impedisce loro di immigrarvi, l'epitelio celomatico rimane sterile e non si ipertrofizza a formare le gonadi.

Ricordiamo, come esempio dell'azione degli ormoni sessuali sui caratteri sessuali secondarî, le ben note modificazioni somatiche, fisiologiche e psichiche che si verificano nei castrati, e di cui l'uomo ha saputo trar partito per ammansire gli animali domestici, per ottenere carni più delicate, ecc. Negli eunuchi, com'è noto, il timbro della voce rimane infantile, si manifesta una tendenza all'adiposità e alla ginecomastia, tutti caratteri femminili. D'altra parte è pur noto che le femmine di molti animali, non escluso l'uomo, invecchiando acquistano caratteri mascolini (timbro della voce, peli sul labbro e sul mento nelle donne, sviluppo della cresta, voce di gallo, estinzione degl'istinti materni nelle galline, ecc.), in seguito all'involuzione delle gonadi, che cessano di secernere ormoni in quantità sufficiente.

I polli sono forse gli animali in cui il meccanismo d'azione degli ormoni sessuali è meglio studiato.

Il gallo castrato (cappone, figura 25) conserva piumaggio simile a quello del gallo intero, ma la cresta e i bargigli si riducono fino a minime dimensioni, il canto scompare, e così pure gli istinti battaglieri e l'appetito sessuale. Gli sproni, invece, crescono sproporzionatamente. La gallina ovariectomizzata (poularde, o cappona, figura 26) si trasforma in modo molto simile al cappone: il piumaggio che cresce dopo la prima muta è di tipo maschile, gli ornamenti del capo, che sono meno sviluppati che nel gallo, si riducono, e scompaiono gl'istinti materni. Se al cappone vien fatto il trapianto di un ovario, o s'iniettano estratti di questa ghiandola, esso acquista i caratteri della femmina: cresta e bargigli da gallina, e piumaggio di tipo femminile. Se alla cappona s'innesta tessuto testicolare (fig. 27), cresta e bargigli si sviluppano come nel gallo, e l'animale acquista anche istinti combattivi e il canto del gallo. Altri caratteri meno evidenti, quali il numero degli eritrociti e il tenore in emoglobina del sangue, nonché i dotti deferenti delle gonadi, si modificano in modo analogo. Gli stessi effetti si ottengono nell'inversione del sesso in seguito a castrazione o a processi patologici, a cui sopra si è accennato. Recentemente si sono sperimentate con successo anche le iniezioni di ormoni ottenuti da Mammiferi (estratti di placenta o di urina gravidica): ciò dimostra la non specificità degli ormoni.

Da tutto ciò risulta che i diversi caratteri reagiscono in modo diverso agli ormoni: il piumaggio, ad es., è pressoché insensibile (per quanto riguarda la forma delle penne) agli ormoni testicolari, mentre viene profondamente influenzato da quelli ovarici. Gli ornamenti del capo invece, sono stimolati in una certa misura dagli ormoni femminili, molto più da quelli maschili. Il canto pure risente l'influenza degli ormoni maschili. Lo sprone si sviluppa anche in assenza degli ormoni maschili, ma il suo sviluppo è inibito da quelli femminili.

Casi simili si riscontrano in altre specie di Uccelli, talvolta complicati dalla presenza di più di due caratteri antagonistici: così nelle anatre il piumaggio del maschio all'epoca della riproduzione, il brillante abito di nozze, è il piumaggio somatico neutro, che rimane immutato, sia nel cappone, sia nella cappona (figg. 28 e 29). Il piumaggio della femmina risulta dall'azione degli ormoni femminili sugli stessi follicoli che, in loro assenza, formano le penne di tipo maschile, e il cosiddetto piumaggio eclissale o estivo, che i maschi rivestono in estate, è, probabilmente, pur esso il risultato di un'azione ormonica del testicolo, che si manifesta soltanto o più intensamente in certi periodi dell'anno (F. Cavazza, Ch. Champy). Anche nei fagiani, nei tacchini e nei pavoni, molti caratteri si comportano in modo analogo.

Anche nei Pesci certi caratteri di pigmentazione cutanea e altri, si sono rivelati dipendenti dagli ormoni.

Negli Anfibî gli esperimenti sono numerosi, e pur essi dimostrano che certi caratteri secondarî, come la presenza dei cuscinetti copulatori sulle dita dei maschi degli Anuri, la cresta dorsale, e la forma e lo sviluppo della papilla cloacale degli Urodeli, sono controllati da un meccanismo ormonico (W. Harms, Ch. Champy, K. Ponse, J. de Beaumont, ecc.).

Nei Mammiferi pure sono note le profonde modificazioni indotte dalla castrazione su parecchi caratteri secondarî, come lo sviluppo delle mammelle, la voce, e varie altre caratteristiche morfologiche, fisiologiche, psicologiche. Le ricerche di E. Steinach (1910) e numerose altre successive hanno illustrato il meccanismo ormonico di molte di queste modificazioni.

Queste ricerche pongono in campo il problema della equipotenza del soma nei Vertebrati. I tessuti somatici sono essi indifferenti, qualunque sia il loro sesso genetico, e capaci di essere indotti a svilupparsi in senso maschile o in senso femminile dal giuoco degli ormoni? È noto che alcuni caratteri non si alterano con la castrazione, ma, per essere ben sicuri che non siano capaci di modificarsi, occorre che la castrazione, o l'iniezione di ormoni del sesso opposto, siano fatte prima che lo sviluppo sia finito, o prima che la determinazione di quei caratteri sia irrevocabile. È ovvio che un carattere quale la statura, o la forma o la dimensione di certe ossa, non potrà modificarsi se l'intervento avviene quando già la statura o la forma, o la dimensione, proprie di un sesso, sono state acquisite. Le ricerche in proposito hanno, finora, condotto a conclusioni che possono essere così riassunte: molti caratteri sono interamente dipendenti dagli ormoni, purché questi agiscano durante il periodo del differenziamento: si chiamano questi caratteri eusessuali, e possono essere stimolati (es., cresta dagli ormoni maschili) o inibiti (es., sprone dagli ormoni femminili). Vi sono però, sicuramente, alcuni caratteri che sono indipendenti dagli ormoni delle gonadi, e sono l'espressione della costituzione genetica dell'individuo: si chiamano caratteri somatosessuali. Così, secondo E. Padoa, la dimensione corporea dei polli è determinata dalla loro costituzione genetica, perché galline invertite, anche precocemente, conservano la mole propria del sesso femminile. Il disegno e la pigmentazione delle penne di certe razze di polli conservano i caratteri del sesso originario, anche negli animali ovariectomizzati o invertiti, e anche quando la forma delle penne si è modificata (G. Montalenti). Il dimorfismo sessuale del piumaggio dei passeri, parimenti, è insensibile all'azione degli ormoni, ed è determinato dalla costituzione genetica (W. Keck).

Vi sono poi anche organi, che, pur risentendo l'azione degli ormoni, non rispondono in modo eguale se il loro sesso genetico è maschile o femminile. Così, ad es., gli sproni di femmina trapiantati su maschi non sempre vi si sviluppano come quelli provenienti da tessuti geneticamente maschili (A. W. Kozelka).

In altri casi ancora, piuttosto rari, vi sono caratteri che non differiscono nei due sessi, ma sono tuttavia soggetti agli ormoni (caratteri ambosessuali). Vi sono alcune razze di polli, in cui il gallo ha piumaggio simile a quello della gallina (Sebright, Campine), ma il cappone o la cappona sviluppano penne simili per forma a quelle del cappone, e quindi del gallo normale, di altre razze. Qui gli ormoni testicolari e ovarici hanno lo stesso effetto morfologico.

Non si tratta però di ormoni testicolari speciali, bensì di un modo particolare di reazione dei tessuti formatori delle penne.

Riassumendo, i caratteri sessuali secondarî si possono classificare in: 1. somatosessuali (indipendenti dagli ormoni delle gonadi), e sono tutti i caratteri degli Artropodi e alcuni pochi dei Vertebrati; 2. eusessuali (dipendenti dagli ormoni delle gonadi) e sono la maggior parte dei caratteri sessuali secondarî dei Vertebrati.

Un problema accessorio, di grande interesse fisiologico, ma che esula dal nostro tema, è l'intervento diretto o indiretto di altre ghiandole endocrine nella determinazione dei caratteri sessuali: l'ipofisi, la tiroide e altre ghiandole esercitano con i loro secreti azioni stimolanti l'attività endocrina delle gonadi, e talvolta anche possono avere un'influenza diretta sulla formazione dei caratteri secondarî.

Bibl.: Sono citate soltanto le opere riassuntive pubblicate dopo il 1900; a esse si rimanda per più ampie indicazioni bibliografiche e per le citazioni dei lavori più antichi. Per un primo orientamento nella questione della determinazione del sesso sono consigliabili i libri di R. Goldschmidt (1920), F. A. E. Crew (1927), J. Rostand (1933); sul determinismo dei caratteri sessuali secondarî, cfr. E. Padoa (1933), e E. Allen (1932).

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Antropologia.

Anche il sesso dell'uomo si distingue in base a caratteri detti primarî, limitati agli organi genitali, ed evidentissimi, e ad altri detti secondarî mostranti pure, talvolta, differenze sensibili. I caratteri sessuali primarî e secondarî s'impongono all'attenzione dell'antropologo, in quanto il loro modo di presentarsi dà un aiuto, spesso molto efficace, nel riconoscere le appartenenze razziali nell'uomo. I caratteri sessuali secondarî si colgono sul vivente e sullo scheletro. Tanto gli uni quanto gli altri si dividono in descrittivi e in metrici secondo che di essi viene data una semplice descrizione del modo di presentarsi, oppure una valutazione metrica.

Talune differenze relative al sesso, sebbene accidentali, incominciano già a manifestarsi nell'esistenza antenatale. Infatti dati statistici recentissimi (M. Boldrini, S. Alberti, P. Rota Sperti) rendono noto che la vita intrauterina del feto di sesso femminile è più frequentemente interrotta di quella del feto maschile nel secondo e terzo mese di gestazione, mentre i nati morti vicino alla nascita sono in massima maschi per le numerose distocie che provocano e per minore resistenza di essi a cause letali. Rimane però sempre un'eccedenza di nati vivi maschi sulle femmine, equilibrata subito dalla maggiore mortalità maschile nel primo anno di vita, mentre il rapporto dei due sessi nei concepimenti sembra uguale all'unità. Può unirsi a questo ordine di fatti la maggiore frequenza di longevità nel sesso femminile.

Il differenziarsi sessuale rilevabile durante le prime fasi dell'accrescimento ha attratto l'attenzione di varî studiosi, fra cui, recentemente, Marcello Boldrini. Egli ha fissato le modalità della crescenza e dell'epoca di comparsa di alcune caratteristiche sessuali secondarie. Resta così stabilito che lo sviluppo di ognuna di esse non ha luogo né con ritmo costante, né secondo regole semplici. Si constatano normalmente tre fasi: una di sviluppo ritardato, una di sviluppo accelerato e infine una terza di sviluppo ritardato. La prima fase è più breve nelle femmine che nei maschi; anzi, mentre esse percorrono già il primo tratto della seconda fase, i maschi sono ancora nella prima fase. Si può dire che le femmine superano per la generalità dei caratteri, in questa fase, i loro coetanei. Questo fatto non è però duraturo, perché non appena i maschi entrano nella seconda fase (quella di sviluppo accelerato), le femmine hanno già perduto questa superiorità, perché entrano nella terza fase, che è di sviluppo ritardato. Le differenze stabilitesi tanto precocemente hanno carattere definitivo e costituiscono parte essenziale dei caratteri sessuali secondarî. Parallelamente a questi si stabiliscono altre differenze riguardanti organi interni, funzio nalità, manifestazioni psichiche, ecc. Con l'involuzione senile s'incorre poi, come in una fase negativa dell'accrescimento, la quale, di regola, è più evidente e intensa nelle femmine. Come norma, se un carattere maschile, anziché involversi progredisce con l'età, il carattere corrispondente nelle donne segue un ritmo più lento; oppure è stazionario, o addirittura si presenta in regresso.

Il peso dell'encefalo alla nascita è nel maschio europeo di 334 gr., mentre nelle femmine è di 287 gr. I due sessi, oltre alle differenze già viste, mostrano un ritmo di accrescimento dissimile anche per il cervello: è accelerato nella femmina, ma essa viene presto raggiunta e superata definitivamente dal maschio. In cifre assolute, l'encefalo adulto femminile pesa meno del corrispondente dell'uomo. Le medie sono di gr. 1361 per i maschi e di gr. 1200 per le femmine. Secondo il Topinard, fra i 20 e i 60 anni la femmina presenta una differenza media in meno di 126-164 gr.; fra 60 e 90 anni di 123-150 gr. In media si può dire che l'encefalo femminile adulto possieda 150 gr. in meno dell'encefalo maschile. I centri nervosi inferiori hanno pure minor peso assoluto nella femmina; in essa tanto l'encefalo, quanto i centri nervosi inferiori stessi hanno peso relativo maggiore, come accade presso gli uomini di piccola statura. Analoghe variazioni in peso sono presentate anche da altri organi: infatti, rispettivamente per i maschi e le femmine si hanno gr. 266 e 220-230 per il cuore; gr. 141 e 124 per il rene. Le differenze dei singoli organi, e specialmente del cervello, dànno a sospettare altre differenze nelle proporzioni del corpo. L'indice cefalico delle donne di un determinato gruppo sarebbe, ad es., leggermente superiore a quello dato dagli uomini dello stesso gruppo. Varia molto, nei due sessi, il peso del corpo, e ciò in parallelo alla statura di cui diremo più sotto. Il peso medio del corpo dei neonati maschi europei è alla nascita di gr. 3300 e nelle femmine gr. 3200. Per le altre razze, qualcosa si conosce sui Giapponesi, di cui il neonato maschio pesa in media gr. 2940 e la femmina 2780. Per gli Europei (Manouvrier) si dànno anche le medie di gr. 3164 per i maschi e 3101 per le femmine. In generale, pur tenendo conto delle infinite cause che fanno variare il peso nel maschio e nella femmina, può ritenersi che l'uomo adulto pesi in media 64 kg. (Quetelete Krause) e la donna 52 kg., variando in non stretti limiti. Essendo il peso in rapporto con la statura, vi sono diverse formule che legano queste due quantità così dissimili. Vi è infatti la formula di Rohrer che dà la massa del corpo: K = 100 V/A3, in cui V è il peso, A la statura; detta formula esprime il rapporto centesimale fra la statura e il volume del corpo dato dal peso. In base a questo indice, a ugual statura, le donne di tutte le razze sarebbero più pesanti degli uomini. Si attribuisce quest'eccedenza all'avere la donna una piò rilevante quantità di pannicolo adiposo e un volume relativo del cranio superiore a quello dell'uomo, nonostante il fatto che tutta l'ossatura femminile sia più sottile e leggiera, nel senso assoluto. Il pannicolo adiposo fu altra volta considerato come un tessuto di riserva in vista delle funzioni speciali che il sesso femminile è chiamato ad assolvere. Questa ipotesi è oggi del tutto abbandonata.

Uno dei caratteri sessuali secondarî più studiati è la differenza di statura. Per il Topinard, le femmine hanno alla nascita una statura di un centimetro minore di quella dei maschi. Secondo Deniker, invece, i due sessi hanno alla nascita una differenza media di un mezzo centimetro per la statura con estremi varianti fra due e dieci cm., mentre nei gruppi umani a stature piccole (Annamiti e Giapponesi), i neonati sono proporzionalmente più piccoli di quelli delle razze a stature medie o elevate. Operando empiricamente il Topinard trovò negli adulti dei due sessi una differenza media di cm. 12 (mm. 1213). Il Boston, d'altra parte, constatò che a 14-15 anni i due sessi si uguagliano per la statura, a 16 anni la femmina ha già perduto 8 cm. rispetto al coetaneo, a 18 anni la perdita è di 11 cm. e mezzo. Per quanto riguarda le varie razze, il Topinard esprime la convinzione che presso le razze a statura media più alta, la differenza sessuale si dovrebbe riscontrare pure maggiore; mentre nelle razze a statura media meno elevata lo scarto fra le medie dei due sessi è poco apprezzabile. Anche il Deniker ritiene che sia da accettarsi la differenza sessuale di cm. 12, benché si asserisca da taluni il contrario. In generale le donne hanno testa più alta sopra un collo più corto. Il tronco è anche più lungo; gli arti sono invece più corti relativamente al tronco, specialmente gl'inferiori. Queste differenze, e quelle già descritte a proposito dell'accrescimento, impongono un diverso criterio nella valutazione antropometrica dell'indice scheletrico nei due sessi. In quanto alle dimensioni trasverse del corpo, nella donna le anche e il bacino sono un poco più larghi delle spalle, mentre nell'uomo non si ha questa differenza. La maggiore ampiezza del bacino impone nell'andatura femminile, e ciò in tutte le razze, una posizione dei piedi più all'indentro per il mantenimento dell'equilibrio. Il torace femminile, secondo il diametro trasverso, è più stretto e anche meno ampio nel senso antero-posteriore, proporzionalmente al maschile, senza che vi sia compensazione sensibile in altezza. Così pure nella donna l'ombelico è situato presso allo sterno anziché più vicino al pube; è, quindi, spostato in alto rispetto a quanto si ha nell'uomo. Anche il centro del corpo è situato più in alto nella donna; esso si aggira nei pressi del symphysion. Questa posizione è in evidente dipendenza della minore lunghezza degli arti e all'essere, come fu detto, il busto femminile relativamente a essi più lungo. Tutto ciò rende assolutamente necessario, nelle indagini etniche, la separazione dei dati metrici e morfologici maschili da quelli femminili.

La minore statura femminile e molte delle caratteristiche già dette, che differenziano la donna dall'uomo, depongono per una muscolatura più ridotta a carico della prima. Ciò si deve a un reale dimorfismo sessuale e non, come si riteneva un tempo, a mancanza di esercizio muscolare. Circa la pelosità generale del corpo, è noto che i peli che in alcune parti del corpo femminile, come la faccia, restano allo stato rudimentale, negli uomini acquistano aspetto di vello. La barba è uno dei caratteri sessuali secondarî più appariscenti, nonostante la notizia di alcuni casi di barbe femminili nell'Europa meridionale e la presenza, presso le razze glabre (Mongoli, Malesi, Americani), di uomini con soltanto pochissimi peli agli angoli della bocca e all'angolo inferiore del mento. I popoli in cui i capelli si presentano a "grano di pepe" data la natura particolare del loro pelo, non hanno capelli molto lunghi. Il dimorfismo sessuale per la lunghezza del capello esiste realmente solo nelle razze a capello ondulato, poiché nelle razze a capello liscio (Pellirosse) uomini e donne hanno capelli ugualmente lunghi. Nelle razze europee, raramente il capello maschile sorpassa 30-40 cm. La media lunghezza del capello femminile è invece di 55-75 cm., avendosi non di rado lunghezze anche molto maggiori.

In dipendenza stretta di queste differenze soltanto morfologiche fra i due sessi, si ha un'infinità di differenze funzionali secondarie. Così la respirazione, che nell'uomo è di tipo addominale, nella donna è di tipo costale o toracica, poiché in essa hanno prevalente azione i muscoli toracici, data la speciale funzione dell'addome femminile. Il polso e la pressione arteriosa sono pure diversi nei due sessi. Differenza apprezzabile nell'adulto è, inoltre, nel timbro di voce dei sessi. Tale differenza si stabilisce al comparire dei caratteri sessuali primarî in rapporto a una diversa consistenza e morfologia della laringe.

Dei caratteri antropologici e fisiologici possono considerarsi statici la statura in piedi o seduta; la grande apertura delle braccia e il peso; mentre caratteri dinamici vengono considerati la capacità vitale, la velocità di espirazione, la forza di trazione, la forza di pressione, ecc. Studiando la correlazione fra i primi tre caratteri statici si trova che essa è lineare e identica nei due sessi; la correlazione fra i caratteri dinamici è meno sicuramente lineare e dà per le donne coefficienti un poco più bassi. Harus e Benedict, facendo il rapporto fra statura e consumo di ossigeno, trovarono negli uomini un coefficiente di 0,61, nelle donne di o,23. Gli stessi, determinando il rapporto fra peso e consumo giornaliero di ossigeno, trovarono negli uomini un coefficiente di 0,80 e di 0,60 nelle donne.

Particolare morfologico interessante è l'insellatura lombo-sacrale, ossia la curvatura fortemente pronunciata della regione dorso-lombo-sacrale. Essa, in alcune donne dell'Europa meridionale e specialmente fra le spagnole, i cui movimenti delle vertebre lombari sono assai ampî, si presenta molto pronunciata. Tale aspetto è aumentato in alcuni gruppi etnici per la cosiddetta steatopigia, che è un accumulo di grasso sulle natiche soprattutto e determinante un aspetto esterno particolare. Nella donna boscimana, a partire dalla pubertà, l'aspetto steatopigico è fatto normale e non viene a scomparire neppure in seguito a dimagramento generale. Lo stesso carattere, ma molto meno accentuato, si ritrova anche nell'uomo boscimano e nei due sessi di altri popoli che abbiano parte di sangue boscimano. Ma un altro carattere notevole offrono le boscimane stesse ed è il presentarsi, nella vulva, delle piccole labbra assai allungate in modo da costituire il cosiddetto "tablier", un tempo ritenuto artificiale. Esso è tale in altre popolazioni sudafricane che non hanno nulla di razialmente comune con le boscimane. Caratteristica, e varia nelle diverse razze, può essere la forma dei seni femminili. Secondo Ploss se ne distinguono quattro forme principali: seni conici (presso le Negre, accompagnati da rilievo esagerato dell'areola); seni caprini (pure fra le Negre); seni a coppa (Mongole, Europee); seni emisferici (sud-est di Europa e Asia anteriore).

Se i caratteri del vivente sono fondamentali per la differenziazione dei sessi, allo stesso scopo, per l'antropologo, acquistano valore altissimo anche le particolarità dello scheletro. Vi sono differenze generali, comuni a tutte le ossa. Infatti lo scheletro femminile ha ossa più sottili, le inserzioni muscolari, le creste, le apofisi tutte più attenuate, i contorni meno decisi. La differenza sessuale delle stature e delle proporzioni del corpo nei due sessi si riflette anche sullo scheletro, onde molte deduzioni possono trarsi dalle dimensioni delle ossa. Seguendo, ad es., il metodo del Manouvrier, basta moltiplicare la lunghezza del femore per il coefficiente fisso 3,60 o 3,71, secondo che si disponga di un osso maschile o femminile, per ricostruire la statura dell'individuo a cui appartenne. Se invece l'osso a disposizione è l'omero, se ne moltiplica la lunghezza rispettivamente per 5,06 o per 5,22.

Il peso di uno scheletro secco maschile è variabile da 4 a 6 kg.; uno scheletro secco femminile pesa da 3 a 4 kg. Per la differenziazione sessuale offrono osservazioni molto speciali il bacino e il cranio. Ciò non vuol dire che nelle altre ossa manchino caratteri distintivi, ma essi sono di importanza minore, astrazion fatta dalla partecipazione di ogni segmento dello scheletro alle già dette differenze generali di peso, delicatezza e forma. Così la perforazione dell'omero, in corrispondenza della cavità olecranica, sembra presentarsi più frequentemente nella donna che nell'uomo e nell'omero sinistro a preferenza dell'omero destro. Il grado di torsione dell'omero offre pure, nei sessi, qualcosa degno di nota, poiché nella donna ha valori superiori per una maggiore torsione della parte inferiore di quest'osso. Il femore femminile, inoltre, si presenta assai più obliquo dall'alto al basso e dall'infuori all'indentro: ne è causa la maggiore distanza proporzionale delle cavità acetabolari per l'ampiezza caratteristica del bacino femminile. L'angolo che il collo del femore fa col corpo dell'osso stesso oscilla nell'adulto maschio intorno a 125°-130°; nella donna adulta tende persino ad aumentare (Bello y Rodriguez). L'appiattimento della tibia in senso bilaterale è meno frequente e meno accentuato nella donna. Ma la parte dello scheletro che non lascia dubbî a un esame diagnostico del sesso è il bacino, soprattutto nella piccola pelvi femminile, perché le differenze sessuali vi sono più accentuate quale sede dei fatti più caratteristici della vita sessuale.

Per quanto riguarda la pelvi, l'arco del pube, nello scheletro femminile, è più aperto, le fosse iliache sono più larghe e piane e tutti i diametri di essa sono non minori dei corrispondenti nel maschio. La sinfisi pubica è meno alta che nel maschio. La distanza fra la spina iliaca anteriore-superiore e l'articolazione sacro-iliaca è maggiore nella donna, come pure i diametri trasversi. Il sacro e il coccige, nella loro forma generale, sono meno curvi e più appiattiti; la distanza fra i due ischi si presenta più ampia e tutto il bacino è poco sviluppato in altezza relativamente alla larghezza. Secondo Sappey le dimensioni trasverse della pelvi nella donna eccedono di 5 mm. quelle dell'uomo e l'altezza del bacino femminile è di 15 mm. inferiore a quella del bacino maschile. Inoltre, la pelvi della donna è inclinata di 60° sull'orizzontale, mentre quella dell'uomo è inclinata solo di 54°. L'inclinazione del piano della grande pelvi sulla colonna vertebrale è di 135° nell'uomo e di 126° nella donna.

Gl'indici per i quali la pelvi maschile differisce dalla pelvi femminile sono: indice pelvico (secondo il Broca, prendendo per unità l'altezza del bacino), ossia il rapporto centesimale tra la larghezza massima del bacino considerata tra le due creste iliache e la sua altezza, calcolata dalla cresta iliaca al punto più basso dell'ischio. Tale rapporto è sempre leggermente maggiore nella donna.

Indice pelvico superiore, vale a dire rapporto centesimale del diametro antero-posteriore, preso dal punto mediano del sacro al punto più prossimo del bordo superiore del pube, e il diametro trasverso massimo. Esso, nella donna, risulta inferiore del corrispondente indice nell'uomo.

Siccome il bacino femminile deve contenere la testa del feto e specialmente il piccolo bacino deve dare a essa passaggio, ricerche nelle varie razze hanno portato alla conclusione, molto generale e non proprio definitiva, che i bacini ad apertura larga sono più frequenti nelle razze brachicefale e quelli ad apertura stretta nelle razze dolicocefale. Il dimorfismo sessuale del bacino è sensibilmente rappresentato fra le nostre razze e in quelle negre. Fra i Melanesiani queste differenze si attutiscono, presentando le donne di questa razza dei bacini di tipo maschile. Anche bacini femminili di razze diverse si distinguono abbastanza bene l'uno dall'altro a un occhio esercitato. Infatti, il bacino delle Negre è costituito da ossa iliache meno sottili e trasparenti di quello delle Bianche, gli ilei sono più verticali, le spine iliache anteriori-superiori più avvicinate e il sacro meno largo, mentre l'arcata del pube e il suo angolo risultano più grandi in modo da accentuare le differenze sessuali. Il bacino della giavanese, all'opposto, è più delicato del bacino dell'europea. La superficie superiore è più stretta e le ossa iliache più inclinate all'infuori. I bacini delle indigene americane sono più sviluppati e rotondeggianti; in essi la larghezza superiore è considerevole e l'altezza è inferiore a quella riscontrata nei bacini europei, ma le fosse iliache sono, in senso anteroposteriore, internamente meno concave di quelle europee. Nei bacini polinesiani, la pelvi superiore assume un aspetto allungato nel senso antero-posteriore, e le fosse iliache interne sono molto incavate dall'avanti all'indietro.

D'importanza non molto inferiore a quelli del bacino sono da considerarsi i caratteri sessuali proprî del cranio. Come tutte le ossa dello scheletro, esso partecipa delle differenze generali di peso, sottigliezza, minore rozzezza e rugosità già notate, oltre ad aversi, nella donna, un notevole ritardo nella saldatura delle suture craniche.

Il cranio dei parigini maschi adulti pesa in media 645 gr., mentre quello delle femmine in media gr. 561. Per i neo-caledoniani maschi il peso è di gr. 701 e per le femmine di gr. 562. Riguardo al peso, se si considera il rapporto fra il peso del cranio e il peso del femore dello stesso individuo, si è trovato che nei maschi il cranio supera il femore 18 volte su 100, mentre per la donna il cranio supera 83 volte su 100 il femore. Inoltre la capacità cranica fra i due sessi varia da 100 a 200 cm. cubici in favore del maschio. Così pure le cavità dei seni frontali e del mascellare sono di maggiore ampiezza nell'uomo. Però nella donna il volume dell'orbita si manifesta più grande rispetto a quello presentato nell'uomo della sua stessa razza.

In generale la parte facciale del cranio femminile è meno sviluppata della parte cerebrale, il prognatismo sottonasale e quello mandibolare può dirsi più frequente nella donna, mentre nel cranio maschile la mandibola è più pesante, l'apparato masticatore più possente e massiccio e anche i denti sono più larghi e grossi.

Non si hanno caratteri assoluti per la distinzione del cranio maschile da quello femminile; si può però assicurare che in ogni razza vi è un tipo cranico maschile e un tipo femminile, rivelantisi a un occhio un po' esperto in craniologia. È indispensabile riferirsi all'insieme di tutti i caratteri per emettere una diagnosi attendibile di appartenenza sessuale. Se tutti i caratteri depongono concordemente nello stesso senso, la decisione è agevole; se però essi sono discordanti, occorre desumere dall'importanza dei caratteri su cui si è in dubbio. Il più importante carattere diagnostico per l'appartenenza sessuale è la glabella, rilievo mediano situato alla base del frontale sopra la radice del naso. Una glabella molto sviluppata è indizio di cranio maschile; la sua assenza fa invece decidere quasi assolutamente per il sesso femminile. Va tenuta presente l'età probabile del cranio, poiché nel fanciullo la glabella è pochissimo sviluppata. La curva frontale del cranio, estesa dalla glabella al bregma, può dividersi in due tratti: una inferiore con direzione poco diversa dalla verticale, e l'altra superiore, più obliqua. Questo cambiamento di direzione ha luogo a livello delle bozze frontali a 3-4 cm. al di sopra del margine delle arcate sopraorbitali. Nella donna e nel fanciullo le bozze frontali sono più sporgenti e il cambiamento di direzione fra i due tratti della curva frontale è più brusco e accentuato, mentre la parte inferiore di essa è quasi del tutto verticale. Nel maschio, le bozze frontali sono assai più riunite e quasi del tutto cancellate; inoltre il raccordo fra i due tratti di curva del frontale è meno sensibile. Pure nell'uomo le arcate sopracciliari sono più massicce e dànno luogo lateralmente a una apofisi orbitaria esterna più spessa ed eretta che nella donna. La vòlta orbitaria femminile è meno concava di quella maschile e la fossetta lacrimale assai meno profonda.

Altre caratteristiche importanti riguardano l'inion e la linea occipitale. In generale l'inion femminile è molto meno appariscente dell'inion maschile. Le donne europee lo presentano più evidente delle negre. Nel cranio maschile anche i condili occipitali sono più grossi e larghi di quelli femminili. Un buon carattere diagnostico può essere dato inoltre dalle apofisi stiloidee, in vista dei loro rapporti con l'apparato della fonazione. Nell'uomo sono più larghe poiché l'apparecchio vocale è in esso più robusto. Le apofisi mastoidee sono più piccole nel cranio femminile, sì che l'equilibrio mastoideo è proprio quasi soltanto dei cranî maschili. In questi è pur molto profondo il solco digastrico situato alla base delle apofisi stesse. La cresta sopra-mastoidea che separa la parte mastoidea propriamente detta dalla squama, è costituita, nella maggior parte delle donne, soltanto da una linea, anziché da una cresta o cordoncino come si ha nel maschio.

Il contorno facciale del cranio femminile è meno rude e angoloso di quello maschile, la fossa canina meno profonda, il solco masseterico meno evidente. Inoltre, nel cranio femminile le arcate alveolari sono meno forti, la vòlta palatina più stretta, come pure lo è l'apertura posteriore delle narici. I rami ascendenti della mandibola sono più sottili e stretti di quelli maschili, e l'apofisi coronoide più bassa.

A questi caratteri del tutto morfologici se ne devono aggiungere altri reperibili attraverso la misura. Per la larghezza della fronte le donne non differiscono molto dai maschi, ma la larghezza della faccia è minore nelle donne di un dato gruppo etnico rispetto ai maschi dello stesso gruppo. La curva frontale-cerebrale è frequentemente più ampia nelle femmine, mentre meno spesso si presenta ampia in esse la curva parietale e l'occipitale. L'angolo auricolare-frontale è maggiore nella donna in maniera assoluta e relativa, mentre l'angolo auricolare-parietale è più piccolo. Questi angoli, introdotti dal Broca nella craniologia, hanno per vertice il foro auditivo e per estremo dei raggi l'uno la glabella e il bregma, l'altro il bregma e il lambda. Le misure confermano come il cranio femminile presenti rispetto al corrispondente cranio maschile dello stesso gruppo etnico, il tipo frontale. Inoltre, nel cranio femminile la parte parietale è meno ampia, mentre in essa è più sviluppata la regione occipitale. La misura dimostra pure che lo sviluppo della superficie del cranio rispetto alla sua base è maggiore nella donna che nell'uomo. Il tipo di cranio femminile apparirebbe, così, morfologicamente superiore al tipo cranico maschile. Altri caratteri differenziali sono ancora controversi e soggetti a ulteriori indagini.

Diritto.

Sul sesso come condizione modificante la capacità giuridica, v. donna, XIII, pp. 146-152, e App.; ermafrodito, App.; eunuco, App.

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