SETTE COMUNI, Altipiano dei

Enciclopedia Italiana (1936)

SETTE COMUNI, Altipiano dei (A. T., 24-25-26)

Arrigo LORENZI
Giovanni BACH

L'altipiano dei Sette Comuni, detto anche di Asiago dal nome del centro di popolazione più importante, fa parte delle Prealpi Venete; amministrativamente è compreso nella provincia di Vicenza. È situato tra la valle della Brenta a N. e a E. e quella dell'Astico a ponente. A N. l'altipiano scende con falde scoscese sulla Valsugana; a S., pure con rapidi pendii, sulle colline limitanti la pianura vicentina tra Bassano e Arsiero.

Per la forma d'assieme, fu paragonato a un maestoso trono, di cui la stesura ondulata centrale è il sedile e le alture terziarie che sorgono alla base meridionale, raggiungendo circa 800 m. a S. Giacomo di Lusiana, rappresentano lo sgabello. Sennonché il paragone è insufficiente, perché anzitutto la superficie dell'altipiano è solcata da valli anguste (le principali sono Val d'Assa e Val Frenzela), in secondo luogo gli orli dell'altipiano sono rialzati, sì da parere catene montuose. Tale conformazione generale dipende da ciò che il rilievo, costituito da calcari e dolomie dell'era mesozoica, corrisponde a una grande piega orogenica concava, o sinclinale, alquanto piatta, il cui fondo è rappresentato dalla superficie dell'altipiano: quivi, presso Gallio, l'erosione ha risparmiato un piccolo lembo di terreno più recente, eocenico.

L'orlo settentrionale culmina con Cima Dodici, o Ferozzo, 2341 m. (tra le vette superiori ai 2000 m. vi è l'Ortigara 2105 m., il monte dove si svolse l'epica lotta nel giugno 1917); più o meno profonde intaccature di quest'orlo formano i passi, alcuni dei quali detti "porte", per cui l'altipiano comunica con la Valsugana.

Meno continui, meno aspri e meno elevati sono gli orli orientale (M. Lisser 1636 m.) e meridionale (Cima di Fonte 1519 m.).

A ponente della Val d'Assa è notevole il gruppo del Verena (2019 m.) con le cime di Campolongo e di Luserna.

Data la prevalenza dei calcari, la superficie dell'altipiano presenta fessure e cavità carsiche, per le quali una buona parte delle precipitazioni atmosferiche, tosto o tardi, penetra nel sottosuolo. Nondimeno, benché siano frequenti i canaloni detritici normalmente asciutti, data la notevole quantità di precipitazioni atmosferiche (la media delle stazioni dell'altipiano dà quasi 1500 mm. all'anno), non mancano corsi superficiali perenni, dei quali è tuttavia frequente la perdita per assorbimento da parte delle fessure, delle buche e dei detriti rocciosi. Le acque penetrate nel suolo riappariscono a varie altezze con sorgenti e semplici stillicidî. Ma la maggior parte di esse discende internamente fino alla base dell'altipiano, dove forma ricche sorgenti (Camisino, Vallonara, Oliero), che mettono nell'Astico o nella Brenta.

Delle celebri grotte di Oliero, quelle inferiori, che si aprono poco al di sopra del livello della Brenta, sono ammirevoli per le ampie cavità di sbocco, sul cui fondo si raccoglie un'imponente massa d'acqua che va ad ingrossare il fiume recipiente.

È invece asciutta la grotta degli Eccelini, la cui bocca si trova a una trentina di metri sul fondovalle.

In relazione con la notevole quantità di piogge, l'altipiano era un tempo coperto di magnifiche selve. Prima della guerra mondiale, i boschi occupavano quasi 15.000 ettari (faggi, larici, abeti). Per effetto delle operazioni militari e dei danni prodotti dal bostrico, il vero bosco è ora ridotto appena a 1300 ettari: circa 5300 ettari furono completamente distrutti, altri 8000 sono molto diradati. Assai vasta è, per conseguenza, la superficie dell'altipiano già boschiva e al presente rivestita soltanto di erbe che formano prati e pascoli. Verso i 2000 m., al bosco sottentrano i caratteristici arbusti alpini (mughi, rododendri).

Sulle falde dell'altipiano, le coltivazioni non sono possibili se non intagliandovi piccoli ripiani sostenuti da muriccioli a secco. Da questa poca terra si cerca di ottenere i prodotti più necessarî, quali mais e ortaggi. Sulle falde meridionali crescono anche la vite e il fico. Questa magra coltivazione mista si fa anche sull'altipiano, negli orticelli dei villaggi. In complesso, l'area dei terreni coltivati somma a 3400 ettari, formati per lo più dai piccoli appezzamenti, dai quali si ricava un po' di cereali (frumento, orzo, avena, mais e, qualche volta, il grano saraceno) e di patate.

Assai più estese sono le aree tenute a prato e a pascolo, per le quali l'allevamento del bestiame, con l'industria del latte che ne deriva (formaggi "di Asiago"), ha tuttora un'importanza principale. In passato si allevavano moltissime pecore che si conducevano a svernare nella pianura veneta, dove i pastori dei Sette Comuni godevano del diritto di far pascere, sopra determinati terreni detti poste, i loro animali, verso la corresponsione di un canone (pensionatico). Derivata dall'agricoltura è l'industria dei cappelli di paglia, esercitata a Marostica su materia prima (culmi del Triticum aestivum) proveniente dai colli pedemontani. È in completa decadenza, come quella della lavorazione del legno.

Qualche importanza hanno le cave di pietre da costruzioni e di marmi (Asiago, Gallio, Rotzo, Roana e anche, ai piedi dell'altipiano, Lusiana, Conco, Valstagna, Campolongo).

Riguardo alla distribuzione della popolazione, è notevole il fatto che gl'insediamenti, abbastanza numerosi sulla superficie dell'altipiano, sono separati da quelli che sorgono immediatamente ai suoi piedi per mezzo di una zona dove le sedi permanenti sono assai scarse e ad esse succedono ben presto le abitazioni temporanee nei pascoli estivi. Ciò dipende dal fatto che l'altipiano ha orli rialzati e che questi verso l'esterno scendono sulle valli e sulla pianura con falde generalmente alquanto inclinate.

La superficie dell'altipiano non è unita né eguale, ond'è che nella distribuzione delle sedi permanentemente abitate che elessero i luoghi più adatti per le comunicazioni e per la natura del terreno, si possono distinguere alcuni gruppi: a NE., sopra la ripida parete destra del Canal di Brenta, su un terreno certo ancora pendente verso il fondo di questa valle, ma poco inclinato, sorgono le borgatelle di Enego, delle quali la centrale (Piazza) è a 768 m. s. m. questa una modesta stazione climatica estiva e invernale, che ha il vantaggio della vicinanza alla ferrovia della Valsugana. Foza, a 1083 m., dalle case regolarmente allineate sui lati della strada che la unisce a Valstagna, con altri minori abitati permanenti, forma un altro gruppo di sedi d'altipiano, fra la Val Gadena e la Val Frenzela. Un terzo gruppo di sedi d'altipiano sorge sulla sinistra della Val d'Assa ed è costituito dagli abitati di Gallio, Asiago, Camporovere, Rodighieri, Bosco, Canove, Cesuna, Treschè e Conca, con altri minori, fra 1110 e 960 m. s. m. Un quarto gruppo si può distinguere alla destra dell'Assa, con Roana, Rotzo, Mezzaselva, Castelletto, fra 1002 e 840 metri di altitudine. Gl'insediamenti di questi due gruppi manifestamente sono situati in modo da poter approfittare delle vie naturali di comunicazione con la pianura, segnate dalle valli d'Assa e Frenzela (Valstagna). Le strade però non seguono queste valli anguste, sul cui fondo non ci sarebbe posto per una strada e che pertanto sono praticabili solo da mulattiere: le strade guadagnano l'altipiano risalendone tortuosamente le falde e dirigendosi a uno degl'intagli dell'orlo rialzato del medesimo, sia o no un solco vallivo.

Più in alto, cioè salendo sui rilievi che formano l'orlatura dell'altipiano, si nota che la popolazione decresce rapidamente, in modo che oltre le altezze maggiori sopra indicate, al presente non vi sono più abitazioni permanenti, ma solo temporanee per l'alpeggio. Prima della guerra mondiale, era abitata tutto l'anno l'osteria della Marcesina a m. 1370, sulla mulattiera mettente in Valsugana, perché poco discosto vi passava il confine politico. La strada che percorre la Val Frenzela è stata possibile perché questa valle ha le pareti meno ripide e tuttavia non è praticabile alle automobili.

Le abitazioni permanenti presentavano in passato caratteristiche particolari che sono state studiate da A. Baragiola. Ma dopo le distruzioni dovute alle operazioni di guerra, le nuove abitazioni furono fatte sul tipo comune nell'adiacente pianura veneta. Anzi, i tetti con i pioventi molto inclinati sono oggidì assai rari. Delle case, invece, normalmente non coerenti le une alle altre, ma separate da orti, è assai meglio conservata la disposizione in file lungo la strada principale (Foza, Castelletto, Rotzo, Albaredo, Mezzaselva, Camporovere). Altre volte il convergere di più strade rende la pianta piu complicata, ma anche nella vecchia pianta di Asiago, come in quella delle borgate diversamente ricostruite dopo la guerra mondiale, non è difficile riconoscere la medesima disposizione fondamentale dell'antico agglomeramento, manifestamente formatosi lungo un asse stradale. Insieme con la disposizione a stradale, va di conserva il fatto che ogni abitazione possiede una striscia di prato perpendicolare all'asse della strada, come nel tipico villaggio coloniale tedesco.

Oltre alle abitazioni riunite in casali e borgate, è necessario far menzione di quelle isolate, siano permanenti e situate al margine dei boschi, presso qualche sorgente o in mezzo ai prati nella stessa zona altimetrica dei villaggi, siano invece temporanee (dette casàre) e situate in zone altimetriche, superiori tanto ai villaggi dell'altipiano quanto a quelli delle valli e del pedale di colline terziarie meridionali. Le casare, intorno alle quali stanno i rispettivi campigoli (pascoli) e prati falciabili, sono quasi tutte di proprietà dei comuni: durante l'estate di solito sono affittate a gente della pianura, che vi conduce le proprie mucche. Le casare di tipo antico constano di due capanne di tronchi d'albero (Blockhaus) una delle quali comprende la stanza per il latte, la cucina per lavorarlo e un ripostiglio, l'altra la stalla e serve di alloggio agli uomini. A queste costruzioni tradizionali si sono in parte sostituite costruzioni di muratura che rispondono a moderne esigenze d'igiene e di comodità.

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Storia. - I Sette Comuni di Rotzo, Roana, Asiago (Slege), Gallio (Ghel), Foza (Vüsche), Enego (Glénebe) e Lusiana (Lüsen) costituiti in tredici parrocchie con le "contrade annesse" di Ronco, Crosara, Dossanti, San Luca e Val S. Floriano rappresentano un'oasi medievale altotedesca, un tempo notevole per la sua estensione. Stando a relitti toponomastici, essa era congiunta da zone mistilingui con le isole omoglosse del basso Trentino (Lavarone-Luserna), e, attraverso il margine occidentale della valle dell'Astico (Posina), la valle del Leogra e Recoaro, anche con i Tredici Comuni veronesi. Nel complesso delle oasi tedesche tridentino-venete la parlata dei Sette Comuni ha una propria individualità che si può brevemente riassumere nella maggior persistenza in una forma più conservatrice.

Così, p. es., rimane inalterata la ê di fronte alle ea di Luserna e dei Tredici Comuni, quando segue nasale (ghên andare), la o di fronte ad oa (ôstern "pasqua"); il dittongo uo si chiude in u e non in úa (vûz "piede"); iu si arresta ad senza svolgersi ad áu (keüen "masticare"); üe si chiude in ü (müde "stanco"); sono mantenuti distinti gli esiti degli antichi altotedeschi -o e -a (eno "antenato" ena "antenata") contro e del neutro (oghe "occhio") e del dativo (taghe "al giorno"). Basterebbe quest'ultimo tratto per garantire l'autonomia del dialetto dei Sette Comuni che deve essere considerato come il prodotto di una colonizzazione speciale, dedotta forse prima, ma in ogni modo da altro punto della zona bavarese, di quello dei coloni di Luserna e dei Tredici Comuni. Con questi ultimi, che sono più lontani, la parlata dei Sette Comuni ha maggiore affinità. L'esame linguistico e lessicale porta a stabilire la pertinenza di tutte queste tre isole al gruppo bavarese meridionale (Tirolo, Alto Adige, Carinzia) e ad escludere quello centrale (Baviera, Salisburghese, Austria Sup. e Inf., Stiria); ma entro il primo sembra che l'Alto Adige non possa essere preso seriamente in considerazione, quando si prescinda dall'alta Pusteria; maggiore probabilità ha la provenienza o dal corso alpino inferiore dell'Inn o dalle Prealpi settentrionali. Come termini di tempo stanno, e ciò vale per l'intero gruppo, da una parte l'avvenuta dittongazione di î, û che nella Baviera comincia ad essere espressa verso il 1200, dall'altra la mancata evoluzione di a in o e di e (derivato dalla vecchia metafonesi di a) in á, fonemi che subentrano nella seconda metà del sec. XII.

Coloni tedeschi dovevano trovarsi prima del 1287 sull'Altipiano di Asiago, giacché in quell'anno il vescovo veronese Bartolomeo della Scala concede a due Odelrici, uno dell'Altissimo (Recoaro) l'altro del "vescovato vicentino" l'insediamento nei Tredici Comuni. Documenti anteriori autentici non esistono. La colonizzazione mediante alloglotti si svolse su territorio che tuttora conserva nei nomi dei vecchi centri abitati e dei corsi d'acqua elementi pretedeschi; essa ebbe luogo indubbiamente dopoché erano stabiliti ben saldi diritti di possesso sull'Altipiano di Asiago da parte di signorie vicentine stanziate sull'orlo delle Prealpi. Così, p. es., l'intera Val d'Assa con Rotzo e Roana apparteneva fino al 1249 ai Ponzi di Braganza che vendettero quella gastaldia a Ezzelino II; questi già possedeva gran parte del territorio alle spalle di Asiago (Gallio, Ronchi, Foza, Enego e la valle di Gadena coi pascoli della Mandrianella e di Marcesina). Con la caduta degli Ezzelini i possessi furono venduti e in parte riscattati. Probabilmente nell'ultimo periodo degli Ezzelini (circa 1200-1250) ebbero luogo gli stanziamenti alloglotti che in origine non dovevano comprendere l'intero altipiano, in nessun caso il capoluogo di Asiago, che non fu possesso degli Ezzelini. Probabilmente si trattò di famiglie più o meno nomadi di pastori che finirono con lo stanziarsi definitivamente come dissodatori. Quale parte abbiano avuta in questa colonizzazione i due conventi padovani di Liviera e S. Floriano non è noto; non pare che i vescovi di Padova, che esercitavano anche in questa regione il merum et mixtum imperium prima del 1200, abbiano iniziato lo sfruttamento pastorizio della parte più interna di Asiago mediante alloglotti.

Attualmente il dialetto tedesco è ancora parlato insieme con il veneto nei comuni di Roana, Rotzo e Foza e in minor misura nella frazione Ronchi di Gallio; ma dappertutto è in rapida decomposizione. Ad Asiago al principio del sec. XX ancora un quinto della popolazione indigena conosceva la vecchia parlata; qui l'uso della predica in tedesco cessò nel 1816; a Foza nel 1827; a Roana verso il 1850. Nei due comuni più orientali di Enego e S. Giacomo il dialetto tedesco si spense, almeno come lingua della Chiesa, circa alla metà del sec. XVII. La favola dell'origine cimbrica delle colonie tedesche veronesi-vicentine si è dimostrata, al pari della tesi longobarda", assolutamente insostenibile.

Per le operazioni militari durante la guerra italo-austriaca 1915-1918, v. altipiani, operazioni sugli.

Bibl.: G. Maccà, Storia del territorio vicentino, Caldogno 1812 segg.; A. Dal Pozzo, Memorie storiche dei VII Comuni Vicentini, Vicenza 1820; A. Galanti, I Tedeschi sul versante meridionale delle Alpi, Roma 1885. Testi moderni raccolti fonograficamente per la parlata di Canove (Roana), in J. Seemüller, Deutsche Mundarten, V (48 Mitteilung der Phonogramm-Archivs-Kommission, XLVIII), Vienna 1981, pp. 59-76.

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