SETTIMANA SANTA

Enciclopedia Italiana (1936)

SETTIMANA SANTA

Nicola Turchi

. Detta anche maggiore (hebdomada maior), è quella che corre dalla domenica delle palme inclusa al sabato santo pure incluso, chiudendo così il periodo quaresimale e aprendo quello pasquale.

È la principale settimana di tutto l'anno liturgico, perché in essa: 1. si commemora la passione e morte redentrice di Cristo, che è la ragione d'essere del cristianesimo; 2. si compie (o piuttosto da principio si compiva) l'iniziazione delle nuove reclute cristiane, almeno nelle chiese d'Occidente, mentre in quelle d'Oriente la grande giornata battesimale cadeva il giorno dell'Epifania che ricorda le due grandi manifestazioni di Gesù, ai Magi e presso le acque del Giordano dove Giovanni battezzava.

Domenica delle palme (Dominica in palmis, κυριακὴ τῶν βαίων), così detta dalla benedizione e distribuzione di ramoscelli di palma o d'olivo, in ricordo dell'entrata trionfale di Gesù a Gerusalemme, dalla cui prassi liturgica, attestata dalla pellegrina Eteria nel sec. IV, è derivato quest'uso in Occidente verso i secoli VIII-IX.

In Roma le palme venivano benedette e poi distribuite al clero dal papa stesso, e al popolo dai ministri inferiori nell'atrio della basilica lateranense, le cui porte chiuse venivano spalancate a un picchiare dei radunati, e la processione avanzava nella chiesa per assistere alla liturgia stazionale. Il tema di qumta è l'umiliazione profonda a cui il Redentore ha voluto sottoporsi per i peccati degli uomini. Al Vangelo si leggeva (e si legge) la Passione di Cristo secondo Matteo, durante la lettura della quale tutti tengono nelle mani la palma.

Lunedì santo. - In origine non era giornata stazionale, e perciò nemmeno liturgica: San Leone Magno, infatti, riprende nei suoi sermoni solo al mercoledì santo la spiegazione della passione di Cristo iniziata la domenica. Il tema della messa è sempre relativo alla passione di Gesù, che invoca il Padre affinché venga in suo soccorso. Un tempo il popolo si radunava nella basilica di Santa Balbina, sull'Aventino minore, e di là procedeva processionalmente verso la basilica dei santi Nereo e Achilleo (titulus de Fasciola), dove si celebrava la messa.

Martedì santo. - Anche questa giornata era in origine, come s'è detto, aliturgica. Istituita la stazione a Santa Prisca sull'Aventino, il popolo vi si recava processionalmente muovendo dall'antica diaconia di Santa Maria in Portico (in porticu Gallae) situata proprio sul luogo della chiesa di Santa Galla, demolita nel 1935. La messa svolge altri motivi del solito tema. In luogo del Vangelo, che narrava la lavanda dei piedi agli Apostoli (Giov., XIII, 1-15), si legge ora la Passione secondo Marco.

Mercoledì santo. - Un tempo la stazione era aliturgica e clero e popolo si radunavano di mattina al Laterano, dove aveva luogo la spiegazione sulla Passione, e la grande litania che ora si recita nel venerdì santo. Introdotta la liturgia stazionale, il popolo si radunava a San Pietro in Vincoli, donde muoveva in processione verso la basilica di S. Maria Maggiore per la celebrazione della messa, durante la quale si legge una seconda profezia d'Isaia sul "servo di Jahvè", figura di Cristo umiliato per i peccati degli uomini, e la Passione secondo Luca.

Nel pomeriggio ha ora luogo la recita del mattutino e delle laudi del giorno seguente, detto "mattutino delle tenebre" perché caratterizzato dall'accensione e dallo spegnimento progressivo, dopo la recita di ciascuno dei 14 salmi, di 14 su 15 candele disposte su un triangolo avanti all'altare. L'ultima candela viene tolta dal triangolo e occultata dietro l'altare, donde si estrae e si mostra alla fine dell'officiatura.

Giovedì santo. - In origine era l'unica grande celebrazione liturgica di tutta la settimana santa, nella quale si volevano commemorare tre cose: l'istituzione dell'Eucaristia (in caena Domimi); la benedizione degli olî santi; e la riconciliazione dei penitenti in vista della Pasqua imminente (ora decaduta). La stazione era (ed è) a San Giovanni in Laterano.

La liturgia commemorativa dell'istituzione dell'Eucaristia, si celebrava un tempo di sera per maggiore aderenza al racconto evangelico dell'ultima cena. Ora si celebra al mattino, in paramenti bianchi (in Germania un tempo erano verdi, donde il nome di Gründonnerstag, "giovedì verde", alla giornata), con canto del Gloria e suono di campane che poi taceranno fino al sabato santo; si consacrano due ostie, una delle quali, che deve servire per il giorno seguente in cui non si consacra, finita la messa, viene solennemente portata in processione e deposta entro un ciborio appositamente preparato sopra un altare, che è riccamente ornato di lumi, piante e fiori, ed è visitato nelle varie chiese da grande affluenza di popolo devoto. Questo altare è popolarmente chiamato Il (santo) Sepolcro, ma inesattamente, perché non è destinato affatto a commemorare la morte e sepoltura di Gesù Cristo, bensì a glorificare l'istituzione della Eucaristia.

Deposto il Santissimo Sacramento nell'apposito altare, segue la lavanda dei piedi (mandatum) a dodici chierici o a dodici poveri, a somiglianza di quanto fece Gesù secondo il racconto del Vangelo di Giovanni, la cui lettura precede la cerimonia. Un tempo il papa compieva questa cerimonia, di ritorno dal Laterano, della chiesa papale di San Lorenzo (Sancta Sanctorum), lavando i piedi a 12 suddiaconi, mentre nella basilica si recitavano i vespri.

Venerdì santo. - Giornata aliturgica, con stazione a Santa Croce in Gerusalemme, dove il popolo si recava dopo essersi radunato al Laterano. Attualmente consta di tre elementi: 1. una sinassi o riunione, in cui si leggono profezie dell'Antico Testamento, poi la Passione secondo Giovanni, e infine si recita la grande litania, in cui il celebrante invita a pregare per la Chiesa, per il papa, per i vescovi e il clero, per l'imperatore, per i catecumeni, per la purgazione del mondo da mali e da errori, per gli eretici e scismatici, per gli Ebrei, e infine per i pagani. Questa litania, che non ha nulla che specificamente si riferisca al venerdì santo, può considerarsi come il tipo della preghiera offertoriale che doveva aver luogo in ogni liturgia dopo la lettura del Vangelo. Questa prima parte nella più antica liturgia romana doveva essere unica; 2. l'adorazione della croce. Questa cerimonia ha la sua origine in Gerusalemme e fu introdotta in Roma da papa Sergio I. Aveva luogo nel pomeriggio, ed era presieduta dal pontefice che usciva dal Laterano a piedi scalzi, dietro la S. Croce che egli incensava lungo tutto il percorso, dirigendosi alla basilica di Santa Croce in Gerusalemme. Oggi quest'adorazione segue in ogni chiesa il canto del passio, ed è fatta dal clero che a piedi scalzi muove verso un crocifisso posto nel mezzo del presbiterio; 3. la messa dei "presantificati" ossia la consumazione dell'Ostia "preconsecrata", cioè consacrata nel giorno precedente (v. sopra, giovedì santo). Terminata l'adorazione, si procede verso l'altare del "Sepolcro" donde viene tratta la sacra Ostia che e solennemente portata verso l'altare al canto del Vexilla Regis prodeunt di Venanzio Fortunato, mostrata al popolo e consumata dal sacerdote sull'altare; questo poi viene subito spogliato della sua tovaglia.

Sabato santo. - Era in origine giornata di severissimo digiuno, - che ora per disposizione del Codex Iur. Can. (Can. 1252, par. 4) cessa a mezzogiorno, - e aliturgica. Essa trascorreva nella preparazione immediata dei catecumeni al battesimo, che aveva luogo la sera previa benedizione del fonte battesimale. Dal fonte i catecumeni, divenuti neofiti, movevano processionalmente verso la basilica tutta illuminata per la prossima celebrazione liturgica, che coincideva con i primi chiarori dell'alba.

In seguito la funzione fu anticipata fino alla mattina del sabato, come tuttora si pratica, e allora si creò un'altra messa per il giorno di Pasqua. Le cerimonie del sabato santo si seguono in quest'ordine: 1. accensione e benedizione del nuovo fuoco, fatta da un sacerdote fuori della porta della chiesa; 2. benedizione dei cinque grani d'incenso e accensione del nuovo fuoco di tre candele (Lumen Christi) poste a triangolo su di una canna; canto dell'Exultet (praeconium paschale) e accensione del cero pasquale, nel quale vengono confitti a forma di croce i cinque grani d'incenso, e accensione di tutte le altre lampade della chiesa; 3. canto delle profezie, ossia di passi dell'Antico Testamento che riassumono per sommi capi la storia del popolo ebraico dalla creazione del mondo fino al trionfo dei tre fanciulli nella fornace di Babilonia; 4. benedizione del fonte battesimale ed eventualmente battesimo di catecumeni; indi processione solenne di ritorno in chiesa, celebrazione della messa con canto del Gloria in excelsis, suono (detto "scioglimento") delle campane, e benedizione delle case con la nuova acqua benedetta. Il senso della rigenerazione completa di tutta la vita morale e materiale del cristiano in unione con Cristo risorto è trasparentissima in tutta questa mirabile liturgia della Pasqua.

Bibl.: L. Duchesne, Les origines du culte chrétien, Parigi 1903; I. Schuster, Liber Sacramentorum, III, Torino 1920; K. A. H. Kellner, L'anno ecclesiastico, trad. ital., Roma 1906.

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