SFINGE

Enciclopedia dell' Arte Antica (1973)

Vedi SFINGE dell'anno: 1966 - 1973

SFINGE (v. vol. vii, p. 230)

M. G. Picozzi

Mostro fantastico, rappresentato generalmente nell'antichità classica con testa femminile e corpo leonino alato.

Arte cretese-micenea. La s. fa la sua prima apparizione nel mondo greco nell'arte cretese-micenea. A Creta, le cretule di Zakro, databili al Minoico Medio III, ci mostrano per la prima volta il tipo di s. alata e femminile, derivato dalla modificazione, avvenuta in ambiente anatolico e siriano della s. egizia maschile e aptera, immagine del faraone; le s. delle cretule di Zakro risentono infatti, in linea di massima, l'influenza di quelle dei sigilli del primo gruppo siriano. Una delle cretule ci mostra però un particolare tipo di s. in piedi, vista frontalmente, con ampie ali spiegate e il copricapo piatto largamente usato nel mondo minoico, simile a quello di una delle figure femminili del più tardo sarcofago di Haghia Triada. Una statuetta in steatite di s. maschile ed aptera, proveniente da Haghia Triada, si distacca invece completamente sia dal tipo di s. di Zakro, che da quello che si affermerà a Creta e sul continente durante l'Elladico Tardo; è però ugualmente considerata di produzione locale da molti studiosi, mentre in passato veniva ritenuta un'importazione hittita o caldea.

La s. micenea dell'Elladico Tardo si presenta sempre con ampie ali aperte, dall'orlo superiore spesso ornato di riccioli, in cui l'estrema stilizzazione delle piume forma eleganti disegni geometrici, e con il caratteristico copricapo piatto, dalla cui sommità parte un lungo pennacchio svolazzante, o talora una liliacea. S. di questo tipo sono rappresentate ad esempio in una delle lastrine d'avorio dalla Casa delle Sfingi di Micene, dell'Elladico Tardo III b, in cui appaiono affrontate, con le zampe anteriori poggiate su una colonna. Lo schema delle s. affrontate, tra cui si trova questa volta un albero stilizzato, compare anche su un anello d'oro da Micene; sugli avorî, anelli, gemme e brattee d'oro micenei compaiono però spesso anche s. singole in piedi o accovacciate. Sembra comunque che la s. venga assunta nell'arte cretese-micenea soprattutto come motivo decorativo, senza specifici significati simbolici o religiosi; compare però spesso, come il grifo, in rapporto all'altare, alla colonna e all'albero sacro.

Arte greca. Tra la fine dell'VIII sec. a. C. e l'inizio del VII la s. compare nuovamente nel mondo greco, in seguito ai nuovi e frequenti rapporti con l'Oriente; la ritroviamo infatti come uno dei motivi favoriti dell'orientalizzante, mentre dalla fine dell'età micenea sino al tardo geometrico non ne abbiamo alcun esempio. A Creta nel periodo orientalizzante la s. appare su scudi e lamine bronzei, pìnakes fittili e pìthoi a rilievo, oltre che nella ceramica; ma mentre sugli scudi di bronzo (databili non oltre la prima metà del VII sec. a. C.) ci troviamo di fronte a s. di iconografia tipicamente orientale (nella maggior parte dei casi assira) sia per le acconciature che per le ampie ali stilizzate, nelle rimanenti produzioni c'è una rielaborazione dei motivi orientali, ed il tipo della s. assume le caratteristiche dell'iconografia "dedalica", specie nel volto: un pìnax fittile da Latò ci mostra una s. in piedi, con zampe lunghe e sottili ed ali appena incurvate verso l'alto; il volto è triangolare, con la tipica acconciatura "a ripiani", e dal centro della testa parte uno stelo spiraliforme, forse un lontano ricordo del lungo pennacchio miceneo. Le s. cretesi portano spesso il pòlos: su di un interessante alàbastron da Fortetsa, già della fine del VII sec. a. C., troviamo invece anche un singolare tipo di s. maschile alata con elmo simile a quello corinzio.

La ceramica protocorinzia ci presenta innumerevoli esempi di s., specie su arỳballoi in cui non è raro anche un tipo di s. maschile barbata; durante il protocorinzio tardo si afferma un'elegante formulazione della s., seduta sulle zampe posteriori, talora con pòlos, e con le ali incurvate verso l'alto, dalle piume accuratamente disegnate: si avvicina già a questo tipo la s. con una sola testa e due corpi che appare sull'Òlle Chigi.

In Attica la s. compare per la prima volta alla fine dell'VIII sec. a. C., su di una coppa tardogeometrica del Dipylon: nella ceramica protoattica, dalle esili s. del Pittore di Analatos e del Pittore della Mesogeia, talora maschili, con le ali a linea di contorno e le piume indicate con una stilizzazione a scaglie, si giunge a formulazioni più vivaci, come quella della s. su di un'oinochòe di Monaco che, oltre alle quattro zampe, ha anche un braccio umano, sino alla rappresentazione poderosa e monumentale di s. quasi completamente accovacciata e con le ampie ali ripiegate, che appare su un'anfora del Pittore di Nesso del tardo protoattico.

La s. è spesso presente nella ceramica orientalizzante cicladica ed insulare: sui piatti rodî degli ultimi decennî del VII sec. a. C. appare quasi sempre in piedi, mentre dalla sommità del capo parte la spirale. Oltre che nella ceramica in questo periodo la s. compare talvolta in bronzetti votivi provenienti da santuarî, e su oggetti d'oro e d'avorio: una statuetta d'avorio da Perachora ci mostra una s. sdraiata, con grossa testa triangolare e acconciatura "a ripiani". Interessante è anche un pettine d'avorio dal santuario di Artemide Orthia, posteriore alla metà del secolo, con due sfingi affrontate che sembra stiano per afferrare un uomo capovolto: anche gli artigli che avvinghiano un uomo su un rilievo in pòros da Micene potrebbero appartenere a sfingi; e mentre lo Herbig pone l'accento sulla funzione essenzialmente decorativa delle raffigurazioni della s. del periodo orientalizzante, il Walter si basa soprattutto su queste due ultime rappresentazioni per porre la s. di questo periodo in stretto rapporto con le terribili e funeste Κῆρες.

Soltanto a partire dal VI sec. a. C. ci troviamo di fronte a monumentali rappresentazioni plastiche della s.: il più noto ed importante esempio è senz'altro la s. dedicata come ex voto dai Nassî al santuario di Delfi, databile al 560 circa a. C.; è seduta sulle zampe posteriori, nella posizione divenuta ormai tipica della s., e le piume del petto e le ali presentano una finissima stilizzazione. Nella stessa posizione appare in questo periodo la S. nella monetazione di Chio, che continuerà anche in seguito a rappresentare la s., presa come simbolo della città. All'inizio del secolo la s. comincia a comparire anche nella decorazione acroteriale dei templi (è probabilmente di s. la bella testa di terracotta da Kalydon), e come coronamento di stele funerarie attiche; i più antichi esemplari ci mostrano un tipo di s. massiccia, ancora completamente seduta sulle zampe posteriori, come una s. del Metropolitan Museum di New York. Successivamente il corpo e le ali divengono meno rigidi, e la parte posteriore del corpo si solleva un poco dal piano di base, mentre la testa continua sempre ad essere girata in modo da presentare il volto di fronte rispetto al corpo di profilo; la s. con pòlos da Spata al Museo Nazionale di Atene presenta queste caratteristiche, che si trovano però accentuate nella s. di Boston dell'ultimo quarto del secolo, priva di testa, ma con il corpo modellato in maniera molto più naturalistica. La s. sulla stele ha la funzione di "guardiana" della tomba, come in Oriente simili mostri alati, e non sembra un essere malefico, ostile agli uomini. In alcune raffigurazioni della ceramica a figure nere di questo periodo troviamo però una s. in atto di afferrare un uomo che giace sotto di lei, come ad esempio su di una lip cup dell'ultimo quarto del secolo: alcuni studiosi interpretano questo schema iconografico (che riappare anche su terrecotte del V sec. a. C.) come rappresentazione generica della s. considerata già in periodo più antico dalla fantasia popolare démone feroce apportatore di morte, e vicino quindi ad altri esseri favolosi come le sirene e le arpie, mentre altri vi vedono invece la più precisa raffigurazione della s. tebana che uccide i Cadinei.

Nel mito greco, la s. è infatti strettamente legata alla leggenda tebana: Esiodo (Theog., v. 326 ss.) la chiama "flagello per i Cadmei"; e si serve della più antica forma beotica del nome, Φίξ divenuta successivamente Σϕίνξ forse anche per influsso di σϕίγγειν, "strangolare". Esiodo non accenna all'enigma della s., nè la mette in rapporto con Edipo: sono i tragici attici del V sec. a. C., e soprattutto Sofocle, a fissare la forma definitiva della leggenda tebana di Edipo, che pure aveva avuto versioni molto più antiche: secondo quest'ultima elaborazione la s., che uccide i Tebani che non riescono a risolvere l'enigma da lei proposto, si toglie la vita quando Edipo trova la risposta.

Le rappresentazioni della s. che propone l'indovinello ad Edipo sono attestate nella ceramica attica a partire dagli inizî del V sec. a. C. Sembrerebbe far eccezione un frammento di anfora clazomenia, della metà del VI sec., che presenta una gigantesca s. che ha di fronte un uomo barbato in piedi; ma non tutti gli studiosi sono d'accordo nel riferire la scena al mito di Edipo. Notissima è la coppa a figure rosse del Museo Gregoriano, attribuibile alla cerchia di Douris, con Edipo seduto di fronte alla s. che gli si rivolge dall'alto di una colonna. La s. non ha ormai più le ali incurvate verso l'alto, nè l'acconciatura del periodo arcaico, ma è rappresentata naturalisticamente e le ali, meno stilizzate, hanno le punte rivolte verso il basso; questo tipo di s. continua con poche varianti nella ceramica attica, come ci appare nella produzione del Pittore di Achille, intorno alla metà del secolo. La s. seguita però ad apparire nell'arte greca anche indipendentemente dal mito tebano; una splendida interpretazione plastica della s. è quella proveniente da Egina, figura acroteriale del frontone del tempio di Artemide (circa del 460 a. C.), con corpo non leonino, ma di cane, ampie ali rivolte verso il basso, con le penne indicate con estrema semplicità, ed il bel volto severo appena voltato lateralmente. Alla leggenda tebana, come ci attesta Pausania (v, 11, 2) si riferiva invece il gruppo di s. ed efebo che decorava uno dei braccioli del trono dello Zeus fidiaco; ce ne resta una copia in basalto da Efeso, che ci mostra come l'interpretazione classica della s. tendesse ad una sempre maggiore umanizzazione della figura del mostro, rappresentato ora con petto femminile; l'influsso dell'interpretazione fidiaca della s. è presente anche nelle due s. sul coperchio del sarcofago licio di Sidone, anch'esso con busto femminile, della fine del secolo.

Durante il IV sec. a. C., ed in seguito nel periodo ellenistico, le rappresentazioni della s., oltre che in relazione al mito di Edipo (una lèkythos della maniera del Pittore di Meidias, tra la fine del V e gli inizi del IV sec. a. C. ci mostra la s. che viene uccisa da Edipo, secondo una diversa e più antica versione della leggenda) continuano più spesso a comparire in funzione puramente decorativa, come vediamo in una lèkythos plastica da Kerç, che ci presenta una S. con acconciatura riccamente adorna, o da un busto marmoreo di s. dall'agorà di Thasos, della prima età ellenistica, usato probabilmente soltanto come ornamento di una tavola o di un trono.

Arte etrusca e romana. Anche in Etruria la s. compare sin dall'inizio del VII sec. a. C. insieme a sirene, grifi, leoni e cavalli alati, nel repertorio decorativo formatosi attraverso i contatti con le culture del Mediterraneo orientale; l'oreficeria etrusca del periodo orientalizzante ci presenta piccole s. femminili alate a sbalzo o a tutto tondo, specie su fibule; serie di s. compaiono dalla seconda metà del VII sec. sui vasi di bucchero, raffigurate sia accovacciate che in movimento, con le ali sempre incurvate verso l'alto; il tipo di s. corinzia riappare nella ceramica etruscocorinzia di imitazione che presenta talora anche s. maschili senz'ali. Nella prima metà del VI sec.a. C. la s. appare nelle pitture della Tomba Campana di Veio, dove è rappresentata in piedi, con grosso corpo, lunghissime gambe ed ali incurvate in alto, con una policromia vivacissima. Una più armoniosa interpretazione della s. nella pittura è quella che mostrano le lastre Boccanera, della seconda metà del secolo, con un'elegante figura di s. accovacciata, con una zampa anteriore alzata. Alla fine del VI sec. troviamo anche sculture funerarie di s. a tutto tondo, che interpretano l'influsso greco secondo il vigoroso stile locale: ne è un bell'esempio una s. chiusina già dell'inizio del V sec., ma di iconografia ancora arcaica. Sempre nell'ambito dell'arte funeraria le s. appaiono più tardi come elementi decorativi. Due S. di iconografia ormai abbastanza vicina a quella greca classica formano i braccioli del trono di una famosa statua-cineraria da Chianciano con donna seduta e bambino: troviamo spesso, in seguito, s. come decorazione di frontoni di sarcofagi, di piedi di ciste bronzee e di urne. Un'urna funeraria abbastanza tarda ci presenta, insieme con Edipo ed altri personaggi, un singolarissimo tipo di s. con lunghi capelli, busto femminile e corpo di leone maschio, priva di braccia, al posto delle quali ci sono le ampie ali aperte.

Nell'arte romana ritroviamo in linea di massima il tipo di s. fissato dall'iconografia greca classica; essa è infatti rappresentata quasi sempre con petto femminile, ma al corpo sono spesso aggiunte le mammelle di animale. Nella maggior parte dei casi la s. ha valore puramente decorativo, come su alcune lastre marmoree di età augustea provenienti dagli Horti Sallustiani in cui appare tra girali di acanto, o su una lastra di terracotta dello stesso periodo, in cui le code di una s. a doppio corpo si inseriscono tra le volute di un fregio floreale. In più tarda età imperiale le s. sono sostegno di tavoli o di altri mobili: talvolta si presentano in forma abbreviata, come quelle di una base di candelabro del II sec. d. C., in cui fungono da piede, costituite soltanto da un'unica grossa zampa leonina, e dalla testa e dal busto femminile alato.

La s. adorna anche le gemme di età imperiale: le fonti attestano che Augusto si servì come sigillo di gemme incise con sfingi,e la s. compare anche su un cistoforo dell'imperatore; sembra invece appartenere al II sec. d. C. un anello con agata nera con una s. con le ali lievemente ricurve verso l'alto, petto femminile e mammelle di animale. Più spesso la s. appare nell'arte funeraria su are e sarcofagi: un'ara di età flavia da Cales ci presenta quattro sfingi agli angoli di una base quadrata che sorregge la parte centrale cilindrica dell'ara; ogni s. è a due corpi, ciascuno su un lato dell'angolo, mentre il busto alato e la testa sono sullo spigolo; quest'impiego angolare della figura della s. è molto frequente. Frequente è anche la s. su sarcofagi, a partire dal II sec. d. C. Sui lati corti di un sarcofago col mito di Meleagro al Louvre compaiono due figure di s. sedute, con ampie ali, petto femminile e mammelle; nei sarcofagi è anche ricordata in relazione al mito di Edipo, come sul coperchio di un più tardo sarcofago al Laterano (v. vol. iii, p. 217).

La s. a tutto tondo compare spesso come coronamento di monumenti funerarî, quasi esclusivamente nell'arte provinciale; ne abbiamo esempî dalla Germania, dalla Britannia e dalla Dacia. Si tratta generalmente di sculture abbastanza rozze, ma dotate di una certa forza espressiva, come alcune s. accovacciate da Alba Iulia del III sec. d. C., con testa di Gorgone tra le estremità anteriori.

In età imperiale, troviamo ormai frequentemente anche nell'Egitto romano la s. femminile e alata; un interessante esempio plastico di s. quadricefala con busto femminile e mammelle di animale proviene da Alessandria.

Monumenti considerati. - Arte cretese-micenea: cretula da Zakro: A. Dessenne, Le Sphinx, Etude iconographique, 1, Parigi 1957, p. 123, n. 291, tav. xxiv. S. in steatite da Haghia Triada: A. Dessenne, op. cit., p. 134, n. 300, tav. xxxv. Lastrina d'avorio dalla Casa delle Sfingi: J. B. Wace, in Annual Br. School Athens, xlix, p. 240, tav. 38 c. Anello d'oro da Micene: G. Becatti, Oreficerie antiche dalle minoiche alle barbariche, Roma 1955, fl. 40, tav. xiii.

Arte greca: pinax fittile da Latò: F. Matz, in Jahrbuch, 1950-51, p. 99, fig. 5. Alàbastron da Fortetsa: F. Matz, in Jahrbuch, 1950-51, p. 101, fig. 7.5. a due corpi dell'Òlpe Ghigi: G. V.A., Museo di Villa Giulia, i, iii Ce, tav. 4, 1. Coppa tardogeometrica del Dipylon: N. Werdelis, in Bull. Corr. Hell., 1951, p. 18, fig. 11. S. su un'oinochòe di Monaco: R. Hackl, in Jahrbuch, 1907, p. 100, fig. 14. S. su anfora del Pittore di Nesso: K. Kübler, Altattische Malerei, Tubinga 1950, p. 26, fig. 16. Statuetta d'avorio da Perachora: F. Matz, Geschichte der griechischen Kunst, Francoforte 1950, p. 163, tav. 65 a. Pettine d'avorio del santuario di Artemide Orthia: R. M. Dawkins, The sanctuary of Artemis Orthia at Sparta, Londra 1929, p. 223, n. 4, tav. cxxvii. Rilievo in pòros da Micene: H. Kähler, Das Griechische Metopenbild, Monaco 1949, p. 40-41, tav. 34. S. dei Nassî: Fouilles de Delphes, iv, 1909, 1, p. 41 ss., fig. 21. S. su statere di elettro del VI sec. da Chio: Brit. Mus. Coins, Ionia, Chios, 1892, p. 328, n. 1, tav. iii, 19. Testa di s. di terracotta da Kalydon: H. Payne, Necrocorinthia, Oxford 1931, tav. 49, nn. 1-2. S. coronamento di stele attiche: s. al Metrop. Museum of Art, New York: G. Richter, The Archaic gravestones of Attica, Londra 1961, n. 1, p. 10, figg. 1-7. S. da Sparta: G. Richter, op. cit., n. 12, p. 16, figg. 40-41. S. al Museum of Fine Arts, Boston: G. Richter, op. cit., n. 38, p. 29, figg. 110-114. Lip cup con s. che ha un uomo tra le zampe: C.V.A., New York, ii, 1953, tav. 12, fig. 16 a-d. S. su frammento di anfora clazomenia: H. Walter, in Antike und Abendland, 1960, fig. 31. Coppa del Museo Gregoriano con Edipo e la s.: J. D. Beazley, Red-fig., p. 451, n. 1. Pelike del Pittore di Achille con Edipo e la s.: J. D. Beazley, Red-fig., p. 990, n. 49. S. da Egina: A. Furtwängler, Die Sphinx von Aigina, in Münchner Jahrbuch der bild. Kunst, 1, 1906, p. 1 ss. Gruppo di s. ed efebo in basalto da Efeso: F. Eichler, Oesterr. Jahresh., xxx, 1937, p. 75 ss.; xlv, 1960, p. 5 ss. S. sul coperchio del sarcofago licio di Sidone: Hamdy Bey-T. Reinach, Une nécropole royale à Sidon, p. 209 ss., tav. xii-xvii. Lèkythos con Edipo che uccide la s., della maniera del Pittore di Meidias: J. D. Beazley, Red-fig., p. 1325, n. 49. Lèkythos plastica da Kerç: L. Stephani, in Compte-Rendu de la Comm. impériale Arch., 1870-71, p. 8, tav. 1. Busto di S. dall'agorà di Thasos: C. Rolley, in Bull. Corr. Hell., 1964, p. 496 ss.

Arte etrusca e romana: S. della tomba Campana di Veio: G. Q. Giglioli, L'Arte etrusca, Milano 1935, tav. xcvi. S. sulle lastre di Boccanera: G. Roncalli, Le lastre dipinte da Cerveteri, Roma 1965, tav. xii, nn. 1-2. S. a tutto tondo da Chiusi: G. Q. Giglioli, L'Arte etrusca, Milano 1935, tav. lxxvii, 3. S. sul trono di una statua-cinerario da Chianciano: Mostra dell'arte e della civiltà etrusca, Milano 1955, n. 313, tav. lxiii. S. su un'urna funeraria: H. Brunn-G. Körte, I rilievi delle urne etrusche, Roma 1870-1916, ii, p. 1, tav. vi. S. su lastre di marmo dagli Horti Sallustiani: P. Gusman, L'art décoratif de Rome, Parigi 1912, 1, tav. 6. S. su lastra di terracotta augustea: W. Altmann, Die römische Grabaltäre der Kaiserzeit, Berlino 1905, p. 230, fig. 187. S. su piede di candelabro del II sec. d. C.: P. Gusman, op. cit., iii, tav. 124, n. 2. S. incisa su agata nera: G. Becatti, Oreficerie antiche, Roma 1955, n. 514. S. su cistoforo di Augusto: Brit. Mus. Coins, Emp., i, 114, 702. S. sulla base di un'ara da Cales: S. Aurigemma, in Boll. d'Arte, 1925-26, p. 324 ss. S. su sarcofagi: al Louvre con mito di Meleagro: C. Robert, Sarkophagrel., iii, 2, tav. 91, n. 277. Sul coperchio del sarcofago già al Laterano: C. Robert, op. cit., ii, tav. 6o, n. 183. S. da Alba Iulia: S. Ferri, Arte romana sul Danubio, Milano 1933, p. 283, fig. 368. S. quadricefala da Alessandria: S. Reinach, Rép. Stat., ii, 2, p. 703, 3.

Bibl.: J. Ilberg, Die Sphinx in der griechischen Kunst und Sage, Lipsia 1896; id., in Roscher, IV, 1909-15, c. 1338 ss., s. v. Sphinx; G. Nicole, in Dict. Ant., IV, ii, p. 1431 ss., s. v. Sphinx; Lesky-Herbig, in Pauly-Wissowa, III A, 1929, c. 1703 ss., s. v. Sphinx; N. M. Verdelis, L'apparition du sphinx dans l'art grec aux VIIIe et VIIe siècles avant J.C., in Bull. Corr. Hell., 1951, p. i ss.; F. Matz, Kretische Sphingen, in Jahrbuch, 1950-1, p. 91 ss.; A. Dessene, Le Sphinx. Étude iconographique I. Des origines à la fin du second millenaire, Parigi 1957; Ch. Picard, La Sphinge tricéphale, dite "Panthée" d'Amphipolis, et la démonologie Egypto-alexandrine, in Mon. Piot, L, 1958, p. 49 ss.; H. Walter, Sphingen, in Antiken und Aendland, IX, 1960, p. 63 ss. Si aggiunga un'applique bronzea italiota da Francavilla Marittima, della prima metà del VI sec. a. C. in Atti e Mem. Soc. Magna Grecia, XI-XII, 1970-71 (1972), pp. 44-45, Tav. XVII D-E.

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