Shanghai Express

Enciclopedia del Cinema (2004)

Shanghai Express

Alessandro Cappabianca

(USA 1932, bianco e nero, 84m); regia: Josef von Sternberg; produzione: Adolph Zukor per Paramount; soggetto: Harry Hervey; sceneggiatura: Jules Furthman; fotografia: Lee Garmes; scenografia: Hans Dreier; costumi: Travis Banton; musica: W. Frank Harling.

Sul treno Pechino-Shanghai, in una Cina sconvolta dalla guerra civile, salgono alcuni viaggiatori apparentemente rispettabili e due malfamate avventuriere, la bianca Shanghai Lily e la cinese Hui Fei, la cui presenza fa scandalo. Il treno ospita in realtà, sotto mentite spoglie di commercianti e di ufficiali, una dubbia umanità di falsari, disertori e trafficanti d'oppio. Preso posto tra di loro, il capitano medico Harvey riconosce in Shanghai Lily la donna che cinque anni prima aveva lasciato (e che in realtà ama ancora). Durante il viaggio, il treno viene fermato due volte: prima dai governativi, che catturano una spia dei ribelli, poi dai ribelli stessi, guidati dal loro capo, l'eurasiatico Henry Chang, che già si nascondeva tra i passeggeri del treno. I ribelli vogliono trattenere come ostaggio una personalità importante da offrire al governo in cambio della spia catturata. La scelta cade sul dottor Harvey, lo scambio è organizzato e accettato, ma al momento di rilasciarlo Chang minaccia di far accecare il prigioniero se Shanghai Lily non partirà con lui. Per amore di Harvey, la donna accetta, ma Hui Fei riesce a introdursi nella camera di Chang e a pugnalarlo. Nella confusione, tutti riescono a risalire sul treno, che riparte per Shanghai. Harvey seguita a disprezzare Shanghai Lily, che secondo lui era pronta ad andarsene con Chang, ma poi capisce la verità quando il reverendo Carmichael gli rivela di aver visto Lily, la notte prima, che pregava per lui. I due, alla stazione di Shangai, riallacciano i fili d'un amore che in realtà non si era mai interrotto.

Melodramma d'avventure esotiche, Shanghai Express è il terzo film hollywoodiano di Marlene Dietrich con Josef von Sternberg alla Paramount, dopo Morocco (Ma-rocco, 1930) e Dishonored (Disonorata, 1931). Lo scenario è quello di una Cina del tutto artificiale, ricostruita in studio, mentre il percorso del treno Pechino-Shanghai si snoda attraverso i binari d'una ferrovia dismessa nei pressi di Chatswood, nella San Fernando Valley, attorno alla quale von Sternberg incarica lo scenografo Hans Dreier di costruire una città 'cinese', in modo di lasciare appena lo spazio per il passaggio del treno e per la folla vociferante che vi si accalca intorno, si urta, cercando di salire o spostandosi all'ultimo momento con i suoi animali, in una confusione pittoresca. L'orrore del vuoto, l'avversione di von Sternberg per ogni inquadratura che non sia colma fino all'inverosimile, arrivano qui al parossismo. Travis Banton, da parte sua, veste Shanghai Lily di piume, prima nere, poi bianche (sulla scia della Evelyn Brent di Underworld ‒ Le notti di Chicago, 1927, detta appunto 'Feathers') e d'una incredibile veletta, che da un lato scherma, rendendolo ancora più misterioso, il volto di Marlene, e dall'altro sembra quasi connotare una situazione di lutto (per un amore perduto?).

"Chi è Shanghai Lily?", chiede il capitano Harvey. Qualcuno risponde: "È una famosa 'costiera'". "E che vuol dire 'costiera'?". "Una che fa la vita lungo la costa". Dunque Marlene si è messa a 'fare la vita', acquisendo il nome d'arte di Shanghai Lily (il suo vero nome è Magdalen), dopo aver lasciato Harvey, o dopo che Harvey ha lasciato lei, per incomprensione e orgoglio. L'orgoglio è il peccato capitale di Harvey, altra figura in cui si adombra il personaggio stesso di von Sternberg nel suo rapporto con Marlene, e quasi fino alla fine rischierà di non capire la sublimità del sacrificio cui la donna era disposta per salvarlo. Ma qui Marlene non è sola: tra le ragazze di vita, ha una collega cinese degna di lei, pronta a uccidere (per patriottismo? per vendetta?) il malvagio Chang e a funzionare dunque da dea ex machina. Sole nel loro scompartimento, schivate da tutti gli altri passeggeri bianchi, uomini (per ipocrisia) e donne (per moralismo bigotto), fin dall'inizio le due donne si contrappongono al resto della composita fauna del treno, che comprende del resto anche personaggi ben più squallidi (un "onesto commerciante" che commercia in diamanti falsi, un ufficiale francese che in realtà è un disertore, un tedesco trafficante d'oppio ecc.). Il treno è contemporaneamente mezzo di trasporto, bazar, grand hotel, postribolo e veicolo di salvezza su cui si fugge dopo la parentesi melodrammatica e sanguinosa (in fondo, Chang è una specie di Scarpia cinese, rispetto al quale Marlene è una Tosca che si lascia sostituire da un alter ego orientale per vibrare la fatidica pugnalata). La regola hollywoodiana del lieto fine esige una riconciliazione tra Shanghai Lily e Harvey e questo avviene all'arrivo a Shanghai, dopo che il treno, compiendo il viaggio, ha tracciato anche una vera e propria parabola esistenziale: una volta scesi in stazione, Lily compra un orologio e lo regala al rigido e compassato Harvey come dono ironico da non utilizzare troppo, in nome della fantasia.

La storia, come si vede, ricalca (ma anche anticipa) quella di tanti melodrammi esotici, i personaggi sono fissati ai loro stereotipi: ma von Sternberg dimostra qui, ancora una volta, quale potere di trasfigurazione e astrazione possa avere il cinema nel costruire, secondo modalità rigorosamente artificiali, le figure dell'immaginario che ne hanno sempre alimentato il fascino. Shanghai Express rappresenta dunque il trionfo dello studio system e uno dei massimi momenti di trasfigurazione feticistica del corpo della Diva.

Benché von Sternberg, con questo film, fosse nominato per la migliore regia, l'Oscar, nel 1932, lo vinse solo Lee Garmes, per la migliore fotografia. In realtà, von Sternberg e Garmes avevano messo a punto insieme, per il viso della Dietrich, un complesso sistema di illuminazione, basato su varie lampade, garze, velatini, schermi fuori scena (e in scena), in modo di mettere in ombra il mento, e velare le gote, come scrive Giovanni Buttafava, "in sfumature incantate".

Interpreti e personaggi: Marlene Dietrich (Shanghai Lily), Clive Brook (capitano Donald Harvey), Anna May Wong (Hui Fei), Warner Oland (Henry Chang), Eugene Pallette (Sam Salt), Lawrence Grant (reverendo Carmichael), Louise Closser Hall (Mrs. Haggerty), Gustav von Seyffertitz (Eric Baum), Emile Chautard (maggiore Lenard), Claude King (Allbright), Neshida Minoru (Li Fung).

Bibliografia

A. Astruc, Marlène n'a jamais été plus belle que dans 'Shanghai Express', in "Paris match", 18 juillet 1970.

M. Humbert, Shanghai-Express, in "La revue du cinéma", n. 297 bis, juin-juillet 1975.

L. Audibert, L'éclat du regard, in "Cinématographe", n. 25, mars 1977.

T. Milne, Shanghai Express, in "Monthly film bulletin", n. 532, May 1978.

J. Cocchi, Shanghai Express, in Magill's Survey of cinema, 5° vol., a cura di F.N. Magill, Englewood Cliffs (NJ) 1981.

Sceneggiatura: 'Morocco' and 'Shanghai Express'. Two films by Josef von Sternberg, London 1973.

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