SIENA

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1994)

SIENA

Bruno Santi

(XXXI, p. 710; App. I, p. 1003; II, II, p. 823)

Per dati statistici provinciali v. Toscana (Tabelle), in questa Appendice.

Arte. - La tradizione della scuola artistica di S., prolungatasi dalle origini fino all'Ottocento grazie alla persistenza di una vivace scuola accademica locale, che favorì ricerche formali in direzione puristica da una parte (L. Mussini, A. Franchi) e storicistica dall'altra (C. Maccari, P. Aldi), caratterizza profondamente la vita culturale della città nel settore delle arti figurative. Iniziative come esposizioni di arte antica e moderna, convegni di studi su personalità o epoche di produzione artistica ricorrono periodicamente nella città toscana e la contraddistinguono come uno dei maggiori centri culturali del paese, nonostante l'esiguità della sua consistenza demografica e il relativo isolamento dagli itinerari più frequentati. In seguito a queste iniziative, e forte di uno straordinario patrimonio in genere soddisfacentemente conservato, grazie anche a una rete di strutture territoriali assolutamente originali, come le diciassette Contrade, fulcro della vita comunitaria della città, e detentrici di una grande parte delle sue testimonianze d'arte e di storia, oltreché di valori civici (aspetto questo forse non sufficientemente palese al pubblico esterno, che conosce le Contrade solo come organizzatrici e protagoniste dei due Palii che si corrono annualmente il 2 luglio e il 16 agosto in Piazza del Campo), S. è giunta a conoscere anche un turismo di massa, che ha sostituito l'elitario e selezionato concorso di visitatori-studiosi caratteristico del tardo Ottocento e dei primi del Novecento.

A ciò si deve aggiungere la costituzione, proprio nei primi anni Settanta, di un Istituto di storia dell'arte e di archeologia nella facoltà di Lettere dell'università, che si è qualificato (anche attraverso una serie di tesi di laurea) come un nucleo di ricerca su periodi non sufficientemente indagati della produzione della scuola artistica senese, nonché di approfondimento su quelli che sono universalmente ritenuti i più doviziosi e originali momenti della sua civiltà figurativa, come il Trecento e il Quattrocento. Si è dato avvio così, nel campo delle iniziative espositive, a una collaborazione che può definirsi esemplare con le strutture amministrative del Comune, con gli uffici di tutela, e con la massima istituzione bancaria della città, il Monte dei Paschi di Siena, che con il fondo ''salvaguardia di opere d'arte'' permette interventi di restauro e di valorizzazione del vasto patrimonio culturale della città e della provincia, estendendosi anche al territorio grossetano, ossia alla giurisdizione dell'antico stato senese, con risultati di notevole rilievo, affiancandosi e talvolta completando utilmente gli interventi delle Soprintendenze senesi.

Non è quindi un caso, se proprio dall'inizio degli anni Ottanta una serie di esposizioni, spaziando nel campo delle arti figurative, dell'architettura e delle arti decorative, è riuscita a dare un quadro sufficientemente completo della doviziosa produzione artistica di S. e del suo territorio. Anche il restauro, che nella città di C. Brandi, il massimo e più originale teorizzatore del restauro moderno, ha visto realizzazioni e risultati di grande rilievo, ha dato il suo apporto all'espansione delle iniziative culturali a S., comunicando risultati attraverso mostre, convegni, dibattiti che hanno contribuito alla crescita di questo settore anche in rapporto all'attività nazionale. Varie iniziative di studio hanno avuto il merito di approfondire questioni su personalità artistiche conosciute, ma il cui rapporto con il contesto storico del proprio tempo meritava qualche indagine supplementare: è il caso della mostra Iacopo della Quercia nell'arte del suo tempo (1975) e del successivo convegno Iacopo della Quercia tra Gotico e Rinascimento (1977), che hanno permesso di mettere in contatto con il caposcuola senese una serie di maestri, come Francesco di Valdambrino e Domenico di Niccolò dei Cori, che erano stati appena sfiorati da studiosi del passato, nonostante il loro notevole spessore qualitativo.

Accanto a queste mostre, che si sono inserite agevolmente nel solco tradizionale degli studi di P. Bacci, C. Brandi, E. Carli, sono state riconsiderate figure di artisti non sufficientemente indagati, di periodi che l'impostazione idealistica della storiografia artistica riteneva marginali o frutto di epoche di decadenza. Così per Rutilio Manetti, pittore del Seicento, che a S. diffuse e confermò la corrente caravaggesca, e che è stato presentato in un'esposizione del 1978. Nel contesto delle mostre del 1980, che videro in Toscana la realizzazione di numerose esposizioni che si rifacevano alle celebrazioni medicee, S. dedicò una rassegna, negli ambienti recuperati dei Magazzini del Sale nel Palazzo pubblico, a un gruppo di pittori che fino ad allora avevano conosciuto soltanto contributi saltuari, e che caratterizzarono l'attività artistica nella città toscana a cavallo tra il Cinquecento e il Seicento: oltre a Manetti, Ventura Salimbeni, Francesco Vanni, Alessandro Casolani, Vincenzo e Francesco Rustici, Pietro Sorri, le cui produzioni avevano fortemente dotato di pale d'altare le chiese del territorio senese dai confini con lo stato fiorentino fino alla Maremma. Accanto a questi maestri del passato, non poteva mancare l'attenzione a quei protagonisti dell'arte locale di epoca contemporanea, che, sebbene lontani da S. nella loro attività, avevano bensì conservato con la terra d'origine un singolare legame sentimentale e figurativo. Uno di questi, M. Maccari, venne celebrato con una mostra nel 1979.

Non è mancata l'attenzione per gli architetti di formazione senese, sia quelli che diffusero forme originali nell'architettura civile e militare, come B. Peruzzi, protagonista di un'esposizione documentaria nel 1981, sia quelli che si riferirono al vagheggiamento del passato, recuperandone forme che, seppure scarsamente apprezzate in periodi razionalistici, non possono essere escluse da un'indagine storicizzante, come G. Partini, restauratore in forme neogotiche ed eclettiche di tanti monumenti religiosi e civili in territorio senese, a cui venne dedicata una mostra nello stesso anno 1981. Ma i periodi più intensi e creativi dell'arte di S. non sono stati trascurati. Memorabile la mostra dedicata al Gotico (1982, con appendice nella città gemellata di Avignone nel 1983), dove accanto alle opere d'arte figurativa dei maggiori maestri senesi del Duecento e del Trecento vennero studiate organicamente la miniatura, l'oreficeria, l'argenteria, lo smalto, la scultura in marmo in pietra in avorio in metallo, e dove si recuperarono personalità eccezionali, come il ''Maestro degli Angeli ribelli'', pittore di grande capacità espressive, e lo scultore Marco Romano. Lo stesso protagonista dell'espansione internazionale dell'arte di S. richiedeva da solo un'esposizione, che lo mettesse in relazione con i suoi collaboratori, con i suoi contemporanei e con gli epigoni. Simone Martini e chompagni fu infatti il titolo di un'esposizione del 1985, che opportunamente completava il quadro culturale della mostra precedente.

L'attenzione verso il patrimonio storico-artistico delle Contrade è stata evidenziata in una mostra tenutasi nel 1985 nei Magazzini del Sale del Palazzo pubblico, dove sono stati esposti paramenti e arredi sacri conservati nelle sedi e negli oratori, offrendo per la prima volta dalla fondamentale mostra del 1904 sull'antica arte senese un quadro esauriente dell'arte decorativa ancora conservata in queste realtà civiche di Siena. Contemporaneamente, il Monte dei Paschi ha promosso − dal 1986 al 1989 − una serie di esposizioni e di illustrazioni di artisti presenti nella cospicua collezione Chigi-Saracini, conservata nell'omonimo palazzo, sede anche dell'Accademia musicale Chigiana. Dal Trecento all'epoca barocca sono stati offerti all'attenzione del pubblico artisti noti e meno conosciuti, in un ciclo di esposizioni che non hanno trascurato di dare un panorama compiuto del collezionismo settecentesco di G. Saracini e della sua personalità di uomo di cultura.

Nel 1987 la Pinacoteca nazionale di S. ha ospitato la mostra Scultura dipinta, che ha avuto come oggetto forse il più suggestivo e peculiarmente senese dei generi artistici, la scultura lignea policromata: statue dal Duecento al Cinquecento hanno documentato la produzione di questi manufatti nel territorio senese, con risultati particolarmente rilevanti anche nel campo del restauro, che ha permesso di assegnare a Iacopo della Quercia una Madonna annunziata trasformata nei primi dell'Ottocento nella figura della Fede.

Il rinnovato interesse per la pittura senese dell'Ottocento e l'individuazione di motivi di notevole valore anche per l'arte accademica hanno portato nel 1988 a un'esposizione di personalità attive a S. dalla seconda metà dell'Ottocento fino al primo decennio del Novecento, trovando una sistemazione critica non riscontrabile in precedenza. Il titolo della mostra, che esponeva anche i ''drappelloni'', ossia i palii, di questo stesso periodo (in cui si cessò di considerare il premio per le carriere vinte soltanto un elemento convenzionale e s'incaricarono pittori attivi in S. di dipingerne i drappi, secondo regole ben precise, ancorché le composizioni venissero lasciate alla creatività dei singoli), si riferiva appunto a questa fase di produzione figurativa, indagando l'ambiente artistico di Siena tra Purismo e Liberty.

Nel 1988 si è tenuta a Washington un'esposizione sulla Pittura senese del Rinascimento, in cui, nonostante la sede espositiva estera, l'apporto di studiosi e ricercatori di S. è stato fondamentale, e il panorama tracciato sull'attività figurativa senese dal 1420 al 1500, con l'illustrazione di tutti i maggiori maestri del Quattrocento senese, dal Sassetta a Benvenuto di Giovanni, passando per Sano di Pietro, Giovanni di Paolo, Domenico di Bartolo, Matteo di Giovanni e tanti altri, rimane come punto di riferimento insostituibile, per la trattazione critica di questo periodo dell'arte senese. A conclusione di un ventennio di indagini critiche, di revisioni, di dibattiti e anche di nuove acquisizioni documentarie e d'archivio, senza trascurare veri e propri recuperi di opere (come le statue in terracotta dipinta, riscoperte da A. Bagnoli nei depositi della Cattedrale senese), un'esposizione di notevolissimo livello scientifico e di straordinaria ampiezza è stata tenuta nel 1990 nella chiesa di Sant'Agostino, col titolo Domenico Beccafumi e il suo tempo. Essa ha visto coinvolte le risorse culturali della città nella loro compiutezza, dall'università all'amministrazione civica, alla Soprintendenza per i Beni artistici, con l'apporto finanziario del Monte dei Paschi. Il primo Cinquecento senese è stato esaurientemente studiato e analizzato in tutte le personalità di rilievo, orbitanti nell'ambito del più grande manierista locale, per tutti i campi delle arti figurative: disegno, pittura, scultura, miniatura, e in tutte le sue componenti stilistiche, giungendo fino al crepuscolo storico della Repubblica senese, al suo inglobamento nello stato mediceo, e al sorgere di nuovi fermenti contenutistici e formali.

Le iniziative espositive non hanno mancato di dare risultati, come spesso avviene, anche nel campo del restauro. Dal 1970 al 1990 numerose imprese di recupero conservativo hanno contrassegnato positivamente l'ambiente senese, sia nel campo della pittura e della scultura mobile, sia nei numerosi cicli affrescati che − grazie a una consolidata tradizione − si conservano in complessi religiosi e civili. Un impegno cospicuo è quello del restauro in corso delle pitture murali del chiostro di Monteoliveto Maggiore, con le Storie di S. Benedetto di Signorelli e del Sodoma, impresa di non facile completamento per le problematiche condizioni climatiche dell'ambiente. Un risultato di tutto riguardo si è ottenuto nel recupero degli affreschi del Vecchietta e di Domenico di Bartolo nel cosiddetto Pellegrinaio dello Spedale di Santa Maria della Scala che, liberato dalle funzioni sanitarie, un programma di recupero ambientale, sulla scorta dei suggerimenti di Brandi, dovrà trasformare nel museo della città, raccogliendovi le raccolte pubbliche di arte figurativa.

Altri restauri di peculiare importanza sono stati quelli degli affreschi del Battistero, dovuti al Vecchietta, a Benvenuto di Giovanni, a Pietro degli Orioli, e ancora alle pitture di Ambrogio Lorenzetti nella Sala della Pace del Palazzo pubblico. In questa stessa sala, inferiormente al notissimo Guido Riccio, da sempre attribuito a Simone Martini, è stato scoperto, sotto lo scialbo, un raro affresco trecentesco con tre personaggi e un castello sullo sfondo, che ha subito coinvolto in riferimenti critici i maggiori studiosi di storia senese. Vivaci polemiche si sono aperte con la ricusazione da parte del critico G. Moran del riferimento a Simone Martini dell'affresco sovrastante. Altre iniziative di restauro di rilievo sono state quelle sulle pitture murali primo-seicentesche del Duomo di S., raffiguranti i Santi Patroni e dovute a Ventura Salimbeni, mentre la più significativa ed emblematica tra le immagini mariane di S., la Maestà di Simone Martini (1313-21), ha recentemente rivelato la sua valenza espressiva e materica, dopo un lungo restauro (1988-94) che ha rimediato a guasti eminentemente ambientali. Non senza le consuete polemiche sui risultati, divenute ormai una costante nel panorama dei restauri eseguiti nel nostro paese, si vanno svolgendo gli interventi di recupero conservativo su due tra i complessi scultorei della città: quelli della Fonte Gaia, i cui rilievi, dovuti a Iacopo della Quercia e a collaboratori, si conservano nel Museo Civico, e quelli della Cappella di Piazza, vera antologia della scultura senese del primo Quattrocento.

Bibl.: Jacopo della Quercia nell'arte del suo tempo. Mostra didattica, a cura di G. Previtali, Firenze 1975; Mino Maccari 1977, a cura di G. Briganti e altri, ivi 1977; Rutilio Manetti 1571-1639, a cura di A. Bagnoli, ivi 1978; L'arte e Siena sotto i Medici, 1555-1609, a cura di F. Scricchia Santoro, Roma 1980; Giuseppe Partini architetto del Purismo senese, Firenze 1981; Rilievi di fabbriche attribuite a Baldassarre Peruzzi, a cura di M. Forlani Conti, Siena 1982; Il Gotico a Siena. Miniature pitture oreficerie oggetti d'arte, a cura di G. Previtali, Firenze 1982; Mostra di opere d'arte restaurate nelle province di Siena e Grosseto, Genova 1983; Simone Martini e 'chompagni', a cura di A. Bagnoli e L. Bellosi, Firenze 1985; Paramenti e arredi sacri nelle Contrade di Siena, ivi 1986; Scultura dipinta, Maestri di legname e pittori a Siena: 1250-1450, ivi 1987; Siena tra Purismo e Liberty, Milano-Roma 1988; Painting in Renaissance Siena 1420-1500, a cura di K. Christiansen, C.B. Strehlke e L. B. Kanter, New York 1988 (ed. it., Milano 1989); Domenico Beccafumi e il suo tempo, Milano 1990; Francesco di Giorgio e il Rinascimento a Siena, a cura di L. Bellosi/Francesco di Giorgio architetto, a cura di E.P. Fiore e M. Tafuri, ivi 1993.

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