Al-Suhrawardī, Šihāb al-Dīn Yaḥyā al-Maqtūl

Dizionario di filosofia (2009)

al-Suhrawardi (Suhrawardi), Sihab al-Din Yahya al-Maqtul


al-Suhrawardī

(Suhrawardī), Šihāb al-Dīn Yaḥyā al-Maqtūl Pensatore musulmano persiano (Suhraward, Iran nord-occidentale, 1154 - Aleppo 1191). È detto šayḫ al-Išrāq (cioè il «maestro dell’illuminazione»), e la sua opera principale è la Ḥikmat al-Išrāq; a lui, inoltre, è ricondotta quella corrente della filosofia (e della spiritualità) persiana che va sotto il nome di Išrāqī «illuminazionismo». Dopo aver molto viaggiato, insegnò ad Aleppo ed ebbe come discepolo anche il giovane governatore della città, al-Malik al-Ẓāhir, uno dei figli di Ṣalāḥ al-Dīn (il Saladino). Forse per le gelosie dei dotti della città, al-S. restò implicato in un processo e poi messo a morte. È chiamato in alcune fonti al-maqtūl «l’ucciso», in altre, più spiccatamente di scuola, al-šahīd, «il martire». Oltre a diversi scritti giovanili e a un insieme di opere minori, in arabo e in persiano, tra cui diversi racconti simbolici, espressione – ­secondo Henry Corbin – di una «pedagogia angelica» o «spirituale», la sua opera filosofica (quasi cinquanta titoli) comprende quattro opere, fra cui il suo capolavoro, il Libro della sapienza [o della filosofia] dell’illuminazione (Kitāb Ḥikmat al-Išrāq), in cui – criticando vari aspetti della tradizione filosofica precedente – al-S. intende fondare un nuovo sistema epistemologico e metafisico. Il Libro della sapienza dell’illuminazione, in cui è espresso il pensiero maturo (e secondo alcuni interpreti, come Corbin, il solo vero) di al-S., si presenta come rispondente agli insegnamenti di Platone e di altri saggi antichi (Ermete Trismegisto, Zarathustra) e trae ispirazione dai temi dell’intuizione e dell’esperienza extra-corporea che nella filosofia (Plotino; Avicenna), oltre che nella mistica, godevano di una ricca tradizione. Lo stesso al-S. rimanda a una personale esperienza estatica che gli avrebbe rivelato il vero senso della cosmogonia neoplatonica, facendogli rigettare la sistemazione avicenniana da lui inizialmente accolta. Essenziale nel suo pensiero è il tema del contatto tra uomo e cosmo, e un ruolo ineludibile spetta quindi alla mediazione angelica, centrale non solo nei termini della «pedagogia spirituale» che conduce l’uomo a Dio, ma anche in quelli metafisici della cosmogonia che spiegano la relazione tra Dio e mondo (il mondo ideale è tradotto nei termini dell’angelologia zoroastriana). Lo schema emanatista viene ripreso ma, rivisitato, porta a un’irradiazione che, a partire dalla «Luce delle luci» (nūr al-anwār), pone in essere entità innumerevoli. I limiti della fisica sono quindi posti nel cielo delle stelle fisse che segna il confine, o limite, tra mondo della luce e dello spirito e mondo della materia (e dell’ombra o tenebra connesse al divenire e all’inesistenza). Importante la sua rivisitazione del concetto di esistenza.