SIMILITUDINE

Enciclopedia Italiana (1936)

SIMILITUDINE

Giovanni Lampariello

Matematica. - 1. La similitudine è una delle relazioni fondamentali della geometria e traduce in termini precisi la possibilità di figure, che abbiano ugual forma, ma disuguale estensione, o, in altre parole, si possano considerare l'una come copia, ingrandita o rimpiccolita, dell'altra. Precisamente, due poligoni, aventi lo stesso numero di vertici, si dicono simili se i vertici dell'uno si possono far corrispondere ordinatamente a quelli dell'altro in guisa che risultino uguali gli angoli corrispondenti e proporzionali i lati corrispondenti. Due poliedri, aventi lo stesso numero di vertici e lo stesso numero di facce, si dicono simili se i vertici dell'uno si possono far corrispondere ordinatamente a quelli dell'altro, in guisa che risultino uguali gli angoloidi corrispondenti e simili le facce corrispondenti.

Queste definizioni sono sovrabbondanti, giacché delle uguaglianze di angoli o di angoloidi e delle proporzioni di segmenti, che sono richieste da esse, basta sussistano alcune, perché risultino soddisfatte, per conseguenza, anche le altre. Così, ad es., nel caso dei triangoli valgono i seguenti criterî di similitudine: per assicurarsi che due triangoli ABC, ABC′ (in cui si prendano i vertici nell'ordine indicato) sono simili, basta verificare che sono uguali due angoli corrispondenti A e A′ e proporzionali le due coppie di lati AB, AC e AB, AC′, che li comprendono; oppure sono proporzionali le tre coppie di lati corrispondenti AB e AB′, BC e BC′, CA e CA′; oppure sono uguali le tre coppie di angoli corrispondenti A e A, B e B, C e C′ (e anzi basta, notoriamente, l'uguaglianza degli angoli di due di codeste coppie, perché risultino uguali anche quelli della terza).

2. Per estendere la relazione di similitudine dal caso elementare dei poligoni e dei poliedri a quello di due figure a contorno qualsiasi è necessario concepirla come una corrispondenza (v.) fra tutti i singoli punti di una delle due figure e tutti i singoli punti dell'altra. Due figure si dicono simili, se è possibile stabilire fra i punti dell'una e quelli dell'altra una corrispondenza biunivoca (cioè univoca in entrambi i sensi), tale che sia costante il rapporto tra un qualsiasi segmento di una delle due figure e il corrispondente segmento dell'altra. Questa definizione comprende le definizioni elementari date poc'anzi per i poligoni e i poliedri, giacché dalla proporzionalità di tutti i segmenti di una delle due figure ai corrispondenti segmenti dell'altra si deduce che gli angoli e gli angoloidi corrispondenti sono uguali. Si dimostra, inoltre, che sono proporzionali le aree, come pure i volumi corrispondenti; e, più precisamente, se è λ il rapporto dei segmenti omologhi (rapporto di similitudine), sono λ2 e λ3 i rapporti fra le aree e, rispettivamente, fra i volumi omologhi.

3. La nozione di figure simili risale ai primordî della geometria; e taluno ha creduto di poter ravvisare qualche vago riflesso di tale nozione in certe norme costruttive uniformi, seguite dagli antichi egiziani nelle loro opere monumentali, in particolare nella costruzione delle piramidi. Certo è che già in Ippocrate da Chio (circa 440 a. C.) si trovano i primi rudimenti di una teoria della similitudine, la quate si evolve ulteriormente in Archita da Taranto (430-365 a. C.) e in Platone (429-348 a. C.), finché, limitatamente al piano, raggiunge il suo assetto sistematico, sulla base della teoria delle proporzioni di Eudosso da Cnido, per opera di Euclide. A essa è dedicato il libro VI degli Elementi, dove la definizione 1 è precisamente la definizione sovrabbondante di poligoni simili indicata al principio di questa voce.

Invece la nozione di similitudine come corrispondenza biunivoca fra i punti del piano o dello spazio è del tutto moderna e si riconnette agli sviluppi della geometria proiettiva (v. geometria, n. 18), i quali hanno condotto a riconoscere nelle similitudini un caso particolare metrico delle corrispondenze proiettive puntuali o collineazioni.

4. Ogni similitudine fra due piani è una collineazione, che fa corrispondere alla retta impropria dell'uno la retta impropria dell'altro e alla involuzione assoluta della prima retta impropria la involuzione assoluta della seconda, il che si può anche enunciare più semplicemente dicendo che in una tale collineazione a rette parallele corrispondono rette parallele, a rette ortogonali rette ortogonali. Analogamente nello spazio.

In una similitudine fra due piani, non soltanto a ogni angolo corrisponde un angolo uguale, ma, ove gli angoli si considerino orientati (cioè i raggi interni a ogni angolo si pensino nel loro ordine naturale dal primo lato al secondo), ad angoli di verso concorde, o discorde, corrispondono angoli pur essi di verso concorde o, rispettivamente, discorde. Di qui consegue che, se i due piani sono sovrapposti, e due angoli corrispondenti hanno verso concorde, oppure discorde, anche ogni altra coppia di angoli corrispondenti presenta versi concordi o, rispettivamente, discordi. Nel primo caso la similitudine si dice diretta, nel secondo inversa.

Come caso particolare della similitudine fra piani sovrapposti si ha l'omotetia, caratterizzata dalla duplice proprietà che esiste un punto unito, cioè corrispondente a sé stesso (centro dell'omotetia) e che tutte le coppie di punti corrispondenti sono allineate col centro (e anzi basta che ciò accada per una coppia di punti corrispondenti, perché altrettanto succeda per tutte le altre). Le omotetie piane sono tutte similitudini dirette; e ogni similitudine fra piani sovrapposti si può generare, combinando una omotetia con un movimento rigido di un piano sull'altro, oppure col ribaltamento di uno dei piani, intorno a una sua retta, sull'altro, secondo che la similitudine è diretta o inversa.

Anche le similitudini dello spazio si distinguono in dirette e inverse, secondo che conservano o no i versi (elicoidali) delle figure. E anche nello spazio si hanno come casi particolari delle similitudini le omotetie, caratterizzate dalle stesse due proprietà indicate nel caso del piano; ma qui le omotetie sono dirette o inverse, secondo che le coppie di punti corrispondenti giacciono, sulle loro congiungenti, dalla stessa parte del centro o da parti opposte. Ogni similitudine spaziale si può generare con un movimento rigido, seguito da una omotetia.

Meccanica.

5. La teoria della similitudine meccanica, di cui Newton ha posto i fondamenti, persegue tra i suoi scopi principali l'idea di sviluppare procedimenti sistematici adatti allo studio in piccola scala dei fenomeni che sfuggono direttamente ai calcoli. È così che, traverso i concetti della similitudine meccanica, si affrontano oggi questioni tecniche di primissimo ordine riguardanti la possibilità di prevedere con sufficiente approssimazione ciò che accadrà in condizioni di normale grandezza quando a una nave o a un aereo si sostituisca un modello.

Procedimenti siffatti che sono oggi fondamentali nelle esperienze navali e aerodinamiche, se pure non raggiungono quel grado di rigore che è desiderio costante degli studiosi di scienza, hanno condotto a risultati grandiosi sulla base dei quali la navigazione ha realizzato progressi veramente inaspettati. Si può dunque dire che la similitudine meccanica ha istituito il più felice e prezioso connubio tra teoria ed esperienza come quel procedimento che permette, traverso il metodo dei modelli, di prevedere e valutare le varie circostanze che si verificano in un qualsiasi fenomeno meccanico e, più generalmente, fisico.

Nella scienza navale la prima applicazione veramente notevole della similitudine è dovuta a William Froude, il quale, intorno al 1870, creò a Torquay la prima vasca per esperienze con modelli.

L'importanza di questo metodo sperimentale è andata crescendo, così che vasche di prova sempre più perfezionate si costruiscono per la realizzazione dei più raffinati scopi tecnici. A Roma, nei pressi della basilica di S. Paolo, è stata costruita dal 1929 una vasca grandiosa la cui capacità è di m3. 18.000; di sezione trapezoidale, lunga m. 275, larga alla sommità m. 12,50 e al fondo m. 70,60, profonda m. 6,50.

Uno dei principali problemi da risolvere nella vasca di prova consiste nella ricerca della carena della nave che, alla velocità che si vuol raggiungere, offra la minima resistenza al moto.

Risulterà dalle considerazioni teoriche che seguiranno quale debba essere la resistenza del modello affinché sia possibile passare, traverso una conveniente legge di similitudine, alla resistenza che incontrerà la nave. Ma, come già si è avvertito, non sarà lecito attribuire al risultato un valore definitivo, poiché è necessario decomporre la resistenza in quella (d'onda) dovuta alla formazione del moto ondoso generato dalla nave e in quella (d'attrito) dovuta all'attrito dell'acqua sulla superficie.

Questa seconda resistenza, a differenza della prima, non può essere calcolata applicando solo la teoria della similitudine.

Non meno interessanti sono i procedimenti della moderna aerodinamica sperimentale. La similitudine meccanica permette anche qui di interpretare le esperienze eseguite su modelli, le quali si prestano a mettere in evidenza la reciproca influenza (induzione aerodinamica) che ciascuno dei varî organi di un congegno meccanico determina sugli altri. Tenendo conto delle cause perturbatrici preponderanti, si riuscirà, caso per caso, a interpretare, in modo conforme alle esigenze, i risultati delle esperienze sui modelli.

6. Per potere dare un cenno della teoria della similitudine meccanica, occorre qualche premessa di analisi dimensionale. Per misurare le grandezze è necessario stabilire un sistema di unità (v. unità, sistemi di) che risulta individuato quando si assegnino le grandezze fondamentali o primitive, e, fra queste, quelle particolari grandezze che s'intende di assumere come unitarie.

Ad es., in meccanica, nei cosiddetti sistemi assoluti di unità, sono primitive le lunghezze, i tempi, le masse, mentre le unità variano da sistema a sistema. Nel particolare sistema C.G.S., l'unità delle lunghezze è il centimetro, l'unità di tempo è il minuto secondo di tempo solare medio, l'unità di massa il grammo-massa.

Se Q è una grandezza meccanica riferita a un sistema assoluto di unità, l'equazione simbolica

usata dal Maxwell, esprime che Q è omogenea di grado n1 rispetto alle lunghezze, di grado n2 rispetto ai tempi e di grado n3 rispetto alle masse. I numeri n1, n2, n3, di cui taluno può essere nullo, si dicono le dimensioni della grandezza Q, rispetto al sistema adottato, mentre l'equazione simbolica del Maxwell si dice la sua equazione delle dimensioni o dimensionale (v. dimensioni delle grandezze fisiche, App.). Se le dimensioni sono tutte nulle, la grandezza è un numero. Tale è, per es., un angolo.

La considerazione delle dimensioni permette di valutare come vari la misura di una grandezza quando questa si riferisca a un diverso sistema di unità. Indichiamo con L0 T0, M0 le unità di un sistema assoluto che denotiamo con S0. Se si assumono come nuove unità L1, T1, M1 rispettivamente le primitive divise per certi numeri λ, τ, μ, si ha:

Sia allora q0 la misura di Q nel sistema S0, talché

Esprimendo il secondo membro in termini di L1, T1, M1, si ha:

da cui si ricava che la misura q1 di Q nel nuovo sistema, che indichiamo con S1, è:

Il coefficiente

per cui bisogna moltiplicare la misura q0 rispetto ad S0 per avere la misura q1 rispetto ad S1 si dice il coefficiente di riduzione di Q.

Ricordando, p. es., che l'equazione delle dimensioni di una forza e

si ricava il coefficiente di riduzione

Siano ora:

i coefficienti di riduzione di tre grandezze Q1, Q2, Q3.

Se essi sono algebricamente indipendenti, le Q si dicono dimensionalmente indipendenti; e affinché ciò si verifichi è necessario e sufficiente che il determinante delle dimensioni

sia diverso da zero.

Una terna di grandezze dimensionalmente indipendenti, importante nelle ricerche aerodinamiche, è costituita da lunghezze, velocità e densità (Jouguet).

Importa osservare che si possono assumere come primitive tre grandezze qualunque, dimensionalmente indipendenti. Così, p. es., indicando con L, V, D i simboli delle grandezze nel sistema di Jouguet, si trova che l'equazione delle dimensioni di una forza è:

mentre quella di una pressione unitaria è:

Adottando una locuzione introdotta da M. Weber, si chiamano numeri caratteristici (Kennzahlen) di un fenomeno i numeri della forma

dove le αh, βh, γh, sono le dimensioni delle singole Qh in un sistema di unità di cui Q1, Q2, Q3 siano i simboli delle grandezze primitive, e le Qh denotano tutte le varie grandezze che intervengono nel fenomeno.

7. Assunte come grandezze primitive le lunghezze, i tempi, le masse, possiamo stabilire il concetto di similitudine meccanica; e cominciamo da quello di similitudine cinematica.

Si considerino due sistemi di punti Σ e Σ′, l'uno e l'altro in moto, e s'immagini che ciascuno dei due sistemi sia considerato, durante il suo moto, con riferimento a un particolare osservatore (il quale matematicamente sarà sostituito da una terna di coordinate cartesiane).

Siano allora (t0, t1) e (t0′, t1′) gl'intervalli di tempo, in cui si prendono in considerazione un moto ???&out;m di Σ e un moto ???&out;m′ di Σ′ e si istituisca una corrispondenza tra gli istanti t e t′ di quei due intervalli, a norma dell'equazione

essendo

I moti ???&out;m e ???&out;m′ siano riferiti a una stessa terna Ωξηζ.

Ciò posto, si dice che i due sistemi Σ e Σ′ sono cinematicamente simili, se è possibile determinare due terne T e T′, entrambe in quiete rispetto a Ωξηζ, tali che le figure

siano geometricamente simili (n. 2) per ogni coppia di istantí omologhi t, t′, e che inoltre il corrispondente rapporto λ di similitudine geometrica sia indipendente da t (e quindi da t′). Da questa definizione segue che le traiettorie di due punti omologhi P, P′ quali si vogliano dei due sistemi, riferite rispettivamente alle terne T, T′, sono geometricamente simili. Inoltre in istanti omologhi, le velocità e le accelerazioni di P, P′ hanno la stessa orientazione rispetto alle corrispondenti terne T, T′, mentre le loro intensità stanno fra loro rispettivamente nei rapporti costanti λτ-1, λτ-2.

8. Si aggiunga l'ipotesi che i due sistemi Σ e Σ ′ siano entrambi costituiti di punti materiali. I due sistemi si dicono materialmente simili, se è possibile istituire una corrispondenza biunivoca tra le loro particelle, tale che le masse di queste stiano fra loro in un rapporto costante μ. Se Σ, Σ ′ sono geometricamente simili, basterà costruire le particelle omolooghe dello stesso materiale per realizzare la similitudine materiale.

Dopo ciò, immaginando come al n. prec., che i due sistemi Σ e Σ ′ siano entrambi in moto, si dice che essi sono meccanicamente simili se è possibile istituire una corrispondenza biunivoca tra i punti di Σ e Σ ′ e tra gli istanti dei due intervalli di tempo in cui si considerano rispettivamente il moto di Σ e quello di Σ ′ tale che Σ e Σ ′ presentino simultaneamente similitudine materiale e cinematica.

9. Un modello in piccola scala ω di una macchina Ω, costruito in ogni sua parte con lo stesso materiale della corrispondente parte di Ω, sarà im sistema materialmente simile ad Ω. Per analizzare il funzionamento della macchina basterà porre in azione il modello in modo da realizzare la similitudine meccanica; e allora, ricorrendo al rispettivo rapporto di similitudine, si potrà ricavare da ogni grandezza meccanica misurata direttamente sul modello, il valore della stessa grandezza per la macchina. Ma la realizzazione della similitudine meccanica presenta notevoli difficoltà dovute soprattutto, come intuì genialmente il Galilei, al diverso comportamento delle resistenze passive nel modello e nella macchina.

Va quindi discussa caso per caso e condotta sulla base di appropriatí procedimenti tecnici. Ma prima di analizzare più da vicino questo problema in qualche caso maggiormente interessante, occorre stabilire una equazione che risale al Newton.

Se m e m′ sono le masse delle particelle P e P′ corrispondentisi in due sistemi Σ e Σ ′ meccanicamente simili e se F e F ′ sono le forze totali che sollecitano m e m′, si sa che

essendo a, a′ le accelerazioni di P, P′. Di qui, in forza della similitudine meccanica, segue che le intensità delle forze omologhe, in istanti omologhi, stanno fra loro nel rapporto costante ϕ dato da

È questa un'equazione che si potrebbe dire di similitudine rispetto alle forze, e che pone in relazione fra loro i quattro rapporti relativi alle lunghezze, ai tempi, alle masse e alle forze, in condizioni di similitudine meccanica. Quando tre di quei rapporti siano assegnati, il quarto resta determinato.

È chiaro che un'analoga equazione di similitudine varrà rispetto a ogni grandezza meccanica; e intercederà tra il rapporto di similitudine che a essa si riferisce e i rapporti fondamentali λ, τ, μ.

10. Al Newton è anche dovuto un notevole criterio per accertare la similitudine meccanica di due sistemi materiali Σ, Σ ′. Si supponga che i due sistemi siano materialmente simili e μ sia il rapporto delle masse omologhe. Si riferiscano i due sistemi Σ, Σ ′ in moto a una terna Ωξηζ e si ammetta che esistano due terne T, T′, fisse ríspetto a Ωξηζ, rispetto alle quali siano soddisfatte le seguenti condizioni:

a) la configurazione assunta da (Σ, T) in un istante t0 sia geometricamente simile a quella che (Σ, Σ ′) assume ín un ístante t0′, generalmeme diverso da t0;

b) le velocità dei punti omologhi di Σ e Σ ′ negli istanti t0 e t0′ siano egualmente orientate rispetto ai triedri T e T′ e le loro intensità stiano fra loro in un rapporto ν;

c) istituita una corrispondenza tra gli istanti t, t′ tale che

dove sia τ = λν-1, mentre λ, ν denotano i rapporti iniziali delle lunghezze e velocità omologhe, le forze totali omologhe F, F′ negli istanti omologhi t, t′, siano egualmente orientate rispetto ai triedri T e T′ e le loro intensità stiano fra loro nel rapporto ϕ = λτ-2μ.

Sussiste allora la similitudine meccanica. È di Bertrand (1848) un notevole perfezionamento del criterio newtoniano. La similitudine meccanica, dimostra il Bertrand, sussiste se si sostituiscono alle forze totali omologhe le sole forze direttamente applicate. È lecito dunque escludere le reazioni provenienti dai vincoli. Ma poiché l'estensione del Bertrand si fonda essenzialmente sul principio dei lavori virtuali, il criterio è applicabile solo nel caso ideale dei sistemi a vincoli privi di attrito.

11. Veniamo ora all'applicazione delle equazioni di similitudine al metodo dei modelli. Sia ω un modello della macchina Ω e siano λ, μ i rapporti di similitudine geometrica e materiale.

Per la realizzazione della similitudine meccanica occorrerà accertare anzitutto quella cinematica; ed è questa la maggiore difficoltà da superare, perché, quand'anche gli atti di moto iniziali presentassero la voluta similitudine, i sistemi si muovono negli intervalli di tempo ulteriori nel modo imposto dalle circostanze fisiche. Ma vediamo come talvolta, prescindendo da qualche circostanza complicatrice, si possa superare la difficoltà.

Supponiamo che tra le forze agenti sul modello ω e sulla macchina Ω agiscano in modo essenziale i pesi. Questi sono proporzionali ai volumi per l'ammessa similitudine materiale; e allora, nell'ipotesi che tutte le forze omologhe agenti su Ω e ω stiano fra loro nello stesso rapporto λ3 dei pesi, segue, dall'equazione di similitudine rispetto alle forze, che

Basta osservare, per giustificare ciò, che ritenendo l'accelerazione della gravità g invariabile, si ha:

Dunque, perché sia possibile la similitudine meccanica è necessario che il rapporto dei tempi sia la radice quadrata del rapporto di similitudine geometrica. Ne segue che il coefficiente di riduzione

di una qualsiasi grandezza meccanica Q diventa

e si ha così la seguente regola del Newton: sotto l'ipotesi che le forze omologhe agenti sulla macchina e sul modello stiano fra loro nel rapporto λ3, in condizioni di similitudine meccanica, la misura di una grandezza meccanica Q di dimensioni n1, n2, n3, relativa alla macchina, si determinerà da quella relativa al modello applicando la formula

Questa regola è applicabile, per es., a due pendoli semplici oscillanti nel vuoto. Prescindendo dagli attriti, le sole forze direttamente applicate sono i pesi e si trova quindi che le durate di oscillazione di due pendoli simili stanno fra loro come le radici quadrate delle rispettive lunghezze.

12. Quando si voglia tener conto della resistenza dell'aria e si ammetta la legge lineare (resistenza viscosa), la regola del Newton non è applicabile, perché, essendo le resistenze proporzionali all'area investita e alla velocità, il corrispondente rapporto è λ5/2 e non λ3 come si richiede per l'applicazione della regola. Se invece si ammette che la resistenza sia proporzionale al quadrato della velocità (resistenza idraulica), l'ipotesi richiesta è soddisfatta.

Vediamo a quale risultato conduca la regola del Newton quando si prenda in considerazione la resistenza che incontra la nave in moto.

Ammettiamo perciò che le resistenze R ed r della nave e del modello, in condizioni di similitudine meccanica, siano legate dalla relazione

Le velocità V e v dovranno allora essere tali che

Si ha così la regola di Froude: se nave e modello, in condizioni di similitudine meccanica, si muovono con velocità che stanno fra loro come le radici quadrate delle lunghezze omologhe, le resistenze al moto variano come i cubi delle lunghezze medesime. Come già si avvertì, si parla qui di resistenze d'onda e non di attrito.

13. Se si assumono come grandezze primitive le lunghezze, velocità e densità si è già visto che l'equazione delle dimensioni di una forza è

e allora l'equazione di similitudine rispetto alle forze assume l'aspetto

Per l'applicazione di questa equazione alle resistenze, che un solido incontra quando si muova in un fluido, i rapporti λ, ν, ρ non si potranno considerare indipendenti l'uno dall'altro, perché bisognerà tener conto delle varie circostanze fisiche che si presentano nel fenomeno. Così bisognerà, per es., tener conto della gravità, della compressibilità del fluido nel caso dei gas; inoltre esperienze oggi fondamentali, istituite per i bisogni dell'aeronautica, hanno posto in evidenza l'influenza essenziale della viscosità del fluido sulla resistenza.

Il Reynolds ha dimostrato la seguente regola: a parità di densità e viscosità, in condizioni di similitudine meccanica, le velocità dei sistemi stanno fra loro in ragione inversa delle lunghezze omologhe. Ciò val quanto dire che le esperienze sul modello debbono essere eseguite a velocità tante volte più grandi, quante volte il modello è più piccolo del vero.

14. Sul concetto di similitudine meccanica e sulla teoria che a esso si riattacca getta viva luce un teorema dovuto a Riabucinski, successivamente esteso dal Buckingham.

Il primo di questi meccanici presenta il teorema attraverso il cosiddetto metodo delle dimensioni nulle, il quale, secondo T. Levi-Civita, si deve riguardare come un corollario e un perfezionamento algoritmico della legge di omogeneità. In realtà però il teorema non solo sussiste nell'ambito delle leggi meccaniche, ma, come hanno mostrato il Buckingham e già prima di lui, in casi particolari, lord Rayleigh, permette di realizzare una teoria della similitudine nel campo di tutta la fisica, assumendo così una portata universale.

Si può dire, con G. De Marchi, che il teorema di Riabucinski-Buckingham riassuma le condizioni necessarie e sufficienti per la realizzazione della similitudine meccanica o, più generalmente, fisica. Esso deve essere riguardato come il nocciolo della teoria della similitudine e del metodo dei modelli fisici e meccanici.

Vediamo come si possa giungere alla sua formulazione. Supponiamo che una grandezza meccanica (o fisica) di misura q si possa esprimere mediante le misure q1, ..., qn di altre grandezze fisiche e mediante numeri che indicheremo genericamente con r

Se tre delle n grandezze, per es., q1, q2, q3, sono dimensionalmente indipendenti, le misure delle altre n − 3 saranno esprimibili come prodotti di numeri r′ per potenze di q1, q2, q3, talché la f assume l'aspetto

Ma per la triplice omogeneità di q rispetto a q1, q2, q3, se α, β γ sono le dimensioni di q rispetto a quelle grandezze, dovrà essere

Se poi delle n misure q1, ..., qn solo due sono indipendenti o una sola, i fattori del numero ϕ si riducono a due o uno. Il teorema di Riabucinski consiste appunto nell'affermare la possibilità di ridurre la legge del fenomeno all'espressione or ora stabilita, la quale permette spesso una caratterizzazione esauriente delle relazioni che possono intercedere tra le grandezze meccaniche che intervengono nel fenomeno.

Ecco ora quali relazioni istituisca il teorema tra la similitudine e il metodo dei modelli. Indicati ancora con ω e Ω il modello e la macchina, siano Qh (h = 1, ..., n) n grandezze meccaniche, e siano qh, qh′ (h = 1, ..., n) rispettivamente le misure delle Q rilevate su ω ed Ω rispetto a una terna di grandezze dimensionalmente indipendenti (p. es., lunghezze, tempi, masse). Le q′ si possono dedurre dalle q, moltiplicandole per i rispettivi coefficienti di riduzione.

Ora si immagini di tener fisse bensì le grandezze primitive, ma di misurare le q′, relative a ω, con riferimento a una nuova terna di unità scelta in modo che rispetto a essa ognuna delle q′ sia espressa dallo stesso numero che misura la corrispondente q su Ω, rispetto alla terna adottata dapprima. Ne viene che il fenomeno analizzato con riferimento ad ω e Ω è espresso dalla stessa equazione, dedotta applicando il teorema di Riabucinski, con gli stessi valori numerici delle variabili e dei coefficienti. Ma il cambiamento di unità non influisce sui numeri caratteristici; quindi i valori stessi dovranno essere identici originariamente per ω ed Ω.

Le considerazioni fatte ci permettono così di affermare che per la realizzazione della similitudine meccanica è necessario e sufficiente che si possa introdurre un tale sistema di unità che le varie grandezze meccaniche del fenomeno siano misurate dagli stessi numeri sia nel modello sia nella macchina.

Bibl.: Per la similiutdine geometrica, dal punto di vista elementare, oltre gli usuali trattati di geometria per le scuole medie: G. Scorza, Complementi di Geometria, I, Bari 1914; E. Veneroni, Le similitudini, Livorno 1916. Per il punto di vista proiettivo, v., ad es., F. Enriques, Lezioni di Geometria proiettiva, 4ª ed., Bologna 1920. Per la similitudine meccanica: T. Levi-Civita e U. Amaldi, Lezioni di meccanica razionale, I, Bologna 1930; G. De Marchi, Similitudine, omogeneità e modelli, confer. tenuta al seminario mat. e fis. del R. Politecnico di Milano, 1935.

TAG

Teoria della similitudine

Analisi dimensionale

Grandezze meccaniche

Metodo sperimentale

Archita da taranto