CORLEO, Simone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 29 (1983)

CORLEO, Simone

Alfredo Li Vecchi

Nato a Salemi (Trapani) il 2 nov. 1823 da Gaetano e Antonina Oliveri, studiò dapprima nel collegio dei gesuiti di Salemi e poi, dal novembre del 1834, nel seminario vescovile di Mazara, che rappresentava in quegli anni un centro della cultura liberale cattolica siciliana. Completati gli studi superiori, si iscrisse all'università di Palermo, nella facoltà di medicina, anche se il suo maggiore interesse continuava a rivolgersi, come negli anni trascorsi a Mazara, alla speculazione filosofica, che egli però ben conciliava con gli studi di carattere scientifico e matematico. Ciò grazie alla sua concezione della filosofia come metodo generale di studio e di interpretazione che egli avrebbe in seguito definito, ma che già in quegli anni andava concependo, scrivendo anche in proposito qualche saggio (Meditazioni filosofiche, Palermo 1844).

All'attività di studio il C. accompagnava una intensa attività politica. Liberale convinto, si entusiasmò per la rivoluzione del '48, in occasione della quale scrisse un Progetto per una adeguata costituzione siciliana (Palermo 1848), nel quale auspicava la rottura della dipendenza della Sicilia da Napoli mediante la costituzione in Stato indipendente e sovrano, affidandone la corona al secondogenito dei Borbone o creando una repubblica costituzionale.

Il Progetto affrontava però soprattutto gli indirizzi sociali ed economici che avrebbero dovuto seguire i governi costituzionali per risolvere i problemi dell'arretratezza della Sicilia, sia nel settore agricolo sia in quello industriale. Persuaso che i lunghi affitti di interi feudi, che caratterizzavano l'economia agraria siciliana, non consentivano né incoraggiavano investimenti e migliorie di alcun genere, il C. proponeva la censuazione dei latifondi ecclesiastici e baronali e la concessione dell'utile dominio ai diretti coltivatori, che avrebbero così avuto un incentivo a dedicare maggiori cure ai fondi loro affidati. I proprietari ne avrebbero tratto canoni perpetui e i lavoratori, invogliati dai lunghi affitti e sostenuti da un'opportuna organizzazione creditizia, avrebbero avuto interesse ad intraprendere opere di bonifica e ad introdurre le più moderne tecniche agricole, per diffondere le quali proponeva anche la creazione in tutti i comuni di scuole in cui si insegnasse la scienza agricola".

Fallita la rivoluzione del '48, il C., conseguita un anno dopo la laurea in medicina sebbene nello stesso anno avesse abbandonato la vita ecclesiastica, tornò al seminario di Mazara ad insegnarvi filosofia, algebra e geometria, dando inizio all'attività di insegnante che non avrebbe abbandonato per tutta la vita. In seguito avrebbe insegnato a Palermo, nei convitti "Vittorino" e "Stesicoro", sviluppando contemporaneamente un'intensa e proficua attività di studio e di ricerca nel campo scientifico e filosofico.

La rivoluzione del '60 lo richiamò alla vita politica, che aveva dovuto trascurare dopo il '48 per la sorveglianza della polizia. Scoppiata la rivolta palermitana della Gangia (4 apr. 1860), il C. costituì e presiedette il comitato rivoluzionario di Salemi ed ebbe una parte notevole nell'organizzazione degli aiuti e delle iniziative che accompagnarono la marcia vittoriosa di Garibaldi verso Palermo. La fortunata impresa garibaldina offrì al C. l'occasione per presentare il suo progetto di censuazione dei beni ecclesiastici: egli infatti nell'agosto del 1860 propose e fece approvare dal Consiglio civico di Salemi la forzosa enfiteusi dei latifondi ecclesiastici esistenti in quel comune, provocando e ispirando il decreto del prodittatore A. Mordini del 18 ott. 1860, col quale si ordinò la censuazione in tutta la Sicilia dei fondi rurali ed urbani posseduti dalle corporazioni e dagli enti ecclesiastici. Il decreto non fu però mai applicato e così il C., eletto deputato del collegio di Calatafimi, presentò alla Camera un progetto di legge - che fu il primo progetto d'iniziativa parlamentare discusso dal Parlamento italiano - per l'eversione dell'asse ecclesiastico siciliano mediante la concessione in enfiteusi di tutti i beni rurali posseduti da corporazioni ed enti ecclesiastici esistenti in Sicilia. Approvata, non senza modifiche e difficoltà, la relativa legge, gli fu affidato dal governo l'incarico di sovrintendere alle complesse operazioni di censuazione.

Portò a termine l'impresa in dieci anni, affrontando notevoli difficoltà sia per gli ostacoli frapposti dalle autorità e dagli enti ecclesiastici sia per gli infiniti problemi giuridici e amministrativi che si incontrarono ad ogni stadio della difficile operazione. I terreni da distribuire ammontavano a circa 190.000 ettari, divisi tra ben 1.436 enti ecclesiastici, con rapporti di comproprietà, di condominio, di affidamento., di affitto, estremamente vari e complessi. Di tutto ciò il C. fornì una dettagliata e documentata descrizione nella Storia della enfiteusi dei terreni ecclesiastici di Sicilia (Palermo 1871, ora riedito a cura di A. Li Vecchi, Caltanissetta-Roma 1977), nella quale, oltre a narrare le vicende che avevano portato alla legge e le operazioni che ne erano seguite, egli discorse sulle condizioni storiche della proprietà ecclesiastica di Sicilia e sull'economia agraria che aveva caratterizzato per secoli la conduzione di decine di migliaia di ettari di terreni ecclesiastici. Convinto di aver compiuto un'opera meritoria e di aver portato a termine in modo onesto il compito affidatogli, il C. reagì con articoli e saggi estremamente polemici alle accuse che gli furono rivolte, soprattutto da S. Sonnino, di avere favorito con la sua legge e col sistema delle aste, adoperato per le concessioni enfiteutiche, i grossi proprietari, nelle cui mani si sarebbe concentrata la maggior parte delle terre ecclesiastiche. Tale polemica consentì un ulteriore approfondimento del problema del latifondo siciliano e diede occasione al C. per riproporre alcune delle osservazioni accennate nel Progetto del '48. L'esperienza aveva dimostrato che il problema fondamentale dell'economia agraria siciliana restava quello di popolare le campagne, perché "non basta promuovere la piccola coltura ove le condizioni locali lo consentono, non basta restringere a più eque proporzioni la grande coltura siciliana dividendo i troppo estesi latifondi in stacchi più adeguati e più consentanei alla stessa natura del suolo ed alle locali condizioni, con casamenti e stalle in vari punti, per farne tanti affitti separati e di durata più lunga; ma è d'uopo popolare di famiglie di contadini tanto i piccoli quanto i grandi fondi così suddivisi, ed è d'uopo cointeressare i medesimi al miglioramento della proprietà mettendoli in più stabile e più larga partecipazione del prodotto con le lunghe affittanze e con le mezzadrie di famiglie, che sono appunto i due contratti che han tanto migliorato le campagne della Lombardia e quelle della Toscana" (La distribuzione delle terre... in Sicilia, in Giorn. d. sc. nat. ed ec., XIII (1876-77), pp. 85 s.).

La rinascita economica della Sicilia costituì l'oggetto più caratteristico e costante del suo impegno politico e culturale; deputato dal 1861 al 1864 e ancora dal 1882 al 1886, il C. partecipò intensamente alla vita politica, intervenendo nei dibattiti parlamentari e nelle discussioni e nelle polemiche sulle questioni più diverse.

Ai diversi problemi portò sempre il contributo di moderazione e di onestà intellettuale di un liberale autentico: si occupò dei problemi dell'organizzazione scolastica, sia a livello universitario sia a livello medio ed elementare, attento a difendere e rivendicare la libertà d'insegnamento anche nei confronti dello Stato; si interessò dei rapporti tra Stato e Chiesa, prospettando soluzioni che, attraverso la soppressione di "ogni ragione di continuo contatto e d'ingerenza dell'uno sull'altra in tutti i singoli casi", realizzassero effettivamente e senza pericolose eccezioni la formula cavouriana di "libera Chiesa in libero Stato". Ma furono soprattutto le questioni economiche e sociali da cui dipendevano il benessere e le possibilità di sviluppo dell'isola che gli stettero a cuore. In particolare si occupò dei problemi fiscali, preoccupato dalle conseguenze che una politica fiscale indiscriminata poteva avere sulle zone ad agricoltura arretrata, come la Sicilia, nelle quali già scarsi erano gli investimenti agricoli e più scarsi sarebbero divenuti con la realizzazione della perequazione fondiaria tra le varie regioni. Era pericoloso e ingiusto, sosteneva il C., aggravare l'imposta fondiaria indiscriminatamente sui terreni già bonificati e su quelli in via di miglioramento nel momento particolarmente delicato che attraversava l'economia meridionale. "Quando si è appena usciti da un'epoca feudale e dalla manomorta territoriale; quando la nuova divisione della proprietà non è ancora rassettata; quando si è nel cominciamento delle bonifiche coi novelli, più razionali, e sempre in principio più dispendiosi metodi, non si è nel tempo opportuno per bandire leggi di estimo generale all'oggetto di farne base di tassazione. Molto meno è opportuno stabilire per legge che si verrà a certi periodi, a ventenni, a trentenni, a rivederne le nuove migliorie per tassarle ugualmente. È lo stesso che dire: astenetevi dal migliorare la terra, imperciocché lo Stato vi sarà sempre addosso co' suoi agenti" (Sul riordinamento dell'imposta fondiaria, in Rass. di scienze soc. e pol. di Firenze, 15 apr. 1883; poi estr., Firenze 1883, pp. 16 s.). Altrettanto critico si mostra nei confronti dei dazi di consumo, che considerava, oltre che in se stessi contrari ai principi della libera concorrenza, anche esiziali per l'economia degli agricoltori siciliani e causa non secondaria della triste piaga dell'emigrazione. "La cagion prima della emigrazione in massa dei nostri contadini è la miseria. Bisognerebbe chiuder gli occhi per non vederla. I contadini sanno bene che nei luoghi ove si recano non vanno a trovare rose, sanno che vanno a trovarvi spine in abbondanza, perché di là vengono le lettere dei già emigrati ai loro parenti, ai loro amici. Meno alcuni industriali ed alcuni artigiani che vi trovano una posizione discreta, i contadini in massa dichiarano che sono soggetti a gravi patimenti. Pure preferiscono abbandonare la loro patria, i loro parenti, le loro relazioni, ed andare incontro a tante sofferenze, che essi credono sempre minori di quelle che incontrano qui, perché la campagna ad essi, sotto l'attuale sistema di tributi, non rende affatto e si muoiono di fame. Questa è la dolorosa verità" (I dazi di consumo nella presente crisi e la libera concorrenza, ibid., 1889, fasc. 146; poi estr., Firenze 1889, p. 12).

Questo costante e generoso impegno politico non distrasse il C. dallo studio e dall'insegnamento. Nel 1864 fu nominato professore di filosofia morale nell'università di Palermo, della quale fu anche rettore dal 1883 al 1885, e fino alla morte si dedicò alla ricerca scientifica, pubblicando numerosi studi e saggi di vario argomento, dando vita alla rassegna La Filosofia, fondando presso l'istituto di fisiologia dell'università di Palermo il laboratorio di psicologia sperimentale che fu tra i primi d'Italia, cercando in ogni modo di realizzare quella sintesi metodologica tra discipline filosofiche e scientifiche che sin dalla giovinezza aveva perseguito. La filosofia per il C. "comprende entro di sé tutte le altre scienze, insieme le coordina, le dirige nel loro scopo, nel loro metodo, nei loro oggetti, ed armonizza tutto ciò che potrebbe apparire diverso tra i vari rami del sapere" (Filosofia universale, I, Palermo 1860, p. 4).

La Filosofia universale, pubbl. in due volumi tra il 1860 e il 1863 e ripubblicata poi con modifiche non sostanziali a Roma nel 1879 (Il sistema della filosofia universale ovvero la filosofia della identità), rappresenta un poderoso trattato, meditato per diciotto anni, nel quale il C., muovendo da premesse in parte originali, in parte di varia derivazione, affronta ogni aspetto della vita del pensiero, dalla "noologia", com'egli definisce la scienza del pensiero, all'algebra logica, che ne rappresenta la conseguenza, dall'ontologia alla teologia, dalla cosmologia all'antropologia. Alla base della sua speculazione sta il "principio di identità", attraverso il quale egli si sforza di definire il ruolo della filosofia come momento di sintesi logica di ogni forma di conoscenza e di scienza.

Morì a Palermo il 2 marzo 1891.

Oltre a quelle già citate, si ricordano Ricerche sulla natura dei creduti fluidi imponderabili, Palermo 1852; Ricerca sulla natura dell'innervazione, con applicazioni fisiologiche, patologiche e teratologiche, ibid. 1857; I doveri temporanei hanno origine, forza obbligatoria e durata dai doveri assoluti, ovvero della necessità del progresso in filosofia morale, ibid. 1863; Per la filosofia morale, ibid. 1865; Lettera al duca di Persigny sulla cessione di Roma, ibid. 1865; Tragedie ... seguite da discorsi politici e letterari, Torino 1869; I principi direttivi delle tasse italiane. Esame e proposte, in Giorn. di scienze natur. ed econ. di Palermo, X (1874), pp. 3-59; Due lettere al prof. Crudeli sulla libertà dell'insegnam. superiore, in Arch. di pedagogia e scienze affini (Palermo), I (1876), pp. 27-47; Come deve intendersi la libertà dell'insegnamento superiore e se lo Stato deve riserbarsi il diritto di concedere i diplomi di abilitazione per l'esercizio delle professioni di indole scientifica. Relazione al X Congresso pedagogico italiano, Palermo 1876; Sull'ordinamento della Pubblica Istruzione in Italia. Considerazioni e proposte, in Arch. di pedag. e scienze affini, III (1878), pp. 53-72, 112-138, 204-220; IV (1878), pp. 21-41, 135-160; VI (1879), pp. 3-35, 108-123, 153-163; Le abitudini intell. che derivano dal metodo intuitivo, Palermo 1880; La magistr. giudiziaria in Italia, in Rassegna di scienze sociali e politiche, febbraio 1884; L'insegnamento elementare in Italia, ibid., settembre 1884; Ilparlamentarismo presente e il futuro, ibid., settembre 1885; Collegio plurinominale o uninominale? Come poter disciplinare i partiti?, ibid., giugno 1886; Modificazioni alla legge elettorale, ibid., settembre 1886; Garibaldi e i Mille in Salemi, in Nuova Antologia, 1°maggio 1886, p. 5; Le origini diverse del socialismo cristiano antico e presente e del socialismo dottrinario odierno, in Rass. di scienze soc. e pol., novembre 1887; La politica ecclesiastica conveniente all'Italia, ibid., luglio 1887; Icriteri per una legge sulla istruzione superiore, ibid., agosto 1888; La demoralizzazione delle tasse, ibid., 15 novembre 1889; Le prime esperienze psicologiche fatte nel gabinetto di psicologia, in La Filosofia, I (1890), 3, pp. 246-49; Lezioni di filosofia morale, Palermo 1890-91.

Fonti e Bibl.: F. Orestano, Discorso commem. di S. C. pronunciato il 5 giugno 1910, in Gravialevia. Discorsi e scritti vari, I, Roma 1914, pp. 219 ss.; M. Fatta, Note critiche al sistema di S. C., Palermo 1912; F. Marino, La filos. dell'identità di S. C., Palermo 1920; G. Gentile, Le origini della filos. contemporanea in Italia, II, Messina 1921, pp. 221-240; E. Di Carlo, S. C., l'uomo e il filosofo, Palermo 1924; Id., Una polemicasu Roma capitale, in Rass. stor. del Risorg., XLIII (1956), pp. 318-321; F. Brancato, La Sicilia nelprimo ventennio del regno d'Italia, Bologna 1956, ad Indicem;E. Di Carlo, S. C. e l'impresa garibaldina del 1860, in La Sicilia dal 1849 al 1860, Atti del conv. sicil. di storia del Risorg., Trapani 1962, pp. 47-52; A. Li Vecchi, Introduzione a S. Corleo, Storia dell'enfiteusi dei terreni ecclesiastici di Sicilia, Caltanissetta-Roma 1977, pp. V-LXXXIII.

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