SALTARELLI, Simone

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

SALTARELLI, Simone

Mauro Ronzani

– Nacque a Firenze, nel 1262, da Guido (originario di Monte di Croce, castello già dei conti Guidi posto nella bassa Valdisieve); uno dei suoi fratelli fu il giurista Lapo, guelfo bianco fiorentino citato con disprezzo da Dante.

Nel 1281 entrò come frate nel convento domenicano di S. Maria Novella, e dopo gli anni di formazione insegnò negli studia della Provincia romana dell’Ordine (fu lector a Lucca nel 1288 e nel 1292 ad Arezzo). Particolarmente fitto fu il suo cursus honorum fra il 1298 e il 1316.

I capitoli provinciali di Pisa (1298) e Pistoia (1299) lo designarono rispettivamente predicatore generale e accompagnatore di Tolomeo da Lucca ‘definitore’ al Capitolo generale di Marsiglia (1300). Il 9 maggio 1299 era però a Roma (S. Maria sopra Minerva), e dal febbraio del 1300 fu priore di S. Maria Novella. Nel 1301 fu di nuovo lector a Lucca, e nel 1304 ‘socio’ del definitore per il capitolo generale di Genova del 1305. Almeno dal 1307 il ‘frate Simone fiorentino’ fu cappellanus et familiaris del cardinale Napoleone Orsini, sino al 1309 legato di Clemente V in Tuscia, Romagna e Marca trevigiana. Con Filippo da Pistoia (poi a sua volta priore provinciale), Saltarelli fu designato (settembre 1311) come uno dei magistri ordinis della Provincia romana per eleggere il nuovo maestro generale al Capitolo generale di Carcassonne (1312). Allo stesso periodo è lecito far risalire la sua nomina a procuratore generale dell’Ordine, attestata esplicitamente solo nel settembre 1314, allorché egli fu designato dal Capitolo provinciale di Siena a partecipare come definitore al successivo Capitolo generale di Bologna.

Da Giovanni XXII (appena eletto anche per impulso di Napoleone Orsini dopo la lunghissima vacanza durata dall’aprile 1314 al 5 settembre 1316) Saltarelli, che si trovava a Lione, fu subito nominato, il 7 settembre 1316, vescovo di Parma (sede vacante per la morte di Papiniano della Rovere) e consacrato dal cardinale Niccolò da Prato, domenicano. Subito autorizzato a lasciare la Curia, Saltarelli giunse però a Parma solo il 17 febbraio 1317 e cantò la prima messa solenne il 27 febbraio. Il governo vescovile di Saltarelli fu caratterizzato dalla ricerca della pacificazione cittadina.

Il Chronicon Parmense ricorda che il giorno di Natale del 1317, quando entrò in uso una nuova campana del palazzo comunale, Saltarelli dispose che ogni giorno, al momento dei tre rintocchi mattutini, ogni fedele recitasse un Pater Noster e un’Ave Maria, affinché la Vergine «conservasse la città di Parma in buona pace e in libertà, e (perciò) fu chiamata la campana della pace» (Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, a cura di G. Bonazzi, in RIS, IX, 9, 1902, p. 155).

Dopo il 1320 Saltarelli appoggiò il legato papale Bertrando del Poggetto nella sua azione antiviscontea in Emilia, ma nel 1323 consentì al trasferimento a Pisa, dove sostituì il confratello Oddone della Sala, da anni in aspro conflitto con il Comune e la Chiesa cittadina, rimosso-promosso al patriarcato di Alessandria. Il papa sbloccò così (con un decreto del 6 giugno) una situazione divenuta insostenibile; la diocesi di Parma fu affidata su indicazione del legato a Ugolino Rossi.

Ricevuto (6 luglio 1323) il pallio di metropolita dai tre cardinali diaconi Napoleone Orsini, Giacomo Stefaneschi e Luca Fieschi, Saltarelli restò ancora per un anno ad Avignone, inviando a Pisa nell’estate Taddeo de Costola, pievano di Corniglia, già suo vicario a Parma e il nipote ex fratre Tommaso di Bino, canonico di Firenze, che dopo una trattativa con gli emissari di Della Sala, prese possesso del palazzo arcivescovile il 26 ottobre 1323.

Successivamente (20 gennaio 1324) «per evitare ogni scandalo e zizzania che potessero sorgere fra il clero e il Comune pisano in occasione del sussidio richiesto al clero stesso dagli Anziani» (Pisa, Archivio storico diocesano, Mensa arcivescovile, 1, c. 395r), Taddeo autorizzò i chierici pisani a pagare le somme richieste dal Comune: era il primo annuncio dell’attitudine che il nuovo presule avrebbe dimostrato.

Solo la conclusione (18 giugno 1324, dopo lunghe e inutili trattative in Curia) della concomitante guerra tra Pisa e l’Aragona per il controllo della Sardegna spinse Saltarelli al trasferimento nella sua sede, munito (come il cardinale Orsini fece sapere a re Giacomo II) di un mandato del pontefice «ad tractandum et inveniendum» una qualche nuova soluzione diplomatica.

Attestato a Pisa dal 28 ottobre 1324, Saltarelli in effetti nei mesi successivi appoggiò il nuovo indirizzo politico-diplomatico, ostile a Castruccio e favorevole a un riavvicinamento a Firenze. Così nel marzo del 1325 il Comune inviò un’ambasceria a Firenze per manifestare l’intenzione di rafforzare l’intesa vigente fra le due città e per intercedere a favore dei parenti di Simone, allora sottoposti a procedimento; il 26 novembre 1326 in effetti, grazie anche all’intervento del legato Orsini e in considerazione della persona dell’arcivescovo pisano, fu revocata la confisca dei beni già di Lapo Saltarelli.

Sul piano del governo ecclesiastico, nei primi anni Saltarelli ebbe successo in un’opera di pacificazione: confermò le costituzioni sinodali (risalenti al 1314) di Della Sala, e abilmente ammorbidì l’opposizione del Capitolo della cattedrale contro l’istituzione della carica di primicerio, riuscendo infine ad assegnarla (1327) al nipote Tommaso di Bino. Nel contempo, egli collaborò lealmente con il nuovo legato apostolico.

La situazione cambiò bruscamente fra il settembre e l’ottobre 1327, quando Ludovico il Bavaro riuscì a entrare in Toscana e, con l’appoggio di Castruccio, strinse d’assedio Pisa. Saltarelli incoraggiò la resistenza, ma invano: il re dei Romani fu accolto in città (11 ottobre 1327) ed egli fuggì precipitosamente, prima a Siena e poi a Massa Marittima, dove stese (7 gennaio 1328) un minuzioso memoriale difensivo. Qualche tempo dopo, non si sa attraverso quale itinerario, Saltarelli arrivò ad Avignone, dove è attestato solo dal gennaio 1329, ottenendo dal papa, per la sua sopravvivenza materiale, l’amministrazione di Pomposa (dal 23 maggio 1329) e un beneficio pievano (S. Giusto in Salcio in diocesi di Fiesole).

La cacciata da Pisa del vicario del Bavaro (17 giugno 1329) e il ritorno della città all’obbedienza papale (con l’abbandono di Niccolò V antipapa, che si sottomise a Giovanni XXII e che proprio Saltarelli insieme con il vescovo di Lucca e Fazio Novello Donoratico consegnò poi a Giovanni XXII nel luglio del 1330) permisero il rientro prima di Tommaso di Bino Saltarelli (agosto 1329) e poi di Saltarelli (gennaio 1330); poco dopo la città fu prosciolta dalla scomunica.

Saltarelli gestì con accortezza anche questa transizione, politicamente guidata dal da Donoratico e dai Gualandi Maccaione (1329-1335). Allontanò i chierici più compromessi con il Bavaro e con l’antipapa, fu largo di terre ecclesiastiche ai Gualandi Maccaione e concesse loro (grazie a Iacopo Gualandi Maccaione) di gestire gli avvicendamenti nelle prebende canonicali. All’inizio del 1331 si recò a Firenze, dove il 15 gennaio presenziò alla solenne traslazione del corpo di san Zanobi; nel luglio successivo fu a Bologna, e a dicembre (dopo essere rientrato per qualche mese a Pisa) si preparò a partire «per la Curia romana».

Poiché mancano completamente sue notizie per quasi tutto il 1332, non è noto se si recasse veramente ad Avignone, oppure, semplicemente, raggiungesse di nuovo Bertrando del Poggetto a Bologna. Il 28 dicembre 1332, comunque, egli era rientrato a Pisa, dove rimase per alcuni anni; l’unico spostamento noto è il viaggio a Firenze compiuto nel luglio del 1334, quando assistette all’avvio dei lavori di costruzione del nuovo campanile di S. Reparata.

Nel novembre del 1335 un fallito colpo di mano contro Fazio segnò la rovina politica dei Gualandi Maccaione e la definitiva uscita di scena dell’arciprete Iacopo. A quel punto, l’intesa con il conte Fazio (divenuto l’unico arbitro politico della città) si fece più stretta; inoltre, nel novembre del 1339 l’arcivescovo effettuò personalmente la visita della diocesi suffraganea di Massa Marittima che, come notato da un cronista coevo, «non era stata visitata mai per i suoi antecessori» (Ranieri Sardo, Cronaca di Pisa, a cura di O. Banti, Roma 1963, p. 90).

Contemporaneamente strinse sempre più i legami (peraltro mai spezzatisi) con il ‘suo’ convento originario di S. Maria Novella, all’interno del quale, nel 1337, fece allestire alcuni ambienti a proprio uso e verso il 1340 avviò una serie di donazioni di suppellettili liturgiche e di libri di studio in favore di un certo numero di altri conventi della Provincia romana dell’Ordine.

A partire da quell’anno la documentazione della sua attività di presule si dirada. L’ultima e quasi isolata notizia risale al 26 luglio 1342, allorché Simone tonsurò un chierico nella cappella del palazzo arcivescovile di Pisa (per il quale sicuramente aveva promosso lavori di ampliamento e ristrutturazione). Pochi giorni prima Pisa aveva conquistato Lucca, sottraendola a Firenze: alcuni biografi accennano a un’opera di mediazione svolta al riguardo da Saltarelli, ma di essa manca qualsiasi attestazione esplicita.

La morte sopraggiunse il 24 settembre 1342.

L’arcivescovo volle essere tumulato nella chiesa domenicana cittadina di S. Caterina, dove il nipote Michele di Bino fece costruire dalla bottega di Andrea, Nino e Tommaso Pisano il maestoso monumento funebre tuttora esistente (anche se in collocazione diversa da quella originale). Le scene scolpite a bassorilievo nei tre riquadri posti sotto il gisant illustrano, con ogni verosimiglianza, i tre tipi di azioni virtuose attribuiti al Saltarelli dal ‘necrologio’ di S. Maria Novella. La buona fama da lui goduta a Pisa è testimoniata altresì dal fatto che, alla sua morte, il Capitolo e il Comune chiedessero concordemente al pontefice di nominare come suo successore un altro frate domenicano, Marco Roncioni, allora priore di S. Caterina. Ma Clemente VI giocò d’anticipo, e già il 7 ottobre trasferì a Pisa l’arcivescovo di Genova, Dino da Radicofani.

Fonti e Bibl.: Pisa, Archivio storico diocesano, Arcivescovi, Diplomatico, ad annum; Mensa arcivescovile, 1, 11-14; Curia, Atti straordinari, 3-7; Calci, Archivio della Certosa, Diplomatico, 3 gennaio 1308; Archivio di Stato di Firenze, Provvisioni, 23, cc. 30r-31v; A.F. Mattei, Ecclesiae Pisanae Historia, II, Lucae 1771, pp. 67-82 e Appendix Monumentorum, VII-XIV, pp. 27-62; Chronicon Parmense ab anno MXXXVIII usque ad annum MCCCXXXVIII, a cura di G. Bonazzi, in RIS, IX, 9, Bologna 1902, pp. 150, 154 s., 163, 171. Giovanni XXII, Lettres communes, a cura di G. Mollat, Paris 1904-1947, ad ind.; Acta Aragonensia, a cura di H. Fincke, II, Berlin 1908, p. 632. H. C. Scheeben, Accessiones ad historiam Romanae Provinciae saeculo XIII, in Archivum Fratrum Praedicatorum, IV (1934), pp. 117-119; Acta Capitulorum provincialium provinciae romanae (1243-1344), a cura di Th. Käppeli - A. Dondaine - I. Taurisano, Roma 1941, ad ind.; Necrologio di S. Maria Novella, a cura di S. Orlandi, Firenze 1955, pp. 63 s., 374-387, 430 s.

N. Pelicelli, I vescovi della Chiesa parmense, Parma 1936, pp. 282-289; R. Davidsohn, Storia di Firenze, IV, Firenze 1977, ad ind.; Andrea, Nino e Tommaso scultori pisani, a cura di M. Burresi, Milano 1983, pp. 80-88, 177 s.; E. Panella, Priori di Santa Maria Novella di Firenze 1221-1325, in Memorie Domenicane, XVII (1986), pp. 253-284, ad annum; M. Luzzati, S. S. arcivescovo di Pisa (1323-1342) e gli affreschi del maestro del Trionfo della Morte, in Annali della Scuola normale superiore di Pisa, cl. di lettere e filosofia, s. 3, XVIII (1988), 4, pp. 1645-1664; E. Panella, Uno sconosciuto capitolo elettivo in Siena 1312, in Memorie Domenicane, XIX (1988), pp. 396-402; M. Ronzani, «Figli del comune» o fuorusciti? Gli arcivescovi di Pisa di fronte alla città-stato fra la fine del Duecento e il 1406, in Vescovi e diocesi in Italia dal XIV alla metà del XVI secolo. Atti del VII Convegno..., Brescia...1987, a cura di G. De Sandre Gasparini et al., II, Roma 1990, pp. 773-835; W. Dolfi, Vescovi e arcivescovi di Pisa. I loro stemmi e il palazzo, I, 1, Pisa 2000, pp. 142-148; P. Mussinu, L’attività di un vescovo del Trecento: raccolta e regestazione degli atti di S. S., arcivescovo di Pisa (1323-1342), tesi di laurea, Università di Pisa, a.a. 2005-06.

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