Sindacato

Enciclopedia dei ragazzi (2006)

sindacato

Aris Accornero

L’organizzazione che tutela i lavoratori

In quasi tutti i paesi del mondo esistono i sindacati, che rappresentano i lavoratori nei rapporti con i datori di lavoro. Non sono presenti soltanto in paesi molto piccoli, poco sviluppati o sottoposti a regimi dittatoriali. L’origine dei sindacati risale a metà dell’Ottocento, quando la rivoluzione industriale aveva ormai convogliato migliaia di operai nelle fabbriche, dove le condizioni di lavoro, spesso molto dure, erano sempre decise dal datore di lavoro, che stabiliva unilateralmente orari e salari. I sindacati nacquero anche per superare questa situazione

Le origini

Nella civilissima Gran Bretagna del 19° secolo – culla dell’industria – esistevano leggi contro le coalizioni operaie e contro gli scioperi dei lavoratori; pertanto i sindacati poterono affermarsi soltanto grazie alle lotte promosse da coraggiosi operai e grazie all’iniziativa di leader socialisti o radicali chiamati avvocati del popolo. Questi davano voce in Parlamento alle rivendicazioni dei lavoratori, che protestavano sulle piazze per le condizioni di lavoro portando le insegne dei vari mestieri e dei rispettivi sindacati. Fu dunque per effetto di questa pressione sociale e dell’intervento politico dei rappresentanti dei lavoratori che la Gran Bretagna adottò le prime leggi a tutela della condizione operaia, riconoscendo poi l’esistenza dei sindacati e rendendo legittime infine le agitazioni pacifiche.

Agli albori del movimento sindacale i lavoratori si affiliavano in base alla propria professione, non al settore o all’azienda dove lavoravano. Ciò diede luogo in Gran Bretagna a un gran numero di organizzazioni che convivevano nella medesima azienda, le quali negoziavano condizioni diverse per gruppi professionali diversi.

Dopo il 1860 le principali organizzazioni sindacali britanniche si federarono nelle Trade unions – letteralmente «unioni d’affari» –, che continuarono a mantenere spiccati tratti di sindacati di mestiere anche dopo aver deciso di ammettere l’iscrizione dei lavoratori senza mestiere. Ciò che maggiormente unì e aiutò i sindacati britannici fu la scelta di fondare nel 1900 un ‘proprio’ partito, il Labour party («Partito del lavoro»).

Il modello americano

Negli Stati Uniti fra i progenitori dei sindacati ci furono i Knights of labor («Cavalieri del lavoro»), che si ispiravano alle gilde, le antiche corporazioni artigiane del Medioevo: del resto, molti lavoratori provenivano direttamente dall’Europa. Il più grande leader sindacale americano – Samuel Gompers, per 40 anni capo dell’AFL (American federation of labor «Federazione americana del lavoro») – era figlio di un sigaraio ebreo olandese con vaghe simpatie socialiste.

Negli Stati Uniti il sindacato rimase ancorato al mestiere fino a metà degli anni Trenta del Novecento, quando il CIO (Council of industrial organizations «Consiglio delle organizzazioni industriali»), che riuniva i lavoratori comuni, si affermò grazie alla prima legge favorevole ai sindacati, il Wagner act, voluto dal presidente F. D. Roosevelt.

AFL e CIO rimasero per un ventennio in competizione, decidendo poi di fondersi nel 1955. Ora, dopo mezzo secolo, si sono nuovamente divisi: il disaccordo riguarda sia l’aiuto elettorale finora dato esclusivamente al Partito democratico sia, soprattutto, le trasformazioni nel mondo del lavoro.

Il modello europeo

L’Europa continentale ha seguito vie analoghe per realizzare le conquiste sociali, ma diverse per il riconoscimento dei sindacati. In Germania, per esempio, nel 19° secolo le richieste dei lavoratori furono sostenute in Parlamento dal Partito socialdemocratico, che era molto forte; la monarchia lo avversò ricorrendo a leggi liberticide, ma poi dovette concedere – a partire dagli anni Settanta del 19° secolo – le prime riforme sociali (assicurazioni contro la malattia, gli infortuni e la vecchiaia). Nella contesa ebbe un peso decisivo il sindacato, fondato per iniziativa del partito di ispirazione socialista, come negli altri paesi del continente. In Germania e Svezia si formò una sola organizzazione, mentre in Francia e Italia ne sorsero varie.

La struttura dei sindacati europei è complessa perché organizzano i lavoratori sia per settore economico sia per area territoriale; infatti hanno propri rappresentanti nelle maggiori imprese e proprie sedi presso tutte le province.

Il sindacato in Italia

In Italia esistono quattro principali confederazioni sindacali, che raccolgono dieci milioni di iscritti tra lavoratori attivi e pensionati: la CGIL (Confederazione generale italiana del lavoro), la CISL (Confederazione italiana sindacati lavoratori), la UIL (Unione italiana del lavoro) e l’UGL (Unione generale del lavoro). La prima, che è anche numericamente la più rappresentativa, è nata nel 1906.

Dopo il fascismo – durante il quale i liberi sindacati furono soppressi e sostituiti da un unico sindacato fascista – i sindacati sono rinati per iniziativa dei partiti antifascisti. Fra il 1944 e il 1948 ci fu un periodo di unità sindacale, perché tutte le correnti politiche erano rappresentate nella CGIL. Sono poi subentrate due scissioni, dalle quali sono nate la CISL e la UIL. Un tentativo di fusione è andato fallito nei primi anni Settanta, nonostante la pressione dei lavoratori. Ma l’unità sindacale resta un obiettivo caro a molti.

Compiti

La contrattazione. Le organizzazioni sindacali innanzitutto devono contrattare e concordare con gli imprenditori il trattamento economico e normativo dei lavoratori dipendenti (operai, impiegati, quadri, dirigenti): livelli retributivi, qualifiche professionali, orari di lavoro, durata delle ferie, periodi di prova, permessi per assenza, sanzioni disciplinari e così via. Anche gli imprenditori hanno le proprie organizzazioni, generalmente nate dopo quelle dei lavoratori e strutturate in modo analogo. In Italia le due parti sociali negoziano accordi interconfederali su materie generali come la formazione professionale, i contratti di lavoro nazionali dei vari settori e contratti integrativi aziendali per grandi gruppi e imprese di una certa dimensione. In Germania si contratta invece a livello regionale e aziendale, in Giappone a livello aziendale e interconfederale, negli Stati Uniti soltanto a livello aziendale.

La tutela dei lavoratori. Importante è poi la tutela dei lavoratori e delle loro famiglie realizzata attraverso le istituzioni pubbliche. Questa azione comprende da un lato confronti periodici e veri e propri negoziati da parte del sindacato con l’amministrazione pubblica e con le Regioni sulle politiche economico-sociali (per esempio, investimenti, prezzi, occupazione, disoccupazione, sanità, pensioni, fisco). In Italia questa attività è stata denominata concertazione, mentre nell’ambito dell’Unione europea si parla di dialogo sociale. Dall’altro lato, l’azione di tutela comprende la presenza in organi d’indirizzo o comitati di gestione dove, insieme ai rappresentanti degli imprenditori, si esprimono pareri consultivi o deliberativi sui servizi, la sicurezza del lavoro, l’andamento del carovita e via dicendo.

L’assistenza. Non meno importanti, infine, sono da un lato l’assistenza collettiva e individuale assicurata sui luoghi di lavoro dai delegati sindacali eletti dai lavoratori – con interventi sull’organizzazione del lavoro o la qualità della mensa aziendale – e dall’altro i servizi individuali offerti presso le rispettive sedi territoriali – per esempio con la compilazione delle denunce dei redditi o l’inoltro delle pratiche di pensione. In Italia i sindacati sono anche molto impegnati nella difesa dei lavoratori immigrati.

Il mestiere del sindacalista

Quello del sindacalista non è un mestiere facile. Infatti dalla sua azione dipendono gli interessi non soltanto degli iscritti ma di tutti i lavoratori, anche di quelli non iscritti, in quanto i contratti siglati dalle organizzazioni sindacali e da quelle degli imprenditori hanno valore per tutti i lavoratori. Spesso gli interessi dei lavoratori si scontrano con quelli dei datori di lavoro: raggiungere un punto d’intesa che risolva le vertenze con reciproca convenienza richiede che i rappresentanti delle due parti non perdano il contatto con i propri rappresentati, ma al tempo stesso non dipendano totalmente da essi, ossia siano in grado di trovare le mediazioni necessarie per concludere gli accordi.I grandi leader sindacali sono spesso molto popolari, come in Italia lo sono stati Rinaldo Rigola, Bruno Buozzi, Giuseppe Di Vittorio e Luciano Lama. Alcuni sono diventati ministri, come Ernest Bevin in Gran Bregagna e Giulio Pastore in Italia. Altri sono arrivati alle massime cariche dello Stato, come Lech Walesa in Polonia e Luiz Ignacio Lula da Silva in Brasile, presidenti della Repubblica.

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