POLITI, Sirio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 84 (2015)

POLITI, Sirio

Isabella Pera

POLITI, Sirio. – Nacque a Capezzano Pianore (Lucca) il 1° febbraio 1920, ultimo di cinque figli, da Angelo, manovale, e da Adele Bonuccelli.

Dopo aver frequentato le scuole elementari e la prima classe ginnasiale, il 24 ottobre 1933 entrò nel seminario di Lucca, dove il clero veniva formato secondo i tradizionali principi di pietà, studio e disciplina, lontano dal mondo e dalle vicende politiche del fascismo. Il giovane Politi, pur essendo un buono studente, non riuscì a vivere le regole in maniera passiva, e cercò in tutti modi di esprimere la sua vivacità intellettuale attraverso la scrittura, il teatro e la partecipazione al Centro di cultura di Azione cattolica del seminario. Dagli appunti di quel periodo risulta anche una certa insofferenza, che condivideva con alcuni compagni, nei confronti del modello di prete ‘di sacrestia’, accompagnata dal desiderio di vivere la propria vocazione senza compromessi e in maniera coerente con i valori evangelici (Pera, 1997, pp. 25-35).

L’ordinazione sacerdotale arrivò durante il secondo conflitto mondiale, il 2 maggio 1943. Dopo aver svolto per qualche mese funzioni di curato a Massarosa e Capezzano Pianore fu inviato dal vescovo, Antonio Torrini, nella parrocchia di S. Frediano a Lucca, nella quale rimase dal gennaio al luglio 1944. Rifugiatosi a Capezzano in seguito alle rappresaglie naziste e all’uccisione del sacerdote Aldo Mei, visse con sgomento le vicende drammatiche dei rastrellamenti e della strage della vicina Sant’Anna di Stazzema, finché, nel dicembre 1944, fu nominato parroco a Bargecchia, sulle colline della Versilia. Qui, oltre agli impegni ministeriali, si dedicò ad altre attività, fu animatore dei giovani e assistente spirituale della sezione provinciale del Movimento laureati cattolici. Questi furono anche anni di riflessione, di ricerca teologica e pastorale, di incontri e letture importanti (Dietrich Bonhoeffer, Simone Weil, Charles de Foucauld), che fecero maturare in don Politi una visione del sacerdozio come testimonianza, non ai margini, ma dentro la storia: «Devo cambiare la mia vita […] devo trovare il modo in cui non offro parole, non soltanto sacramenti e nemmeno solo la sola celebrazione eucaristica […] Devo guadagnarmi ogni cosa con le mie mani, con la fatica, come tutti» (Sono tanto contento di te, Signore, 1985, p. 32). Per questo chiese al vescovo di poter entrare a far parte della congregazione dei Piccoli fratelli di Gesù, come poco tempo prima aveva fatto don Arturo Paoli, ma non gli fu consentito. Ottenne comunque di vivere un’esperienza nel mondo del lavoro, purché dentro il territorio della diocesi. Così, nel febbraio del 1956, lasciò la parrocchia e si stabilì a Viareggio per condividere – primo sacerdote in Italia, se si eccettua il tentativo del sacerdote fiorentino Bruno Borghi nel 1950, durato però solo pochi mesi – la vita degli operai. Trovò alloggio nella Darsena toscana, nella cadente ex stazione sanitaria dei marittimi, che ristrutturò e a fianco della quale costruì una piccola cappella. Riuscì a farsi assumere presso un cantiere navale, prima come manovale poi come carpentiere tracciatore, ma gli inizi furono difficili, sia per la fatica fisica sia per l’ostilità e la diffidenza che lo circondavano, nell’ambiente ecclesiastico come in quello del lavoro. La situazione cambiò dopo circa un anno, quando si trasferì in un altro cantiere e cominciò a partecipare alle lotte, agli scioperi e alle assemblee degli operai, diventando a tutti gli effetti «uno di loro» (espressione che darà poi il titolo al volume uscito nel 1967), condividendone i problemi e le speranze.

La sua esperienza si interruppe nel 1959, dopo la pubblicazione della lettera del cardinale Giuseppe Pizzardo, prefetto della congregazione dei Seminari, che poneva fine alla vicenda dei preti operai francesi, affermando l’incompatibilità tra sacerdozio e lavoro in fabbrica. Tuttavia questo non significò per Politi il ritorno in parrocchia poiché, dopo un momento di dolorosa riflessione, decise di continuare a vivere vicino ai cantieri, facendo lo scaricatore di porto. Significativo in questo periodo fu l’episodio del ‘salto del muro’: nel luglio 1961, dopo aver chiesto inutilmente di poter entrare all’interno dell’azienda occupata Fervet, ne scavalcò il muro di cinta per celebrare la messa con gli operai (S. Politi, Ho saltato il muro, in Testimonianze, 1961, 36, pp. 487-490). Nello stesso anno pubblicò il volume Una zolla di terra, riflessione sulla sua scelta di fede e di testimonianza cristiana, e iniziò a collaborare con riviste come Rocca, Il Gallo di Genova e Il Tetto di Napoli. La sua casa divenne un luogo di incontro e la sede di due periodici, La voce dei poveri (1960-71), che affrontava argomenti di carattere pastorale e spirituale e Il nostro lavoro (1962-64), che dava voce alle opinioni e alle rivendicazioni degli operai e la cui pubblicazione fu sospesa per intervento della Curia di Lucca. Nell’ottobre 1965, dopo un breve periodo di insegnamento in una scuola superiore di Viareggio, lasciò la Darsena per realizzare, insieme a don Rolando Menesini, un progetto a lungo meditato, una comunità aperta a chiunque condividesse l’esigenza di vivere pienamente il messaggio evangelico. Il vescovo ausiliare, Enrico Bartoletti – certamente sensibile alle sollecitazioni del Concilio Vaticano II, ma nel contempo attento che ogni tentativo di rinnovamento rimanesse nell’ambito delle strutture tradizionali – affidò ai due sacerdoti una nuova parrocchia in località Bicchio, nei dintorni di Viareggio, dove poter impostare liberamente l’attività pastorale e mantenersi in modo autonomo, attraverso l’agricoltura e la lavorazione del ferro battuto.

Tale esperienza portò Politi a riflettere sull’importanza dell’attività artigianale e a elaborarne una teologia: «Attraverso il lavoro io ritrovo il contatto umano, attraverso il lavoro risento un approfondimento di fede, perché si entra in quel mistero immenso, stupendo, della creazione e vi si incide la propria attività (direi la propria creatività) in collaborazione con Dio che ha messo dentro il suo sogno, la sua fantasia quando ha creato le cose» (Sono tanto contento di te, Signore, cit., p. 48). La comunità, in linea con le speranze suscitate da Concilio Vaticano II, si allargò ben presto a uomini e donne, sacerdoti e laici, che vissero tra lavoro e preghiera, accoglienza e ascolto, desiderio di rinnovamento sia nell’ambito pastorale sia in quello ecclesiale.

Fece ritorno nella sua casa della Darsena alla fine del 1971, spinto dall’esigenza di essere presente e attivo in un contesto sociale più vasto e partecipare alle battaglie politiche e civili secondo il principio della «Lotta come amore», che diverrà anche il nome di un altro periodico da lui fondato nel marzo 1972. Pur continuando l’attività di artigiano, con la sua testimonianza e i suoi numerosi interventi pubblici, ma anche attraverso la partecipazione attiva al Coordinamento dei preti operai italiani sin da 1969, divenne un punto di riferimento per quei sacerdoti che, sulla falsariga dell’esperienza francese e delle aperture postconciliari, avevano scelto di vivere la loro vocazione nelle fabbriche. Nello stesso periodo entrò in contatto con la sezione italiana del Movimento internazionale di riconciliazione (MIR) di cui fu presidente dal 1983 al 1987, con il quale partecipò alle campagne per l’obiezione di coscienza e il servizio civile, per la difesa popolare non violenta e a quelle di obiezione fiscale contro le spese militari. Don Politi promosse tali idee, oltre che con conferenze e manifestazioni non violente, anche con opere teatrali da lui scritte e messe in scena (Il cristiano dice no del 1974, sul problema della morte nei luoghi di lavoro, e Le ombre di Hiroshima del 1983, sull’obiezione di coscienza e la pace). Inoltre, «poiché le cose si richiamano con interdipendenze storiche molto precise» (Sono tanto contento di te, Signore, cit., p. 51), dal 1976 si impegnò nella lotta contro la realizzazione delle centrali nucleari e nel 1980, insieme con altri pacifisti, venne processato e condannato dalla Corte d’appello di Firenze per aver manifestato contro la costruzione della centrale di Montalto di Castro, occupando un tratto di ferrovia. In quel periodo egli divenne, insieme a David Maria Turoldo e a Ernesto Balducci, con i quali maturò un profondo rapporto di amicizia, una figura di notevole rilievo negli ambienti del cattolicesimo progressista.

Nel 1979, insieme a don Rolando Menesini, a don Luigi Sonnenfeld e a don Beppe Socci, realizzò un progetto di attività artigianali per l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro. Da questa esperienza nacque un’altra iniziativa finalizzata all’educazione e socializzazione delle persone con handicap, gestita prima dall’Associazione ricerca cultura artigiana (ARCA), e poi dalla cooperativa sociale Cooperativa realizzazioni artigianali (CREA).

Morì a Viareggio il 19 febbraio 1988.

Opere. Una zolla di terra, Vicenza 1961 (2008); Uno di loro. Pensieri ed esperienze di un prete operaio, Torino 1967 (1989); Antico sogno nuovo, Torino 1983; Sono tanto contento di te, Signore, in P. Crespi, Preti operai. Testimonianze di una scelta di vita, Roma 1985, pp. 31-52.

Fonti e Bibl.: Presso l’Istituto storico della Resistenza e dell’Età contemporanea di Lucca si trovano tutti i testi editi e la raccolta dei periodici Il nostro lavoro, La voce dei poveri, Il popolo di Dio e Lotta come amore. Questi sono inoltre consultabili in rete sul sito http://www. lottacomeamore.it.

M. Guasco, Preti operai, in Dizionario del movimento cattolico in Italia, a cura di F. Traniello - G. Campanini, I, Genova 1981, pp. 366-373; Pretioperai, 1988, nn. 4-5; A. Famà, Bibliografia di S. P., in Itinerari, 1995, novembre-dicembre; M. Guasco, Storia del clero in Italia dall’800 ad oggi, Roma-Bari 1997, pp. 285-287; I. Pera, Il seminario di Lucca negli anni di formazione di don S. P., in Bailamme, 1997, n. 21-22, pp. 9-35; F. Raffaelli, S. P., in Dizionario del movimento cattolico in Italia, Aggiornamenti, a cura di F. Traniello - G. Campanini, Genova 1997, pp. 411 s.; Don S. P., una vita fra lavoro e profezia (1920-1988), a cura di M.G. Galimberti, Viareggio 1998; I. Pera, Un piccolo sogno di Dio. La comunità di Santa Maria a Bicchio, Genova 1999; Paso Doble per la pace, a cura di M.G. Galimberti, Milano 2007; A. Belletti, Indifferenti mai. L’ARCA di Viareggio da don S. P. a don Beppe Socci, Viareggio 2013.

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