TEGUMENTARIO, SISTEMA

Enciclopedia Italiana (1937)

TEGUMENTARIO, SISTEMA

Nello BECCARI
Ettore REMOTTI
Virgilio DUCCESCHI
Ignazio SALVIOLI
Margarete WENINGER -.Hella POCH

. Viene designato con questo nome il rivestimento esterno del corpo. Esso si compone di una parte fondamentale, cute o pelle, e di numerosi organi annessi. Un rivestimento del corpo esiste in tutti gli animali, e nei loro differenti tipi e classi apparisce assai variamente conformato. Ci limiteremo a considerarlo nei Cordati, rimandando per gl'Invertebrati a ciascun tipo. Per la parte fondamentale, quale si riscontra nei Cordati cosiddetti più elevati, Mammiferi e Uomo, v. cute; perciò qui non si ritorna sulla costituzione e sulla minuta struttura della pelle in genere, particolarmente considerata nell'uomo.

Anatomia comparata.

Nelle varie altre classi di Cordati la pelle risulta sempre formata di uno strato esterno di origine ectodermica, cui si dà il nome di epidermide, e di uno strato più profondo, di origine mesodermica, il derma o corium. È annesso alla pelle il connettivo sottocutaneo.

Epidermide. - L'epidermide è formata nell'Amphioxus di un solo strato di cellule cilindriche, sormontate da una cuticola.

In tutti gli altri Cordati, nei Notocordati, Cranioti o Vertebrati, l'epidermide è sempre, a sviluppo ultimato, pluristratificata, ma la stratificazione non è in tutte le classi uguale. Negli animali che menano perennemente vita acquatica (Ciclostomi e Pesci) la stratificazione è puramente meccanica, cioè i diversi piani di cellule funzionalmente tra loro non differiscono; in quelli invece che vivono abitualmente sulla terra (Anfibî, Rettili, Uccelli, Mammiferi), questa differenza esiste: si riscontra cioè uno strato interno, mucoso o malpighiano, formato di cellule che si moltiplicano e in conseguenza servono al costante rinnovo degli elementi, e uno strato esterno o cutaneo, costituito di cellule più vecchie in vario grado corneificate con funzione protettiva.

Nel primo tipo di epidermide, le cellule superficiali, generalmente pavimentose, sono sormontate da una cuticola e fra di esse possono trovarsi cellule mucipare che hanno valore di ghiandole unicellulari; secernono muco, e vanno abitualmente sotto il nome di cellule di Leydig. Nei Petromizonti, intercalate fra i numerosi strati di cellule indifferenti, si trovano cellule granulose e cellule a clava di significato ancora non perfettamente conosciuto. Nel secondo tipo di epidermide, rappresentato da un epitelio pavimentoso composto, mancano generalmente le cellule mucipare, che si riscontrano soltanto negli Anfibî durante la vita larvale. Lo strato corneo può essere più o meno spesso: lo è notevolmente nei Rettili e nei Mammiferi, meno negli Uccelli. Per il continuo rinnovo lo strato corneo va soggetto a sfaldamenti o a un periodico completo distacco sotto forma di membrana continua. Nel primo caso, come avviene nei Mammiferi e negli Uccelli, conseguenza di questo rinnovo è la forfora; nel secondo l'esuvie, buccia o spoglia. L'esuvie più completa si ha nei Rettili, specialmente nei serpenti (v. anche epidermide).

Derma. - Il corium o derma nei Ciclostomi, nei Pesci e parzialmente negli Anfibî, è composto di lamelle connettivali sovrapposte, fra loro connesse per mezzo di sepimenti a loro perpendicolari, e non si solleva in papille. Queste compaiono solo negli Anfibî terrestri e sono, si può dire, caratteristiche dei Tetrapodi, nei quali soltanto, in conseguenza, il derma può essere suddiviso in due strati: uno più esterno, papillare, e uno più profondo, fondamentale.

È specialmente nel derma che decorrono i vasi e i nervi della cute. Ivi si trova la maggior parte degli organi sensoriali cutanei (v. cute), cellule muscolari costituenti lamine o fascetti muscolari (come i muscoli erettori dei peli e delle penne) e varie altre cellule connettivali fra le quali meritano uno speciale ricordo le cellule cromatofore o cromatofori.

Colorito della pelle. - Nell'uomo e in molti Mammiferi il colorito della pelle dipende, oltre che dal vario spessore dello strato corneo, dalla presenza nelle cellule dello strato malpighiano di minuti granuli di pigmento. In alcune regioni anche della pelle dell'uomo troviamo inoltre nel derma cellule cromatofore ramificate, ripiene di minuti granuli di pigmento. Nei Rettili, negli Anfibî, nei Pesci e nei Ciclostomi, il colorito della cute dipende in gran parte dalle cellule cromatofore che possono essere molto numerose, di conformazione molto complessa e di assai differente costituzione.

Per altre notizie sul colore negli animali, v. colore: Colore degli animali.

Si possono distinguere almeno tre categorie di cromatofori: cromatofori provvisti di granuli di melanina, che dànno fondamentalmente un colorito bruno, chiamati melanofori; cromatofori contenenti sostanze carotinoidi di colore giallo, cosiddetti xantofori (gli eritrofori, coloriti in rosso, ne sarebbero una varietà) e finalmente cellule ripiene di minuti cristalli di guanina (sostanza del gruppo delle xantine), chiamate guanofori. I guanofori appariscono splendenti ed è la loro presenza che dà la particolare lucentezza e lo splendore alla pelle di molti Pesci. Melanofori e guanofori possono essere fra loro associati costituendo i cosiddetti iridosomi.

Il cambiamento di colorito, caratteristico di molti Pesci, di alcuni Anfibî e specialmente dei Camaleonti, è dovuto alla proprietà che le cellule cromatofore hanno di spostare i granuli di pigmento. Ciò avviene per influenza nervosa e si ritiene che esistano fibre nervose a ciò particolarmente deputate, il cui centro regolatore si troverebbe nel midollo spinale. I granuli di pigmento in seguito allo stimolo nervoso si muovono secondo vie protoplasmatiche prestabilite: essi possono portarsi a distanza dal corpo cellulare e insinuarsi fra le cellule dell'epidermide, oppure essere concentrati attorno al nucleo. La diversa distribuzione dei granuli associata alla presenza di xantofori e guanofori determina il differente colorito (v. tav. a colori).

Connettivo sottocutaneo. - Il connettivo sottocutaneo essendo costituito da lamelle lassamente riunite, permette un facile scorrimento della pelle sui tessuti sottostanti; in esso si accumula il grasso e nel suo spessore decorrono lamine muscolari formate da fibre muscolari striate, volontarie, cui si dà il nome di muscoli pellicciai: i muscoli pellicciai sono assai sviluppati specialmente nei Mammiferi.

Un connettivo sottocutaneo ben differenziato con i caratteri sopra esposti lo si riscontra solo negli Amnioti (Rettili, Uccelli, Mammiferi) e abbondante accumulo di grasso si ha solo negli animali omeotermi, a temperatura costante, cioè negli Uccelli e nei Mammiferi.

Nei Ciclostomi e nei Pesci la cute non è mobile sugli strati sottostanti poiché manca lo strato sottocutaneo.

Negli Anfibî una certa mobilità esiste, ma resta circoscritta ad alcune regioni ed è dovuta alla presenza di ampie tasche sierose anziché a un vero strato connettivale sottocutaneo.

Organi cutanei. - Alla pelle sono annessi, e sono di essa produzioni, le ghiandole, le squame, le penne, i peli, le unghie, le corna, gli organi luminosi, e gli organi sensoriali cutanei. Si considerano come organi cutanei anche le mammelle, ma esse vengono di regola illustrate a parte (v. mammella). Gli organi sensoriali sono illustrati a cute, XII, p. 193 seg.

Ghiandole. - I Cordati tipicamente acquatici, i Ciclostomi e i Pesci, non sono provvisti di ghiandole cutanee pluricellulari disseminate su tutta la superficie del corpo. Nella loro epidermide si riscontrano soltanto le cellule mucipare, che hanno il valore di ghiandole unicellulari. Nei Dipnoi, Pesci che per lunghi periodi dell'anno vivono fuori d'acqua, esistono formazioni pluricellulari cutanee, a forma di fiasco, intraepiteliali, che in passato furono considerate ghiandole. Peraltro recentemente è stato riconosciuto che esse sono organi sensitivi.

Vere ghiandole cutanee, più o meno regolarmente disseminate su tutta la pelle, si riscontrano soltanto negli Anfibî allo stato adulto e nei Mammiferi; mancano nei Rettili e negli Uccelli, rivestiti i primi di squame, i secondi di penne.

Ma pur non esistendo ghiandole cutanee disseminate su tutto il corpo, sarebbe inesatto asserire che nei Pesci, nei Rettili e negli Uccelli mancano ghiandole annesse alla cute.

Sono infatti di origine cutanea le ghiandole che producono sostanze irritanti e venefiche e stanno in rapporto con spine e con aculei in molte specie di Pesci. I coccodrilli sono provvisti di corpi ghiandolari di origine cutanea situati presso la mandibola e secernenti una particolare sostanza che ha odore di muschio. Ugualmente cutanei sono i pori inguinali delle lucertole, di misterioso significato funzionale, situati nella superficie ventrale delle cosce e della regione inguinale. Finalmente è di origine cutanea la grossa ghiandola uropigea degli Uccelli, secernente una sostanza untuosa che gli Uccelli spalmano sulle penne per renderle impermeabili all'acqua.

Le ghiandole cutanee degli Anfibî sono generalmente alveolari semplici, cioè conformate ad ampolla, non ramificate: si formano a spese dell'epidermide con la quale rimangono connesse per mezzo di un sottile condotto escretore.

Se ne distinguono due categorie, pur essendo morfologicamente tutte simili tra loro; ghiandole mucose, che cioè secernono muco, e ghiandole velenose, le quali producono una particolare sostanza chiamata bufonina che agisce come veleno se è introdotta direttamente nel circolo sanguigno, specialmente nei Mammiferi, mentre è innocua se ingerita nel canale alimentare.

Anche nei Mammiferi e nell'uomo esistono due categorie di ghiandole cutanee: sudoripare e sebacee, funzionalmente e fisiologicamente assai differenti tra loro.

Le ghiandole sudoripare, che secernono il sudore, sono ghiandole tubolari, il cui lungo tubo, in corrispondenza del fondo, si avvolge su sé stesso a forma di gomitolo; perciò sono dette anche ghiandole a gomitolo; sono generalmente semplici. Le ghiandole sebacee invece, dalle quali deriva il sebo cutaneo che conferisce alla pelle una speciale untuosità, sono ghiandole alveolari, cioè conformate ad ampolla, ramificate.

Le ghiandole sudoripare nell'uomo si sviluppano nel maggior numero dei casi da germi isolati, sotto forma di bottone prima e di cilindro poi, che dalla superficie interna dell'epidermide si approfonda negli strati sottostanti. Nella pelle di molti Mammiferi invece, e in qualche regione anche nell'uomo, esse nascono da un germe che primitivamente è associato al germe di un pelo. Perciò nell'uomo a sviluppo ultimato le ghiandole sudoripare appaiono generalmente libere, mentre in molti Mammiferi rimangono per tutta la vita associate ai peli.

Nell'uomo le ghiandole sudoripare sono distribuite su tutto il corpo; in alcune regioni risultano più addensate: per es., alle ascelle, sulla fronte, nella pianta dei piedi e nella palma della mano.

Le ghiandole sebacee sono generalmente annesse ai peli e prendono origine dall'abbozzo pilifero. Se ne trovano libere nella faccia, specialmente sulle guance, ai lati del naso.

Non in tutti i Mammiferi le ghiandole cutanee appaiono ugualmente sviluppate e distribuite su tutto il corpo. Le ghiandole sudoripare, a differenza di quanto avviene, come si è detto dianzi, nell'uomo, mancano nei Cetacei, nei Sirenidi, nel pangolino, nelle talpe cieche, nella lepre (che le possiede solo nelle labbra, rudimentali). Pur essendo presenti, possono non secernere sostanze liquide: tutti infatti sanno che i cani non sudano, eppure la loro pelle possiede ghiandole sudoripare. In altre specie sono circoscritte ad alcune regioni: per es., nei topi e nell'istrice esistono soltanto nella pianta dei piedi; nei Sorex (Insettivori) sono tutte raccolte ai lati del corpo, dove formano speciali corpi ghiandolari cutanei.

Le ghiandole sebacee sono di regola annesse ai peli e seguono di questi il destino. Perciò mancano nelle specie sprovviste di peli come i Cetacei; sono rare nei Sirenidi; mancano, nonostante la presenza di peli, in Choleopus e in Chrysochloris (Insettivori).

Sul contorno palpebrale una serie di ghiandole sebacee si sviluppa indipendentemente dalle ciglia, e dà luogo a ghiandole alveolari ramificate conosciute sotto il nome di ghiandole del Meibomio (v. palpebra).

Corpi ghiandolari cutanei, variamente sviluppati, formati di una sola o di tutte e due le specie di ghiandole si riscontrano inoltre in svariate regioni del corpo di molti Mammiferi. Si hanno corpi ghiandolari cutanei temporali negli elefanti, interdigitali nei cervi e nei Suidi, facciali (mascellari e antorbitali) nelle gazzelle e in molti antilopi e cervi, circumanali in varî carnivori, ecc. (v. mammiferi).

Il secreto di queste ghiandole, fondamentalmente costituito di sostanze grasse, ha alle volte particolare odore (ghiandole muschiose, ghiandole dello zibetto, ecc.) e in qualche caso (ghiandole antorbitali delle gazzelle) contiene anche pigmento prodotto dagli acini delle ghiandole di tipo sebaceo (v. anche mammiferi).

Squame (o squamme) e scaglie. - Le squame costituiscono in alcune categorie di Vertebrati il totale rivestimento del corpo e però esercitano una funzione protettiva. È opportuno notare che questo rivestimento, per quanto sempre annesso alla cute, e da essa prodotto, non in tutti i Vertebrati che lo posseggono appare ugualmente costituito e di uguale origine. Dobbiamo distinguere due grandi categorie di squame: squame cornee e squame ossee o scaglie. Le prime sono caratteristiche principalmente dei Rettili; le seconde dei Pesci (tenuto conto soltanto dei Vertebrati attualmente viventi).

Le squame cornee sono produzioni esclusivamente epiteliali: derivano da un particolare addensamento delle cellule più superficiali dell'epidermide, corneificate. Si riscontrano, come abbiamo detto, principalmente nei Rettili; un ordine dei Rettili, appunto per la presenza di siffatti organi, è stato chiamato degli Squamati. Le squame dei Rettili hanno varia forma e dimensione (a scudo, a tubercolo, embricate) e sono soggette a un periodico rinnovamento, generalmente annuale, distaccandosi i loro strati più superficiali insieme con tutta la superficie cornea dell'epidermide sotto forma di esuvie, buccia o spoglia.

Squame di questo genere si rinvengono anche nelle zampe della maggior parte degli Uccelli, su tutto il corpo di poche specie di Mammiferi (nei Pangolini) e nella coda di altre (Armadilli, Topi, Opossum e varî altri Marsupiali). I Loricati (coccodrilli) oltre alla squama cornea, scudata, posseggono placche ossee sottostanti, prodottesi nel derma; e squame cornee rinforzate in maniera ancora più robusta da produzioni ossee cutanee, si hanno nei Cheloni (le tartarughe) e in una sola categoria di Mammiferi: negli Armadilli.

Le scaglie ossee dei Pesci si formano nel derma, nel connettivo; alla loro costituzione l'epidermide non partecipa. Si riconoscono almeno tre specie principali di scaglie dei Pesci: scaglie placoidi, scaglie ganoidi, e scaglie cicloidi con la varietà ctenoide (v. anche pesci).

Penne. - Le penne sono caratteristiche degli Uccelli. È stato assai discusso il significato morfologico delle penne ed è accreditata la supposizione che esse filogeneticamente derivino da squame, simili a quelle dei Rettili. Ciò si deduce specialmente dallo sviluppo. Il primo abbozzo di una penna si manifesta sotto forma di un ammasso di cellule dermiche, la papilla, che, spíngendo verso l'esterno l'epidermide, determina una rilevatezza della superficie cutanea. Il germe così abbozzato si allunga inclinandosi in direzione caudale; la radice del germe s'infossa nel derma e l'epidermide circostante introflessa forma una piccola cavità che a sviluppo ultimato diventa il follicolo nel quale rimane impiantata la penna. La penna frattanto si è formata per un complesso processo di corneificazione delle cellule della parte libera del germe. La base del germe costituisce la papilla della penna e, quando questa cade, la medesima papilla genera una nuova penna che sostituisce quella caduta.

Si distinguono tre categorie principali di penne: penne propriamente dette o penne di contorno (pennae), il piumino (plumae e plumulae), le setole o vibrisse o filopiume (filoplumae). (V. anche uccelli).

Peli. - Abbiamo veduto che le penne, a somiglianza delle squame, provengono da un rilievo della superficie cutanea nel quale penetra un ammasso di cellule del derma. Il pelo invece si sviluppa da una gemma epiteliale che si approfonda nel derma con un meccanismo di formazione del tutto differente. Parrebbe in conseguenza che i peli non avessero alcuna parentela con gli organi protettivi cutanei di Vertebrati ritenuti filogeneticamente più bassi e, caso mai si volesse pensare a una derivazione, sarebbe più logico ricercarla nelle formazioni cutanee ghiandolari.

È stato da varî naturalisti supposto che i peli abbiano fatto la loro comparsa sulla superficie delle squame e che la posizione intermedia fra le squame, presentata dai peli nella pelle della coda degli Armadilli adulti, debba essere interpretata come un fatto secondario. Ma forse è più logico pensare che i peli siano fin dall'inizio comparsi negl'intervalli fra le squame, come si osserva nei Pangolini adulti. Tracce del primitivo rapporto si riscontrerebbe tutt'oggi nella cute di molti Mammiferi viventi, l'uomo compreso; poiché in essi i peli risultano aggruppati in ciuffetti disposti in quincunce; sicché i ciuffetti corrisponderebbero esattamente agl'intervalli fra le squame totalmente scomparse.

I peli sono impiantati nel follicolo pilifero. Sulle pareti del follicolo s'inserisce un fascetto di cellule muscolari lisce (il musculus arrector pilorum) e numerose espansioni nervose si mettono con esso in rapporto. Nella maggioranza dei casi al follicolo pilifero è annessa una ghiandola sebacea, mentre le ghiandole sudoripare possono o mancare del tutto o non avere alcun rapporto col follicolo.

I peli dopo una vita più o meno lunga sono destinati, come le penne, a cadere. Generalmente un nuovo pelo sostituisce quello caduto, che per altro non si forma, come le penne di rimpiazzo, dalla medesima papilla. La papilla muore insieme con il suo pelo e il pelo di rimpiazzo si forma da un nuovo germe che compare sul contorno papillare dell'epitelio del follicolo.

I peli sono di spessore, lunghezza, colorito e consistenza variabilissimi. Generalmente i peli della prima generazione, che si formano durante lo sviluppo, sono assai più sottili e morbidi di quelli successivi e nel feto umano sono detti lanugine (v. anche mammiferi; peli; per l'uomo v. oltre).

Unghie. - Le unghie sono produzioni cornee dell'epidermide dell'estremità delle dita; sono caratteristiche degli animali terrestri e servono per la deambulazione, per l'arrampicamento, per la presa degli alimenti, per l'offesa e per la difesa.

Un primo accenno di unghia si ha già negli Anfibî. Nei Batraci, per es., lo strato corneo dell'appendice delle dita appare più spesso e più robusto, ed è in diretta continuazione dello strato corneo della cute circostante. In altre specie (per es., nei Siren), la formazione cornea tende ad appuntirsi all'estremità e la parte superiore si fa più robusta, mentre quella inferiore rimane sottile, più molle. Si costituisce così superiormente un'unghia vera e propria, una lamina ungueale, e inferiormente una suola.

Nei Rettili, attorno alla lamina ungueale, si forma, come nei Mammiferi, una piega cutanea, la quale dorsalmente delimita la lamina dalla cute circostante e prende nome di vallo; inferiormente, sollevandosi alquanto, forma un cuscinetto più o meno voluminoso che si dice polpastrello.

Negli Uccelli solo l'arto inferiore è costantemente provvisto di unghie che in alcune specie sono particolarmente robuste, appuntite e adunche (l'artiglio delle aquile e dei falchi). Ma eccezionalmente anche l'arto superiore, l'ala, presenta un'unghia rudimentale all'estremità del primo e a volte del secondo dito. Quest'unghia in varie specie, per es., nelle starne, a sviluppo ultimato scompare; oppure persiste soltanto in corrispondenza del primo dito, per es., nel rondone, nella folaga e in qualche altra specie.

Le unghie dei Mammiferi hanno forma e robustezza assai variata e possono essere distinte in tre categorie: artiglio, unghia propriamente detta e zoccolo (v. mammiferi; unghia).

Corna. - Se si tiene conto soltanto dei Vertebrati attualmente viventi, si può dire che vere corna si riscontrino oggi soltanto nei Mammileri. Sono organi di offesa e di difesa, ma forse il loro intimo significato, specialmente in alcune specie, per ora ci sfugge. Si possono distinguere, dal punto di vista anatomico, tre categorie di corna: corna piene, tutte quante formate di sostanza cornea; corna piene tutte quante formate di tessuto osseo, cosiddette anche corna a palchi, e corna cave (v. corna).

Anche il becco degli Uccelli, delle testuggini e dell'ornitorinco ha una costituzione che ricorda quello delle corna cave, essendo formato da un astuccio corneo che inguaina gli archi mascellare e mandibolare; ma di esso viene più opportunamente parlato alla voce Uccelli (v.).

Ricorderemo infine che all'apparato tegumentale dei Cordati appartengono anche alcuni organi luminosi o fotogeni, che principalmente si riscontrano nei Pesci abissali. Sono formazioni particolari, evidentemente derivate da abbozzi di tipo ghiandolare, che dall'epidermide si sono approfondati negli strati sottostanti. Per maggiori particolari, v. abissale fauna; luminescenza.

Bibl.: W. Biedermann, Vergleichende Physiologie des Integuments der Wirbeltiere, in Ergebnisse d. Biol., III, IV, VI (1926-30); Bolk, Göppert, Kallius e Lubosch, Handb. d. Vergl. Anat. d. Wirbeltiere, I, Intergument, Berlino e Vienna 1931; A. Brinkmann, Die Hautdrüsen der Säugetiere, in Ergbn. d. Anat. u. Entwickl., XX, ii (1912); G. Chiarugi, Apparecchio tegumentario, in Istituzioni di anatomia dell'uomo, I, Milano 1930 (3a ed.); W. Ellenberger, Handbuch der vergleichenden mikroskopischen Anatomie, I, II: Äussere Bedeckung, Berlino 1906; W. Möllendorff, Handbuch der mikroskopischen Anatomie des Menschen, I: Haut und Sinnesorgane, ivi 1927; L. Plate, Haut, in Allgemeine Zoologie und Abstammungslehre, I, Jena 1922.

Fisiologia comparata.

La complessità strutturale del tegumento non è che l'espressione anatomica della complessità funzionale di un sistema, che, per la sua peculiare localizzazione alla superficie del corpo, concentrerà, potenzialmente, in sé tutte le funzioni connesse con quel continuo scambio di materia e di energia, che si svolge tra l'organismo e il suo ambiente. Di fatto però alcune di esse sono venute, più o meno precocemente lungo la scala zoologica, individuandosi in corrispondenza di apparati specificamente differenziati, i quali ne hanno assunto la parte principale (v. per questo alle singole voci: per es. respiratorio, apparato; ecc.); basterà qui parlare di quelli che sono rimasti gli aspetti funzionali più caratteristici del tegumento, soprattutto nell'ambito dei Cordati. Essi possono venire così brevemente riassunti: a) funzioni protettive, nel senso più ampio e comprensivo del termine, sia a precludere l'accesso a corpi estranei e particolarmente quindi a germi patogeni e a parassiti, sia a fornire difesa meccanica di fronte alla possibilità di traumi, sia a creare adattamenti atti a sottrarre l'animale alla vista di nemici, sia, nelle forme terrestri, a limitare la perdita di acqua per evaporazione dai tessuti profondi; b) funzioni inerenti allo scambio di materiali con l'esterno e quindi, in particolare, all'escrezione; c) funzioni inerenti allo scambio energetico e più propriamente rivolte a controllare, negli omeotermi, la perdita di calore per irraggiamento; d) funzioni sensorie.

Nel complesso quadro strutturale del sistema, il medesimo elemento può contemporaneamente essere interessato a più d'una di queste funzioni, come a ciascuna di esse possono partecipare componenti morfologici diversi, onde, per una più breve e ordinata esposizione, riteniamo preferibile attenerci all'ordine anatomico, illustrando rapidamente il significato funzionale delle singole parti.

Epidermide e derma. - Traducono in alcune interessantissime particolarità di struttura le esigenze meccaniche derivanti dal loro ufficio di rivestimento continuo della superficie del corpo. La resistenza che l'epidermide, nonostante la sua apparente delicatezza, offre a pressioni e a trazioni è infatti soprattutto legata alla presenza di fibre protoplasmatiche, tonofibrille, il cui significato funzionale si illumina dalla convergenza che, nonostante le differenze chimiche, esse offrono, nelle caratteristiche ottiche come nella disposizione, con altre formazioni di analogo significato meccanico, proprie dello scheletro chitinoso degli Artropodi o delle sostanze intercellulari. Innalzandosi dalla porzione basale dell'epitelio epidermico, con decorso quasi verticale, e successivamente inclinandosi verso l'orizzontale, in modo da attraversare nel senso della loro massima lunghezza prima gli elementi cilindrici degli strati profondi poi quelli appiattiti degli strati cornei, esse appaiono, per tal modo, orientate nel senso stesso in cui si esplica il loro lavoro meccanico. Peraltro, funzione protettiva meccanica, e non solo difesa contro l'evaporazione, deve attribuirsi, e in larga misura, anche agli strati cornei, la cui differenziazione si inizia già, anche se con specializzazione minore, in alcuni Teleostei, per raggiungere il massimo sviluppo nei Vertebrati terrestri e regredire nuovamente, quando, fra questi, ritorni - come nei Cetacei - l'adattamento all'ambiente acquatico. L'importanza meccanica di questa formazione scaturisce dal fatto, del resto ben noto, che il suo spessore aumenta dovunque, sul tegumento, si facciano più intense le azioni soprattutto di pressione. Ed è anzi qui interessante la correlazione che si manifesta fra strati cornei superficiali, strato germinativo profondo e sottostante porzione papillare del derma, ché in tutti i territorî sottoposti ad azioni durevoli e prolungate di pressione non solo aumenta lo spessore dello strato corneo, ma più numerose, lunghe e sottili si fanno le sottostanti papille, in corrispondenza alle quali la pressione si traduce in un effetto di trazione, che incontra la resistenza delle tonofibrille. Interessate, nei Pesci e nei Rettili, essenzialmente alla differenziazione delle squame, localizzate a ristrette regioni cutanee negli Anfibî e negli Uccelli, queste formazioni papillari sono soprattutto caratteristiche dei Mammiferi, nelle regioni del corpo prive di peli ed esposte a più intense azioni meccaniche. Sperimentalmente se ne può ottenere la comparsa, anche in sedi diverse dalle ordinarie, per prolungate e intense pressioni, allo stesso modo che la cessazíone di queste può provocarne la riduzione nei territorî di normale localizzazione. Si tratta quindi di un carattere tipicamente funzionale fissatosi ereditariamente.

Ma i più interessanti adattamenti strutturali si riscontrano nella disposizione delle fibre del derma, negli strati profondi. Ordinate, nei Mammiferi, in sistemi reticolari a maglie rombiche - di cui la diagonale maggiore corrisponde alla normale direzione di trazione - esse sono disposte invece, nei Pesci, Anfibî e Rettili, in piani successivi, dove le fibre di ciascun piano, parallele fra loro, incontrano quelle del piano vicino a 90° e sono poi tutte orientate obliquamente, con un angolo di 45°, rispetto all'asse longitudinale del corpo. Tale architettura, che raggiunge talora espressioni estreme di armonia meccanica, sembra essere la più adeguata alle esigenze di organismi sottoposti alle deformazioni del nuoto e dei movimenti serpentini, che implicano forti curvature dell'asse del corpo e richiedono quindi sufficiente deformabilità in questa direzione, come è poi anche quella più adatta ad assicurare un elevato grado di flessibilità a un sistema cutaneo che raggiunge talora enorme spessore.

Cromatofori e funzione cromatica (v. colore: Colori degli animali). - Variamente associati, specie nei Pesci e negli Anfibî, a formare complessi sistemi, veri organi cromatici (es. melanoxantoleucosomi di Gobius, xantoleucofori di rana, ecc.), questi singolari elementi del tegumento ci offrono uno dei più interessanti esempî di coordinazione funzionale. Decisivi, nel determinismo del colore, sono i melanofori, in quanto, da un lato, il vario grado di espansione del loro pigmento interviene nell'estrinsecazione degli altri colori sino ad estinzione; dall'altro - quando occupino, come normalmente negli Anfibî e nei Rettili, posizione profonda, sotto gli altri elementi cromatici - essi vengono a fornire lo sfondo variamente oscuro, su cui si crea l'azzurro d'interferenza dei guanofori, che a sua volta si combina col giallo dei sovrastanti lipofori. Disposizione questa dalla quale deriverebbe anzi il colore verde così frequente in queste forme, la diversa intensità, dal verde quasi nero al giallo limone, essendo appunto in relazione al vario grado di espansione della melanina, mentre al giuoco dei soli melanofori e guanofori sono riferibili tutte le tonalità grige. Se, ad es., le variazioni di colore del camaleonte negli stati d'irritazione o il brusco impallidire della triglia, al solo passar di ún'ombra dinnanzi all'acquario, dimostrano quale importanza abbiano fattori d'ordine psichico nel giuoco dei cromatofori, è tuttavia indubbio che, nella funzione cromatica del tegumento, uno degli aspetti che ha sempre maggiormente sedotto è la capacità che per essa l'animale spesso presenta di armonizzare colorito e disegno cutaneo all'ambiente, in modo talora così mirabile da rendersi di fatto realmente invisibile. Gli esempî più singolari in tal senso ci sono offerti dai Pesci: basti ricordare qui la perfetta imitazione che i Syngnathus riescono a raggiungere delle infinite sfumature di colore, dal verde al bruno, delle foglie di zostera tra le quali vivono, o la meravigliosa capacità che alcuni Pleuronettidi mostrano di adattare, su fondi a macchie alterne bianche e nere e quindi del tutto insoliti, colorito e disegno del proprio tegumento. Il problema dell'entità e dell'importanza biologica di tale funzione è stato largamente discusso, in rapporto anche con l'altro della capacità o meno da parte dei Pesci di percepire i colori. Così, mentre gli uni negano un vero e proprio adattamento cromatico, accettando solo quello d'intensità luminosa, secondo altri, al primo e più rapido adattamento alla luminosità, seguirebbe, più lento, anche quello al colore, ché sembrerebbe, ad es., il Phoxinus capace di distinguere, a parità di luminosità, il verde dal blu e di adattarvisi. Meno spiccato e assai più lento è il giuoco cromatico negli Anfibî e nei Rettili, dove esso non esprime, in genere, adattamento all'ambiente e, pur potendo in alcuni casi (come soprattutto negli stadî larvali degli Anfibî) rivestire - a somiglianza di quanto si ha nei Pesci - il carattere di riflessi d'origine visiva, sembra per lo più dipendere da stimoli essenzialmente cutanei. Così il verde dell'Hyla diviene quasi nero, quando il contatto normale con le foglie sia sostituito da altri contatti abnormi (feltro, reti metalliche, ecc.); superficie scabre, che consentano un'adesione incompleta delle dita, provocano, per via riflessa, un oscuramento cutaneo, mentre a superficie lisce corrisponde la tinta verde. Altre volte (Rana esculenta e temporaria) acquistano importanza, nel giuoco cromatico, l'umidità o la temperatura ambiente; e possiamo anzi vedere qui un primo tentativo di regolazione termica, quando, ad es., l'Uromastix dei deserti, che espande i suoi cromatofori al sole per favorire l'assorbimento del calore, li retrae, ove la temperatura corporea superi i 41°, salvo a ritornare nuovamente oscuro, se riportato al fresco, dove conserverà per molte ore, con una temperatura interna più elevata dell'ambiente, una particolare mobilità e vivacità. Se, in alcune forme almeno, l'occhio, come si è detto, sembra punto tli partenza di stimoli che provocano, per via riflessa, contrazione del pigmento alla luce, la sua soppressione si traduce in un'espansione dei melanofori, secondo alcuni attribuibile a eccitazione dell'organo parietale, non più controbilanciata, come normalmente, dall'influenza retinica. Tale espansione è inoltre accompagnata da aumento persistente del numero dei melanofori stessi e del loro contenuto in pigmento; esempio, fra i tanti che ci dimostrano l'estrema complessità di una funzione, nella quale intervengono e complicate relazioni nervose e influenze profonde metaboliche e molteplici stimolazioni ormonali (basti al riguardo considerare l'effetto costrittore che sui cromatofori esercita l'adrenalina e quello di espansione ottenuto con l'infundina).

Peli. - Il rivestimento pilifero, così caratteristico dei Mammiferi, consta di varie sorta di peli: peli lanuginosi brevi, fitti, esili e fortemente ondulati, a formarne lo strato più profondo, peli setolosi più lunghi e spessi, di ricoprimento, a lor volta distinguibili in due tipi, poiché, mentre alcuni presentano spessore uniforme, gli altri appaiono più sottili nella porzione basale, e variamente espansi in quella distale, ripiegata ad angolo sulla prima. La convergenza, che, nei caratteri del manto, presentano Mammiferi anche sistematicamente lontani, purché viventi in condizioni d'ambiente eguali, mostra l'importanza profonda che l'adattamento funzionale ha nella differenziazione del sistema. A prescindere dal loro valore di protezione meccanica e talora (aculei del riccio e dell'istrice) addirittura di difesa, il significato fisiologico dei peli è soprattutto connesso con la termoregolazione, cui essi concorrono, sia passivamente per le proprietà coibenti della sostanza cornea e dell'aria interposta o, talora, per l'aumento della superficie di evaporazione del sudore, sia attivamente, attraverso il giuoco dei muscoli erettori. A queste funzioni termoregolatrici indirettamente devono contribuire anche le opposte cariche elettriche assunte per strofinio - come deve avvenire nella locomozione - dai peli lanuginosi (negativi) e da quelli setolosi (positivi), in quanto, per il giuoco delle reciproche attrazioni e repulsioni, esse determinano un'adeguata e uniforme distribuzione del pelo stesso.

Delle due mute annue - primaverile e autunnale - che si ammettono per i Mammiferi, la seconda è, per le specie dei paesi freddi, caratterizzata da un più fitto sviluppo dei peli lanuginosi, cui a volte corrisponde un aspetto del tutto diverso del manto. La cosa è particolarmente evidente nelle forme delle grandi estensioni continentali o di alta montagna a inverni rigidissimi (cavallo selvatico del Tibet, stambecco, bisonte, tigre siberiana, leopardo delle nevi, ecc.). Sono anzi tali rapporti con le condizioni climatiche che confermano l'importanza termoregolatrice del rivestimento pilifero, in analogia del resto con il piumaggio degli Uccelli. Rapporti che si manifestano ancora nelle diverse caratteristiche che il pelo assume tra forme di habitat differente. Così la lucentezza ben nota del manto dei grossi carnivori, ungulati, ecc., delle zone tropicali è connessa con la povertà dei peli lanuginosi e con la ricchezza di quelli setolosi in queste forme, che rivestono però anch'esse un manto invernale, quando si trovino a dover trascorrere all'aperto i freddi inverni di latitudini più settentrionali. Il che dimostra come la capacità di differenziazione di una livrea invernale, per adattamento climatico, sia potenzialità insita in tutti i Mammiferi, anche se manifesta solo in condizioni adeguate. Ritornano nei climi caldi manti fitti e fortemente cosparsi di grasso in molti abitatori della foresta equatoriale, dove la necessità di protezione termica riappare di fronte alle violente e continue piogge di questa zona e al conseguente possibile raffreddamento per evaporazione. Com'è noto, la muta autunnale è, in forme di alta montagna o di regioni a lungo periodo di innevamento, caratterizzata dalla sostituzione dei peli variamente colorati dell'abito estivo con peli più o meno chiari e talora del tutto bianchi. Se tale fenomeno, ai fini ecologici, può indubbiamente essere utile, il suo determinismo fisiologico deve ricercarsi nel fattore ambientale (deficienza di luce, bassa temperatura), come risulta, fra l'altro, dalla subordinazione, per la medesima specie, dei caratteri della muta alla diversa fisionomia invernale delle varie zone dell'area di distribuzione. È però singolare il fatto che talune forme (camoscio, stambecco) nella muta invernale accentuano, anziché attenuarle, le tinte oscure e ciò in accordo con i risultati sperimentali per cui le basse temperature sembrano rigenerare peli neri in sostituzione dei bianchi rasati.

Penne e piume. - Rappresentano per gli Uccelli quello che per i Mammiferi sono i peli, con i quali condividono il duplice ufficio di protezione meccanica e di termoregolazione. Per quanto riguarda l'importanza delle remiganti e delle timoniere nella dinamica del volo, v. uccelli.

Ghiandole. - Una particolare ricchezza di aspetti funzionali, correlativa alla varietà morfologica, è rilevabile a livello delle manifestazioni ghiandolari cutanee, tanto più in rapporto alla molteplicità di adattamenti ecologici a condizioni ambientali diverse. Alla secrezione mucosa, così caratteristica dei Pesci, sembrano spettare e una funzione protetiiva di fronte all'insediamento dei parassiti (forme che, come l'Hippocampus, ne sono prive, appaiono anche più facilmente parassitate) e il compito di attenuare l'attrito col mezzo, nella locomozione acquatica.

Il secreto delle ghiandole cutanee degli Anfibî (Rana esculenta) appare fortemente proteico e dotato di elevato potere tossico che si traduce, per iniezione, in rallentamento del cuore, abbassamento della pressione, paralisi respiratoria, azione emolitica, ecc.

Negli Uccelli la ghiandola dell'uropigio, equivalente a quelle sebacee dei Mammiferi, fornisce, col proprio secreto, elemento di protezione contro la penetrazione e l'adesione dell'acqua nel piumaggio, ed è quindi particolarmente sviluppata nelle forme acquatiche, mentre è ridotta o assente in quelle essenzialmente terrestri di clima steppico o non volatrici. La sua estirpazione sembra accompagnarsi a profonde alterazioni delle penne e a disturbi generali dell'animale, il quale perderebbe, fra l'altro, la capacità di mantenere in acqua la temperatura corporea.

Estesissimo sviluppo e larghissima importanza fisiologica ha la funzione secretoria nei Mammiferi, dove essa è direttamente interessata alla termoregolazione, presiede all'eliminazione di prodotti di rifiuto, assicura la protezione della cute dal disseccamento o, viceversa, dal contatto diretto con l'acqua (in molte forme acquatiche), provvede alla lubrificazione del pelo, nonché fornisce secreti dotati di odori particolari, caratteristici da specie a specie, da regione a regione del corpo, e che possono intervenire in varî momenti biologici, soprattutto in rapporto alla sessualità. Nonostante tuttavia la grande importanza che questi organi cutanei hanno in tutta la classe dei Mammiferi, la ricerca fisiologica si è concentrata soprattutto sull'uomo e dati relativamente scarsi si posseggono tuttora nel senso comparativo, onde si rimanda alle voci cute; mammiferi.

Così rimandiamo pure alla voce cute, per quanto si riferisce alle funzioni sensorie della pelle, limitandoci a richiamare qui, ai fini della fisiologia comparata, la presenza, nei Pesci e negli stadî giovanili degli Anfibî, di una caratteristica funzione di senso, il senso della linea laterale, destinata verosilmente a raccogliere le stimolazioni delle vibrazioni dell'acqua (v. linea laterale; pesci).

Ricordiamo infine come in varia misura, nelle diverse classi dei Vertebrati e in varia forma, il tegumento prenda sempre importante parte alle manifestazioni della vita sessuale, con la differenziazione di caratteri sessuali secondarî permanenti o periodici. Per maggiori particolari in proposito, v. sesso.

Fisiologia umana.

Il rivestimento epidermico della cute umana, privo di vasi sanguigni, è soggetto nel suo strato superficiale o corneo a continuo rinnovamento, per il distacco di squame o lamelle cellulari ricche di cheratina. Lo strato epidermico della cute possiede anche una funzione sensitiva (v. cute). Il derma cutaneo, ricco delle cosiddette papille cutanee, contiene abbondanti vasi sanguigni e linfatici e numerosi rami e fibre nervose che formano plessi e reti, distribuendosi attorno ai vasi stessi e mettendosi in rapporto con un grande numero di organi nervosi sensitivi; nel derma si trovano anche le ghiandole sudorifere e sebacee. A questo strato spettano quindi le funzioni più importanti della cute, mentre il sottostante pannicolo adiposo ha l'ufficio di rivestimento coibente contro la dispersione del calore, e funziona anche come deposito dei grassi di riserva. Il rivestimento cutaneo compie nell'uomo, come in tutta la serie animale, in primo luogo una funzione protettiva in quanto è adattato a subire quelle azioni degli agenti esterni (aria, acqua, azioni meccaniche, termiche e chimiche) che non sarebbero tollerate dai tessuti sottostanti. Di questa funzione protettiva fa parte anche la regolazione fisica del calore corporeo. Nella specie umana spetta alla cute un'importante funzione secretiva, quella sudorale, che sussidia e sostituisce in parte la secrezione renale e ha inoltre una partecipazione importante nella termoregolazione. L'uomo, a differenza di alcune specie animali, può sudare su tutta la superficie cutanea; ma tale funzione si compie più facilmente sulla fronte, sulla superficie dorsale della mano, nelle piante dei piedi, nel cavo ascellare e nell'inguine. Piuttosto che con il numero di ghiandole sudorifere, tale differenza è in rapporto con una maggiore attività funzionale di esse. Infatti un centimetro quadrato di cute contiene nella fronte 140 ghiandole sudorifere, nelle gote 60, nel petto, addome, avambraccio 225, nella superfcie dorsale della mano 170, nella palma della mano 310; ancor più numerose sono le ghiandole nel cavo ascellare.

Il prodotto di secrezione delle ghiandole sudorifere è il sudore (v.); la secrezione del sudore ha lo scopo di eliminare dall'organismo una certa quantità di acqua e di materiali solidi, e di concorrere alla regolazione del calore cutaneo, per mezzo del raffreddamento della pelle prodotto dall'evaporazione del secreto sudorale. Finché questa secrezione è scarsa, essa non apparisce sulla pelle in forma di goccioline più o meno minute, perché evapora a misura che si produce; si ha allora la perspiratio insensibilis, che diventa sensibilis, quando l'abbondanza della secrezione e lo stato di umidità dell'ambiente rendono visibile il secreto sotto forma di gocce. La perspirazione insensibile comprende anche l'esalazione cutanea dell'anidride carbonica. Le prime ricerche quantitative sull'eliminazione acquea attraverso la cute e i polmoni furono compiute da Santoro Santorio (1614) pesando i soggetti di esperimento durante giornate intere. In seguito, A. Lavoisier e E. Seguin (1720) videro che tale perdita può raggiungere circa un litro d'acqua in 24 ore. Si constatò intanto che mentre non può escludersi che una minima quantità d'acqua evapori direttamente dall'epidermide, la maggior parte della perspirazione (sia sensibile sia insensibile) è dovuta, almeno per l'uomo, all'attività secretiva delle ghiandole sudorifere. Il 40% dell'acqua emessa giornalmente dall'organismo si elimina per traspirazione cutanea e polmonare, ossia circa 1200 cmc.; di questa quantità i 2/3 costituiscono l'eliminazione cutanea. È noto il bilanciamento funzionale esistente fra l'eliminazione dell'acqua per via cutanea e per via renale; in estate si traspira molto e si urina poco, mentre il contrario avviene d'inverno. Questo antagonismo funzionale riguarda però solo l'acqua, non i prodotti solidi dei due escreti; il sudore possiede una bassa concentrazione molecolare (Δ =− 0,237°, fino a Δ = − 0,80°) e ha una piccola parte nel liberare il corpo da materiali solidi. L'aumento estivo della sudorazione è un fenomeno di regolazione termica. Anche l'abbondante perdita di acqua attraverso l'intestino (nella diarrea) fa diminuire la funzione secretiva della pelle. Quando l'aria è satura di umidità, la perspirazione diviene più facilmente sensibile, senza che per questo sia aumentata la quantità del sudore secreto. Il crescere della temperatura esterna favorisce l'attività delle ghiandole sudorifere, in grado variabile a seconda degl'individui. Ma, al disopra di 33°, poche persone non sudano; questa temperatura è considerata come critica, cagionando il passaggio rapido dalla traspirazione insensibile alla sensibile. Gli esperimenti negli animali hanno dimostrato che l'azione delle temperature elevate sulla secrezione del sudore non si deve a un fenomeno locale, ma è di natura riflessa, ossia s'effettua attraverso ai centri nervosi per lo stimolo termico della cute. Il riscaldamento del sangue e l'asfissia agiscono direttamente sui centri della sudorazione, e le ghiandole entrano in attività anche dopo il taglio delle radici spinali posteriori. Favoriscono la secrezione del sudore l'ingestione di bevande, l'esercizio muscolare, l'asfissia, gli stati emozionali più svariati (gioia, dolore, angoscia, ecc.) e alcuni veleni, tali la pilocarpina (la quale agisce anche se i nervi sono tagliati), la nicotina, l'acetilcolina e l'eserina; l'atropina paralizza la sudorazione anche se è promossa dalla pilocarpina. Nei lavoratori esposti ad alte temperature (fuochisti, mietitori) la quantità di sudore può raggiungere anche più litri durante le ore di lavoro. La sudorazione visibile è accompagnata da dilatazione dei vasi sanguigni; l'iperemia cutanea, favorendo l'irradiazione del calore corporeo, coopera al raffreddamento della cute. Ma per quanto l'aumentata vascolarizzazione della cute e delle ghiandole in essa contenute sia una condizione molto favorevole per la secrezione, tale condizione non è necessaria, dipendendo la funzione delle ghiandole dall'azione diretta di nervi secretori; nel cosiddetto sudore freddo dell'angoscia psichica o dell'agonia, si ha sudorazione e anemia cutanea. L'attività delle ghiandole sudorifere è principalmente soggetta al sistema nervoso centrale; ma anche stimolando artificialmente un tronco nervoso con la corrente elettrica si ottiene una secrezione di sudore nella porzione di cute che dipende da quel nervo. Le fibre sudorali per il tronco e per le estremità si originano dal midollo spinale e attraverso ai rami comunicanti si recano ai cordoni e ai ganglî del simpatico; da questi, per mezzo dei rami grigi, quelle fibre vanno ai nervi misti periferici. Il centro nervoso principale della sudorazione sembra che sia localizzato nel midollo allungato; centri secondarî si trovano nel midollo spinale e anche nel cervello anteriore (nella parte mediale della base del lobo frontale, nel gatto) per la sudorazione emotiva. Il calore provoca una secrezione locale anche a nervi tagliati. La funzione delle ghiandole sudorifere s'accompagna con un fenomeno elettrico (corrente d'azione), al quale è da riferire il cosiddetto riflesso psicogalvanico o neurogalvanico.

Secrezione sebacea. - Una forma di secrezione caratteristica della cute è quella sebacea, dovuta all'attività di numerose ghiandolette disseminate nello spessore del derma cutaneo. Sono ghiandole a grappolo che versano il prodotto della secrezione, detto sebo (v.) o sostanza sebacea, sia nei follicoli piliferi, sia alla superficie della cute quando non dipendono dal follicolo pilifero; mancano nella palma della mano e nella pianta dei piedi. Il sebo ha per ufficio di spalmare e proteggere i peli e la superficie cornea della pelle, allo scopo di limitare l'evaporazione acquosa attraverso l'epidermide e di impedire che il sudore e altri liquidi imbevano la pelle. Alla presenza del sebo la pelle deve la lucentezza e morbidezza caratteristiche. Allo stesso tipo appartengono le ghiandole ceruminose del condotto uditivo esterno e le ghiandole che nel solco balano-prepuziale producono lo smegma. Le sostanze che formano il sebo provengono dal disfacimento, per degenerazione grassosa, delle cellule che tappezzano i tubi ghiandolari. La quantità di grasso eliminata giornalmente con il sebo, ascende, secondo alcuni osservatori, a circa 15 grammi, secondo altri è molto minore. Le ghiandole mammarie possono considerarsi come ghiandole sebacee conglomerate e modificate funzionalmente (v. mammella).

Respirazione cutanea. - La parte che nella specie umana prende la cute alle funzioni respiratorie è molto limitata, a differenza di quanto s'osserva in molte specie animali; così, mentre nelle 24 ore attraverso al polmone si eliminano in media 840 gr. di CO2, se ne emettono appena 7,2-8,4 fino a 13 gr. attraverso alla cute. Solo oltre i 33° di temperatura esterna si può raggiungere una trentina di grammi di CO2 al giorno, in rapporto con il maggior lavoro delle ghiandole sudorifere (E. Schierbeck, T. Willebrand). Non v'è, tra la cute e i polmoni, una correlazione funzionale di tale importanza come tra cute e reni, rispetto all'acqua. Sembra che la maggior parte degli scambî respiratorî cutanei si faccia attraverso i condotti delle ghiandole; una minor parte del CO2 esala dalla cute diffondendosi attraverso la parete dei capillari sanguigni e attraverso l'epidermide, per la differenza di tensione che esiste rispetto a quel gas fra il sangue e l'aria ambiente.

Assorbimento cutaneo. - S'è dibattuta a lungo la questione se la cute possieda una capacità di assorbimento. Premettiamo che la secrezione sebacea rende l'epidermide capace di scarsa imbibizione e perciò poco permeabile all'acqua; ciò è comprovato sperimentalmente anche con bagni molto prolungati. Se la cute è intatta, le sostanze chimiche più diverse, in soluzione acquosa, non vengono affatto assorbite; questo fatto risulta dalle ricerche concordi di molti osservatori. Se si sgrassa preventivamente la cute con etere o con alcool, oppure se si fanno agire sostanze solventi dello strato lipidico epidermico (come cloroformio, aldeidi, chetoni, fenoli, acido salicilico e acido borico) s'ottiene un certo grado di assorbimento. La cataforesi elettrica può effettuarsi attraverso la cute. Le soluzioni oleose e gli unguenti (per es., l'unguento mercuriale) non vengono assorbiti, a meno che, frizionando a lungo, la sostanza penetri nei follicoli piliferi, nei condotti ghiandolari e negli spazî intercellulari dell'epidermide. Anche il piombo sarebbe assorbito, in quanto forma oleati con i grassi della cute.

Funzione vitaminogena. - I disturbi proprî della deficienza di vitamina D (rachitismo) possono evitarsi e guarirsi, oltre che con la somministrazione della vitamina stessa o di cibi che la contengono, anche mediante l'esposizione dei soggetti ammalati alla luce solare o ai raggi ultravioletti prodotti da lampade al mercurio o al magnesio; in tal guisa la quantità, sia pur piccolissima, ma sufficiente di ergosterolo che accompagna il colesterolo, di cui è ricco lo strato epidermico, si trasforma in vitamina D. D'altra parte, sottraendo completamente o quasi un organismo superiore, anche della specie umana, alla luce solare per un tempo abbastanza lungo compaiono i disturbi proprî del rachitismo. Si deve quindi considerare la cute come l'origine di una parte almeno della vitamina che ha per ufficio di assicurare il normale ricambio del calcio e del fosforo, e quindi lo sviluppo del tessuto cartilagineo delle ossa.

Funzione immunitaria. - Alla cute spetta una parte non indifferente nei fenomeni di protezione immunitaria dell'organismo. Le malattie esantematiche che colpiscono più specialmente la cute (scarlattina, vaiuolo, vaccino, ecc.) lasciano spesso come conseguenza uno stato d'immunità valido e duraturo, alla produzione del quale parteciperebbe principalmente la cute. La specificità d'azione di alcuni antigeni rispetto alla cute e la sensibilizzazione di essa, dopo che l'organismo ha sofferto un'infezione o quando essa è in atto (cutireazione), dimostrano che la pelle reagisce in modo particolare e difende sé stessa e l'organismo contro determinate infezioni. Le genesi di questi fenomeni di allergia cutanea è ancora oscura.

Fisiopatologia.

Alterazioni della funzione protettiva della pelle. - La pelle protegge l'organismo dagli agenti fisico-chimici e parassitarî; contribuisce alla formazione di sostanze difensive, in molte malattie infettive; coopera a mantenere l'equilibrio osmotico dei liquidi organici e il tenore in acqua dell'organismo. La protezione si esplica, anzitutto, a mezzo dell'epidermide, la quale, con il suo strato corneo meglio s'oppone ai fattori dannosi, e reagisce a stimolazioni ripetute, ipertrofizzandosi. Dal punto di vista meccanico, grande importanza ha poi il tessuto adiposo sottocutaneo, costituendo esso, specialmente in alcune parti più esposte a traumi, cuscinetti elastici.

Pelle e pannicolo adiposo, distribuiti su tutta la superficie corporea, impediscono, come cattivi conduttori termici, un'eccessiva dispersione del calore organico e un facile surriscaldamento per assorbimento del calore ambiente. Come il calore, anche l'elettricità viene scarsamente condotta dalla pelle. Ciò nonostante, specie in adatte condizioni (inumidimento) essa permette l'immissione della corrente elettrica nelle parti profonde dell'organismo, il che s'utilizza in medicina sperimentale e in terapia ma è cagione di gravi infortunî se si tratta di correnti ad alta tensione. Caratteristica è l'azione della corrente galvanica sull'assorbimento percutaneo di sostanze (sali disciolti in acqua) che ordinariamente sono assorbite difficilmente dalla pelle a causa dello strato corneo impregnato di sebo; la corrente galvanica ne permette l'assorbimento mediante la dissociazione e il trasporto degli ioni (elettroforesi). Qualora venga alterato lo strato corneo, normalmente impregnato, come s'è detto, di materia sebacea e, per ciò, poco permeabile, ha luogo alla superficie una tale dispersione di acqua, che la nutrizione dell'intero organismo ne può essere seriamente danneggiata. Così nelle scottature molto estese, a parte il sopravvenuto processo flogistico che dà luogo alla formazione di abbondante essudato sieroso, sembra che la perdita copiosa di liquido che segue alla distruzione degli strati superficiali della pelle, concorra, in grado non piccolo, a determinare la morte degli scottati.

Pigmento. - S'ammette che il pigmento cutaneo serva a proteggere l'organismo dall'azione chimica dei raggi solari; in diversi animali il pigmento cutaneo ha infatti tendenza a disporsi sulla parte dorsale del corpo. L'annerimento da sole avviene in maniera regolare e diffusa negl'individui sani e quindi ben reagenti; è irregolare nella sua distribuzione, o non si ha affatto, negl'individui malati, a scarsa reazione difensiva. In queste iperpigmentazioni da azione solare, non si trova nel derma alcuna traccia di pigmento; alterando però l'epidermide con la neve carbonica, con l'applicazione di radium o di raggi röntgen, questa può non trattenere il pigmento, che viene allora a diffondersi nel derma.

Ben altro significato hanno le pigmentazioni che s' osservano nelle gravide (iperpigmentazioni al viso, sulla linea alba, sulla vulva, all'intorno dei capezzoli), le pigmentazioni analoghe che si notano nel corso di altre alterazioni degli organi genitali femminili, le pigmentazioni osservabili nelle gravi forme tubercolari polmonari e peritoneali, nelle carcinomatosi, in varie endocrinopatie (v. sotto). Inoltre serve la pelle a mantenere l'isotonia dei succhi organici. Se nell'organismo viene a trovarsi in eccedenza qualche composto salino (cloruro di sodio) questo si deposita allora elettivamente negli strati profondi della pelle, evitando che si determini l'idremia, che necessariamente, col permanere del sale in circolo, s'instaurerebbe per il mantenimento dell'equilibrio molecolare del sangue.

La sensibilità cutanea protegge non solo la pelle, ma tutto l'insieme organico; l'abolizione della sensibilità (anestesia) non dà notizia di traumi, che possono essere dannosi tanto alla zona cutanea colpita, quanto, a volte, alla vitalità dell'intero organismo. In certi casi di anestesia si ha con facilità, nelle zone corrispondenti, la produzione di lesioni varie, perché vi manca la nozione del dolore indotta dal fattore lesivo e quindi l'atto di difesa. Per i disturbi trofoneurotici concomitanti, le lesioni si fanno spesso torpide e progressive.

Dal lato immunitario, la pelle esercita una valida azione di difesa contro i microrganismi patogeni e i loro veleni. Le cellule cutanee sono sede d'immunità istogena che si basa: a) sul continuo distacco di cellule dello strato corneo che così liberano la superficie dai germi che su di essa si depositano; b) sullo scarso contenuto in acqua degli strati superficiali; c) sulla reazione acida della superficie cutanea. I microrganismi patogeni che vivono sulla pelle, appartengono infatti, quasi tutti, al gruppo degl'ifomiceti, germi che crescono bene in ambiente acido. La pelle costituisce pertanto una prima barriera alla penetrazione in circolo di molti germi patogeni; di più funziona come un organo produttore di sostanze difensive, la cui azione s'esplica con un aumento della difesa locale della pelle stessa e di tutto l'organismo (reazione immunitaria locale e generale). Un esempio d'immunità locale, è dato, come dimostrò A. Besredka, dal comportamento dell'infezione sperimentale carbonchiosa negli animali (cavia). Se s'introduce il bacillo del carbonchio nella pelle, qui esso cresce, si moltiplica ed elimina tossine fino a determinare la morte della cavia (cutinfezione, cutintossicazione). Inoculato, invece fuori della pelle (per es., nelle pleure, nel peritoneo) esso si comporta come saprofita e non dà luogo a lesioni. Come l'intossicazione, così l'immunità s'ottiene solo quando l'infezione carbonchiosa avviene nella cute. La pelle può anche produrre uno stato immune di per sé, senza cioè che questo stato sia legato alla presenza di anticorpi in circolo. L'immunità non sarebbe quindi sempre dipendente dalla presenza, sperimentalmente dimostrabile, di anticorpi.

Un tipico esempio di esofilassia si ha nelle malattie infettive prodotte da virus dermotropi; in queste, infatti, si dimostra che tutto l'organismo viene influenzato, nel senso di difesa, dalla pelle, perché quasi costantemente si ha, in tali infezioni, produzione di una immunità assoluta e permanente. Nella tubercolosi, la difesa immunitaria è più intensa se le localizzazioni tubercolari si hanno o si provocano nella cute; e rare o poco gravi risultano le localizzazioni viscerali, allorquando è presente una tubercolosi cutanea (tuberculidi, lupus). Nella pelle perciò si inoculano, a scopo profilattico e curativo, diversi tipi di vaccini tubercolari. Anche in altre malattie infettive viene usata per i vaccini la via intracutanea; perciò diversi autori ritengono l'inoculazione cutanea più efficace dell'inoculazione per altre vie.

La luce infine, e principalmente i raggi ultravioletti, ecciterebbero la pelle alla formazione di sostanze difensive (v. sopra: Fisiologia); per questo l'impiego dell'elioterapia, dei bagni di luce e delle irradiazioni ultraviolette, riesce utile nelle più svariate affezioni.

Alterazioni della funzione respiratoria cutanea. - Attraverso la pelle vengono eliminati acido carbonico e vapore acqueo. L'eliminazione di acqua, a mezzo della perspiratio insensibilis, avviene indipendentemente da quella che s'effettua mediante le ghiandole sudorifere. Se si ostacola o si riduce questa funzione respiratoria della cute, applicando su di essa uno strato impermeabile (vernice), l'animale, così trattato, viene rapidamente a morte. Ciò, molto probabilmente, non è dovuto solo alla riduzione della respirazione cutanea, ma all'intervento di altri fattori. Così, nel coniglio, basta a cagionare la morte, ricoprire di vernice 1/8 della superficie cutanea.

Alterazioni dell'assorbimento cutaneo. - L'assorbimento cutaneo è normalmente insignificante per l'acqua e scarso per i gas; gli alcaloidi vi possono penetrare per elettroforesi. Allontanato che sia lo strato grassoso che ricopre la pelle, più attivo risulta l'assorbimento cutaneo. A ogni modo è notevole per questa via l'assorbimento di sostanze che, irritando la pelle, producano in essa delle lesioni di continuità, o che, facilmente solubili nei grassi, possano diffondersi in quello cutaneo.

L'assorbimento può essere ostacolato dalla diminuzione o dalla scomparsa della circolazione capillare cutanea; ciò avviene, per es., nello stato algido del colera asiatico.

Alterazioni della funzione secretiva cutanea. - La funzione secretiva cutanea s'esplica con eliminazione di sudore, elaborato dalle ghiandole sudorifere, e di sebo, elaborato dalle ghiandole sebacee. La secrezione del sudore che, nell'uomo adulto e a temperatura ambiente normale, oscilla nelle 24 ore fra 700 e 900 gr., può, tra l'altro, variare in dipendenza dei mutamenti che avvengono, rispetto all'eliminazione di acqua, negli altri emuntorî (urinario, intestinale, polmonare). Se l'intestino e il rene eliminano grandi quantità di acqua, diminuisce la secrezione sudorale e la pelle assume un particolare aspetto di secchezza. Così alcuni animali, scarsamente forniti di ghiandole sudorifere, vicariano la conseguente deficiente eliminazione d'acqua cutanea, con un'aumentata eliminazione attraverso gli altri sistemi emuntorî; e la facile tachipnea dei cani viene appunto in gran parte determinata dalla ridottissima e quasi assente eliminazione sudorale, legata alla mancanza, pressoché completa in essi, di ghiandole sudorifere. La diminuzione della secrezione sudorale (anidrosi) si osserva neil'ittiosi generalizzata, nel diabete, nella cachessia cancerigna, in varie turbe di nutrizione della pelle e in alcune malattie nervose quale la demenza paralitica. Diminuzione, limitata a determinate regioni della pelle, si osserva in certe trofoneurosi; in questi casi essa è dovuta alla paralisi dei nervi corrispondenti ai territorî cutanei anidrotici o a disturbi dei loro centri sudoripari. L'aumento della secrezione sudorale (iperidrosi) si nota in individui facilmente eccitabili ed è dovuta alla stimolazione dei nervi sudorali. Di tale specie sono i sudori profusi presenti nelle persone debilitate e negl'isterici (sudori localizzati, specie alla testa e alle mani), e i bruschi sudori epilettoidi. In alcuni casi, l'iperidrosi è unilaterale e accompagnata spesso da sintomi di irritazione simpatica nello stesso lato (rossore alla faccia, dilatazione della pupilla). Quando l'iperidrosi di un lato si manifesta senza segno alcuno di affezione simpatica, essa è probabilmente dovuta all'eccitazione unilaterale delle fibre sudorali.

Oltreché quantitativamente, il sudore può presentarsi modificato qualitativamente, nella percentuale dei componenti organici e inorganici, nella reazione, nei caratteri organolettici e nella tossicità. Così, nella febbre puerperale, il sudore contiene acido lattico, nel reumatismo articolare acuto, esso è vischioso e contiene molta albumina, nello stadio sudorale della febbre intermittente contiene gran quantità di butirrato di calcio, nel diabete mellito glucosio, nell'uricemia acido urico e nella cistinuria cistina; dopo un lavoro muscolare aumenta la sua tossicità.

Tra le paridrosi (modificazioni nella composizione del sudore) ricorderemo ancora i sudori sanguigni che, dovuti a emorragie delle ghiandole sudorifere, possono apparire su una metà laterale del corpo. Sudori sanguigni possono supplire le mestruazioni assenti, peraltro eccezionalmente. Le cromidrosi (sudori colorati) sono assai rare. La colorazione blu del sudore può dipendere da indaco, da piocianina o da sali di ferro. Alcuni microrganismi, che vivono sui peli e sulle squame epidermiche, possono colorare il sudore in giallo o in rosso. Pure a microrganismi può esser dovuto l'odore nauseabondo del sudore. Nel sudore fetido (bromidrosi) dei piedi, si riscontrano leucina, ammoniaca, tirosina, acido valerianico; sostanze che possono essere allontanate solo con bagni antisettici, che uccidano i microrganismi.

La secrezione delle materie sebacee può presentarsi aumentata (seborrea), sia su tutta la superficie cutanea, sia in zone limitate (seborrea limitata al cuoio capelluto, nella calvizie precoce) rendendo la parte untuosa e lucida. Per contro, la diminuzione di detta secrezione (asteatosi cutanea), rende la pelle secca, ruvida e scagliosa; anch'essa può essere generalizzata o circoscritta. Circoscritta è l'asteatosi cutanea nella testa calva senile, ove le ghiandole sebacee sono atrofizzate o addirittura scomparse. Se i dotti escretori delle stesse ghiandole vengono ostruiti da pulviscolo o da granulazioni, si ha, nei tubuli ghiandolari, ristagno e accumulo del sebo con formazione di comedoni.

Alterazioni della funzione termoregolatrice cutanea. - Con la funzione termoregolatrice è controllata, attraverso la pelle, la dispersione del calore animale. Se di fatto vi è nel corpo eccesso di calore, questo viene allontanato mediante vasodilatazione cutanea e aumento della funzione sudorale; ché l'evaporazione del sudore produce raffreddamento del corpo. Quando questi mezzi di dispersione del calore sono insufficienti, per cause inerenti o all'organismo (ittiosi) o all'ambiente (eccessiva umidità, nell'atmosfera calda, che impedisce l'evaporazione del sudore), si ha con facilità il colpo di calore.

Sotto l'influenza del freddo, si produce, per contro, una vasocostrizione cutanea con diminuzione della sudorazione. Negli stati emotivi e nel periodo agonico si verificano sudorazioni paradossali.

Alterazioni della funzione sensitiva cutanea. - Disturbi nelle diverse sensibilità (tattile, termica, dolorifica, barica, ecc.) proprie della pelle sono legati a varie condizioni morbose. L' esagerazione della sensibilità tattile (iperestesia tattile) si osserva raramente. Nelle zone cutanee, in cui l'epidermide è assottigliata per l'azione di sostanze epispastiche (irritanti o vescicatorî) o per eruzioni vescicolose (zona), aumenta la finezza dell'apprezzamento termico. In questi casi si osserva anche un aumento di finezza del senso di luogo. A proposito di questo esiste un'anomalia, detta localizzazione paradossale, consistente nell'avvertire tre punte allorché solo due toccano la pelle. Un'altra alterazione del senso di luogo sopravviene nell'avvelenamento lieve da morfina e consiste in una sensazione di grossezza enorme e riempimento del proprio corpo, ciò quando vengano chiusi gli occhi. L'allochiria è data dall'impossibilità di indicare se un toccamento è stato fatto a destra o a sinistra, avvertendo lo stimolo nel lato opposto a quello in cui venne applicato. Coi termini: ipopselafesia e apselafesia s'intende l'indebolimento e la scomparsa del senso tattile. Raramente però è abolita una sola delle modalità tattili, quale, per es., il senso di pressione o il senso della temperatura (del senso della temperatura possono scomparire o solo le sensazioni di caldo, o solo quelle di freddo). A questi stati patologici si è dato il nome di paralisi parziale del tatto. L'iperalgesia cutanea (esagerazione della sensibilità dolorifica) s'osserva principalmente negli stati infiammatorî ed esantematici della pelle. Essa è legata a uno stato d'ipereccitabilità dei nervi afferenti, con esagerazione nella trasmissione delle impressioni dolorose. In tali condizioni si può provocare dolore intenso, anche col semplice soffiamento. Paralgesie cutanee sono anomalie, sgradevoli o dolorose, della sensibilità (prurito, formicolio, sensazione di bruciore o di freddo). L'indebolimento e la soppressione della sensibilità dolorifica (ipoalgesia e analgesia) può essere dovuta ad affezioni delle terminazioni periferiche dei nervi, a lesioni dei tronchi nervosi o dei centri. In alcune malattie del sistema nervoso, quali la siringomielia, l'ematomielia e la lebbra nervosa, si può avere quella che si chiama dissociazione della sensibilità: il senso tattile è conservato, ma è scomparsa la sensibilità dolorifica.

Fisiopatologia del tegumento in rapporto a quella dell'organismo. - Il sistema tegumentario, come un tutto indissolubile con l'organismo, partecipa delle condizioni di quest'ultimo. Per esempio, se il ricambio organico è in perdita, la pelle, che nei suoi strati profondi funziona da organo di riserva, cede sostanze all'organismo; più frequentemente i grassi e l'acqua, eventualmente i sali. Nelle intossicazioni alimentari infantili s'abbassa, di fatto, il contenuto cutaneo in sostanze minerali, e nel pemfigo il ricambio dei sali nella cute è profondamente alterato.

Soprattutto nei bambini, in cui per lo spiccato accrescimento è necessario un più attivo ricambio, vien fatto facilmente appello, in condizioni morbose di passività di bilancio, alle riserve (specie grasso e acqua) degli strati tegumentarî. Analoghi fatti, però in misura minore, si osservano negl'individui adulti.

Varie sono le malattie del ricambio che inducono alterazioni nella pelle. La xantosi diabetica è dovuta a un accumulo di pigmento giallo (carotina, luteina); il diabete bronzino è accompagnato da deposito nella pelle di un pigmento contenente ferro e di uno privo di ferro. Particolari colorazioni cutanee vengono osservate nell'alcaptonuria con ocronosi, e alterazioni della pelle si sono notate nei disturbi del ricambio purinico. Nel diabete e nella gotta sono frequenti le dermatosi. Diverse malattie cutanee dei bambini (crosta lattea, eczema essudativo) dipendono da alimentazioni errate o unilaterali. Origine alimentare hanno pure quegli esantemi urticariformi che si riscontrano in individui predisposti, dopo ingestione di particolari alimenti: albume d'uovo, fragole, aragoste, ecc.; spesso, oltre a queste alterazioni cutanee, si osservano anche sintomi a carico delle mucose delle vie digerenti e respiratorie, restando così dimostrato che le manifestazioni cutanee non sono che un segno di un disordine generale dell'organismo.

La costituzione influenza la formazione del pigmento, e l'irrorazione cutanea. Gl'individui poveri di pigmento (biondi) sono vasolabili e vagotonici e reagiscono intensamente agli stimoli esterni (cutireazione alla tubercolina, in generale, più pronunciata che non negl'individui con pigmento normale). I peli, nei neurastenici e astenici, sono sottili e molto delicati. In varie malattie costituzionali e infettive la pelle assume un aspetto speciale: pallore nel rachitismo, pallore pronunciato nelle cistopieliti, aspetto grigio nella lue congenita. Una serie di osservazioni cliniche, documentano che la funzione del sistema nervoso si riflette sullo stato della pelle, ad es., sulla sua pigmentazione. Nella vitiligine si sono notate, nei territorî di iperpigmentazione, alterazioni della sensibilità; d'altra parte la disposizione caratteristicamente simmetrica delle macchie, parla per una partecipazione del sistema nervoso alla produzione di questa malattia cutanea.

Più intimi sono i rapporti tra pelle e ghiandole a secrezione interna. La pelle presenta un'esagerata pigmentazione nelle gravi lesioni delle capsule surrenali (malattia di Addison). È conosciuto l'ispessimento mixedematoso della pelle quando la funzione tiroidea è insufficiente o assente, la sottigliezza e la levigatezza della stessa nell'iperfunzione tiroidea e specialmente nel morbo di Basedow. I rapporti tra pelle e secrezione delle ghiandole genitali sono dimostrati dalla pigmentazione caratteristica della pelle delle gravide (cloasma uterinum), dall'ipertricosi delle gravide, dalle alterazioni cutanee della menopausa e da quelle della pubertà (ad es.: comportamento della ghiandola mammaria). La castrazione precoce nell'uomo produce puranche tipiche alterazioni nella pelle, nel pannicolo adiposo e negli annessi.

Dato questo stretto legame tra pelle e organismo, si comprende come quella possa, mediante certe reazioni che su di essa si manifestano, dopo trattamento con varie sostanze (ormoni, alcaloidi, antigeni) dare un'idea dello stato costituzionale dell'organismo intero e lasciare intravedere quale, tra i due grandi sistemi che presiedono l'economia della vita vegetativa, sia il prevalente: il sistema simpatico o il sistema parasimpatico.

I peli e le unghie, sono produzioni epiteliali cheratinizzate. Il sistema pilifero limita la dispersione e l'assorbimento eccessivo di calore e di umidità.

I peli sono mobili, potendo erigersi sotto l'azione di piccoli muscoli pure annessi ai bulbi piliferi (muscoli erettori del pelo). Tale orripilazione avviene per influenza del freddo, come in seguito a eccitazioni psichiche varie, quali la paura o l'ira, ovvero è una vera veste di battaglia, assunta da animali in aggressione o in difesa, particolarmente evidente in quelli a peli rigidi e aguzzi. Il colore del sistema pilifero è, molto spesso, adattato al colore dell'ambiente ove l'animale vive alla stessa maniera che il pigmento della pelle di alcuni animali sforniti di pelo ha colore e distribuzione tale da far assumere al tegumento un aspetto assai simile a quello degli oggetti su cui gli animali di solito si fermano (mimetismo).

Non raramente il sistema pilifero concorre a determinare i caratteri sessuali secondarî. Le unghie possono eventualmente costituire un mezzo di difesa e di offesa; assai spesso agevolano la stazione eretta e il cammino.

Bibl.: J. Jadassohn, Handbuch der Haut- und Geschlechtskrankheiten, Berlino 1929; M. Comel, Fisiologia normale e patologica della cute umana, Milano 1933; L. Martinotti, G. Truffi, ecc., Relazioni sulla fisiopatologia cutanea, XXVIII riunione della Società italiana di dermatologia e sifilografia, Pavia 1934; G. Viale, Le azioni biologiche delle radiazioni, Milano 1934.

Antropologia.

Pelle. - Gli Europei settentrionali, specie i biondi, hanno, per razza, pelle più chiara; verso il sud dell'Europa il colorito della pelle diventa più oscuro. I Negri africani, i Melanesi e gli Australiani hanno la pelle più oscura. Le popolazioni mongole dell'Asia, gli Eschimesi e i Lapponi sono gialli. L'elemento giallo si trova anche in Oceania e in America. Nelle penisole meridionali dell'Asia si ha la maggiore varietà di toni prodotti dagl'incroci.

I neonati possiedono molto poco pigmento. Anche nelle razze di colore si forma solo dopo la nascita. Filogeneticamente, il pigmento epidermico si presenta già nei Mammiferi più bassi. Le cellule mongole del corion si trovano solo nei Primati e sono in piccole quantità nelle razze umane, sia nelle chiare sia nelle scure. Si trovano in maggior quantità nella regione sacrale, glutea, lombare e sul dorso dei. neonati e dei bambini piccoli, dove provocano macchie grigio-azzurre. Essendo frequenti fra le razze mongoliche (circa il 90%) sono dette macchie mongole; si presentano talvolta anche tra i Bianchi. Generalmente vengono spiegate con l'atavismo.

E. Fischer spiega la grande varietà di colore della pelle fra le varie razze, in modo simile alle variazioni di colore del pelo negli animali domestici, come un fenomeno di domesticazione, compreso l'albinismo totale (mancanza di pigmento nella pelle, negli occhi e nei capelli). Esiste anche un albinismo parziale. L'albinismo totale viene ereditato in modo recessivo e compare in tutte le razze. Non va confuso con la vitiligine acquisita.

Le ghiandole della pelle sono di struttura epiteliale e sono costituite da proliferazione in profondità dello strato germinativo; vengono suddivise secondo la forma (tubolare o alveolare) e secondo la presenza o l'assenza di muscoli. Dalla secrezione e dal ritmo della secrezione si distinguono in ghiandole olocrine (sebo) e merocrine (sudore). Le cellule adipose delle ghiandole olocrine degenerano durante la secrezione. Lo Schiefferdecker suddivide le ghiandole merocrine in ecrine e apocrine. La secrezione delle ghiandole ecrine si compie senza cambiamenti di forma, quella delle apocrine viene accompagnata dalla parziale distruzione delle cellule. Le ghiandole ecrine si formano direttamente nell'epidermide e sboccano liberamente alla superficie, le apocrine e le olocrine sono formate dai follicoli dei peli e si riversano in questi (fig. 1).

La maggior parte dei Mammiferi possiede su quasi tutta la superficie corporea ghiandole apocrine e solo nelle regioni glabre ghiandole ecrine. Queste sono più frequenti presso le scimmie. L'uomo è principalmente dotato di ghiandole ecrine e solo in qualche regione di ghiandole apocrine. Nei cosiddetti organi ghiandolari della pelle (cavo ascellare, condotto uditivo, regione circumanale e mammaria) si trovano tutti i tre tipi. Presso i Cinesi e gli Australiani furono riscontrate ghiandole apocrine in numero superiore che presso gli Europei. Le ghiandole della pelle servono a regolare la temperatura, a ingrassare la pelle, nonché al nutrimento della prole.

Contengono anche sostanze odorose, variabili a seconda degl'individui.

Fanno parte delle ghiandole della pelle anche le ghiandole mammarie (v.).

Sulla palma della mano e sulla pianta del piede si rilevano 11 eminenze (tori tactiles), costituiti da connettivo sottocutaneo e grasso: 5 apicali sulle falangi terminali, 4 interdigitali, due carpali (o tarsali), l'eminenza tenare e l'ipotenare (fig. 2). Tra i Primati questi varî tipi di eminenze prendono sviluppi diversi; nell'uomo sono in genere ridotte, specie le interdigitali e le tarsali e carpali (Schlaginhaufen). Il Cummins riscontrò nelle eminenze degli embrioni umani di 17-60 mm. di lunghezza tre stadî di sviluppo e di regresso, che non si svolgono però contemporaneamente in ciascun tipo di eminenza. Le eminenze apicali si conservano più a lungo. Esistono inoltre varianti individuali per la grandezza, forma, limitazione e anche per l'epoca del regresso in un medesimo tipo. Funzionalmente le eminenze sono considerate organi tattili o sussidiarî della locomozione.

Il sistema papillare è formato da creste e solchi paralleli, che ricoprono la palma della mano e la pianta del piede, esse vengono rilevate mediante impronte. Dove s'incontrano varie linee di pieghe, si costituiscono i cosiddetti triradî, dal cui centro si dipartono tre raggi. Triradî si trovano sui polpastrelli delle dita, alla base delle dita (delle mani e dei piedi), sul carpo e sul tarso (figg. 3 e 4).

Sulle eminenze si formano delle figure (fig. 3), divise, dal Galton in poi, in tre tipi fondamentali: archi (senza triradî), nastri (con 1 triradio), vortici (con 2 triradî). Vi si aggiungano figure a due centri (nastro doppio). I nastri sono rivolti generalmente verso il lato ulnare all'indice spesso verso il lato radiale. Sui polpastrelli delle dita si trovano sempre figure. La frequenza dei tipi è diversa secondo la razza e il tipo delle dita. In tutti i gruppi osservati si sono rivelati più frequenti i nastri, i vortici più frequenti presso i Mongoli, gli archi sono ovunque rari, relativamente più frequenti però tra i popoli nordeuropei. I vortici si trovano generalmente sul 1 e 4, gli archi sul 2° dito (Bonnevie). Perciò il numero dei vortici, dei nastri e degli archi sulle 10 dita varia da individuo a individuo. Il Poll ha rappresentato graficamente nel Manuar la frequenza di queste combinazioni, nel Digitar ha invece fissato delle singole dita, cioè i tipi delle figure, in quanto esprimono e rivelano le varietà delle razze.

Figure non sono sempre presenti nelle eminenze interdigitali e tarsali o carpali; la loro frequenza è in rapporto alla razza ed è diversa sul lato destro e sul sinistro. Si tratta generalmente di nastri, solo l'eminenza dell'alluce presenta varî tipi. Particolarmente rare sono le figure nel 2° spazio interdigitale della palma. Sulle dita del piede si notano nastri disposti nel senso fibulare; gli archi sono più frequenti, i vortici meno che sulle dita della mano.

Il corso delle linee papillari sulla parte distale della palma è caratterizzato dai triradî siti alla base delle quattro dita. La palma vien divisa in aree numerate. I raggi principali dei triradî possono terminare in aree diverse, le combinazioni che ne risultano rivelano nel loro numero diversità di razza (Wilder; fig. 4). Nella pianta il numero e la posizione dei triradî hanno una particolare importanza filogenetica. I varî gruppi dei Primati si differenziano l'uno dall'altro in questo su su sino all'uomo, che rivela rapporti progressivi con un corso trasversale delle linee papillari (Schlaginhaufen).

Nella serie animale le linee papillari compaiono, alla superficie delle eminenze, prima nei Marsupiali, poi nei Primati. Ontogeneticamente esse si presentano nell'uomo già nel terzo mese di vita embrionale al lato interno dello strato germinativo e rimangono invariate durante tutta la vita, onde la loro importanza nella criminologia.

Molto importante, per la genesi delle figure, è lo stato delle eminenze all'epoca della costituzione delle linee papillari. Se la corrispondente eminenza è già ridotta a quell'epoca, allora vi è assenza di figura o soltanto una figura incompleta; da ciò deriva la gran varietà delle figure sulle eminenze apicali, interdigitali e carpali (Cummins). Il valore quantitativo delle figure apicali (numero delle linee dal triradio sino al centro) e il loro aggrupparsi sulle singole dita dipende, secondo il Bonnevie, dallo spessore dell'epidermide embrionale, dall'ispessimento dell'epidermide sul lato radiale e ulnare e si eredita attraverso tre fattori mendeliani. Viene ereditata anche la forma delle figure e la formazione di due centri.

Vanno distinte dalle linee papillari le grossolane linee della mano, prodotte dai movimenti di flessione delle articolazioni. La linea longitudinale della mano più importante è il solco d'opposizione del pollice. I due solchi trasversali (prossimale e distale) sono prodotti dalla flessione di tutte e cinque le dita, specialmente dal 3°, 4° e 5° dito. Possono essere anche riuniti in un unico solco (solco delle scimmie). Le linee della mano s'iniziano negli embrioni misuranti dai 25 ai 30 mm.

Pelosità. - La maggior parte dei Mammiferi è fornita di peli, da cui deriva loro la designazione generica di animali pelosi; sangue caldo e manto peloso sono intimamente connessi. La foltezza del pelo della maggior parte dei Mammiferi contrasta con la mancanza di pelo nell'uomo, caratteristica per la sua specie. In un primissimo stadio gli embrioni di alcuni animali sono in rapporto filogenetico con questo stato normale dell'uomo.

Il concetto che ci facciamo della pelosità animale e umana è in relazione di reciprocità con il nostro concetto dei rapporti esistenti tra uomo e animale. Lo sviluppo dei metodi scientifici ha quindi anch'esso importanza per questa questione e la teoria sull'ereditarietà apre oggi nuovi campi alla nostra indagine, anche se ciononostante numerosi siano tuttora i problemi rimasti insoluti. Negli ultimi anni un numero maggiore di studî è stato dedicato alla pelosità umana, collegandoli generalmente allo studio del capello.

Formazione e compito della veste pelosa umana. - La relativa scarsezza del pelo e la sua maggior foltezza in determinate regioni (testa, sopracciglia, guance, mento, petto, ascelle e regioni genitali) caratteristiche per l'uomo, hanno dato luogo a numerose ipotesi variamente ispirate ora ai principî lamarckiani, ora a quelli selezionistici, oppure alle leggi sull'ereditarietà. Secondo alcuni di tali principî, la perdita del manto peloso rappresenta per l'uomo un disagio e uno svantaggio nei riguardi della salute; se presentatasi spontaneamente, fu accentuata dalla selezione (Darwin), se provocata dal vestiario, fu dovuta ad agenti esterni. Si suppone pure che, presentatasi improvvisamente come "mutazione", la perdita del manto peloso abbia trovato un coefficiente favorevole nella maggiorata protezione dai parassiti e dalle malattie. A compensare la perdita del manto peloso deve essere subentrato un aumento della funzione termoregolatrice del sistema nervoso centrale (centri termici) accompagnato da una maggior prontezza di reazione del sistema nervoso epidermico (Löhner). Non è necessario però supporre che la scarsezza di pelosità si sia presentata come un'improvvisa mutazione nell'uomo; il Bolk richiama la nostra attenzione sull'inizio del processo di denudazione nei gibboni e negli antropoidi. All'epoca della nascita, il loro feto è totalmente o quasi privo d'abito peloso, la sola testa è pelosa. Mentre però in questo genere di scimmie si presenta presto un'abbondante pelosità, l'uomo non si diparte dall'innata nudità, a cui la sola testa fa eccezione. Razze umane molto pelose, ad esempio gli Ainu, e inversamente quelle di scarsa pelosità, come i Boscimani, hanno acquistato queste caratteristiche solo dopo essere entrati a far parte della famiglia umana.

Le regioni più pelose (testa, ascelle, regioni genitali) hanno assunto determinati compiti, che si possono in parte derivare dalla loro localizzazione. Le funzioni fisiologiche e fisiche delle regioni pelose, particolarmente dei capelli, non sono ancora definitivamente note, si possono però dividere nel modo seguente:

1. Funzioni meccaniche: a) Funzione respingente. È stato sperimentato che 1 cmq. di cute con una media di 300 capelli di 5 mm. di lunghezza sopporta una pressione pari a 22,5 gr.: i capelli costituiscono quindi una certa protezione contro lievi azioni esterne, però non contro urti forti e colpi (Basler). b) Funzione di filtro e di sgocciolamento: i peli del naso, delle ciglia, delle orecchie trattengono la polvere e la sporcizia in genere. Le sopracciglia trattengono lo sgocciolare del sudore, che invece si raccoglie e scorre lungo i peli del mento, delle ascelle e dei genitali. c) Funzione di scorrimento nei movimenti. Nel cavo ascellare, nei genitali, all'inguine, sul perineo la presenza dei peli impedisce il prodursi di lesioni per strofinio delle superficie dermiche. Poiché però il pelo di dette regioni appare relativamente tardi, non sembra che la funzione di scorrimento sia il compito originario di questi campi pelosi.

2. Difesa dal freddo. - Data la diminuita pelosità dell'uomo, i soli capelli e la barba costituiscono una difesa contro il freddo. La posizione leggermente obliqua dei capelli rispetto alla cute fa sì che si costituisca sotto di essi un sottile strato separato di aria, la quale, essendo un cattivo conduttore di calore, mantiene una temperatura media sulla cute.

3. Difesa dai raggi luminosi e termici. - La capigliatura, assorbendo i raggi luminosi a onde corte, specie ultravioletti, costituisce un riparo al cervello. I raggi termici sono in parte riflessi, in parte assorbiti. Poiché i capelli costituiscono in certo modo un aumento di superficie della cute, provocando una sottrazione di calore per evaporazione del sudore, impediscono un eccesso di riscaldamento della cute, che si verifica però solo in caso di buona aerazione dovuta a una sufficiente lunghezza dei capelli.

4. Funzioni sensitive e sessuali. - Essendo i peli collegati a un apparato tattile particolamiente delicato, hanno un funzione talora protettiva (ad es.: le ciglia, per il movimento riflesso della chiusura delle palpebre o per la trasmissione della sensazione del toccare o esser toccato) e altre volte di stimolo tattile. Analogamente ai ciuffi di peli odoriferi del regno animale il pelo collegato con le ghiandole delle citate regioni corporee, secondo lo Schiefferdecker, può diffondere odori eterei, che sono diversi a seconda del sesso e della razza. Forti nodi vascolari, ramificatisi in ghiandole sebacee di straordinaria grossezza, che sono stati trovati nei peli della barba di un Australiano, fanno presumere l'esistenza di speciali "organi di esalazione" aventi per funzione l'eccitamento sessuale.

Filogenesi e omologia del capello. - Peli, penne e squame servono a coprire il corpo e questo comune scopo è l'unica ragione che abbia indotto la scienza ad accomunarli. Più precise indagini sulla loro struttura e sul loro sviluppo hanno rivelato come le loro relazioni fossero assai più complesse. I rapporti tra peli e organi del tatto essendo evidenti, l'opinione che ancor oggi ha la maggior diffusione è quella del Maurer, secondo il quale gli organi sensorî della pelle (Hautsinnesorgane) dei Vertebrati inferiori costituiscono il terreno su cui poté svilupparsi la pelosità. Il tipo di pelo dei Mammiferi è stato senza dubbio ordinato in base alla presenza o no di squame; il manto di squame, quando dietro le squame si presentavano peli, si ritrae con un conseguente infittire del pelo. Il Pinkus dimostra che in un pezzo di pelle, da lui designato come "regione pelosa", e nel cui centro si trovi un qualsiasi tipo di pelo, si possono rilevare componenti filogeneticamente importanti: un organo sensorio, che egli chiamò "disco pilifero" e una porzione di cute liscia e glabra, da lui definita "rudimento squamoso". Il suddetto "disco pilifero", riscontrato nell'uomo e in un gran numero di Mammiferi, appare sulla superficie della pelle come un nodino lucido e viene traversato in profondità da una ricca rete nervosa, diramantesi dai nervi del relativo gruppo di pelo. Da ciò risulta evidente il carattere di organi tattili dei peli.

A una più stretta affinità tra squama, penna e pelo o parti di essi si oppone il fatto che i follicoli (v. capello) s'iniziano con un affondamento dell'epidermide, le squame e le penne direttamente nel mesenchima. Tuttavia si può, come si esprime il Danforth, spiegare la somiglianza tra i peli e le diverse strutture che si sogliono ad essi avvicinare, con l'attività di determinati fattori comuni a cui dette struttura e pelosità debbono il loro sviluppo. Vi è omologia di cause, non di fenomeni. Stabilito che il pelo è un affondamento epidermoidale nel corium, mentre squame e penne nascono da una papilla mesodermale, che spinge contro lo strato superiore della pelle, si dovrà cercare con il van Kampen tra i Lacertilia la spiegazione della formazione della pelosità. Secondo il van Kampen, i peli sono sorti dalle ghiandole cosiddette olocrine, cioè da ghiandole le cui cellule in dissolvimento costituiscono la secrezione della ghiandola stessa, per es.: ghiandole sebacee, le cui cellule hanno subito un processti di ipercheratizzazione, come è avvenuto per il ganglio crurale dei Lacertilia. Si può anche osservare una penetrazione del tessuto epidermale nel corium.

Tipi del manto peloso umano. - Il manto peloso dell'uomo è sottoposto durante la vita a continue mutazioni, per comprendere le quali vanno premesse alcune osservazioni d'ordine generale sul tipo del pelo umano. Per quanto ne riguarda la struttura, v. capello.

La capigliatura umana cresce quotidianamente da 0,4 a 0,5 mm., cioè dai 12 ai 14 cm. all'anno fino a raggiungere quei limiti proprî a ciascun individuo. Con l'età si verifica un rallentamento della crescita. La grossezza varia tra i 51 e i 77 μ, fu anche però riscontrata una grossezza massima di 162 μ. Un capello può durare nel follicolo dai 4 ai 15 anni, la durata media è però dai 4 ai 6. La muta pare più rapida nelle donne. I capelli più lunghi sono quelli dell'occipite; l'attaccatura dei capelli alla fronte, alle tempie e alla nuca varia a seconda delle razze. La ricerca intorno alle costituzioni ha stabilito speciali tipi di capigliatura: così in determinate malattie psichiche la "capigliatura a berretto di pelliccia" (Pelzmützenhaar, negli schizofrenici astenici), ecc.

Le sopracciglia allo stato fetale non si differenziano quasi affatto dagli altri peli; sono però ben evidenti sino dalla nascita; dopo il dodicesimo anno di vita assumono la forma definitiva, che può però essere assolutamente diversa. Un pelo delle sopracciglia ha una durata di circa 112 giorni, negli uomini raggiunge una lunghezza di 4 cm. e più; nelle razze pelose le sopracciglia si uniscono spesso sopra la glabella (Synophrys); il loro spessore è di circa 80 μ.

Le ciglia nascono nell'epitelio della palpebra epiteliale del feto, sono già presenti all'atto della nascita e si presentano come peli rigidi e incurvati in su. La sezione media è di 90-120 μ, la loro lunghezza di 11 mm., la muta avviene ogni 150 giorni. Bimbi di 2-3 anni hanno già la lunghezza di ciglia degli adulti.

La barba ha i peli più grossi, ma come in tutto il capo e il corpo, accanto ai peli lunghi si trova nella barba una corta peluria, detta anche lanugine. Lo spessore dei peli nel mento è di circa 125 μ, nei baffi di 115 μ.

I peli ascellari sono grossi, generalmente crespi, più sottili nella donna che nell'uomo. Nella donna il campo peloso è più accentuato nell'ascella; la lunghezza del pelo oscilla fra i 3-6 cm., lo spessore è intorno a 77 μ.

I peli dei genitali (peli della pubertà) sono grossi e crespi, hanno una lunghezza di 4-10 cm. e sono piantati obliquamente nella pelle. Lo spessore varia fra 54-153 μ (Pinkus).

Quanto più grossa è la sezione del pelo, tanto più rapidamente cresce. Il periodo di sosta del pelo, cioè il trattenersi del pelo morto nel suo follicolo, è uguale al periodo necessario alla sua crescita. Solo i peli delle ascelle e delle regioni sessuali hanno uno stadio più breve di riposo (Trotter).

Non si sono ancora scoperti negli uomini i peli a seno sanguigno o tattili, che crescono alle scimmie antropoidi; si tratta di peli la cui cavità follicolare (sinus), piena di sangue, ha sottili diramazioni di fibre nervose sensorie. Crescono sul viso, sulle estremità e sulle parti ventrali del torace. Nella testa delle scimmie e delle proscimmie troviamo gruppi di questi peli, descritti dal Henneberg, nelle sopracciglia, nella regione dell'angolo del mascellare inferiore e sulle guance.

Tali gruppi di peli si trovano sopra rilevatezze che sono chiamate "cuscinetti". Lo Sklarz trova che i menzionati gruppi di peli a seno sanguigno hanno il loro analogo presso l'uomo.

Si tratta di 5 eminenze a peli tattili (non però a seno) pigmentate, e sempre formate di un pelo, che si manifesta soltanto nella tarda età in modo più sensibile; queste 5 eminenze sono collocate: alla metà del superciglio, avanti all'apertura dell'orecchio, alla metà della guancia, sul labbro superiore, al mento. Non siamo però autorizzati a considerare queste formazioni come organi sensitivi rudimentali.

La successione riscontrabile nel corso della vita nel manto peloso dell'uomo è la seguente: la lanugine fetale, il manto infantile, quello medio, il terminale o pelosità dell'adulto (Pinkus).

Il manto peloso fetale (lanugine) esteso a tutto il corpo come una pelliccia e risultante da peli sottili, senza midolla, vien perduto già durante la gravidanza o solo sei mesi dopo la nascita per far posto alla pelosità infantile o secondaria che ricopre con una sottile peluria poco colorata viso, collo, tronco, braccia e gambe dell'uomo sino a 14 anni circa. In molte regioni questa peluria rimane per tutta la vita, nella donna più comunemente che nell'uomo. Si forma anche la capigliatura, in cui un capello può trattenersi talvolta nello stesso follicolo sino alla pubertà con una crescita annuale media di 12 cm.

All'epoca della pubertà, si forma la pelosità media caratterizzata da peli più robusti, più lunghi, generalmente anche più pigmentati, che coprono soprattutto torace ed estremità. Questo tipo di pelosità può talvolta mantenersi per tutta la vita, talvolta trasformarsi con l'allungarsi e rinforzarsi dei peli in determinate regioni in pelo terziario e terminale. Questo può svilupparsi in maggiore o minore misura sino a coprire le parti laterali del torace e i fianchi e in casi estremi l'intero corpo. Il Redlich ha tentato di fissare il tipo di pelosità terminale, limitando però le sue ricerche a neuropatici.

Egli distingue il tipo "superiore", in cui il torace è molto peloso sul petto e sulla schiena con minore pelosità alle spalle e al braccio; avambraccio ed estremità inferiori poco pelosi. I peli del pube sono vigorosi. Nel tipo "inferiore" sono invece glabre spalle e dorso, pelose le estremità inferiori e l'avambraccio.

Anche in questo caso sono molto sviluppati i peli del pube. Il tipo "ventrale" ha la parte ventrale del tronco pelosa, le parti laterali sono quasi libere e così il dorso.

Nelle donne dovrebbe presentarsi lo stesso tipo di pelosità, ma più debole.

Dalla pelosità terminale si distinguono per autonomia locale e temporale i peli sessuali del cavo ascellare, del capezzolo e della regione del pube e pure la barba. I peli ascellari maschili sono più forti e più lunghi di quelli femminili. Sui capezzoli si trovano talvolta peli terminali più lunghi. I peli del pube si estendono nell'uomo a triangolo sul monte di Venere, con una striscia lungo la linea alba, nella donna solo a triangolo.

La barba maschile è soggetta per densità, lunghezza ed estensione non solo a grandi varietà individuali, ma anche di razza. I baffi raggiungono solo di rado i 10 cm. di lunghezza, la barba al massimo e di rado la lunghezza del corpo. I peli terminali, particolarmente i peli sessuali, sono sotto l'influenza protettiva della ghiandola sessuale e della sostanza corticale della capsula soprarenale. Tra 1000 donne normali, Dupré e Duflos hanno riscontrato il 29% affette da barba di grado diverso (la presenza della "barba senile" femminile è dipendente dalla razza), mentre fra altrettante malate di mente la percentuale saliva al 49,7%. Le ipertricosi, prodotte da disturbo delle ghiandole endocrine, possono coincidere con imperfezioni ed estendersi alla veste secondaria e terziaria: casi di fanciulli barbuti, il presentarsi di ciuffi nella regione lombare, ecc. Nella cosiddetta "ipertricosi terminale sive vera" abbiamo un'ipertrofia della veste terminale pelosa generale o locale, accompagnata da disturbi delle funzioni sessuali, infantilismo, caratteri sessuali intermediarî, ecc. Disturbi dell'ipofisi possono condurre alla perdita, talvolta alla mancanza di qualsiasi pelosità corporea, anche della barba; la sola capigliatura è sviluppata.

Direzione dei peli. - Tanto il pelo primario quanto il secondario si distinguono per un certo ordine e una certa direzione rispetto alla pelle. Allo studio della direzione del pelo è particolarmente appropriato il feto di 5-6 mesi. La disposizione del pelo si mantiene dopo la nascita e si manifesta in corrente, vortici, croci, creste, ciuffi. Per ogni specie vi è una particolare e caratteristica distribuzione delle correnti e dei vortici, tanto più complicata quanto più la specie si avvicina all'uomo. Tanto nella serie degli animali quanto nell'uomo le deroghe alla normalità sono in relazioni particolari e sinora non chiarite, con malformazioni e degenerazioni.

Il vortice della regione parietale dell'uomo, posto a ½-1 cm. a destra della linea mediana, è stato quello sinora meglio studiato. Normalmente segue il senso delle lancette dell'orologio, più raramente è nel senso inverso; vi sono inoltre vortici doppî, volti nello stesso senso o in senso eontrario, e vortici multipli. La seguente tabella di Lauterbach-Knight e Schwarzburg c'informa sul procedere della direzione del pelo.

Mentre le malformazioni umane spesso coincidono con numero e posizione anomala del vortice della regione parietale, e una direzione di pelo atipica addita alterata costituzione ereditaria, i reperti nelle malattie mentali e nel sordomutismo non concedono di affermare che la deviazione del normale si possa considerare come una specie di stigmate. È stato tuttavia rilevato che, mentre in bambini americani normali le deviazioni raggiungevano il 23,4% (cioè deviazioni dal vortice semplice nel senso delle lancette), presso gl'idioti salivano al 31,8%

Il D'Ajutolo poté riscontrare una parziale (abbastanza comune sulla fronte) o totale versione della direzione del flusso peloso presso persone aventi abitudini degenerate, nonché vortici soprannumerarî. Questi sono stati riscontrati dal Battistelli nel 17% degli epilettici.

Tra i primati, l'orango ha un vortice della nuca, da cui i peli si dirigono verso la fronte, lo stesso fenomeno si riscontra negli Ateles.

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C. H. Danforth, Hair in its relation to questions of homology and phylogeny, in The american Journal of Anatomy, XXXVI (1925), p. 47; Ihle, van Kampen, Nierstrasz, Versluys, Vergleichende Anatomie der Wirbeltiere, Berlino 1927; F. Pinkus, Anatomie der Haut- und Geschlechtskrankheiten, I, ivi 1927.

Dupré e Duflos, La barbe chez les aliénées, in Annales de Dermatologie et de Syphilographie, 1902, p. 806; B. Henneberg, Die Verbreitung der Sinushaare, in Anatomische Hefte, 1915, p. 147; E. Redlich, Über physiologische Hypertrichose, in Zeitschrift für Konstitutionslehre, 1926, p. 740; E. Sklarz, Symmetrische Gesichts naevi als rudimentäre Sinnesorgane, in Dermatologische Wochenschrift, 1926, p. 462.

G. d'Ajutolo, Sulla direzione anomala dei capelli, in Mem. della R. Accademia delle Scienze dell'Ist. di Bologna, serie vi, tomo III (1906), p. 291; C. E. Lauterbach e J. B. Knight, Variation in whirl of the headhair, in Journ. of Heredity, XVIII (1927), p. 107.