Societa segrete

Enciclopedia delle scienze sociali (1998)

SOCIETÀ SEGRETE

Gianfranco Pasquino e Francesco Montessoro

1. Le società segrete in Occidente di Gianfranco Pasquino

2. Le società segrete in Cina di Francesco Montessoro

Le società segrete in Occidente

di Gianfranco Pasquino

Distinzioni e definizione

Una società segreta è un gruppo di persone, abitualmente piuttosto ristretto, esclusivamente o prevalentemente formato da uomini che si associano per perseguire nel massimo della segretezza una varietà di scopi. Abitualmente, gli aderenti alla società segreta definiscono utili per la più ampia società, ovvero addirittura per l''umanità', scopi che, in effetti, riguardano il loro benessere, variamente definito e per lo più identificato con quello della loro società segreta. Poiché gli scopi possono essere e sono effettivamente stati del più vario tipo e le società segrete hanno fatto la loro comparsa in tempi, in luoghi e in sistemi politici anch'essi del più vario tipo, l'unico elemento unificante le società segrete è costituito per l'appunto dal segreto. Questo segreto riguarda sia gli aderenti che quegli aspetti concernenti gli specifici riti - di reclutamento, di iniziazione, di adesione, di giuramento, di espulsione - che qualificano ciascuna società segreta e la differenziano, spesso appositamente, dalle altre.

Secondo alcuni studiosi, il segreto, da un lato, corrisponde ad un'esigenza umana profonda: quella di sentirsi parte fidata e affidabile di un'organizzazione, ad esclusione di altri, di sentirsi vicini e in sintonia con gli altri aderenti, anche se pochi di costoro sono effettivamente conosciuti; dall'altro, costituisce anche un requisito di funzionalità e di sopravvivenza. Infatti, pur tenendo accuratamente distinti gli scopi delle diverse società segrete, è accertato che la maggior parte di esse ha storicamente perseguito, e tuttora persegue, scopi non graditi al potere politico e persino, più in generale, osteggiati dal resto della più ampia società in cui si trova ad operare. Pertanto, il segreto protegge aderenti e dirigenti ed è condizione di prosecuzione delle attività tanto più in quei casi, e sono parecchi, in cui la repressione colpisca uno o più membri della società segreta. Se aderenti e dirigenti sanno mantenere il segreto e la società segreta è stata comunque opportunamente strutturata in maniera da rendere impossibile a chiunque degli aderenti, tranne che ai vertici, di conoscere tutti gli altri aderenti e dirigenti, allora soltanto alcuni limitati settori della società segreta verranno colpiti, puniti e distrutti dalla repressione. Cosicché, subite perdite relativamente limitate, la società segreta potrà procedere, più o meno rapidamente, anche nei casi di amputazioni qualitativamente gravi, alla sua rigenerazione e al suo rilancio.

Definite in questo modo le società segrete, appare facile, ma essenziale, pur tenendo fermissimo il criterio del segreto, distinguerle in maniera drastica dai servizi segreti e dai poteri occulti. I servizi segreti sono organismi creati dagli Stati per indagare su attività sia interne che esterne con la motivazione della difesa, reale o presunta, dello Stato e della comunità politica, della funzionalità del primo e della integrità della seconda nei confronti di nemici interni ed esterni, anche reciprocamente alleati e a loro volta reali oppure presunti. La segretezza viene ritenuta necessaria, anzi indispensabile, affinché questi servizi, organismi dello Stato, difendano sia lo Stato stesso, per lo più sostanzialmente e persino completamente identificato con i detentori del potere politico, che la sua comunità politica, i cittadini. Tutti gli Stati, democratici e non, hanno creato, mantenuto, utilizzato e diversificato servizi segreti, spesso anche sotto forma di polizie segrete e speciali, giustificandone l'esistenza con i pericoli di sovversione provenienti dall'interno e dall'esterno e, spesso, subendo gli effetti delle 'deviazioni' di quegli organismi, che perseguono anche scopi propri e personalistici di potere e di arricchimento, nella competizione politica interna.

Nel XX secolo, particolare rilevanza assumono organismi come la Gestapo (Geheime Staatspolizei, 'Polizia segreta di Stato') nazista, il KGB (Komitet Gosudarstvennoj Bezopasnosti, 'Comitato per la sicurezza dello Stato') sovietico e - in special modo, perché maggiormente visibili, con ambito di azione più esteso e, in quanto operanti in un regime democratico, più esposti al controllo politico e dell'opinione pubblica - sia la Central Intelligence Agency (CIA) che il Federal Bureau of Investigation (FBI), entrambi statunitensi. Nel caso italiano, le mutevoli sigle dei servizi segreti dal 1945 ad oggi, che riflettono le numerose riorganizzazioni resesi necessarie nel corso del tempo, stanno ad indicare sia una situazione politico-organizzativa instabile, sia una condizione di inefficienza dei servizi stessi, sia ancora, e soprattutto, una notevole incapacità del potere politico di governo di controllare in maniera democratica i servizi segreti da esso creati (v. De Lutiis, 1991⁴). Naturalmente, in un sistema internazionale nel quale gli Stati si trovano in contrasto attuale e potenziale fra di loro e temono infiltrazioni e spionaggi, l'esistenza dei servizi segreti appare giustificata. Al contrario, in un sistema internazionale composto da Stati democratici che non tramano gli uni contro gli altri, non sembrerebbe teoricamente necessario disporre di servizi segreti. Allo stesso modo, in democrazie consolidate e sicure non dovrebbe essere necessario per i detentori legittimi del potere politico ricorrere a polizie segrete. Invece, come ha notato Norberto Bobbio (v., 1984, p. 16), fra le "promesse non mantenute" della democrazia si riscontra proprio la mancata eliminazione del "potere invisibile" che è anche, ma non solo, quello che fa un uso democraticamente improprio dei servizi segreti.La democrazia nasce anche per eliminare più o meno gradualmente e in definitiva per distruggere gli arcana imperii, vale a dire quanto vi è di segreto e di inconfessabile riguardo all'esercizio del potere. Simmel (v., 1908; tr. it., p. 336) nota che a Venezia "i nomi dei tre inquisitori di Stato non erano noti a nessuno all'infuori del Consiglio dei Dieci che li eleggeva. In alcune aristocrazie svizzere uno degli uffici più importanti era denominato addirittura i 'segreti', e a Friburgo le famiglie aristocratiche erano chiamate le 'schiatte segrete'. Al contrario, il principio democratico è connesso con quello della pubblicità e, in base allo stesso modo di sentire, la tendenza a leggi generali e di principio". Ciononostante, spesso il principio della pubblicità democratica non riesce ad affermarsi contro il segreto, oppure vi riesce soltanto in maniera imperfetta cosicché, qualche volta, coloro che fanno affidamento sugli arcana imperii si organizzano per distruggere la democrazia. Quand'anche non distruggano la democrazia, alcuni poteri nascosti, invisibili, segreti, occulti, condizionano pesantemente il funzionamento del sistema politico e ne riducono la democraticità, fino a svuotarla, a renderla una mera facciata. I poteri occulti sono, per l'appunto, costituiti da gruppi di persone che attraverso accordi più o meno espliciti, ma naturalmente mantenuti segreti, cercano, facendo leva su loro collaboratori all'interno dello Stato, di influenzare specificamente le decisioni che riguardano le risorse, le cariche, le carriere loro e dei loro attuali ovvero potenziali sostenitori e, se lo reputano utile, cercano di influenzare e determinare anche la scelta dei decisori. Effettuano questa opera di influenza in maniera ovviamente segreta - perché, se fosse o diventasse palese, potrebbe essere meglio contrastata - e talvolta anche in maniera criminale (v. De Lutiis, 1991⁴). Coloro che usano poteri occulti operano essenzialmente per linee interne allo Stato e all'apparato governativo-burocratico esercitando, per l'appunto, un tipo di potere che, essendo e mirando a rimanere nascosto, è anche irresponsabile. Non è, però, qualificabile come potere irrazionale poiché, al contrario, persegue i suoi obiettivi in maniera sicuramente razionale, con attenzione alle risorse disponibili, agli attori mobilitabili e coalizzabili, al rapporto complessivo mezzi-fini.

Secondo diversi studiosi, alcune aggregazioni di poteri occulti possono addirittura pervenire a caratterizzare un fenomeno definibile come 'doppio Stato'. La formula del doppio Stato è stata variamente utilizzata, e non soltanto nel contesto italiano, per segnalare la compresenza di fenomeni politici visibili, come le elezioni, la formazione dei governi, l'attività del parlamento, e di fenomeni politici invisibili, che si svolgono per linee interne agli apparati dello Stato e che contano molto di più nella produzione delle decisioni politicamente rilevanti. La complessità dei fenomeni occulti e illegali, anche criminali, prodottasi nel contesto italiano, ma anche altrove in democrazie contrastate, sembrerebbe, però, meglio comprensibile se invece di doppio Stato si parlasse di penetrazione dello Stato ad opera di più poteri occulti, qualche volta in combutta, ma spesso in concorrenza fra di loro e, comunque, mai in grado di 'conquistare' lo Stato e asservirlo ai loro fini.

Per rimanere al contesto italiano, la Costituzione del 1948 riconosce esplicitamente il pluralismo associativo e altrettanto esplicitamente sancisce che "sono proibite le associazioni segrete" (art. 18). Per stabilire cosa costituisca una società segreta, tuttavia, non è sufficiente far riferimento ai criteri giuridici - di pubblicità degli iscritti, dei dirigenti, degli obiettivi e delle risorse, e di non conflittualità dello statuto con le norme, le procedure e la sostanza del regime democratico. Per precisare meglio, almeno in via preliminare e secondo efficaci criteri sociologici, che cosa costituisca una società segreta, è opportuno fare ricorso alla definizione elaborata dal grande sociologo tedesco Georg Simmel (v., 1908; tr. it., p. 321): "La società segreta è la forma sociale appropriata per contenuti che si trovano ancora per così dire in età infantile, nella vulnerabilità dei primi periodi di sviluppo".

Nell'autorevole concezione di Simmel, dunque, un elemento è assolutamente chiaro e distintivo: la società segreta non nasce dentro lo Stato e non viene creata dallo Stato. Anzi, per lo più, ciascuna società segreta prende le distanze dallo Stato, comunque definito, ricerca la separatezza come strumento di autonomia dal potere pubblico e come mezzo di potenziamento della sua esistenza, e si basa sulla segretezza come condizione di formazione e di esistenza. La segretezza è specialmente utile nella fase iniziale della vita della società segreta. "La conoscenza, la religione, la morale, il partito in fase giovanile è spesso ancora debole e bisognoso di protezione, e perciò si nasconde" (ibid.). In qualche caso, infine, una società si costruisce come segreta perché si contrappone all'ordine costituito e allo Stato e intende sfidarli.

Riconoscendo la cogenza e la forza di qualsiasi ordinamento politico, sociale e religioso costituito, ogni società nascente ha di conseguenza la necessità di mantenersi segreta per un certo periodo di tempo, almeno fino a quando non si consolida e non è in grado di intraprendere azioni coronabili dal successo. La misura del successo di una società segreta, ovviamente, non viene data dal sovvertimento completo dell'ordine costituito, ma piuttosto dall'erosione della legittimità di quell'ordine e dalla sensibilizzazione di altri attori politici, sociali e culturali. In questo senso, la società segreta si costituisce anzitutto come opposizione all'esistente e, in prospettiva, sia come lievito della trasformazione sociale, addirittura della palingenesi, sia come tentativo di restaurazione di modi di vita antichi, idealizzati, rimpianti.

La varietà delle società segrete

Come si è anticipato, in ogni tempo e in ogni luogo gli uomini, piuttosto che le donne - prevalentemente escluse a causa della loro condizione subalterna, ma anche perché ritenute incapaci di mantenere il segreto - hanno dato vita a società segrete. Uno studioso è arrivato a contarne centosessanta e ne ha proposto una classificazione preliminare in società religiose, militari, giudiziarie, scientifiche, civili, politiche e antisociali (v. Heckenthorn, 1897). Questo fin troppo vasto e, come altri (v. Lepper, 1933; v. Hutin, s.d. ma 1959), confuso repertorio serve esclusivamente a segnalare che in Africa, in Asia e, naturalmente, in Europa hanno fatto la loro comparsa società di vario tipo, la cui unica caratteristica comune può essere individuata, più ancora che nella segretezza degli scopi, nella segretezza sui nomi degli aderenti, sulla struttura della società, sui rituali di accesso e di appartenenza.

Stando così le cose, è difficile ricondurre l'origine delle società segrete a un particolare avvenimento oppure a un particolare periodo. L'elemento unificante non può essere ritrovato negli scopi, non può essere ricercato soltanto nella natura del sistema politico nel quale nascono le società segrete, né può essere identificato in un qualche specifico momento di crisi ovvero di transizione. L'unica caratteristica comune è data dalla segretezza. Tuttavia è possibile che, in certi sistemi, alcuni avvenimenti abbiano potuto favorire la nascita o la sopravvivenza di specifiche società segrete. In questo caso si può ipotizzare che queste società durino fino a quando persiste l'elemento di perturbazione (e, magari, per inerzia, anche qualche tempo dopo) che ne ha facilitato ovvero consentito la nascita. Ciò rilevato, se l'elemento unificante è sostanzialmente la segretezza sui componenti della società, è questa la prima caratteristica alla quale dovremo rivolgere l'attenzione.

In primo luogo, si può affermare che le società segrete vengono create in quei sistemi politici nei quali una loro attività palese sarebbe immediatamente repressa. La repressione colpirebbe le attività delle società segrete perché esse sfidano la natura e la struttura del sistema politico. Dunque, la nascita delle società segrete non dipende dall'esistenza o meno di un regime politico assolutista ovvero autoritario rispetto al quale esse si pongano come antagonisti democratici, né dall'esistenza di un regime democratico rispetto al quale esse si pongano come antagonisti che intendono mantenere, acquisire, accrescere privilegi non democratici. A seconda degli scopi e dei regimi e poiché, comunque, l'obiettivo delle società segrete contrasta con il potere, qualunque esso sia, potranno nascere, e sono in effetti nate, società segrete un po' dappertutto. L'osservazione di Simmel (v., 1908; tr. it., p. 322), secondo cui "in generale la società segreta compare ovunque come correlato del dispotismo e della limitazione poliziesca, come tutela sia della difensiva sia dell'offensiva contro la pressione soverchiante di potenze centrali; e non soltanto nell'ambito delle potenze politiche, ma anche all'interno della Chiesa, come delle classi di scuola e delle famiglie", appare un po' riduttiva in quanto non tiene conto della possibilità che società segrete, sovversive, possano nascere ed essere presenti anche in sistemi politici democratici.

Su un altro punto, forse, Simmel non ha del tutto ragione: nel considerare la società segreta come embrione di un'associazione destinata, se protetta dalla segretezza, a crescere, ad affermarsi, a diventare grande e adulta. Al contrario, alla luce delle numerose esperienze storiche, è possibile affermare oggi che, in generale, le società segrete hanno vita relativamente breve e sempre piuttosto difficile, tranne probabilmente la massoneria; dimostrano scarse capacità di proselitismo e per lo più non effettuano che limitate attività di reclutamento per non mettere a repentaglio la segretezza; godono di scarsa e declinante legittimità; la maggior parte di esse persiste quasi esclusivamente sotto forma di sette religiose o parareligiose che ambiscono alla separatezza piuttosto che alla segretezza (che, pure, è una conseguenza non sgradita del mantenimento rigoroso dei confini fra la setta e il resto della società).

In secondo luogo, le società segrete possono essere messe in relazione con un particolare momento storico, con periodi di ansie e di speranze, con la percezione di rischi imminenti e di nuove opportunità, con la prospettiva di possibili trasformazioni, positive e negative, che debbono essere guidate ovvero contrastate, ma in maniera segreta poiché i nemici delle prime e i fautori delle seconde sarebbero ancora troppo forti per essere sfidati apertamente, alla luce del sole. Dunque, la società rimane segreta poiché mira anzitutto a un'opera di sensibilizzazione politica, morale, religiosa, culturale anche estesa, che, altrimenti, risulterebbe impraticabile. Naturalmente, poiché si tratta spesso, ma non sempre, di società segrete piuttosto piccole quanto al numero degli aderenti, le ansie e le speranze riguardano soprattutto i fondatori e gli interpreti del clima emotivo e culturale complessivo.

La struttura

Comprensibilmente, le società segrete sono strutturate in modo da essere società e da rimanere segrete. In quanto società, esse mirano a creare nuclei relativamente ristretti di persone che interagiscono fra loro, intendono produrre e mantenere solidarietà e coesione e cercano di marcare con nettezza i confini con l'ambiente esterno. In quanto segrete, esse si configurano in maniera tale da sfuggire all'individuazione e al controllo, in special modo da parte delle autorità dotate di potere repressivo, sia politico che religioso, e dei loro apparati. Per conseguire e per mantenere l'indispensabile segretezza, i nuclei costitutivi di ciascuna società segreta sono relativamente piccoli, selezionati e appositamente costruiti. Ad esempio, la lega segreta ceca Omladina descritta da Simmel (v., 1908; tr. it., pp. 329-330) era "formata a imitazione di un gruppo di carbonari [e] divenne nota nel 1893 in seguito a un processo. I capi della Omladina si dividono in 'pollici' e in 'dita'. In una seduta riservata viene eletto tra i presenti il 'pollice'; questo sceglie quattro 'dita'; le dita eleggono poi di nuovo un pollice e questo secondo pollice si presenta al primo. Il secondo pollice sceglie di nuovo quattro dita e queste di nuovo un pollice, e così di seguito procede l'articolazione; il primo pollice conosce tutti i pollici, ma gli altri pollici non si conoscono tra loro: delle dita si conoscono tra loro soltanto quelle quattro che sono subordinate a un pollice comune".

La segretezza serve ad accrescere la solidarietà del gruppo, a rafforzarne l'identità, a mantenerne la coesione e a consentirne l'opera di cospirazione. Inoltre, costituisce anche una misura preventiva contro la scoperta del gruppo ad opera di autorità ostili. Infatti, chi non conosce non è in condizioni di tradire, di svelare i segreti e in particolare di fare i nomi degli aderenti. Infine, la capacità di tacere è una prova di carattere. È uomo, ovvero lo diventa, chi sa mantenere un segreto, il segreto. Questa particolare qualità, quella di tacere e di negare l'evidenza, nei contesti della criminalità organizzata nota come mafia viene definita 'omertà'. È una qualità considerata tipica degli uomini in contrasto con la predisposizione delle donne, e dei bambini, a parlare. Naturalmente, chi non sa mantenere il segreto, chi viene meno alla fiducia insita nella condivisione del segreto, e dunque tradisce, deve essere punito con l'automatica espulsione dalla società segreta che, in qualche situazione, in special modo nel caso della criminalità organizzata, può comportare la condanna a morte. Infatti, parlando, il traditore non ha soltanto messo a repentaglio la sicurezza e la vita degli altri componenti della società, ma ha anche perso, dimostrando di non sapere tacere, la stessa qualità di uomo.

Unitamente alla segretezza, la ristrettezza numerica del gruppo crea un forte senso di appartenenza/separatezza: la società segreta siamo noi; gli altri sono al di fuori, diversi, distanti, ostili. Per quanto in società numericamente ristrette e dedite ad attività segrete il problema del reclutamento sia sostanzialmente minimo, se non quasi del tutto assente (meglio pochi ma buoni), una qualche forma di proselitismo e un qualche problema di ricambio degli aderenti esistono anche nelle società segrete, poiché l'acquisizione di nuovi aderenti è indispensabile sia per il loro funzionamento che per la loro persistenza nel corso del tempo. Qualsiasi modalità di reclutamento si esprime non soltanto attraverso elaborati riti di iniziazione, ma anche attraverso una definizione dell'articolazione interna e della gerarchia esistente nelle società segrete. Il rito di iniziazione serve a dare solennità all'ingresso del nuovo aderente e, al tempo stesso, a legarlo agli altri membri in maniera definitiva e ritenuta indissolubile (secondo la formula dei gesuiti: 'perinde ac cadaver').

È interessante rilevare, sulla scia di Simmel, che spesso sono noti gli scopi della società segreta, mentre viene mantenuta la massima segretezza sui rituali attraverso i quali si conquista la qualifica di aderente. Nel caso dei carbonari, Simmel (v., 1908; tr. it., p. 331) nota con stupore che nei loro testi "l'enumerazione delle formule e degli usi da seguire all'atto dell'assunzione di nuovi membri e negli incontri riempie settantacinque pagine a stampa!".

Quanto all'articolazione del potere interno nelle società segrete, essa è dovuta essenzialmente a esigenze di funzionalità, poiché la maggior parte delle società segrete condivide ideologie in senso lato egualitarie, almeno per quel che riguarda i rapporti interni. L'ordine degli illuminati "nel gennaio del 1782, aveva definitivamente assunto la seguente scala gerarchica:

I. classe preparatoria (novizio, minervale, illuminato minore).

II. classe massonica (tre gradi simbolici: apprendente, compagno, maestro; due gradi scozzesi: novizio scozzese, cavaliere scozzese).

III. classe dei misteri (piccoli misteri: prete, principe reggente; grandi misteri: mago, uomo re)" (v. Francovich, 1962, p. 7). Molto diverso per ciascuna società segreta è il rapporto che si stabilisce con il resto della società; la separatezza risulta essere di frequente anche un'affermazione di superiorità. La tesi di Billington (v., 1980; tr. it., p. 137), secondo cui "nel corso del XVII secolo uomini intelligenti e ambiziosi trovarono sovente nelle logge massoniche un tipo di fratellanza fra eguali impossibile da esperire all'esterno, cioè nell'ambito della società aristocratica", sembra in buona sostanza valida per quel tempo, per quel luogo, per quel clima politico e per quel particolare tipo di società segrete. In effetti, anche a proposito del tipo di legame che intercorre fra gli aderenti, non resta che segnalare la diversità delle esperienze e, quindi, aprire un discorso più specifico su alcune società segrete.

Qualche esempio storico

Analizzare le molteplici società segrete che sono apparse nel corso del tempo non è ovviamente compito che possa essere assolto in un sintetico contributo e da un solo studioso. Dal canto loro, i trattati più ambiziosi finiscono per essere meramente descrittivi e scarsamente interpretativi, spesso ripetitivi e attenti alle peculiarità delle singole società segrete piuttosto che alle loro similarità e alle loro caratteristiche strutturali, risultando incapaci di offrire un'analisi comparata di un fenomeno considerevolmente diffuso. Le società segrete maggiormente studiate sono forse la mafia e la massoneria. Si noti, peraltro, che la mafia è, in effetti, una società segreta di tipo molto particolare: tale per i riti di iniziazione e per la segretezza che ne deve costitutivamente circondare e proteggere le attività, ma dotata di obiettivi criminali che vanno oltre qualsiasi altra società simile storicamente conosciuta, e con agganci e connivenze all'interno degli apparati statali che, soli, possono spiegarne non soltanto la durata, ma la stessa espansione nel corso del tempo. Quanto alla massoneria, "così come non può essere definita una chiesa né una setta religiosa, essa non è nemmeno una società segreta, anche se in periodi e situazioni particolari può avere assunto ruoli e funzioni di chiesa, di setta, di società segreta" (v. Giarrizzo, 1996, p. 558). Tuttavia, nella massoneria, in special modo in alcune sue logge, troviamo alcuni elementi specifici delle società segrete: i riti di iniziazione e di esclusione, il senso di appartenenza, anche nella molto importante versione della fratellanza, e la segretezza, in particolare per quelle logge che persistono nella pratica della 'copertura' degli elenchi dei loro aderenti.

Fra le diverse società segrete che meritano attenzione se ne possono scegliere - sia per la loro rilevanza che per il loro impatto storico-politico - alcune che, proprio per le significative diversità che intercorrono fra loro, consentono di sviluppare e di precisare il discorso sugli elementi di affinità e di diversità relativamente alle modalità di creazione, di funzionamento, di obiettivi e di durata. Con ogni probabilità, il caso che presenta maggiori difficoltà interpretative è rappresentato dalla società segreta nota come confraternita della Rosa-Croce.

Il documento che sintetizza e codifica storia, principî e riti della società segreta nota come Rosa-Croce porta il titolo Fama fraternitatis Rosae Crucis e fu pubblicato in Germania nel 1614. In questo documento si ripercorrono la vita e le opere di colui che viene ritenuto il fondatore di questa società: Christian Rosenkreuz, nato nel 1378 e morto nel 1484, la cui tomba fu scoperta, proprio come lui stesso aveva profetizzato, 120 anni dopo la sua morte dagli autori del Fama fraternitatis. Questo libro, che ebbe nove edizioni in poco tempo e traduzioni in latino e in olandese, fu seguito dalla Confessio fraternitatis Rosae Crucis (1615) e dalle Nozze chimiche di Christian Rosenkreuz (1616). A lungo i tre testi, unitamente alla fondazione della confraternita Rosa-Croce, furono attribuiti alla stessa persona: Johann Valentin Andreae (1586-1654). Dopo avere studiato astronomia, matematica, ottica e filosofia a Tubinga, Andreae si interessò alle religioni e ai culti antichi. Divenuto diacono luterano a 28 anni, da allora propugnò l'unione di tutti i cristiani. Nel suo testamento, stilato nel 1634, scrisse: "anche se ora abbandono la Confraternita, non lascerò mai la vera confraternita cristiana che ai piedi della Croce sente la rosa ed è del tutto immune dalla confusione, dall'errore e dagli orrori del mondo" (cit. in Arnold, 1955; tr. it., p. 202).

Accurate ricerche filologiche e bibliografiche hanno appurato che la Rosa-Croce fu fondata da un gruppo di amici di cui Andreae fu, in qualche modo, la figura più prominente e più attiva (v. Yates, 1972; v. Arnold, 1955). Il movimento dei rosacroce ebbe notevole diffusione, almeno per tutto il XVIII e il XIX secolo, in special modo in Germania e in Gran Bretagna, ma anche in Francia e in Russia. L'esposizione dell'insieme delle credenze rosacrociane è stata attribuita al medico e filosofo tedesco Michail Meier (1568-1622), autore della Themis Aurea (1618). In questo testo si afferma che attraverso la conoscenza della religione, della medicina, della magia naturale, dell'alchimia e dell'anatomia dell'universo sarebbe possibile assicurare la guarigione del corpo, della mente e dell'anima. Anche in Inghilterra il più importante apostolo del rosacrocianesimo fu un medico. Nella sua Apologia compendiosa della Confraternita della Rosa Croce, infangata dal sospetto e dalla infamia, ma ora purificata e purgata dalle acque della verità (1616), Robert Fludd (1574-1637) sosteneva che "la sapienza rosacrociana era costituita in primo luogo da un nuovo sistema di filosofia naturale, derivato in parte da Paracelso e in parte dalla osservazione della natura e degli astri. L'universo visibile sovrabbondava di caratteri mistici; l'iniziato alla vera sapienza poteva individuarli e raggiungere la perfetta conoscenza di tutto quanto era contenuto in cielo e in terra. La capacità di acquisirla era dono dello spirito divino a pochi eletti e puri di cuore non riconosciuti dagli uomini comuni, ricchi delle ricchezze celesti ma poveri agli occhi del mondo. I doni dello spirito [...] erano la profezia, i miracoli, le lingue e la capacità di guarire" (cit. in McKenzie, 1967; tr. it., p. 142).

Le ragioni del successo del rosacrocianesimo sono probabilmente collegate, oltre che alla stessa segretezza che incuriosì e intrigò molti, fra i quali Cartesio, alla capacità delle società rosacrociane di combinare una molteplicità di elementi: l'anticlericalismo e la critica dell'ateismo; l'attenzione alla medicina e alla psicologia, ma anche alla cabala e all'alchimia; il netto rifiuto del materialismo ma non della scienza, purché indirizzata a favorire l'evoluzione spirituale e quindi anche lo studio della filosofia. Il successo dei rosacroce è altresì ricollegabile allo spirito del tempo, alla ricerca di spiritualità e di rigenerazione del cristianesimo dopo la sfida luterana. Come scrisse Andreae, per spiegare sia la sua partecipazione alla creazione della confraternita che la sua critica successiva, premessa decisiva della dissoluzione: "era il problema del cristianesimo che mi stava a cuore e che io tentavo di risolvere con tutti i mezzi; e siccome non potevo farlo per la via maestra, tentai di farlo mediante sotterfugi e pagliacciate [...] nel senso che con delle facezie e un'accattivante malizia perseguivo uno scopo serio e inculcavo [nel lettore] l'amore per il cristianesimo" (cit. in Arnold, 1955; tr. it., p. 98).

La diffusione della confraternita della Rosa-Croce fu rapidissima e cospicua, segno che, nei tempi della Riforma luterana, il bisogno di appartenenza religiosa e la ricerca di spiritualismo furono molto forti. Come scrive Arnold (v., 1955; tr. it., p. 198): "non c'è stata alcuna confraternita Rosa-Croce a cui Andreae avrebbe potuto vibrare il colpo mortale. C'è stato un gioco tra intellettuali con lo scopo di sollecitare nella gente un ritorno alla religione e al raccoglimento in se stessi". Finito il gioco, tuttavia, Andreae proseguì la sua attività fondando le Unioni cristiane con l'obiettivo di pervenire alla "Chiesa veramente cattolica (cioè universale) filadelfica, gioco della Sapienza divina che ebbe inizio mezzo secolo fa con la confraternita Rosa-Croce" (ibid., p. 222). Fu sicuramente anche l'alone di segretezza, di esclusività, di misticismo che circondava la società che ne consentì la metamorfosi e ridiede forte impulso e slancio all'idea e alla sostanza di una confraternita mistico-religiosa.

Quanto ai rapporti fra Rosa-Croce e massoneria, Arnold è piuttosto scettico. Egli accetta l'idea che "alcuni difensori dell'ideale rosacrociano, senza alcun legame diretto con la Rosa-Croce del 1614, estinta in Inghilterra prima del 1628, abbiano contribuito a fornire ai club o logge una parte delle loro idee e del loro gergo. Non si tratterebbe di una filiazione diretta, ma di un'influenza probabile", ma conclude che: "non possiamo in alcun modo considerare la massoneria diretta erede dell'insegnamento rosacrociano riassunto dai manifesti del 1614. Si tratta invece di una creazione completamente nuova e artificiale che prende materiale da tutte le correnti occultiste ed elabora una confraternita sul modello - ancora fecondo o già sclerotizzato - delle logge degli architetti" (ibid., pp. 249 e 253). Come si vede, e come dimostrano ampiamente e convincentemente i volumi di Arnold e Yates, la confraternita della Rosa-Croce costituisce un esempio straordinario di società segreta che, nata quasi per gioco, ma con lo scopo della rivitalizzazione del cristianesimo, trova un ambiente fertile nel quale, fra aspettative e opposizioni, vive vita breve, intensa e feconda, lasciando una traccia tanto inafferrabile quanto duratura.

Con tutta probabilità, la più intensa e la più interessante proliferazione di società segrete si ha in Europa nella fase immediatamente precedente la Rivoluzione francese e nel periodo successivo fino al 1848. È in generale il clima culturale creato ed espresso dall'illuminismo che apre speranze di grandi cambiamenti. Emblematico è il fatto che una delle prime società segrete di questo periodo, l'ordine degli illuminati di Baviera, nato nel 1776, faccia esplicito riferimento ai lumi e, per l'appunto, alla lotta degli 'illuminati' contro i 'figli delle tenebre'. Fondato da un professore austriaco di diritto canonico, Adam Weishaupt, l'ordine degli illuminati, segreto e gerarchico, si modellò secondo l'ordine dei gesuiti, da pochi anni disciolto d'autorità: "il suo compito avrebbe dovuto essere la guida di tutto il genere umano ad una nuova perfezione morale svincolata da ogni autorità politica e religiosa" (v. Billington, 1980; tr. it., p. 139). Gli illuminati si qualificarono come intellettuali razionalisti in concorrenza con i massoni conservatori, reclutando adepti in particolare fra i massoni tedeschi della loggia detta 'Stretta osservanza'. Secondo il loro fondatore, "bastava liberare la ragione dagli inciampi della tradizione e dell'oscurantismo, perché per tutti gli uomini, partendo dalle premesse del 'diritto naturale', si arrivasse gradualmente, ma necessariamente, alla professione dei principî egualitari" (v. Francovich, 1962, p. 4). L'opera di sensibilizzazione complessiva e di formazione di una rigida disciplina morale mirava alla creazione graduale di affiliati capaci di diffondere un duplice messaggio: contro il pregiudizio e a favore dell'egualitarismo. Il successo degli illuminati portò ad una reazione politica che culminò nel 1785-1787 nella dissoluzione dell'ordine da parte delle autorità tedesche.

Dalle accuse rivolte agli illuminati, probabilmente formulate ad arte dai redivivi gesuiti - empietà, odio contro i sovrani, antipatriottismo e cosmopolitismo -, è possibile dedurre a contrario quali fossero gli obiettivi da loro perseguiti: la lotta contro i pregiudizi religiosi e di ogni tipo, contro l'assolutismo e l'oppressione politica, contro il gretto nazionalismo e per la fratellanza fra i popoli. Naturalmente, queste idee non soltanto sopravvissero allo scioglimento dell'organizzazione, ma, come osserva Billington, l'influenza dei duemilacinquecento affiliati, in particolare per quanto riguarda la ricerca del regno della libertà e dell'eguaglianza, non andò affatto dispersa e risultò piuttosto significativa per un certo periodo nel resto dell'Europa; le idee degli illuminati furono riprese in parte da alcune logge massoniche e, ad esempio nel napoletano, dai club giacobini.

Grande fu, sotto forme diverse, l'apporto alla Rivoluzione francese della molteplicità di società segrete scaturite dal clima intellettuale prodotto dall'illuminismo. Quando, però, divenne chiaro che la Rivoluzione, che aveva suscitato aspettative palingenetiche di mutamenti profondi con il suo motto 'libertà, eguaglianza, fraternità', si era spenta nella restaurazione, più di un rivoluzionario si sentì obbligato a intraprendere segretamente un rilancio di quelle idee. Molte delle società segrete sorte in Europa in quel periodo fecero riferimento al motto rivoluzionario, interpretandolo come un messaggio da realizzare, e si costruirono in maniera tale da sfuggire alla repressione dei regimi che avevano tutto da temere dalla realizzazione concreta di quel messaggio. Particolare importanza ebbe, al proposito, l'attività indefessa di Filippo Giuseppe Maria Lodovico Buonarroti, che operò prevalentemente all'interno di logge massoniche segrete: Eguaglianza perfetta e Unione perfetta, cenacoli rivoluzionari operanti a Ginevra "rispettivamente in opposizione alla monarchia assoluta e al privilegio aristocratico" (v. Billington, 1980; tr. it., p. 138). Buonarroti tentò di sensibilizzare e di riorientare le logge massoniche già esistenti verso la creazione di una società di repubblicani rivoluzionari, i Sublimi maestri perfetti, arrivando a proporre l'abolizione di ogni forma di proprietà privata nella Cospirazione per l'eguaglianza, detta di Babeuf, pubblicata nel 1828. Nel contesto più specificamente italiano, Buonarroti decise di "dar vita ad una nuova società segreta alle sue dirette dipendenze. Mediante questa egli pensava di poter assumere al momento buono il governo della insurrezione e formare, attraverso il costante dibattito ideologico, una classe dirigente che sapesse condurre la rivoluzione sui binari del comunismo egualitario. E questa nuova associazione fu la Società dei Veri Italiani" (v. Francovich, 1962, p. 123).

L'obiettivo perseguito dai Veri Italiani non aveva nulla di segreto: "Giuro sull'onore di fare qualsiasi sacrifizio, anche quello della vita, per l'unità, indipendenza e libertà repubblicana d'Italia, di essere fedele ai principî e ai segreti della Società" (ibid., p. 124). Le differenze programmatiche più significative con la Giovine Italia di Mazzini consistevano nella ricerca, da parte dei Veri Italiani, di una perfetta eguaglianza da conseguirsi con l'imposizione dall'alto di riforme sociali e istituzionali e con l'educazione delle masse al pensiero socialista. I semi gettati dalla Società dei Veri Italiani e dalla Giovine Italia avrebbero dato i loro frutti soltanto grazie ad altri contributi, ma già il vasto movimento democratico del 1848 può essere considerato, più o meno direttamente, debitore delle forme di cospirazione e di proselitismo di Buonarroti e della carboneria riformata, nella quale erano confluiti molti Veri Italiani.

Una storia, una problematica e un ambiente politico-culturale molto diversi da quelli fin qui analizzati caratterizzano l'esperienza di un'altra società segreta, anch'essa con obiettivi tutt'altro che nascosti: il Ku Klux Klan del Sud e del Midwest degli Stati Uniti d'America. In essa, tuttavia, si ritrovano alcuni degli elementi delle altre società segrete. Al momento della sua nascita, gli elementi psicologico-politici predominanti furono due: la demoralizzazione per le conseguenze della sconfitta militare subita ad opera del Nord e la preoccupazione per il futuro dei bianchi negli Stati del Sud. Il primo Ku Klux Klan intese essere soprattutto la società segreta in grado di difendere e riscattare i bianchi del Sud dall'imposizione dei bianchi del Nord che emancipavano i negri, e volle caratterizzarsi come vigoroso tentativo di reazione all'occupazione militare e politica degli Stati del Sud ad opera dei nordisti vincitori della guerra civile (1861-1865). Gli obiettivi fondamentali erano due: da un lato, difendere il cosiddetto modo di vita del Sud, dall'altro, costringere i negri, con il ricorso alla violenza e ai linciaggi a 'tornare al loro posto', vale a dire all'ultimo posto della scala sociale in un sistema che doveva rimanere dominato dai bianchi.

Il primo Klan fu fondato quasi per gioco il 24 dicembre 1865 nella piccola cittadina di Pulaski, nel Tennessee, da sei uomini, ovviamente bianchi, anglosassoni e protestanti, tre dei quali avevano combattuto nelle file dell'esercito dei Confederati. Il nome è il risultato della combinazione di un termine greco, che significa ciclo o circolo, con il termine inglese clan. La scelta dei tre K, che da allora non compariranno mai nei documenti del Klan, per lo più sostituiti da puntini di sospensione o da asterischi, fu ritenuta adatta a incutere rispetto e paura. Già nel 1868 sembra che gli appartenenti al Klan, nelle sue diverse diramazioni nelle contee e negli Stati del Sud, fossero circa 350.000. È documentato che gruppi di uomini vestiti con lunghi mantelli bianchi e incappucciati seminavano il terrore in spedizioni notturne e lasciavano come firma delle loro azioni una croce in fiamme.

L'esponente più noto del Klan fu il generale sudista Nathan Bedford Forrest, che pure non riuscì mai ad avere un controllo completo su di una organizzazione molto decentrata e sensibile alle varie situazioni locali. Secondo la sua concezione, "il Sud era l'Impero Indivisibile; ogni Stato era un Regno, ogni distretto elettorale un Dominio, ogni contea una Provincia, e ogni località un Covo. Forrest era il Grande Stregone, e il suo Stato era formato da dieci Geni; ogni Regno aveva un Grande Dragone e otto Idre, ogni Dominio un Grande Titano e sei Furie, ogni Provincia un Grande Gigante e quattro Spiriti Maligni, ogni Covo un Grande Ciclope e due Falchi notturni" (v. McKenzie, 1967; tr. it., pp. 272-273). È presumibile che questa struttura così elaborata rimanesse sostanzialmente sulla carta, poiché gli uomini del Klan si attivavano ad libitum in un perverso intreccio di bravata maschilista e odio razziale, desiderio di 'dare una lezione' e difesa dei loro interessi economici, con il sostanziale appoggio e con l'omertà della comunità dei bianchi, solleticata dalla riaffermazione della 'supremazia dei bianchi'.

Nel 1871 il primo Klan venne messo ufficialmente fuori legge, pur riuscendo a continuare, come e quando lo desiderava, le sue azioni di terrore e di repressione nei confronti dei negri. Rapidamente normalizzatasi la situazione del Sud, sia in seguito alla violenza esercitata dal primo Klan, sia grazie al compromesso politico raggiunto dai repubblicani del Nord con i democratici del Sud a spese dell'emancipazione e dell'eguaglianza dei negri, rimasero soltanto quegli episodi di violenza reputati necessari dai membri del Klan contro quei negri che intendessero 'alzare la testa'. Il secondo Klan venne costruito, o meglio resuscitato, da William Joseph Simmons, la notte del Thanksgiving del 1915, quando fu bruciata una croce sulla Stone Mountain che sovrasta Atlanta. Simmons dichiarava di operare in nome della fratellanza dei protestanti non soltanto contro i negri, ma anche contro i cattolici e gli ebrei e, in generale, contro gli immigrati dall'Europa, dunque con evidenti connotati razzisti.

Il secondo Klan crebbe numericamente in maniera consistente e divenne una organizzazione molto ben finanziata. Se non fu un autentico movimento popolare, sicuramente non poté, né volle, mantenersi nei limiti di una società segreta. Acquisì persino una sua rispettabilità nel mondo bigotto e retrivo della provincia degli Stati del Sud, tanto che poté usare con successo l'arma del boicottaggio economico contro i negozi di coloro che non erano membri del Klan oppure non lo finanziavano. Il secondo Klan era tanto poco una società segreta che la sua liquidazione avvenne quando il fisco statunitense pretese il pagamento di tasse arretrate ammontanti a mezzo milione di dollari.La terza fase del Ku Klux Klan iniziò con i primi seri tentativi di desegregazione delle scuole, dei locali pubblici e dei mezzi di trasporto negli Stati del Sud in seguito alla celebre sentenza del 1954, Brown vs. Board of Education, emanata dalla Corte Suprema degli Stati Uniti, che dichiarava non costituzionali in quanto non garantivano l'eguaglianza di trattamento tutte le forme di separazione fra bianchi e neri, a cominciare da quelle nelle scuole. Il terzo Klan combatté la sua battaglia sia contro la desegregazione che contro il movimento dei diritti civili. Rimase una società segreta per ragioni di necessità, ma spesso i suoi membri e i suoi dirigenti, compreso lo Stregone Imperiale, erano ben noti alle autorità, che molto di frequente li proteggevano, quasi che il Klan fosse una rispettabile manifestazione della tradizionale cultura degli uomini bianchi del Sud. Esaurita qualsiasi spinta propulsiva, non più fenomeno di massa, il Ku Klux Klan tuttavia non è ancora del tutto scomparso in alcune zone degli Stati del Sud. Società segreta o quasi, fa tuttora ricorso al suo simbolismo di uomini a cavallo, incappucciati e con lunghi mantelli bianchi, che bruciano alte croci sui punti più elevati di zone collinose, e che non rinunciano, quando possono, ad 'impartire lezioni' ai negri e ai loro sostenitori bianchi.

Concludendo questa sintetica panoramica su alcune importanti società segrete, è possibile rilevare come esse contengano la promessa di qualche cambiamento importante: nella sfera religiosa, come i rosacroce, la cui confraternita si proponeva la rigenerazione del cristianesimo; nella sfera politica, come gli illuminati, che miravano alla costituzione di società di liberi e di eguali, in generale le società rivoluzionarie prima e dopo la Rivoluzione francese, e la Società dei Veri Italiani di Buonarroti; nella sfera del quotidiano, come il Ku Klux Klan, con la sua pretesa di restaurare il 'modo di vita' dei bianchi degli Stati del Sud, irrimediabilmente crollato con la guerra civile, in particolare il loro potere politico, sociale, culturale. In tutti i casi, le società segrete mirano alla costruzione di una situazione migliore rispetto allo status quo e intendono proporsi come il nucleo puro e duro capace di effettuare le trasformazioni necessarie ovvero, quantomeno, di crearne le indispensabili condizioni preliminari.

La simbologia

Per rafforzare identità e appartenenza le diverse società segrete ricorrono a simboli e a riti che meritano specifica attenzione. È impossibile fornire una classificazione esauriente di tutti i simboli utilizzati; ci limiteremo a segnalare alcuni elementi che appaiono più di frequente. Billington (v., 1980; tr. it., p. 147) ha osservato che gli originari rivoluzionari romantici "attribuirono notevole importanza ai numeri primi fondamentali del misticismo pitagorico: 1, 3, 7, e soprattutto 5". Tale predilezione rientrava nel quadro di una più generale 'passione pitagorica': dopo il 1780 "gli occultisti divennero politici, e fecero un uso particolare dei due più importanti simboli geometrici pitagorici - il cerchio e il triangolo - per mettere in scena la loro sfida ai poteri costituiti" (ibid.). Più precisamente, "il cerchio prefigurava l'obiettivo - la perfezione egalitaria di natura - il triangolo indicava il modo per raggiungerlo" (ibid., p. 153). "Il triangolo - osserva Billington - esprime relazioni armoniose (come quelle del celebre teorema pitagorico) e divenne il principale simbolo dell'iconografia rivoluzionaria: la trilogia rivoluzionaria (Libertà, Eguaglianza, Fraternità), e il tricolore (blu, bianco, rosso), adornavano i lati dell'onnipresente triangolo su timbri e sigilli" (ibid.).

Per tornare ad alcune delle società segrete analizzate, l'ordine degli illuminati di Baviera era organizzato in tre livelli: chiesa, sinodo e areopago. Anche le classi interne erano tre: preparatoria, centrale, amministrativa. Per quel che riguarda Buonarroti, il suo modello organizzativo fu rappresentato dal triumvirato. In altri casi, il modello organizzativo fu rappresentato dal pentagono, con cinque uomini, cinque essendo il numero intermedio fra 1 e 9. Tale figura gerarchica sarebbe riapparsa anche intorno al 1860 nell'organizzazione russa nota come Terra e Libertà e più tardi nella Mano Nera, una cellula di Slavi meridionali che nel 1914 assassinò l'arciduca Francesco Ferdinando aprendo la strada alla prima guerra mondiale.

Più complesso, invece, è, come per altri aspetti, il caso della Rosa-Croce. Arnold (v., 1955; tr. it., p. 185) rileva come Lutero stesso avesse nel suo stemma una croce e una rosa, alle quali spesso aggiungeva il distico: "Il cuore dei cristiani riposa sulle rose/proprio quando è sotto la croce". D'altra parte lo stemma di Jakob Andreae - il 'Lutero del Württemberg' - che Johann Valentin pubblicherà nel 1630, esibisce una croce di sant'Andrea con una rosa su ogni lato, cioè quattro rose; e, nelle Nozze chimiche, Rosenkreuz prende quattro rose come segno di riconoscimento, e le fissa al suo cappello. Andando oltre questa ricostruzione filologica, che spiega anche perché l'originario Roten (rosso) sia stato modificato in Rosen (per l'appunto rosa), Arnold (ibid., p. 184) rileva che la sigla prescelta, COR, dove C sta per luna, R per passione, O per sole, può essere così interpretata: "il sole o fuoco o amore mistico è il mediatore tra l'uomo soggetto alle passioni (R) e la Notte (C, luna) o unità primitiva. Con l'azione della volontà rafforzata dalla grazia, l'amore umano (cuore) è trasmutato in sacrificio gradito a Dio, unico e non rinnovabile perché totale".

Al confronto con questi richiami dotti, che combinano alchimia e filosofia, la simbologia del Ku Klux Klan appare scarna e banale. Di notevole vi è soltanto il richiamo, per quanto casuale, alla Grecia nel nome. Per il resto, nomi e simboli, bardature e armamentari hanno e mantengono esclusivamente l'obiettivo di produrre terrore nei destinatari della violenza, per lo più mirata, e di creare un minimo di senso di appartenenza alla comunità della supremazia bianca.

Conclusioni

Le società segrete sono sostanzialmente un prodotto del passato, di particolari, e forse irripetibili periodi storici, caratterizzati da ansietà religiose e aspettative politiche, da una contrapposizione fra il razionalismo scientifico e il misticismo religioso. Gli strumenti tecnologici a disposizione delle autorità contemporanee per individuare le società segrete loro sgradite ovvero pericolose consentono di intervenire con successo contro le attività di quelle società e la loro stessa sopravvivenza. Se, però, le società segrete rispondono anche ad un bisogno più profondo e insoddisfatto degli uomini e delle donne, di fratellanza e sorellanza, ad un'aspirazione diffusa all'eguaglianza e alla perfezione, ad una cesura drastica con quella più ampia società nella quale si vive con disagio e con disperazione, allora è plausibile aspettarsi che l'epoca delle società segrete non sia del tutto terminata. Anzi, entro certi limiti, sono le numerosissime sette religiose, dotate di simboli, di riti, di strutture gerarchiche eppure paritarie, almeno fra i seguaci, ad avere ereditato compiti e funzioni delle società segrete del passato e a volere, se non riedificare il mondo, almeno migliorare la vita dei loro adepti, tracciando una netta linea di separazione tra loro e il resto del mondo e imponendo e ottenendo la segretezza sui loro componenti e sulle loro pratiche fino, addirittura, al sacrificio collettivo finale. (V. anche Criminalità organizzata; Massoneria).

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Le società segrete in Cina

di Francesco Montessoro

1. Le 'società segrete' nella Cina moderna

La locuzione 'società segreta' entra nel lessico cinese solo alla metà del XIX secolo, quando gli Europei, che dopo la prima guerra dell'oppio penetrano in Cina e con la firma del trattato di Nanchino del 1842 si insediano nei cosiddetti 'porti aperti', scoprono l'esistenza di organizzazioni apparentemente analoghe alla massoneria; in particolare, quelle che saranno definite società segrete sembrano più attive nelle province meridionali dell'Impero, dove si confondono con i fermenti che porteranno alla grande ribellione rurale dei Taiping del 1850-1864. La presenza di società segrete viene rilevata anche nell'Asia sudorientale, all'interno delle comunità di emigrati cinesi che si sono stabiliti nelle colonie europee di Singapore e della penisola malese, nell'arcipelago indonesiano, nelle Filippine e in Indocina.'

Società segreta' viene tradotto in cinese come mimi shehui, un neologismo di origine occidentale che non sostituisce nell'uso i termini impiegati tradizionalmente per definire fenomeni per molti aspetti originali e non omologabili. Vi sono sette a cui i mandarini e i letterati confuciani che costituiscono l'élite burocratica dello Stato cinese tradizionale attribuiscono nomi variamente dispregiativi, come xiejiao, 'religioni perverse e aberranti', o mojiao, quando intendono sottolineare un presunto carattere demoniaco, o ancora feijiao, 'banditi religiosi'; in generale, quando queste associazioni hanno un carattere religioso sono chiamate propriamente jiaomen. Esistono poi confraternite, o 'logge' segrete, le huitang, che i membri dell'élite tradizionale hanno sempre definito utilizzando l'attributo fei, 'bandito', secondo le peculiari caratteristiche dei vari raggruppamenti: tufei, 'banditi rurali', huifei, 'banditi delle confraternite segrete', nifei, 'banditi che vogliono giustizia', hongfei, 'banditi rossi', yanfei, 'banditi del sale'. Questi appellativi sono impiegati dalle autorità imperiali quasi sempre in un contesto giudiziario, e si sovrappongono alla terminologia coniata dai membri delle stesse società segrete, altrettanto colorata e spesso criptica per ingannare i funzionari preposti alla repressione.

Le sette religiose e le confraternite segrete, pur avendo caratteristiche e finalità sostanzialmente autonome e diverse, appaiono legate alla stessa cultura popolare, di cui riprendono temi e forme di organizzazione. In ogni caso prevalgono sostanzialmente due modelli, anche se talvolta, e soprattutto in alcune aree, questi tendono a sovrapporsi. Le jiaomen, diffuse soprattutto nella Cina del nord, hanno un carattere eminentemente magico-religioso e millenaristico che ne limita il ruolo e le ambizioni politiche: le jiaomen conservano finalità religiose anche quando animano le ribellioni, ma al solito si presentano con il volto pacifico di associazioni ammesse o almeno tollerate dalle autorità. Spesso, tuttavia, le jiaomen non rinunciano a proteggere i propri membri, adottando i principî di cooperazione e di mutuo soccorso che sono più propriamente appannaggio delle huitang. Il pensiero delle jiaomen è influenzato generalmente dalla tradizione sincretica e millenaristica del Loto Bianco, così come si è formata a partire dal XII secolo quando su una radice buddhista si innestano elementi taoisti e più in generale credenze e superstizioni popolari. Si tratta comunque di manifestazioni ideologiche condannate dalla tradizione intellettuale e politica ufficiale, legata all'ortodossia confuciana.

A partire dal XVI secolo nel pensiero religioso delle jiaomen si afferma in particolare la figura di una divinità femminile, Wusheng laomu, la quale impersona una dottrina di salvezza che attrae, oltre ai contadini, anche elementi sociali declassati, come piccoli artigiani e barcaioli, indovini, monaci o letterati frustrati per non aver superato gli esami imperiali che assicurano l'accesso alla carriera mandarinale, e talvolta anche esponenti dell'élite tradizionale. Queste sette, tuttavia, appaiono spesso disgregate e connesse alla predicazione e alle fortune di un leader particolare, e raccolgono di solito un numero esiguo di membri. Costoro aderiscono a una setta affascinati dal messaggio salvifico e di riscatto che la contraddistingue, e soprattutto dalle supposte virtù magiche e taumaturgiche di un profeta esperto nell'arte del 'soffio vivo', il qi dei taoisti, e di quelle arti marziali ritenute capaci di attribuire l'invulnerabilità a chi le esercita. Soltanto in periodi di acuta crisi sociale, come nel corso del XIX secolo, le jiaomen tendono ad attrarre un maggior numero di adepti, e talvolta a guidare anche le ribellioni, come faranno alla fine del Settecento le sette del Loto Bianco e degli Otto Trigrammi, o nel 1898-1900 gli Yihequan, i 'Pugni dell'armonia e della giustizia' più noti nelle cronache occidentali con il nome di 'Boxer'.

Le huitang, invece, hanno un carattere esplicitamente politico-sociale (anche se nei riti di iniziazione si attinge a una terminologia e a formule di tipo religioso e millenaristico) e ad esse si attribuiscono i tratti clandestini connessi effettivamente alle 'società segrete' cinesi.Le confraternite, huitang o semplicemente hui, rappresentano peraltro una componente fondamentale della società cinese, anche se sono presenti in aree geografiche relativamente limitate, come la Cina del sud (in particolare le province del Fujian, del Zhejiang, del Guangdong e Taiwan), e l'Asia sudorientale dove si sono costituite comunità di immigrati provenienti da quegli stessi distretti meridionali del paese. L'importanza che queste organizzazioni assumono in alcuni ambiti regionali della Cina nel corso del XIX secolo, e le tensioni etniche e comunitarie a cui danno luogo all'interno delle colonie europee dell'Asia sudorientale, fanno nascere precocemente tentativi di interpretare ed ordinare un fenomeno la cui complessità è accresciuta dalla segretezza dei rituali, dalla propensione all'uso della violenza, dall'impenetrabilità e dalla coesione tipiche di associazioni di stampo mafioso. Queste interpretazioni sono per un lungo periodo legate alla stessa dinamica politica cinese, all'affermarsi negli anni del declino della dinastia Qing (1644-1911) delle tendenze rivoluzionarie, repubblicane e nazionaliste che fanno capo a Sun Yat-sen.

Alla fine del XIX secolo, e soprattutto dopo la Rivoluzione repubblicana del 1911, si diffonde in Cina il mito storiografico del ruolo protonazionale delle società segrete: le huitang, infatti, vengono ritenute una forma primitiva di rivolta contro i Qing, mancesi e dunque stranieri, da parte degli ambienti localisti favorevoli alla dinastia 'nazionale' Ming (13681644), sconfitta nella prima metà del XVII secolo. Ed effettivamente la parola d'ordine fan Qing fu Ming, 'rovesciare i Qing e restaurare i Ming', rivela uno stato d'animo assai diffuso tra la popolazione, soprattutto nella Cina meridionale, e ricorre abitualmente nei testi delle società segrete cinesi tra il Settecento e l'Ottocento.

Tuttavia, questa interpretazione, avanzata da studiosi legati agli ambienti nazionalisti, come Luo Ergang, è ormai ritenuta superata dalla storiografia più recente. Si tratta di una tesi volta soprattutto a giustificare le attività di Sun Yat-sen e a collocarle nel quadro dell'effervescenza rivoluzionaria che contraddistingue gli anni del declino e della crisi dell'Impero: alla fine del XIX secolo, il futuro fondatore della Repubblica cinese riceve infatti un sostegno fondamentale dagli ambienti dell'emigrazione cinese in Asia sudorientale e negli Stati Uniti e, in particolare, saranno proprio le società segrete a fornirgli protezione, risorse, adepti e armi. Nella seconda metà del Novecento, inoltre, le suggestioni sui 'ribelli primitivi' introdotte nella storiografia contemporanea da Hobsbawm hanno portato a ritenere le società segrete cinesi come una forma di rivolta popolare contro l'oppressione esercitata dalle élites dominanti: le huitang, dunque, sono state considerate, soprattutto da Chesneaux e Davis, il fattore principale del cambio dinastico nella Cina imperiale, e l'anticipazione delle istanze di rivolta sociale preconizzate dai comunisti.Solo a partire dagli anni sessanta si afferma una corrente storiografica, fondata su nuove ricerche negli archivi della dinastia Qing, e legata soprattutto a Cai Shaoqing, che confuta le vecchie interpretazioni repubblicane e modifica profondamente l'approccio radicale di Chesneaux: le società segrete cinesi sono considerate, più che organizzazioni protonazionali o rivoluzionarie, associazioni cooperative e di mutuo soccorso, non diversamente dalle gilde e dalle fratellanze dell'Europa premoderna. Queste confraternite attraggono soprattutto gli elementi marginali della società cinese, in un contesto caratterizzato dalle trasformazioni radicali indotte dall'emigrazione, con il venire meno dei legami familiari e con il collasso delle istituzioni tradizionali del villaggio. Si tratta di una interpretazione che, pur non escludendo connessioni con la protesta sociale o con la rivolta antidinastica (che costituisce talvolta l'elemento più appariscente dell'attività delle società segrete), non attribuisce alle huitang un ruolo politico nazionale significativo ed esclusivo.

2. L'origine delle confraternite cinesi

La storia delle confraternite cinesi non inizia con l'epoca Qing, poiché anche in un passato meno recente le crisi dinastiche sono favorite da ribellioni popolari guidate da società segrete, come nel caso dei Turbanti gialli che nel II secolo mettono fine agli Han posteriori o delle sollevazioni antimongole dei Turbanti rossi della metà del Trecento. Si tratta di avvenimenti che evocano temi comuni, e che rispecchiano le ricorrenti tensioni agrarie della società cinese tradizionale. Tuttavia, questi eventi non sembrano realmente connessi ed è improprio estrapolarli dal loro contesto storico.

Le più recenti interpretazioni tendono a collocare l'origine delle società segrete cinesi tra il XVII secolo e quello successivo, escludendo dunque che vi sia un rapporto storico reale tra la nascita delle huitang moderne e la crisi dinastica della tarda epoca Ming: la principale confraternita della Cina meridionale, la Tiandihui, o Società del Cielo e della Terra, conosciuta anche con il nome di Sandianhui, Società dei Tre punti o Triade, viene fondata probabilmente nel 1761, più di un secolo dopo l'avvento della dinastia Qing, e non pare legittimo attribuire a questa confraternita i caratteri di una organizzazione protonazionale volta in primo luogo a restaurare i Ming.Tuttavia, se il lealismo politico della Tiandihui non ha le proprie radici storiche nella difesa della dinastia Ming, esso è però presente nell'ideologia di questa confraternita. Lo stesso mito della fondazione della Triade, affiorato nel corso del primo processo documentato ad alcuni membri di questa società segreta, nel 1787, quando nelle testimonianze si trovano ammissioni e accenni all'origine della confraternita, rivela una precoce ed esplicita ostilità verso la dinastia Qing e verso i mancesi. Si tratta di un mito, però, che dimostra soprattutto l'appartenenza di questa huitang a un orizzonte culturale subalterno e venato profondamente di spirito millenaristico, in cui i testi e i rituali iniziatici tradiscono una matrice messianica prossima a quella delle jiaomen della Cina settentrionale. L'origine della Triade, infatti, viene connessa al tradimento e al massacro dei monaci del monastero di Shaolin, avvenuto nel XVII secolo per mano degli esponenti della dinastia Qing, che avrebbe innescato un movimento lealista volto a restaurare i Ming. Peraltro, nello stesso mito di fondazione compaiono i primi cinque adepti leggendari della Triade, che significativamente sono ritenuti discendenti del figlio di una concubina dell'harem dell'ultimo sovrano Ming, pur appartenendo a lignaggi diversi. Nei primi testi della Tiandihui non mancano poi riferimenti a Zheng Chenggong (più noto agli occidentali con il nome di Koxinga), il comandante militare che alla metà del Seicento controlla Taiwan e le coste del Fujian e anima una lotta accanita, e difficilmente distinguibile dalla pirateria, contro la nuova dinastia mancese. Anche in questo caso si tratta di un mito protonazionale costruito a posteriori, più che di una testimonianza di rapporti storicamente fondati tra le huitang della Cina meridionale e Koxinga. Questi aspetti ideologici sono comunque rilevanti, poiché si collegano alla tradizione messianica del Mingwang, il 'Re luminoso', un salvatore connesso al culto buddhista di Maitreya, che già nel XIV secolo è associato alla fondazione della dinastia Ming.

Il mito di fondazione della Tiandihui, peraltro, adombra il principio menciano del 'mandato dal Cielo', risalente al III secolo a.C. e accettato da tutte le società segrete, che legittima l'esercizio del potere imperiale. Un diritto che può essere revocato alla dinastia in declino e attribuito a un nuovo leader destinato a diventare sovrano, spesso dopo aver guidato la rivolta che schiaccia il suo predecessore.Solo a partire dalla seconda metà del XVIII secolo si moltiplicano le tracce delle attività segrete, e criminali, delle confraternite: se in epoca Ming nella Cina meridionale non si segnalano incidenti attribuibili alle huitang, nel Settecento le azioni ritenute eversive dalle autorità imperiali si contano a decine, e a centinaia nel secolo successivo.

3. Le confraternite nella società cinese

Nel mondo cinese moderno, la struttura organizzativa e la funzione sociale delle huitang possono essere comprese soltanto alla luce delle trasformazioni avvenute a partire dal XVII secolo, oltre che della vitalità di modelli associativi e di mutuo soccorso presenti da secoli all'interno dei villaggi: nelle comunità rurali, soprattutto nella Cina del sud, vengono praticati riti connessi ai culti familiari dei vari lignaggi, e si conservano forti relazioni di sostegno parentale. Le società segrete si possono formare, in sostanza, proprio perché nascono in un contesto sociale che prevede forme di cooperazione e di mutuo soccorso che sono compatibili con esse. Solo quando la società cinese si trasforma radicalmente, dopo il XVII secolo, si afferma la tendenza ad abbandonare le strutture comunitarie, a sostituirle con le huitang e a organizzare attività autonome, eversive o apertamente criminali.

All'origine del proliferare delle società segrete nei secoli XVIII e XIX vi sono trasformazioni sociali di grande portata, destinate a modificare profondamente la società della Cina tradizionale. Nel corso del Settecento si accentuano infatti i caratteri mercantili e monetari di un'economia che aveva iniziato a dimostrarsi assai dinamica già a partire dal XVI secolo. La crescita economica riguarda soprattutto le aree costiere e fluviali meridionali, dove si avvertono precocemente i segni di relazioni internazionali più vaste, caratterizzate da una dimensione mondiale o 'globale' degli scambi per l'afflusso dei prodotti del Nuovo Mondo, in particolare dell'argento giapponese e americano ricevuto in cambio di manufatti come le porcellane e le sete, che, con il tè, sono appannaggio quasi monopolistico della Cina. Si tratta di fenomeni destinati a destabilizzare la società tradizionale, poiché questa crescita economica comporta una graduale liberazione del lavoro e favorisce una maggiore emigrazione interna e una più spiccata mobilità sociale: in questo contesto aumenta la competizione per acquisire risorse e ricchezze, nascono nuovi conflitti, si accentuano l'instabilità e l'incertezza. Peraltro, i principî ideologici che reggono la struttura sociale cinese, e che ripartiscono gli uomini secondo l'attività che svolgono, ponendo al vertice i letterati confuciani e i funzionari, che lavorano con la mente, seguiti via via nella gerarchia sociale dai contadini, dagli artigiani e dai commercianti, sanciscono la marginalità di questi ultimi ceti, cui appartengono proprio coloro che le trasformazioni di quel periodo rendono precari, fragili, ma attivi. Nella Cina moderna la formazione della borghesia è ostacolata poiché le attività manifatturiere e commerciali sono da secoli sottopposte all'asfissiante controllo burocratico dell'élite mandarinale: le classi medie mercantili sono numericamente irrilevanti, e la loro capacità di essere rappresentate è nulla. Di fatto i membri delle classi intermedie sono prossimi al destino degli individui declassati e spossessati, dei vagabondi e dei barcaioli, dei pirati e dei banditi.

A ciò si aggiungono trasformazioni destinate a pesare soprattutto nelle campagne. In particolare, in quegli anni si manifesta una sostanziale crescita demografica, destinata a diventare ben presto fonte di sovrappopolamento rurale. Nella Cina sudorientale, dove nel XVII secolo la transizione dalla dinastia Ming a quella Qing è particolarmente complessa e travagliata, diventa più acuta la penuria di terre coltivabili: per l'accesso alla proprietà agraria si ingaggiano feroci conflitti locali, con il risultato che molti giovani appartenenti ai gruppi economicamente più deboli e subalterni sono costretti ad emigrare e a fuggire nelle città, in altre aree dell'Impero o nel cosiddetto 'Nanyang', i mari del sud, con cui si indica l'Asia sudorientale, frantumando o modificando la rete del legami comunitari tradizionali. Si tratta di una popolazione mobile, fatta di sradicati e di avventurieri, disposti a tutto per un lavoro, o per un'opportunità di ricchezza.

In questo contesto sociale, particolarmente violento e instabile, si affermano nel corso del XVIII secolo le confraternite segrete. Gli uomini che non trovano più protezione in seno al proprio villaggio e alle proprie famiglie, coloro che sono sradicati, marginali e isolati cercano nelle huitang sostegno e benefici, dimostrandosi disponibili alla ribellione, al banditismo sociale livellatore, o semplicemente all'infrazione delle regole sociali e alla criminalità.Le società segrete, dal canto loro, tendono a sostituirsi ai clan che, nel contesto dell'emigrazione, risultano svuotati di funzioni e di forza e si dimostrano incapaci di proteggere i propri membri: offrono la protezione di un sindacalismo primitivo che sconfina nel racket della manodopera, o le reti finanziarie e le conoscenze per costituire un'impresa. Le huitang, in sostanza, assicurano ai propri adepti i legami che il clan fornisce tradizionalmente ai suoi componenti, costruendo quel che può definirsi una 'parentela': gli stessi cinque fondatori leggendari della Tiandihui, provenienti da famiglie diverse e dunque dotati di cognomi diversi, dopo un giuramento fatto con il sangue diventano i 'cinque fratelli Hong', membri di una associazione che si muove e agisce come se fosse una 'famiglia' effettiva. La stessa terminologia impiegata dalla huitang è significativa, poiché di solito si designa la loggia segreta con jia, famiglia, e non con la parola zu che indica propriamente il lignaggio: i membri potenziali di una società segreta, infatti, sono gli emarginati senza clan, i vagabondi e gli emigranti, o coloro che sono troppo poveri per influire sulle decisioni del gruppo familiare e che trovano nella huitang una famiglia sostitutiva.

Tuttavia, se le confraternite cinesi si presentano come istituzioni speculari alla organizzazione familiare tradizionale, ciò non significa che siano coerenti con essa: le huitang, infatti, si contrappongono sul piano ideologico e politico al familismo che è alla base dell'organizzazione sociale cinese. Le società segrete di solito adottano principî egualitari, sono associazioni volontarie, talvolta ammettono le donne, e soprattutto sembrano dotate di un carattere 'unigenerazionale' ritenuto dannoso e assurdo dall'élite tradizionale. Coloro che si associano, stringendo un patto di sangue, appartengono infatti alla stessa generazione, sono 'fratelli' (come testimoniano anche i nomi di molte confraternite: la più nota è la Gelaohui, la Società dei fratelli maggiori) e sono di per sé pericolosi in una società fondata sulla gerarchia d'età, così come impongono i precetti confuciani. Anche se in parte le regole tradizionali permangono all'interno dell'organizzazione di una società segreta, in cui è spesso presente una minuziosa distinzione tra 'fratelli maggiori' e 'fratelli minori', si tratta comunque di vincoli assai lontani dal rigido inquadramento gerarchico e familista sancito dall'etica convenzionale. La pericolosità sociale delle huitang, così come viene percepita dalle autorità imperiali, risiede dunque non solo nelle loro azioni criminali ed eversive, ma anche nella contestazione implicita del modello sociale dominante: le confraternite sono uno 'Stato nello Stato', sono speculari e antagoniste alla società ufficiale.

Questi sodalizi, inoltre, si rinsaldano in incontri notturni, con un contorno di bevute e di atti di spavalderia, o comunque con comportamenti anticonformisti che sono condannati dalla morale tradizionale. Spesso i membri delle huitang praticano le arti marziali, esibiscono la loro forza, compiono vendette, colpiscono gli avversari con atti di violenza: sono considerati tuhao, teppisti, 'bravi'. In particolare è ritenuto eterodosso, e dunque riprovevole, il giuramento fatto con il sangue: anche se in Cina questo patto ha una tradizione antica, in epoca Qing si incontra soprattutto nel contesto di movimenti messianici e settari, con finalità di rivolta o apertamente criminali. Il giuramento di sangue, connesso all'idea di sacrificio umano, nella storia cinese sembra usato in circostanze eccezionali, come le guerre o le rivolte, mentre in epoca Qing le huitang vi ricorrono anche per patti di mutuo soccorso, suscitando il sospetto e l'ostilità delle autorità imperiali. Gli stessi rituali delle confraternite, celati dal segreto, avvalorano la tesi della pericolosità sociale delle hui, e giustificano la politica repressiva dello Stato. In particolare attirano l'attenzione delle autorità i segni e i caratteri in codice, i linguaggi allusivi e arcani. Tra i più comuni vi è l'uso dei caratteri divisi: per evocare la dinastia Ming, o il Mingwang, si scrivono i caratteri ri, sole, e yue, luna, che compongono la parola ming, luce. Oppure il richiamo alla parola hong, rosso, che allude (utilizzando un altro carattere) al cognome Hong in cui si riconosce la parentela fittizia dei membri delle società segrete: esistono una Hongfuhui, Società della prosperità di Hong, la Hongjia, Famiglia Hong, e poi Hongjianghui, Società del fiume di Hong, Hongshongiang, Loggia della vittoria di Hong, e molte altre. Vi sono formule che rinviano alla numerologia, linguaggi in codice, oggetti e strumenti che ricorrono nei rituali, come una misura in legno per il riso o l'incensiere.

La pericolosità delle società segrete, comunque, non sembra connessa soltanto a queste pratiche eterodosse e alla diffusione di principî radicali, o a una predicazione eversiva e a un modello sociale estraneo a quello dominante, ma anche alle stesse caratteristiche di un insediamento che avviene soprattutto alla periferia dell'Impero: le aree di frontiera della Cina meridionale, Taiwan, i paesi dell'Asia sudorientale si dimostrano un fertile terreno per lo sviluppo delle società segrete poiché le confraternite sembrano più forti dove lo Stato è debole o lontano, e dove sono più fragili le strutture del potere della società cinese tradizionale. In queste aree le huitang tendono a perseguire e a difendere interessi economici e sociali che spesso assumono connotati criminali. La violenza è dunque assai frequente, anche se in Cina questa non sembra appannaggio delle sole società segrete poiché i membri dell'élite tradizionale fanno ricorso abitualmente a forme di controllo e di potere anche assai brutali. Talvolta, anzi, una huitang si costituisce proprio per esercitare una sorta di diritto all'autodifesa da parte di individui angariati da qualche funzionario o notabile locale, o frustrati nelle proprie ambizioni o aspettative da contese all'interno della comunità o dello stesso clan di appartenenza.

Le attività delle huitang sono dunque contrassegnate, oltre che dalla protesta e dalla ribellione, dall'esigenza di fornire protezione ai propri membri: il principio del mutuo soccorso è ritenuto prioritario, e spesso è volto a prestare un aiuto finanziario ai propri adepti sulla base di pratiche anche assai antiche, come quelle che presiedono alla costituzione delle cosiddette 'società funebri', fumuhui, i cui membri pagano una quota di iscrizione che alimenta un fondo da cui si attinge per pagare il funerale di un genitore. Sulla base dello stesso principio si incontrano società preposte al pagamento delle spese matrimoniali, xishe, vale a dire 'Società della felicità' e, soprattutto, società per la rotazione del credito, con cui i membri si sostengono a vicenda. Queste forme di associazione e di mutuo soccorso sono sempre presenti nell'attività delle società segrete, che difendono fisicamente coloro che sono minacciati da qualche pericolo, forniscono aiuti economici in caso di necessità e appianano le contese tra i membri della confraternita.

4. Le società segrete nella formazione dell'economia cinese moderna

La società cinese tradizionale, legata all'agricoltura e agli interessi rurali di un ceto di notabili e di funzionari preposti al controllo dell'amministrazione dello Stato, non favorisce la crescita di un'economia mercantile e protocapitalistica. L'élite di questa società, composta da letterati confuciani che hanno accesso alla cultura e alla carriera burocratica, controlla i traffici e le produzioni più rilevanti, impedendo ai ceti medi di affermarsi: i minerali e il sale, l'alcol e il tè sono gestiti in regime di monopolio direttamente dallo Stato. I mercanti, disprezzati dalla classe dirigente, esplicitamente confinati ad un rango inferiore e privi di legami con il bene ritenuto più importante, la terra, non hanno vere ambizioni sociali e politiche, e almeno fino al XIX secolo sono incapaci di esprimere una rappresentanza significativa. I ceti medi, che iniziano a formarsi dopo il XVII secolo, si legano naturalmente alle società segrete, poiché in queste organizzazioni trovano protezione e un ambiente propizio alla propria ascesa. Le huitang, infatti, si oppongono alla stagnazione economica determinata dal controllo burocratico dell'economia tradizionale, e rivestono un ruolo sostanzialmente dinamico e modernizzatore poiché contribuiscono a far nascere una borghesia imprenditoriale impegnata in una sorta di accumulazione primitiva del capitale.

La nascita di questa borghesia cinese assume tuttavia forme che sono sia parassitarie, sia predatorie. Nell'economia delle società segrete prevalgono infatti le attività criminali: vengono organizzati il banditismo e il brigantaggio, le estorsioni, i rapimenti di personaggi facoltosi per ottenere un riscatto, poi il racket della manodopera, del gioco d'azzardo e della prostituzione. Il contrabbando, soprattutto di merci 'proibite' come l'oppio, o monopolio di Stato come l'argento e il sale, ha grande rilievo: impiega infatti decine di migliaia di addetti, assicura risorse straordinarie, influenza la società e i comportamenti, corrompendo tra l'altro i funzionari pubblici. Anche attività lecite cadono sotto il controllo delle confraternite, che impongono una sorta di tassazione non ufficiale sulle merci in transito o scambiate nei mercati. Le huitang, infine, si occupano del traffico della manodopera, organizzando innanzitutto la tratta delle donne e delle bambine, che vengono vendute ai bordelli urbani, poi la protezione dei coolies, dei lavoratori a contratto, destinati alle piantagioni coloniali dell'Asia sudorientale, o alle aree minerarie americane e del Pacifico. Negli anni venti questa capacità di controllare e manipolare gli uomini sarà utilizzata dalle società segrete (a Shanghai soprattutto dalla Qingbang, la Banda verde di Du Yuesheng) per fornire agenti provocatori, spie e sicari ai nazionalisti, o alle imprese, in funzione anticomunista o antisindacale.

Il ruolo delle confraternite è inoltre particolarmente importante nell'Asia sudorientale, dove ai margini di attività mercantili, rilevanti già in epoca Ming, nel XIX secolo si sviluppa l'emigrazione dalle aree costiere della Cina del sud, che favorisce la nascita di comunità cinesi assai rilevanti. I cinesi d'oltremare, i cosiddetti huaqiao, si inseriscono nei gangli vitali di un'economia coloniale in evoluzione, insediandosi nella Giava sottoposta al dominio olandese, nell'Indocina francese, a Singapore, e nella penisola malese controllata dai britannici. Gli emigrati cinesi trovano lavoro nelle aree in cui vi è carenza di manodopera, sia come minatori nei giacimenti d'oro, di carbone o di stagno, sia come braccianti nelle piantagioni. Sempre più spesso si stabiliscono nelle città coloniali, diventando artigiani e commercianti. L'insediamento cinese riguarda comunità provenienti da aree limitate della Cina: da Xiamen (Amoy), nel Fujian, provengono gli hokkien, i teochiu emigrano dal Guangdong orientale, in particolare dal distretto di Chaozhou, poi vi sono i cantonesi e gli hakka. Questi gruppi, divisi non solo dall'appartenenza regionale ma soprattutto da costumi e lingue diversi, sono comunità chiuse spesso in lotta tra di loro, e avverse alle popolazioni indigene e alle autorità coloniali.Le caratteristiche dell'emigrazione, e in particolare la separazione dalle strutture della società d'origine, portano precocemente gli huaqiao ad adottare il modello di organizzazione delle società segrete della madrepatria. La forma di associazione tipica delle comunità cinesi dell'Asia sudorientale è la kongsi, una società creata con intenti prevalentemente economici (e fondata su principî all'origine egualitari, al punto di essere ritenuti già di natura democratica) che assume però anche compiti di protezione, di difesa personale dei membri, di lotta armata contro i concorrenti o i nemici, e che per questo si identifica progressivamente con le huitang. Le società segrete costituiscono peraltro delle kongsi, temperando le proprie caratteristiche criminali, quando non sono sfidate dall'autorità ostile di uno Stato: e questo accade in aree come il Borneo, dove l'influenza dei raja locali o di britannici e olandesi è labile.

Le confraternite e le kongsi dell'Asia sudorientale, anche quando sono filiazioni di società segrete che hanno la propria base in Cina e diramazioni in più province, come la Tiandihui, hanno un carattere strettamente comunitario che coincide con un particolare gruppo etnolinguistico regionale. Le kongsi nel Borneo occidentale, dove sfruttano le concessioni aurifere, sono formate da hakka, mentre a Singapore la società segreta Ngee Heng, che è la sezione locale della Tiandihui, ha la sua base nella comunità teochiu.

Gli huaqiao, liberi dai vincoli della società tradizionale, accentuano progressivamente il proprio carattere capitalistico, dando origine fuori della Cina a una vera borghesia cinese, aiutati in questo dalle caratteristiche della società coloniale. Nell'Asia sudorientale, infatti, gli Stati tradizionali e le amministrazioni europee preferiscono adottare nei confronti dei Cinesi forme indirette di controllo, concedendo prerogative e accettando, almeno per un lungo periodo, l'esistenza legale delle confraternite che perdono in parte i loro connotati segreti. In particolare, a causa di apparati amministrativi poco efficienti e lontani, si diffonde il sistema della concessione per assicurare agli Stati coloniali entrate fiscali regolari, e per questo la riscossione delle tasse (soprattutto delle imposte indirette) viene data quasi ovunque in appalto. Questo sistema viene applicato per imporre dazi sulle merci, per gestire attività commerciali e minerarie, per aprire bordelli e case da gioco, per vendere alcol, sale e oppio. Ovunque i Cinesi, con le loro kongsi e società segrete, conquistano un ruolo di primo piano come concessionari. La frammentazione etnolinguistica delle comunità cinesi, comunque, porta a conflitti anche assai cruenti, spesso per il controllo di concessioni lucrose come quella dell'oppio, come a Singapore e in Malesia, e alla reazione delle autorità coloniali che si orientano verso la fine del XIX secolo a mettere al bando le società segrete riducendole al rango di bande malavitose.

5. La permanenza delle società segrete nella Cina contemporanea

Nel corso del XX secolo le huitang, e nella Cina del nord le jiaomen, conservano la loro importanza all'interno della società cinese anche se la Rivoluzione repubblicana del 1911 modifica il quadro storico in cui le società segrete si collocano. Non più forze antagoniste e potenzialmente eversive, esse trovano nella nuova Cina un diverso ruolo: continuano infatti a organizzare e a rappresentare i ceti marginali, anche se nelle aree urbane e nelle regioni più evolute tendono a scontrarsi con l'affermazione dei moderni movimenti politici e sindacali. Talvolta sono proprio le huitang ad anticipare le forme di protezione tipiche del sindacalismo, anche se conservano i metodi arcaici e violenti del passato: nel 1915 la Gelaohui organizza le agitazioni dei minatori di Anyuan, e nel 1918 la Qingbang gli scioperi dei carpentieri di Shanghai. Si tratta però di una funzione che non può reggere le trasformazioni sociali ed economiche del periodo. Nelle città, e in particolare a Shanghai e a Hong Kong, le società segrete diventano progressivamente organizzazioni di stampo mafioso: le componenti criminali che in passato rappresentavano solo una parte di un fenomeno complesso diventano ora dominanti, anche se in un contesto moderno, in cui è fondamentale la collusione con le autorità della Cina nazionalista, e più tardi con le forze giapponesi di occupazione.

Nelle campagne, invece, le confraternite e le sette conservano un'influenza non trascurabile almeno fino alla seconda guerra mondiale, forti della protezione che riescono ad assicurare a contadini marginali e senza terra. Ancora negli anni venti, nel Hubei, contadini in rivolta si rifanno alle parole d'ordine dei Taiping ottocenteschi, e talvolta queste associazioni di ribelli trovano un'intesa con le leghe dei contadini comunisti. Lo stesso Mao Zedong presta attenzione a un fenomeno che appare dotato di un certo potenziale rivoluzionario, e nel 1936 offre alla Gelaohui un patto per costituire un'alleanza contro il Giappone.

Dopo la seconda guerra mondiale e la vittoria dei comunisti nel 1949, e con la decolonizzazione nei vari paesi dell'Asia sudorientale, le società segrete vedono diminuire la loro influenza. Nella Repubblica popolare cinese le huitang, e soprattutto le sette religiose, vengono represse con violenza nella prima metà degli anni cinquanta; a questi provvedimenti si aggiungono nel 1950 le riforme agrarie e la legge sul matrimonio che scalzano le regole su cui si reggono le società segrete. Nei paesi dell'Asia sudorientale che hanno raggiunto l'indipendenza, inoltre, le comunità cinesi e tutte le loro organizzazioni vengono colpite dal nazionalismo montante delle popolazioni indigene: soprattutto in Malesia, dove gli huaqiao e il partito comunista animano una guerriglia a sfondo etnico che è sconfitta alla fine degli anni cinquanta, ma anche in Indonesia, la forza delle associazioni cinesi viene ridimensionata. Nelle aree in cui è maggioritaria la componente etnica cinese, comunque, rimangono attive organizzazioni criminali che sono eredi delle società segrete di un tempo e che conservano molti tratti delle vecchie Triadi: si tratta di una forza criminale non trascurabile, dotata di una rete di connivenze assai potente e di risorse ragguardevoli che si accrescono con il controllo del flusso di narcotici del cosiddetto Triangolo d'oro. Negli anni ottanta e novanta queste organizzazioni criminali si diffondono nuovamente nella Cina continentale, quando la politica di apertura dei riformatori guidati da Deng Xiaoping favorisce oggettivamente la ricostituzione di vecchie relazioni sociali e permette il risorgere, anche se in termini difficilmente valutabili, di forze, comportamenti e abiti mentali tipici della società cinese tradizionale.

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