Sociologia

Dizionario di Economia e Finanza (2012)

sociologia


Scienza che ha per oggetto i fenomeni sociali indagati nelle loro cause, manifestazioni ed effetti, nei loro rapporti reciproci e in riferimento ad altri avvenimenti.

L’autonomia della disciplina

La s. inizia ad affermarsi come disciplina autonoma negli anni 1830, grazie ai contributi di C.-H. de Saint-Simon (➔) e A. Comte (➔). Saint-Simon sosteneva la tesi che gli scienziati e gli industriali dovessero diventare le classi dirigenti della nuova società; che un nuovo tipo di religione ‘laica’ e umanistica avrebbe dovuto garantire l’integrazione sociale; e che, sul piano del metodo, si dovesse elaborare una teoria generale a fondamento dell’unità delle conoscenze umane. Simili intuizioni furono sviluppate da Comte nel progetto di una s. positiva – distinta in statica e dinamica – che aveva come scopo quello di fissare le leggi oggettive dello sviluppo sociale, individuate in particolare nella legge del progresso e nella legge dei ‘tre stadi’: teologico, metafisico e positivo. Alla società considerata alla stregua di un organismo naturale si ispirò anche H. Spencer (➔), che applicò a essa il concetto di evoluzione tratto dalla biologia darwiniana (Principles of sociology, 1883).

Gli indirizzi sociologici del 20° secolo

Nel corso del 1900, la s. si caratterizzò per la continua oscillazione tra gli estremi della grande teorizzazione e dell’empirismo astratto. ● Negli Stati Uniti la scuola dello struttural-funzionalismo (➔ T. Parsons) rappresentò la società come sistema integrato di ruoli, strutture e funzioni. R.K. Merton, abbracciando l’approccio del funzionalismo critico, introdusse l’idea che, accanto alle funzioni, possano esistere anche disfunzioni, vicino alle funzioni manifeste anche quelle latenti, nonché effetti non attesi nelle conseguenze delle azioni sociali.

A porre con forza le ragioni dell’individualismo metodologico nelle scienze sociali furono gli esponenti della scuola marginalista austriaca (➔ marginalismo) – già con C. Menger (➔) agli inizi del 20° sec., e poi con L. von Mises (➔) e F. von Hayek (➔) – che si contrapponevano alla maggior parte delle teorie ereditate dalla tradizione sociologica.

La Scuola di Francoforte di M. Horkheimer e T.W. Adorno rivendicò, invece, contro le pretese dello scientismo, il primato di una s. critica, orientata all’elaborazione di programmi non solo conoscitivi, ma anche di azione politica, in particolare contro la razionalità del capitalismo maturo e i suoi strumenti tecnologici e consumistici di dominio sulle masse. Il movimento dei ‘francofortesi’ accelerò un processo di crisi di identità e di consenso interno alla disciplina, causandone la frantumazione in una pluralità di metodi, approcci e teorie. ● L’alternativa fra individualismo metodologico e olismo si riduceva, tra gli anni 1970 e 1980, a una scelta fra livelli di micro- e macro-analisi. Sul primo versante si collocano le proposte di metodo e di analisi che si possono definire s. della vita quotidiana (G.H. Mead, W.I. Thomas, E. Goffmann, H. Garfinkel, A.V. Cicourel, A. Shutz). Sul secondo, le teorie strutturaliste e sistemiche sulla società. La complessa architettura sociologica di N. Luhmann costituisce un esempio interessante di teoria sistemica costruita con i contributi di più teorie analitiche.

La sociologia economica

L’applicazione dei concetti, delle variabili e dei modelli esplicativi della s. al complesso di attività che riguarda la produzione, lo scambio e il consumo di beni e servizi costituisce l’oggetto della s. economica. I contributi di maggiore rilevanza provengono, da un lato, dagli indirizzi del positivismo evoluzionistico e funzionalistico (➔ H. Spencer; É. Durkheim), specialmente attraverso le riflessioni dedicate ai problemi della complessità, nella società moderna, della divisione e specializzazione del lavoro, dell’integrazione e dell’istituzionalizzazione normativa come base stessa delle relazioni di scambio; dall’altro lato, dalla s. di matrice storicistica. In questo ambito, vanno ricordate le tesi di G. Simmel (➔) sull’imprescindibilità della dimensione economica in ogni contesto di relazioni sociali, le teorie di W. Sombart (➔) sul capitalismo moderno, e l’opera fondamentale di M. Weber (➔), Wirtschaft und Gesellschaft (1922), volta ad applicare la categoria dell’agire economico razionale alla genesi storica del capitalismo, attraverso l’etica protestante, e alla configurazione del modello burocratico. Tra i massimi rappresentanti del 20° sec. spicca anche l’economista e sociologo V. Pareto (➔), che concepisce la s. come disciplina che studia le azioni non-logiche in quanto non motivate da razionalità strumentale.