SORATTE

Enciclopedia Italiana (1936)

SORATTE (A. T., 24-25-26 bis)

Raffaello Morghen

Montagna dell'Italia centrale, che si erge isolata a occidente del medio Tevere e al margine dei ripiani vulcanici dei Sabatini e dei Cimini. È un massiccio di calcare, in massima parte liassico, che riproduce in modeste proporzioni, la struttura e gli aspetti dei grandi massicci calcarei dell'Appennino centrale. Ha forma ellittica allungata, con una cresta tricuspide diretta da NO. a SE.; la vetta più alta ha la quota di 691 m. I fianchi sono aspri e molto ripidi, specialmente a O., nudi o coperti da magro pascolo o da macchia bassa; limitati residui di bosco si trovano in due o tre punti. La montagna è priva d'acqua, perché questa circola sotterraneamente nel calcare molto fessurato; soltanto alla base, specie sul versante del Tevere, si trovano alcune sorgive al contatto con le formazioni plioceniche della valle. Non mancano fenomeni carsici: alcune grotte di modesta estensione che si aprono a breve distanza dalla vetta, e doline a imbuto di piccole dimensioni, ma di notevole profondità, dette localmente "meri".

Sul fianco meridionale del Soratte si trova, a 420 m. di altitudine, il piccolo villaggio di Sant'Oreste (2483 ab.); del resto la montagna non è abitata. Sulla vetta è una piccola chiesa, intitolata a S. Silvestro e, poco al disotto, un convento. Dalla vetta si gode un bellissimo panorama. Per la sua posizione isolata in mezzo a una zona pianeggiante, il Soratte è visibile e ben riconoscibile da lontano; perciò è spesso ricordato da scrittori e poeti classici e anche da moderni come un elemento caratteristico del paesaggio romano.

Il monastero di Sant'Andrea al Monte Soratte. - Monastero della regione romana nel territorio di Ponzano. Secondo la leggenda, fin dai tempi di Costantino il pontefice Silvestro I avrebbe costruito una chiesa sopra le rovine del tempio di Apollo sul Monte Soratte. Ma indubbiamente la chiesa del Soratte, che portò il nome di S. Silvestro, non deve essere anteriore al V sec. o al VI; e del monastero omonimo non si ha notizia che sia precedente ai Dialoghi di Gregorio Magno.

Ai primi del sec. VIII rimontano invece le più antiche notizie sicure dei diversi monasteri che fiorirono in questo periodo di tempo nella regione del Soratte.

Carlomanno, fratello di Pipino il Breve, monaco del monastero di S. Silvestro, avrebbe fondato ai piedi del monte, in località detta a Mariano, il monastero di S. Stefano e sulle rovine della chiesa di S. Andrea, fondata da Galla, figlia di Simmaco, in località vicina al Tevere, il monastero di S. Andrea in Flumine. Legati alla grande famiglia dei Carolingi, e da essi protetti, i monasteri del Soratte ebbero terre e privilegi, e insieme con S. Maria di Farfa e S. Salvatore di Rieti formarono una delle roccheforti degl'imperatori nella regione romana. Pipino vi dimorò nel 771 e Carlomagno nel 774. Nel sec. IX il nome di S. Andrea appare aver preso la prevalenza sugli altri nel designare il monastero imperiale. Devastato e rovinato dai Saraceni, tra la fine del sec. IX e il principio del X, fu ricostruito da Alberico, che si sforzò anche, con l'invio del santo abate Leone, di restaurarvi l'antica disciplina monastica decaduta e corrotta (946). Decaduto di nuovo, dopo il periodo di floridezza dei tempi di Alberico, Onorio IV ne commise nel 1285 l'amministrazione a Pietro Capocci, vescovo di Ancona, e d'allora in poi si può dire che cessi la vita autonoma del grande monastero, che cade sempre più sotto il controllo delle tendenze accentratrici di Roma. Nel 1408 i due monasteri di S. Silvestro e di S. Andrea del Soratte furono uniti a quello di S. Paolo di Roma e nel 1548 a quello delle Tre Fontane.

Dell'antica badia, resa famosa anche per la cronaca di Benedetto di S. Andrea dal Soratte, restano ancora importanti rovine del muro di cinta, la chiesa con il campanile, e il palazzo abbaziale ricostruito dai Farnesi.

Bibl.: Il Chronicon di Benedetto di S. Andrea del Soratte, a cura di G. Zucchetti, in Fonti per la storia d'Italia, Roma 1920, con prefazione; G. Tomassetti, La Campagna romana, III, Roma 1913.