SORDITÀ

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1995)

SORDITÀ

Roberto Filipo

(XXXII, p. 156)

Per s. s'intende un deficit della funzione sensoriale uditiva di entità tale da costituire motivo di grave menomazione sociale. In funzione di una quantificazione del deficit uditivo, il termine s. andrebbe più propriamente sostituito e, comunque, viene comunemente usato come sinonimo di ipoacusia, vale a dire di una ''diminuzione delle capacità uditive'' che può variare da forme lievi o modeste, a quelle severe, gravi e profonde fino alla perdita totale (anacusia se monolaterale, cofosi se bilaterale). Da un punto di vista topografico, è possibile distinguere s. periferiche e centrali.

Le s. periferiche sono distinguibili in forme trasmissive, neurosensoriali e miste. Le s. trasmissive sono conseguenti ad alterazioni del sistema di trasmissione del suono comprendenti patologie a carico dell'orecchio esterno (tappo di cerume, tappo epidermico, atresia auris, osteoma, esostosi multiple) e dell'orecchio medio (malformazioni o disgiunzioni ossiculari post-traumatiche, otite media catarrale o purulenta, acuta e cronica, otite colesteatomatosa, otite adesiva, otosclerosi, rare malattie della capsula otica). Le s. neurosensoriali sono dovute ad affezioni del sistema di percezione del suono a livello cocleare (sensoriale: malattia di Menière, otosclerosi avanzata, esiti di trauma cranico, ototossicità, esposizione a rumore, barotraumatismi) o retrococleare (neurale: neuriti, neurinoma dell'acustico). Le s. miste sono infine dovute alla contemporanea alterazione dell'apparato di trasmissione e di quello di percezione, legata a un unico quadro morboso (per es., negli stadi avanzati di otosclerosi) oppure alla concomitante presenza di processi morbosi autonomi dei due apparati.

Le s. centrali sono conseguenza di lesioni delle vie uditive, dai nuclei cocleari, situati a livello del tronco encefalico, alle aree acustiche corticali, situate a livello del lobo temporale. Queste forme di s. sono in grado di determinare alterazioni della funzione uditiva di tipo non soltanto quantitativo ma anche qualitativo. Le cause più frequenti sono rappresentate dagli accidenti vascolari, da encefaliti, traumi, tumori, agenti farmacologici (litio), lesioni chirurgiche e malattie demielinizzanti (sclerosi multipla). Per il fatto che le fibre nervose delle due coclee raggiungono, dopo essersi incrociate precocemente a livello del tronco encefalico, i centri corticali di entrambi i lati, a seconda della sede centrale interessata si vengono a delineare alterazioni uditive con quadri clinici molto diversi tra di loro (s. corticale, agnosia uditiva, s. verbale, emianacusia e amusia).

La perdita bilaterale, totale o parziale, della funzione uditiva assume peso e importanza differenti a seconda dell'epoca d'insorgenza, poiché una normale capacità uditiva costituisce il presupposto per l'acquisizione di un linguaggio normale durante i primi anni di vita. Per questo motivo, le s. infantili propongono una problematica a sé. In base alla data di comparsa della s., si possono distinguere s. pre-, peri-e postlinguali. Le s. postlinguali sono quelle insorte in un bambino che sa già parlare e leggere; grazie all'aiuto della lettura non portano a una regressione del linguaggio, semmai solo a un suo deterioramento. Le s. perilinguali insorgono in bambini che cominciano a parlare ma che non sanno leggere; quindi, in assenza di una specifica rieducazione, possono indurre un'involuzione del linguaggio. Le s. prelinguali non permettono l'acquisizione di una memoria uditiva e perciò rappresentano i quadri più complessi di s.: come si è detto, è difficile strutturare un linguaggio in assenza di informazioni uditive.

Da un punto di vista eziopatogenetico, le s. infantili possono essere classificate come s. congenite, ereditarie e non, e acquisite. Tra le s. congenite ereditarie si distinguono s. congenite di trasmissione isolate, sotto forma di aplasia dell'orecchio (disostosi otomandibolare, sindrome di Franceschetti, sindrome di Goldenhar) o associate ad altre malformazioni (sindrome di Marfan, sindrome di Pierre Robin, acondroplasia, sindrome di Duane, s. di Apert, s. di Crouzon); e s. congenite di percezione isolate (malattia di Michel, malattia di Mondini, malattia di Bing-Siebenmann e malattia di Scheibe) o associate ad altre malformazioni (malattia di Klippel-Feil, sindrome di Pendred, sindrome di Waardenburg, malattia di Usher). Le forme di s. congenita non ereditaria vengono contratte durante il periodo dello sviluppo del feto, generalmente nei primi tre mesi, per affezioni virali (in particolare la rosolia), tossiche e medicamentose. Le s. acquisite possono insorgere durante il periodo perinatale (ipoanossia da parto distocico; ittero nucleare da incompatibilità di gruppo sanguigno tra madre e feto) o postnatale (meningite, parotite epidemica).

Diagnosi di sordità. - La diagnosi di s. si avvale dell'utilizzazione di metodiche, dette di audiometria, in grado d'indicare la sede della lesione e l'entità della perdita uditiva, espressa in decibel, i cui valori non sono però da assimilare a valori percentuali (una perdita di 50 dB in un orecchio non vuole dire una perdita di udito del 50%). Tra le prove di audiometria si distinguono prove soggettive, basate sulle risposte del soggetto esaminato, obiettive, del tutto indipendenti da esse, e semiobiettive, con caratteri dell'una e dell'altra.

Il test audiometrico standard in audiometria soggettiva è l'audiometria tonale liminare, con la quale, utilizzando un apparecchio chiamato audiometro (fig. 1), si misurano i valori di soglia uditiva (minima udibilità di un suono) per le frequenze comprese tra 125 e 8000 Hertz. La stimolazione si esegue per via aerea (in cuffia), come indice della funzionalità dell'apparato di trasmissione, e per via ossea (mediante vibratore posto sulla mastoide), come indice della funzionalità dell'apparato di percezione. Le due curve, per via aerea e per via ossea riportate su di un grafico (audiogramma), permettono di distinguere (fig. 2) una s. di trasmissione (curva per via ossea normale, intorno a 0 dB, curva per via aerea alterata) da una s. neurosensoriale (curva per via ossea e per via aerea alterate e sovrapponibili) o da una s. mista (con le caratteristiche di entrambe). Nel caso di una s. neurosensoriale, l'esecuzione di test di audiometria tonale sopraliminare permette di constatare la sede cocleare o meno della lesione. Nel primo caso, infatti, sarà possibile mettere in evidenza il fenomeno del recruitment, dovuto alla compressione del campo dinamico di intensità che, in termini pratici, corrisponde a una soglia del fastidio/dolore più bassa del normale. È tipico, per es., che soggetti affetti da s. cocleare giudichino fastidiosi o persino dolorosi suoni solamente forti per soggetti normoudenti. L'audiometria vocale rappresenta un test di audiometria soggettiva complementare al precedente, e si basa sul riconoscimento (valutato in punteggio percentuale) di messaggi vocali registrati (parole, frasi di senso compiuto e non) inviati in cuffia al soggetto in esame. Quando vengono inviati in cuffia messaggi verbali in presenza di messaggi competitivi inviati all'altro orecchio (prove di audiometria sensibilizzata), è possibile diagnosticare s. neurali oppure s. dovute a lesioni centrali.

Le prove di audiometria oggettiva comprendono fondamentalmente l'impedenzometria, lo studio dei potenziali uditivi evocati e quello delle otoemissioni acustiche. La loro utilizzazione, oltre che a conferma dei dati dell'audiometria soggettiva, è auspicabile in tutti quei casi in cui la collaborazione del soggetto esaminato può essere poco attendibile (bambini sotto i 5 anni, portatori di handicap, anziani, simulatori) e, nel caso delle otoemissioni acustiche, è auspicabile come metodica di screening in età infantile. L'impedenzometria, oltre a fornire dati relativi all'elasticità del timpano e all'aerazione del cavo timpanico, permette d'identificare la sede cocleare della lesione uditiva mediante l'elicitazione della contrazione di un muscolo dell'orecchio medio (il muscolo stapediale), il cui tendine è inserito sulla catena ossiculare al livello del capitello della staffa. Come test obiettivo (reflessometria stapediale), esso ha praticamente sostituito i test di audiometria tonale sopraliminare per la ricerca del recruitment (sofferenza dell'organo di Corti). La registrazione dei Potenziali Evocati Acustici (PEA) studia l'efficienza funzionale della via uditiva dal recettore cocleare ai centri corticali. Il risultato dell'esame, eseguito in cuffia, è graficamente rappresentato da una serie di onde positive e negative emergenti da un tracciato base (tipo elettroencefalogramma). In funzione dei valori di latenza, l'attività elettrica risulta essere formata da tre componenti: una breve, una media e una lenta. Le componenti a latenza breve s'identificano con l'elettrococleografia e la BSERA. L'elettrococleografia (o ECochG) studia i potenziali endococleari (microfonico cocleare) e del nervo acustico (potenziale d'azione). Questa metodica è di grande attualità in quanto ritenuta l'elemento cardine per lo studio della soglia uditiva nei primi mesi di vita, per la valutazione dei meccanismi patogenetici alla base di talune labirintopatie (malattia di Menière, s. improvvisa, neurinoma dell'acustico) e per il monitoraggio della funzione uditiva durante chirurgia dell'orecchio medio interno. La BSERA (Brainstem Evoked Response Audiometry) permette di evidenziare una serie di onde che, in base alla latenza, sono state identificate in specifiche aree della via uditiva: onda I (configurabile con il tracciato ECochG), espressione del recettore periferico; onda II, dei nuclei cocleari a livello bulbo-pontino; onda III, del complesso olivare superiore; onda IV, del lemnisco laterale e del collicolo inferiore; e l'onda V, del collicolo inferiore. Oltre che per l'identificazione della soglia uditiva, riferibile al livello minimo di stimolazione per il quale sia riconoscibile il picco dell'onda V, con la BSERA si possono studiare eventuali disturbi ai vari livelli della via uditiva, espressi da un aumento delle latenze delle diverse onde, o dalla destrutturazione di una parte o di tutto il tracciato. I potenziali a latenza media (espressione dell'attività corticale e/o sottocorticale) e lenta (legati all'attenzione, allo stato di allerta, alla memorizzazione) non sono praticamente utilizzati per la valutazione audiometrica. Lo studio delle otoemissioni acustiche consiste nella registrazione, attraverso una sonda posta a livello del condotto uditivo esterno, dell'attività elettrica spontanea o provocata della coclea, e più precisamente di suoni che sono espressione dell'attività delle cellule ciliate esterne. Le otoemissioni acustiche possono essere distinte in spontanee, provocate e nei prodotti di distorsione. L'estrema semplicità e rapidità di esecuzione (pochi minuti per entrambi gli orecchi) fanno considerare tale esame il più importante per lo screening della popolazione infantile a rischio per sordità. Non essendo, infatti, registrabili quando la perdita uditiva, cocleare, supera i 30 dB, la loro presenza permette di escludere un deficit uditivo grave, mentre, al contrario, la loro mancanza suggerisce un approfondimento con test diagnostici più complessi.

Le prove di audiometria semiobiettiva sono limitate ai test di audiometria infantile, identificabili nel Peep-show e nel teatrino di Suzuki-Ogiba. Si tratta di esami basati sul binomio riconoscimento/premio, nel senso che, alla risposta positiva del bambino in seguito a stimolazioni acustiche effettivamente inviate, consegue l'avviamento o l'attivazione di un gioco. Con l'avvento dell'audiometria a risposte elettriche (ECochG e BSERA in sedazione) e soprattutto delle otoemissioni acustiche, tuttavia, queste metodiche semiobiettive hanno perso gran parte della loro importanza.

In alcuni casi di s., le metodiche diagnostiche non si fermano alle misurazioni qualitative e/o quantitative della funzione uditiva, ma debbono anche essere supportate alle moderne tecniche d'immagine radiologica (Tomografia Assiale Computerizzata) e non (Risonanza Magnetica). L'esigenza per una loro applicazione clinica può emergere in caso di malformazioni congenite; in caso di otite colesteatomatosa, per escludere una possibile fistola labirintica; in caso di destrutturazione del tracciato BSERA, per escludere un possibile neurinoma dell'acustico o una malattia demielinizzante (sclerosi multipla); in vista di un impianto cocleare, per escludere l'ossificazione della coclea, come nelle forme di s. postmeningitica.

Forme cliniche di sordità. - Alcune forme cliniche di s. meritano un cenno a parte per la loro particolare frequenza e importanza sociale. La s. improvvisa, neurosensoriale, è la perdita grave o severa della funzione uditiva, che s'instaura nel giro di ore o al massimo di un giorno, per una causa presumibilmente virale (anche un banale raffreddore) o vascolare (specie in età avanzata), e che è indicabile come una patologia dell'era moderna. Tale quadro morboso può talora risolversi spontaneamente oppure dopo specifiche terapie mediche che necessitano però di ricovero in ambiente ospedaliero. L'esame ECochG in questi casi può permettere l'identificazione di parametri tipici di una s. fluttuante, nosologicamente caratterizzata da variazioni spontanee dei valori di soglia uditiva, sia in positivo che in negativo, come si verifica negli stadi iniziali della malattia di Menière. La s. da rumore costituisce sicuramente una delle patologie uditive più frequenti, con notevole importanza da un punto di vista sociale ed economico, per il fatto che coinvolge teoricamente tutti coloro che lavorano in ambiente rumoroso. Per tale motivo sono stati codificati limiti temporali e d'intensità di esposizione ai quali sottoporre i soggetti a rischio per lesione uditiva. Infine è da menzionare la s. dovuta a senescenza del sistema uditivo o presbiacusia, una patologia che, per la maggiore longevità cui si assiste in epoca moderna, coinvolge un numero sempre più cospicuo di persone. Generalmente, questa forma di s. determina un deterioramento delle frequenze acute, anche se esistono forme che interessano tutte le frequenze misurabili in audiometria standard. I disturbi uditivi riferiti dai soggetti affetti da presbiacusia sono legati non tanto alla difficoltà nell'ascolto dei suoni in genere, quanto alla mancata comprensione di gran parte di essi, specialmente se ascoltati in ambiente rumoroso.

Prevenzione della sordità. - La prevenzione della s. si affronta agendo su due fronti: quello della prevenzione della s. in senso stretto e quello di un intervento precoce sulla stessa, una volta diagnosticata, per permettere di adottare precocemente le opzioni terapeutiche più idonee. A parte le forme di s. ereditaria, delle quali è possibile prendere conoscenza a livello di consultori prematrimoniali, soprattutto in relazione al carattere dominante o recessivo della trasmissione, per quanto riguarda l'altro gruppo delle s. prenatali, sono da ritenersi fondamentali tutti quegli accorgimenti di ordine preventivo relativi alla limitazione dell'uso di farmaci e/o alla prevenzione di malattie infettive (vaccinazione antirubeolica) messi in atto durante la gestazione, considerando che il periodo più a rischio per le malformazioni dell'orecchio esterno e interno va dal 20° al 70° giorno di gestazione. Per altre forme di s. ereditaria, tipo l'otosclerosi, non esiste al momento attuale alcuna forma di prevenzione specifica, anche in considerazione del fatto che alcune delle concause aggravanti fanno parte del ciclo fisiologico di ogni donna (gravidanza, allattamento). In linea generale, per tutte le forme di s. neurosensoriale, mono- o bilaterale, devono essere evitate tutte le potenziali fonti di aggravamento, come l'esposizione a rumore, considerate le frequenti e differenti fonti di rumore alle quali la vita moderna espone (traffico, discoteca, concerti, registratori con auricolari tipo walkman). Oltre al rumore, va ricordata la possibilità di un'influenza negativa sulla funzione uditiva da parte di taluni farmaci, tra i quali spiccano gli antibiotici aminoglicosidici e che comprendono anche l'acido acetilsalicilico, la comune aspirina, seppur ad alti dosaggi e con effetti solo transitori. Non minore importanza va data al rispetto di norme igienico-dietetiche, riguardanti un'alimentazione controllata, l'astensione dal fumo e da eccesso di alcool, fattori tutti che, agendo negativamente sulla microcircolazione dell'orecchio interno, costituiscono un rischio potenziale di ulteriore aggravamento della funzione uditiva.

Terapia della sordità. - La terapia della s. si basa essenzialmente sul binomio chirurgia-protesizzazione, e solo in rari casi è medica. La chirurgia della s. (detta anche cofochirurgia) è indirizzata principalmente alle forme trasmissive, prima fra tutte l'otosclerosi. Gli interventi per otosclerosi (stapedotomia, stapedectomia), oggigiorno effettuati con strumentario sempre più sofisticato (microtrapani, laser), non agiscono sulla malattia di base, ma sull'effetto di fissazione ossiculare dovuta all'estensione del focolaio al livello dell'orecchio medio. Altra patologia suscettibile di trattamento chirurgico è l'otite media cronica, cioè un'infiammazione dell'orecchio medio che provoca perforazione timpanica. Anche se lo scopo primario della terapia chirurgica è rivolto alla risoluzione del problema infiammatorio, è possibile anche prevedere un miglioramento della funzione uditiva con la riparazione isolata della perforazione timpanica (miringoplastica) o con il consensuale ripristino della continuità ossiculare (timpano-ossiculoplastica). Una recente acquisizione della chirurgia otologica è rappresentata dall'impianto cocleare, un vero e proprio orecchio elettronico che viene indicato per i soggetti con perdita uditiva totale bilaterale (cofosi) o che, comunque, non possono giovarsi delle protesi acustiche tradizionali, delle quali dunque rappresenta l'espressione più innovativa.

L'impianto cocleare è costituito da una parte che si colloca all'interno del corpo e una che rimane esterna (fig. 3). La parte interna a, applicata durante l'intervento chirurgico, consta di un ricevitore, posto sotto la pelle nella regione retroauricolare, che è collegato a un piccolo catetere contenente gli elettrodi; questo viene inserito attraverso una piccola apertura all'interno della coclea. La parte esterna b è costituita da un bottone calamitato che si collega al ricevitore interno, e che a sua volta è connesso mediante un sottile filo a una scatolina contenente il sistema computerizzato. Questo è in grado di analizzare il segnale esterno (con metodica analogica e/o digitale) e di trasmetterlo come stimolo elettrico a livello del nervo uditivo al sistema di elettrodi intracocleare, teoricamente in grado di stimolare il nervo uditivo in differenti punti della coclea. L'efficacia di questa metodica chirurgico/protesica, supportata post-operatoriamente da un periodo più o meno lungo di rieducazione logopedica, varia sia in rapporto al tempo intercorso tra inserimento dell'impianto e insorgenza della s., sia, soprattutto, all'epoca d'insorgenza della s.: mentre un adulto postlinguale, a cui l'impianto è inserito a breve distanza di tempo dall'insorgenza della cofosi, arriva anche ad avere una conversazione telefonica, il recupero delle s. totali bilaterali insorte in epoca prelinguale è più lento e problematico.

La terapia protesica viene consigliata per il recupero delle s. neurosensoriali, e anche per quelle trasmissive non indirizzabili verso una terapia chirurgica. La protesizzazione acustica è essenzialmente indicata per le forme bilaterali, nelle quali viene generalmente scelto l'orecchio con migliore discriminazione alle prove di audiometria vocale in campo libero, anche se è stato dimostrato un indubbio vantaggio con la protesizzazione in entrambi gli orecchi. Le protesi acustiche sono dispositivi di amplificazione a batteria, i cui componenti essenziali sono un microfono, al livello del quale avviene la trasduzione meccanico-elettrica; un amplificatore, che amplia il segnale elettrico proveniente dal microfono; e un ricevitore, un dispositivo elettromagnetico che riconverte il segnale elettrico in segnale acustico per poi inviarlo all'orecchio. Lo sviluppo tecnologico ha permesso l'introduzione in commercio di apparecchi acustici di dimensioni sempre più ridotte, che hanno di fatto sostituito le protesi più ingombranti, tipo quelle a scatola, che alcuni anni fa erano le più utilizzate per le s. gravi nei bambini. Le protesi acustiche più comuni sono quelle retroauricolari, con involucro esterno di dimensioni anche molto ridotte, la cui amplificazione viene convogliata per via aerea tramite un tubicino (chiocciola) che s'inserisce nel condotto uditivo esterno; sono i tipi di protesi acustica che permettono il maggior guadagno uditivo, e dunque sono le più adatte per le forme di s. neurosensoriale più grave. Le protesi moderne sono inoltre dotate di sistemi interni (taglio del picco d'intensità, controllo di guadagno uditivo) per evitare il fastidio legato all'eccessiva amplificazione. Molto comuni sono anche le protesi endoauricolari, di dimensioni ridotte e quindi privilegiate per motivi estetici, adatte però solo a s. neurosensoriali di media gravità, poiché per effetto della vicinanza tra microfono e ricevitore l'aumento dell'intensità di amplificazione può dare luogo all'effetto Larsen (cioè un fischio emesso dall'apparecchio). Esistono inoltre anche protesi endocanalari e peritimpaniche, di dimensioni notevolmente ridotte, a scomparsa totale nel condotto uditivo esterno, con possibilità di adattamento specifico per forme neurosensoriali in caduta sulle frequenze acute, ma sempre limitate a forme non gravi. Esistono persino delle protesi a contatto, tipo lentina, da poggiare sulla parte centrale della membrana timpanica, la cui funzione è regolabile mediante un collarino esterno per induzione elettromagnetica. La protesizzazione acustica per via ossea può essere indicata nelle forme di ipoacusia trasmissiva quando l'intervento chirurgico non sia proponibile per l'età o le condizioni di salute, così come negli esiti postoperatori con scarso successo funzionale. Vengono per questo prese in considerazione protesi retroauricolari, oppure integrate nelle stanghette di speciali occhiali, come anche, per le donne, all'estremità di cerchietti per capelli.

Bibl.: Encyclopédie medico-chirurgicale frana̧ise, 1 e 2, Parigi; Handbook of clinical audiology, a cura di J. Katz, Baltimora 1972; Manuale di otorinolaringoiatria, a cura di G. Rossi, Torino 1994.

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