KIERKEGAARD, Søren Aabye

Enciclopedia Italiana (1933)

KIERKEGAARD, Søren Aabye

Giuseppe Gabetti

Pensatore, poeta e moralista danese, nato a Copenaghen il 5 maggio 1813, morto nella stessa città l'11 novembre 1855. Nella corrente di pensiero intuitivo mistico che, da Hamann in poi, accompagnò il divenire della filosofia moderna, per tutto il sec. XIX, giù fino a Nietzsche, fu una delle personalità più rappresentative, e con una così lunga e vasta risonanza che, dopo la metà del secolo, tutta la vita spirituale del Nord - da Ibsen a Jacobsen, a Strindberg - ne ricevette per decennî, in gran parte, il suo orientamento. Malaticcio, sensibile, portato per istinto a viver ripiegato su sé medesimo; cresciuto in solitudine, accanto a un padre oppresso da preoccupazioni religiose e perennemente assorto nel sentimento di una propria grave colpa da espiare; dotato da natura di un sottile ingegno dialettico, ma con una struttura psichica in cui il ragionamento era soprattutto uno strumento per tormentare la vita sensitiva; parve - per natura come per esterne circostanze - predestinato a diventare l'interprete dell'inquietudine romantico-cristiana, che agitò le coscienze nell'età sua. Sorgendo dal mondo del pensiero hegeliano, che da vent'anni a opera di Heiberg dominava la vita spirituale danese, e movendosi ancora in quel mondo egli stesso con i suoi primi scritti - Af en endnu Levendes Papirer (Dalle carte di un tuttora vivente, 1838), aspra critica del concetto del genio espresso da Andersen nel romanzo Il violinista; e Om Begrepet Ironi, med stadigt Hensyn til Sokrates, (Sul concetto di ironia con costante riferimento a Socrate, 1841) - non tardò a trovare nelle romantiche letture e meditazioni della sua giovinezza gli stimoli a una reazione contro il hegelismo in cui si era formato. Non la hegeliana "soluzione dell'idea nel divenire della realtà" lo poteva infatti appagare: la "verità" che egli cercava, era non la "verità assoluta", ma la "sua" personale verità: "l'idea per cui egli potesse vivere e morire"; e quell'idea non gli poteva venire "dall'unità razionale di un sistema", ma solo direttamente dall'esperienza individuale", la quale - al di là di ogni astrazione dell'intelletto - è la sola "sorgente di verità viva", perché è la sola "reale concretezza dell'esistenza", opera a un tempo di pensiero e di poesia. Enten-Eller, Et Livsfragment, udgivet af Victor Eremita (Una cosa o l'altra, frammento di vita edito da V.E., 1843) è appunto l'espressione di questa ricerca, la quale non agli sviluppi di un ragionamento domanda la luce, ma alle esperienze: cosicché tutta quanta l'interna esistenza vi si è rispecchiata e riassunta: dall'infanzia solitaria fino alla morte del padre: dal breve periodo di vita mondana elegante, fino alla decisione di affrontare in una sistemazione familiare e sociale l'aspetto serio della vita, dal fidanzamento con Regina Holsen fino all'inquieta coscienza di aver fatto un passo falso; dalla decisione di presentarsi a lei, in aspetto tale da ispirarle sfiducia e disgusto, alla decisione di assumere su di sé la responsabilità della rottura dei rapporti e con la conseguenza di un rimorso che lo attanaglia per anni.

Il problema dell'opera è: entro quale atteggiamento l'uomo possa giungere a dar valore e pienezza alla sua vita; e la risposta è in un'analisi di sentimenti e di stati d'animo. La prima parte: A.s Papirer (Le carte di A.), costituita da una serie varia di saggi: Diapsalmata; De umiddelbare erotiske Stadier, sul D. Juan di Mozart; Det antike Tragiskes Reflex i det moderne Tragiske, sull'Antigone; Skyggerids (Profili), figure poetiche di donne abbandonate: Maria di Beaumarchais, Gretchen, Elvira; Den Ulykkeligste (Il più infelice), racconto; Den føste Kiærlighed (Il primo amore), sull'omonima commedia di Scribe; Vexeldriften (L'istinto di mutamento); e, infine, più ampio e significativo di tutti: l'ampio racconto psicologico Forførerens Dagbog (Diario di un seduttore) accoglie le risonanze che la vita ha nell'animo umano, quando venga vissuta in quella tonalità di romantico estetismo, in cui essa si è, nei tempi moderni, affinata e approfondita con indefinite possibilità di godimento e di dolore. La seconda parte invece: B.s Papirer (Le carte di B.) - costituita da due trattazioni moralistiche in forma epistolare: Ægteskabets astetiske Gyldighet (Il valore estetico del matrimonio); Ligevægt mellem det æthetiske og det ethiske i Personlighedens Udarbejdelse (Equilibrio fra i valori estetici e i valori etici nello sviluppo della personalità), e da un Ultimatum finale, in cui è svolto il pensiero che "di fronte a Dio l'uomo ha sempre torto" ma nella coscienza di tale suo torto l'uomo ha anche una delle sue maggiori forze di spirituale elevazione ed edificazione - presenta la vita saldamente poggiata sopra fondamenta etiche, guidata dalla coscienza della serietà e responsabilità dell'esistenza, illuminata dalla quieta e sicura serenità che è la naturale atmosfera d'una costituita famiglia. Anche lo stile è nelle due parti diverso: di tocco leggiero nella prima, di tono più grave e sermoneggiante nella seconda; ma in tutte e due si sente in realtà lo stesso spirito: lo stesso compiacente indugiare nei fondi morbidi della vita del sentimento, lo stesso amore della sofferenza, lo stesso istintivo gravitare verso il pensiero dell'infinita distanza fra la bontà di Dio e l'umana miseria: "Soltanto la verità che ti edifica è la verità che fa per te".

Partito dalla speculazione filosofica, il K. si avvia, attraverso la poesia e le riflessioni morali, alla meditazione religiosa. E ogni scritto successivo fu un passo innanzi in questa direzione: i 18 Opbyggelige Taler (Discorsi di edificazione, 1843-45); il saggio Frygt og Bæven (Timore e tremore, 1843), intorno al sacrificio di Isacco e alla superiorità del sentimento religioso sulle stesse leggi morali; il racconto Gjentagelsen (Il ricominciamento, 1843) dove nel confessare con sincerità davanti a Dio la propria colpa e nel volere il proprio dolore l'uomo trova la via verso un nuovo inizio della sua esistenza; i Philosophiske Smuler (Briciole filosofiche, 1844) e il saggio Om Begrepet Angest (Sul concetto di angoscia), nei quali il sentimento del peccato si rivela come la sola possibilità per cui l'uomo possa congiungersi col suo Dio, da cui è altrimenti separato da un abisso invalicabile. Negata la corrispondenza fra mondo interiore e mondo esteriore, fra realtà e pensiero, è posto come unico problema che conti per l'uomo, quello del suo rapporto con Dio: rapporto a cui - preclusa ogni via razionale - non si accede che "per la via della vita". L'opera Stadier paa Livets Vei (Momenti sulla via della vita, 1845), riattaccandosi a Enten-Eller, svolge i gradi e momenti, attraverso cui l'uomo passa per giungere entro di sé a conoscere il senso e il valore vero della sua esistenza nel mondo. Il primo momento - estetico - è quello dell'immediatezza dell'istinto di vivere, e conduce, attraverso la ricerca del godimento, alla disperazione. Il secondo momento - etico - è quello in cui l'uomo supera la propria disperazione, risolvendola in coscienza morale e in angoscia religiosa, presentimento del divino. Il terzo momento - religioso -, infine, è quello per cui, nella sofferenza accettata e amata, nella volontaria rinunzia, nell'umiltà del cuore l'uomo comunica con Dio e, vinto ogni terreno attaccamento, vive rapito e assorto nel senso delle cose eterne. Il cristianesimo che - v. anche la Afsluttende uvidenskabelig Efterskrift (Conclusiva appendice antiscientifica, 1846) - non è un modo di pensare ma un modo di vivere, non una scienza (Videnskab) ma una passione (Lidenskab), e dalle contraddizioni insolubili della ragione trae lo slancio trionfante della fede, e nel sentimento del peccato la forza per le mistiche ascensioni: il cristianesimo è di questo momento la suprema manifestazione.

Nel Synspunktet for min Forfattervirksomhed (Punto di vista intorno alla mia attività di scrittore, 1848; ma pubblicato postumo 1859) K. stesso addita la Efterskrift come Vendepunkt (momento decisivo) della sua vita. E, in realtà, tutti volti esclusivamente a chiarire e approfondire il suo cristianesimo furono, negli anni che seguirono, i suoi scritti: gli Opbyggelige Taler i forskjellig Aand (Discorsi d'edificazione in diverso spirito, 1847); i Kjærlighedens Gjerninger (Le opere dell'amore, 1847); il Lilien paa Marken og Fuglen under Himlen (Il giglio di campo e l'uccello sotto il cielo, 3 discorsi, 1849); i Christelige Taler (Discorsi cristiani, 1849); la raccolta Ypperstepræsten, Tolderen, Synderinden (Il migliore dei poeti, Il doganiere, La peccatrice, 1849); i saggi Sygdommen til Døden (La malattia mortale, 1849) e Indøvelse i Christendom (Esercizio di cristianesimo, 1850); le nuove serie di prediche: En opbyggelig Tale (Un discorso d'edificazione, 1850); To Taler ved Altergangen om Fredagen (Due discorsi per la comunione del Venerdì, 1851). Per mesi interi Goldschmidt Meïr lo aveva attaccato e deriso nel Corsaro, mettendo in caricatura la sua figura esile, con la grande testa, con l'immancabile parapioggia sotto il braccio, e con le gambe sottili, dove una gamba dei pantaloni era regolarmente più lunga dell'altra; e il ridicolo gettato su di lui aveva aggravato la sua naturale disposizione a torturare sé medesimo, dando una tinta più cupa anche alla sua religiosità. "Ecco": essere Cristiani voleva dire camminare sulle orme del Cristo", "accettare e praticare veramente come propria divisa la croce". Due suoi scritti di quel tempo: Toende etisk-religiose Aphandlinger (Due trattati etico-religiosi, 1849) pongono il problema se l'uomo debba esser pronto a lasciarsi uccidere per amore della verità. Pur serbando coscienza della sua personalità e distinguendo la sua missione di agitatore delle coscienze da quella del riformatore religioso, egli incominciò a sentire sempre più la sua posizione nel mondo come quella dell'apostolo" che testimonia con la sua vita della sua fede, come quella del "solitario", chiamato "fra i mille" a passare in mezzo agli uomini come "esempio di verità vivente".

Tale atteggiamento doveva portarlo inevitabilmente a contrastare al protestantesimo della chiesa nazionale, dominata tuttora dal dogmatismo teologico. E per tre anni, prima di decidersi a ingaggiare apertamente la lotta (per il suo stato d'animo v. Til Selvprøvelse. Per un esame di coscienza, 1851), restò chiuso in sé, interrompendo completamente la sua attività di scrittore. Infine quando nel 1854 il vescovo Mynster morì, e il Martensen, che aspirava alla successione, nell'elogio funebre chiamò il defunto "testimonio di verità" - attesi ancora undici mesi finché la nomina del Martensen fosse avvenuta - ruppe il silenzio con un articolo nel Fædrelandet, che scatenò la bufera: "Fu il vescovo Mynster un testimonio di verità, uno dei veri testimonî di verità? È questa verità". Testimoniare la verità vuol dire per un uomo di religione non già fare prediche, ma vivere in povertá, in umiltà, in solitudine, in accettazione d'ogni miseria e disprezzo, in partecipazione a tutte le sofferenze umane come il Cristo è vissuto: come può esser testimone di verità colui che vive negli agi, negli onori, come se la vita del prete fosse una carriera da percorrere? La polemica col Martensen, continuò per mesi, e il K., che fondò un'apposita rivista Øjenblicket (il Momento), vi consumò in un'attività senza riposo le sue forze. Il 2 ottobre dovette essere ricoverato al Frederiks Hospital: desiderava morire, per il pensiero che la sua morte sarebbe stata la sua vittoria: dopo 40 giorni si spense.

Opere Samlede Værker, ed. A. B. Drachmann, J. L. Heiberg, H. O. Lange, voll. 14, Copenaghen 1901-06. Degli Efterladte Papirer, dopo l'ed. di H. P. Barfod e H. Gottsched, voll. 8, 1869-1881, v. l'ed. di P. A. Heiberg e V. Kuhr, finora voll. 10, Copenaghen 1910 e segg. In tedesco: Sämtliche Werke, a cura di H. Gottsched e Ch. Schrempf, voll. 12, Jena 1922-23. Per i rapporti con Regina Holsen, v. Mit Forhold til hende, dalle carte postume, ed. H. Lund, Copenaghen 1904.

Bibl.: G. Brandes, S. K., Copenaghen 1877, ora in Samlede Skrifter, II; H. Höffding, S. K. som Filosof, Copenaghen 1892; 2ª ed., 1919; C. Koch, S. K., Copenaghen 1898, 2ª ed., 1916; Th. Bohlin, S. K.s Leben und Werden, trad. ted., Gütersloh 1925; W. Ruttenbeck, S. K., Berlino 1929; e particolarmente E. Geismar, S. K., voll. 6, Copenaghen 1926-28 (v. anche due sue conferenze in Revue de métaphysique et de morale, 1933); Niedermayer, Kierkegaard und die Romantik, 1909; Th. Bohlin, K.s dogmatische Anschauung in ihrem geschichtlichen Zusammenhang, Gütersloh 1927; A. Vetter, Frommigkeit als Leidenschaft, Lipsia 1928; H. Diem, Philosophie und Christentum bei K., Monaco 1929; E. Hirsch, Kierkegaardstudien, Gütersloh 1930; J. Himmelstrup, K.s. v. Opfattelse af Sokrates, Copenaghen 1924; Baumler, Hegel und Kierkegaard, in Deutsche Vierteljahrschrift, 1924; J. Wahl, Hegel et Kierkegaard, in Revue Philosophique, 1931; K. Löwith, K. und Nietzsche, Francoforte 1933.