COLORANTI, SOSTANZE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1948)

COLORANTI, SOSTANZE (X, p. 860; App. I, p. 444). Il colore delle sostanze

Angelo MANGINI
Armando MAUGINI

A parte i colori di interferenza e di diffrazione che non sono dovuti a sostanze colorate, i colori di assorbimento richiedono necessariamente la presenza di una sostanza colorata, che ci appare tale perché essa assorbe selettivamente le onde elettromagnetiche dello spettro visibile (luce bianca: 4000°-8000° Å). Come è noto, l'assorbimento selettivo di una sostanza verso la luce bianca può essere "diretto" o "parziale" (assorbimento del colore complementare): è quest'ultimo il caso più generale che si verifica, in specie, per le sostanze organiche. Così, una sostanza ci appare colorata in giallo (5500 Å), in rosso (6450 Å) o in verde (5100 Å: il colore fisicamente più cupo), se rispettivamente assorbe: l'indaco (4250 Å), il blu-verde (4900 Å), il porpora (7250 Å). Peraltro, dal punto di vista fisico, si considerano colorate anche le sostanze che assorbono nel medio ultravioletto, e che sono quindi incolori al nostro occhio (sostanze "fisicamente" incolori sono quelle che mostrano assorbimento nell'u. r. e nel lontano u. v.).

Il colore delle sostanze, cioè l'assorbimento selettivo (u. v. medio e visibile), dipende dall'architettura molecolare, e quindi non solo dalla sua composizione e dai raggruppamenti atomici presenti nella molecola, ma anche dalla disposizione da essi occupata: si confronti, ad esempio, il difenil-fulvene-I, rosso, con gli isomeri terfenili-II, incolori,

e la isatina-III, rossa, con la isomera ftalimmide-IV, incolora.

La teoria di Witt, che ancor oggi deve ritenersi basilare agli effetti delle relazioni esistenti fra costituzione e colore, può esprimersi sinteticamente nel modo seguente: "La presenza, nella molecola di un composto organico, di particolari raggruppamenti atomici non-saturi per costituzione, chiamati cromofori, importa la "capacità potenziale" del colore; essi, cioè, danno origine a un cromogeno, spostando l'assorbimento verso le più grandi lunghezze d'onda (effetto batocromo del cromoforo); i cromogeni, che a seconda della grandezza dell'effetto batocromo sono generalmente incolori o poco colorati, assumono però colore più cupo e più intenso quando in essi vengono introdotti degli altri raggruppamenti atomici, non -saturi per coordinazione, chiamati auxocromi (effetto batocromo e ipercromo dell'auxocromo)".

Il colore delle sogtanze, già per la teoria di Witt, appare dunque come conseguenza della non-saturazione: ciò è fondamentale agli effetti dello "stato colorato" delle sostanze, come anche risulta dalle nostre attuali conoscenze e dalle moderne teorie che, in breve, sono riassunte in quanto segue:

1) Nell'aspetto fisico, il colore delle sostanze è l'effetto della eccitazione degli elettroni π, presenti nella molecola, sotto l'influenza delle radiazioni elettromagnetiche del medio u. v. e del visibile. Gli elettroni π sono presenti in tutte le sostanze non sature, e, da un punto di vista generico, sono facilmente eccitabili sotto l'azione di reattivi chimici (più facile reagibilità chimica dei composti non-saturi rispetto ai saturi) e di perturbazioni fisiche (ad esempio, radiazioni elettromagnetiche).

2) Nell'aspetto chimico, il colore delle sostanze è l'effetto dello stato mesomero, corrispondente al sistema non-saturo (quindi contenente elettroni π), che si origina nel cromogeno per effetto del cromoforo e dell'auxocromo. Per stato mesomero, o di risonanza ibrida (secondo alcuni "risonanza"), deve intendersi quel particolare stato della molecola, non direttamente formulabile, ma definibile attraverso forme limiti. E per chiarire il concetto: tutti i composti non saturi, in virtù degli elettroni π, facilmente eccitabili o - come suol anche dirsi - mobili, non possono rappresentarsi (date le loro particolari proprietà chimiche, fisiche e chimico-fisiche, talvolta inattese e contradditorie) con una sola formula strutturale, bensì mediante più formule, dette "forme" o "stati limiti" (o anche elettromeri). Per modo che il reale stato della molecola può farsi corrispondere: o a un equilibrio dinamico fra i varî stati limiti, che se pur raggiunti sono immediatamente "superati" e quindi non fisicamente separabili (stato di risonanza); oppure, a uno stato che sta come in mezzo ai varî elettromeri, essendo gli elettroni non stabilizzati su di un detemiinato atomo del complesso non-saturo, venendosi a originare un vero "ibrido" fra le varie forme limiti (stato mesomero o di risonanza ibrida).

3) Per cromofori debbono intendersi gli "atomi" coordinativamente non-saturi (principalmente C, N, O, S). Atomi non-saturi coordinativamente (c. n-s.) sono quelli che compaiono "legati" a un numero di gruppi atomici, o di altri atomi, inferiore al numero di coordinazione: questo rappresenta appunto il massimo numero (molto spesso 4 in virtù del principio dell'ottetto) di atomi o gruppi atomici, che un atomo può legare intorno a sé mediante covalenze (le elettrovalenze non sono legami): 4 per il C, tetravalente e tetralegante; 4 per l'N, trivalente e tetralegante; 4 per lo zolfo dei solfuri, bivalente e tetralegante; 6 per il Cr dei sali di cromo, trivalente ed esalegante, ecc.

Funzionano quindi da cromofori:

1) Gli atomi di carbonio, di azoto, di ossigeno, di zolfo, ecc., incompletamente coordinati: vale a dire tutti gli atomi di carbonio dei composti non-saturi, l'azoto delle ammine, l'O degli eteri, lo zolfo dei solfuri, ecc. (gli atomi c. n-s. sono contrassegnati con asterisco)

Perciò anche tutti i cromofori di Witt, ma intesi come "complessi" di atomi c. n-s. (e portatori tutti di elettroni π)

Questi cromofori originano cromogeni che il più delle volte sono già sistemi mesomeri: essi sono responsabili del colore dei coloranti non-salini (polieni, idrocarburi policiclici, chetoni, chinoni, nitro-derivati, azoici, azometini, indigoidi, ecc.), e in particolare di quelle sostanze fortemente colorate, cosiddette a struttura ionoide intramolecolare (struttura dipolare fortemente accentuata).

2) Gli atomi di carbonio, di azoto, di ossigeno, ecc., portatori di un elettrone non accoppiato (elettrone π): vale a dire i radicali liberi al C, all'N, all'O, ecc.

Questi cromofori sono responsabili del colore dei radicali liberi (trifenil-metile, difenil-azenio, ecc.).

3) Il carbonio, l'azoto, l'ossigeno, ecc. "ionoidi": vale a dire i sali al carbonio (di carbenio e carbeniati), all'azoto (di azenio e azeniati), all'ossigeno (fenolati)

Questi cromofori portano a cromogeni ionoidi, e sono responsabili del colore dei coloranti salini: trifenil-metano, azine, xanteni, ecc.

4) Per auxocromi debbono intendersi tutti i raggruppamenti atomici che potendo "coniugarsi" col sistema elettronico, preesistente nel cromogeno, "creano" o "accentuano" lo stato mesomerico della molecola. Consegue ovviamente che avranno allora funzione di auxocromi non solo quelli considerati tali da Witt (i comuni auxocromi fenolici e amminici: gruppi non-saturi per coordinazione), ma anche tutti gli altri raggruppamenti atomici non-saturi (non saturazione in senso lato; fra l'altro gli stessi cromofori di Witt), che per possedere lacuna di ottetto (tipo NO2) o elettroni liberi (tipo NH2, arili, ecc.), hanno la possibilità di perturbare il sistema elettronico del cromogeno. Ad esempio, gli elettroni π degli arili potranno entrare in mesomeria con l'elettrone libero del C dei radicali liberi, secondo uno schema che può essere del tipo seguente:

ed ecco perché il trifenilmetile è colorato, mentre il metile H3 C - nel quale mancano le possibilità di mesomeria - è incoloro.

Da queste considerazioni si può dedurre come - essendo l'influenza dell'auxocromo di natura essenzialmente mesomera, cioè quantomeccanica - l'effetto da esso indotto sul colore possa essere di vario ordine, e risolversi, ad esempio, con un incupimento (effetto batocromo) e con una intensificazione del colore (effetto ipercromo). Ma non deve meravigliare se l'effetto ipercromo a volte manchi, sino ad essere anzi negativo (effetto ipocromo = diminuzione dell'altezza delle bande di assorbimento); come pure, è possibile che venga a mancare l'effetto batocromo, che peraltro può addirittura invertirsi, funzionando allora l'auxocromo da ipsocromo (spostamento dell'assorbimento verso l'u. v.). Infine, nei coloranti salini, l'auxocromo importa pure generalmente un effetto ionogeno (accentuazione del carattere salino).

5) Nel determinare lo stato colorato delle sostanze, è indubbio che iI ruolo principale è giocato dalla mesomeria (o risonanza): essa, anzi, come si è visto, appare condizione necessaria affinché una sostanza sia colorata (in senso fisico). Ma è pure indubbio che nello stato colorato intervengono, talvolta in maniera notevole e in qualche caso determinante, alcune trasformazioni di natura intramolecolare che la sostanza può subire in funzione del mezzo, del pH, ecc.: sono questi i noti fenomeni di tautomeria, salificazione, ionizzazione, associazione, ecc. Tali fatti possono complicare ulteriormente il "quadro" molecolare, accentuando, diminuendo o, in genere, perturbando l'effetto del cromoforo e dell'auxocromo.

Proprietà tintoriali delle sostanze colorate. - Una sostanza colorata che sia capace di "fissarsi" (in maniera stabile) sulle fibre è una sostanza colorante, un colorante - cioè - tecnicamente utile. Secondo Witt, la fissabilità delle sostanze colorate sulle fibre dipende dagli auxocromi (OH, NH2, OR, NX2, ecc.); talvolta, e meglio, se accompagnati dai così detti gruppi adiuvanti (COOH, SO3H) che - senza interferire sul colore - aumentano come sostituenti solubilizzanti l'affinità verso la fibra. In definitiva, l'ipotesi di Witt si può schematizzare come segue:

Nella maggior parte dei casi, e specie includendo nel gruppo degli auxocromi l'SO2H e il COOH, queste condizioni sono di regola soddisfatte; però, se è vero che sulla capacità di fissazione intervengono quei fattori di ordine chimico legati alla struttura molecolare nel senso sopra esposto, è indubbio che essa dipende, a parte i caratteri peculiari delle fibre, da fattori di ordine fisico, legati allo stato del colorante: se in soluzione, p. es., intervengono il pH del mezzo, la natura colloidale, la viscosità, ecc. Comunque, per quanto su base empirica, e classificando gli auxocromi in pratica importanti, nei gruppi seguenti: basici: ammino-gruppi e ammino-gruppo-sostituiti (−NH2, −NHR, −NR1 R2); leggermente acidi: ossidrile fenolico (OH) e gruppo tiofenolico (SH); acidi: gruppo solfonico e carbossilico (SO3H, COOH), specie come auxocromi adiuvanti, possiamo dire che: a) gli auxocromi basici, importano l'affinità verso la seta e - in misura più ridotta - verso la lana, nonché verso il cotone mordenzato; b) l'auxocromo fenolico importa l'affinità verso la lana, la seta e il cotone mordenzati (anche nei leuco-derivati dei coloranti al tino l'affinità è dovuta all'OH; nei coloranti allo zolfo all'omologo tioderivato −SH); c) gli auxocromi acidi, specie l'SO3H, importano l'affinità verso la lana, e in misura più ridotta verso la seta; d) l'auxocromo SO3H− salificato (SO3Na), sotto particolari condizioni costitutive della sostanza, importa l'affinità verso il cotone.

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