SPADA

Enciclopedia Italiana (1936)

SPADA (lat. gladius, spatha; fr. épée; sp. espada; ted. Schwert; ingl. sword)

Piero BAROCELLI
Ugo BADALUCCHI

Arma bianca lunga, che differisce dalla sciabola, con la quale si suole volgarmente confondere, in quanto la spada ha sempre lama dritta e tagliente da ambo le parti.

Antichità. - La spada vera e propria si ebbe quando i progressi tecnici della metallurgia permisero un graduale allungamento delle lame dei pugnali di bronzo: non è in qualche caso facile dare nome di pugnale o di spada a una lama, tanto più che le varie fogge di spade furono modellate a imitazione di quelle dei pugnali.

Molti indizi inducono a ritenere che la trasformazione abbia avuto luogo primamente nel bacino orientale del Mediterraneo, donde pure erano venute all'Europa le più antiche fogge di pugnali di rame e di bronzo. Si ebbe uno sviluppo delle spade egeo-micenee più o meno parallelo a quello delle spade occidentali, quali che siano le dissomiglianze: queste dipendono segnatamente dalla superiorità degli armaiuoli egeo-micenei. Nessuna spada di bronzo rinvenuta in Europa raggiunge la lunghezza di quasi un metro dataci da alcune spade di fase recente della civiltà del bronzo scoperte in tombe cretesi. Le lame egeo-micenee rimangono altresì senza rivali per la ricchezza dell'ornamentazione, l'accurata cesellatura della nervatura mediana, le belle incrostazioni talora istoriate.

Le lame primitive, foggiate in modo che ferissero di punta, con margini affilati e punta aguzza, erano legate alla impugnatura a mezzo o di tallone arrotondato e munito di chiodini, o di lungo codolo sottile, o di linguetta (v. bronzo: La civiltà del bronzo). Sulla fine dell'età del bronzo una lama munita di linguetta larga e piatta con margini rialzati e ribattuti, frequente nell'Europa centrale e in Italia, raggiunse il bacino dell'Egeo e fin l'Egitto. Peculiari fogge di spade ebbe la Sardegna nuragica. Sulla fine dell'età del bronzo e agl'inizî della successiva del ferro, oltralpe si ebbero spade con impugnatura piena di bronzo, di varie fogge, alcune delle quali furono abbastanza diffuse anche in Italia: così, ad es., le spade la cui impugnatura era sormontata da due eleganti volute o antenne. L'uso della spada di bronzo ad antenne perdurava ancora in Italia durante il sec. VIII a. C. Armi di ferro cominciarono ad essere relativamente frequenti circa il sec. VII-VI a. C. Oltralpe la prima spada di ferro, lunga, imitazione di una comune spada di bronzo, fu foggiata, sembra, nella regione burgundia, dove particolarmente attive erano divenute le officine siderurgiche (vedi hallstatt, civiltà di). Nelle regioni illiriche e celtiche la lunga spada cedette presto il luogo a lunghi pugnali di ferro dall'impugnatura ornata di due antenne: imitazione verosimilmente di modelli meridionali, rappresentati pure in corte e appuntite spade di ferro dall'impugnatura ornata di due antenne brevi, rinvenute nei sepolcreti "italici" dei secoli VII-V di Novilara (Ancona), Aufidena (Sannio), e in altri luoghi del versante adriatico. Negli stessi sepolcreti erano pure altre spade di ferro più lunghe, nelle quali E. Brizio credette di riconoscere la spada lunga usata, secondo Polibio, dai Romani prima della battaglia di Canne. I Celti, nei secoli IV-III a. C., ebbero fogge proprie di spade: nelle lotte con i Romani in Italia usarono una lunga spada di ferro atta a colpire quasi esclusivamente di taglio, dai margini affilati e dalla punta ottusa (v. gallica, civiltà).

Polibio disse che i Romani dopo Canne, imitando una caratteristica spada degl'Iberi, adottarono il gladius, la spada corta affilata ai margini e appuntita, atta a colpire specialmente di punta. Si osserverebbe tuttavia che gl'Italici possedevano da secoli la spada corta. Durante la repubblica e gran parte dell'impero la fanteria romana era armata di gladius, finché ai tempi di Vegezio fu estesa ai legionarî una spada più lunga, prima d'allora usata solo da milizie ausiliarie, la spatha. Si hanno documenti attestanti che anche la cavalleria ai tempi di Vespasiano e di Traiano portava una spada più lunga di quella dei legionarî.

La spada celtica si conservò fra i Germani rimasti indipendenti: infatti nelle loro invasioni in Italia essi nei secoli V e VI d. C., portavano ancora la vecchia spada gallica di ferro di poco modificata.

Presso i Greci dei tempi classici, foggia frequente di spada, pur non essendo propriamente greca, ma piuttosto di origine illirica, era la machaera (μάχαιρα) a un solo taglio e ricurva presso la punta. Ai tempi di Alessandro Magno soltanto la cavalleria ne era armata, mentre la fanteria portava lo ξίϕος a doppio taglio, la spada classica greca.

Bibl.: J. Déchelette, Manuel d'archéologie préhistorique, celtique et galloromaine, II, i, ii, iii, Parigi 1914; R. Dussaud, Les civilisations préhelleniques dans le bassin de la mer Egée, 2ª ed., Parigi 1914; L. Lindenschmidt, Die Alterthünmer unserer heidnischen Vorzeit, Magonza 1861-1911; O. Montelius, La civilisation primitive en Italie depuis l'âge des métaux, Stoccolma 1895-1911; O. Montelius, La civilisation primitive en Italie depuis l'âge des métaux, Stoccolma 1895-1910; id., La Grèce préclassique, I, Stoccolma 1924; I. Naue, Die vorrömischen Schwerter (album di 47 tavv.); per le spade preistoriche: U. Rellini, Per lo studio delle spade di bronzo scoperte in Italia, in Bullettino Paletnologia Italiana, XLVI, 1926; A. Taramelli, La ricerca archeologica in Sardegna, in Il convegno archeologico in Sardegna, giugno MCMXXVI, Reggio Emilia 1929; P. Barocelli, Il Piemonte dalla capanna neolitica ai monumenti di Augusto, parte I e III, in Bibl. soc. storica subalpina, CXXXIX, 1923; L. Mariani, Aufidena: ricerche archeologiche e storiche nel Sannio settentrionale, in Monumenti Lincei, X; E. Brizio, La necropoli di Novilara presso Pesaro, ibid., V, 1895.

Per le spade galliche, v. gallica civiltà.

Per l'età barbarica: N. Aöberg, Die Goten und Langobarden in Italie, Upsala 1923; R. Mengarelli, La necropoli barbarica di Castel Trosino presso Ascoli Piceno, in Monum. Lincei, XII, 1902; A. Pasqui e R. Paribeni, Necropoli barbarica di Nocera Umbra, ibid., XXV, 1918.

Medioevo ed età moderna. - Sul cadere dell'impero romano la spada cominciò a cambiare di forma e di dimensioni. Forse influirono le lunghe spade dei barbari, usate altresì dagli ausiliarî. Fino dai tempi di Diocleziano, Vegezio nomina la spatha (spada lunga) e la semispatha (pugnale), ricordo del gladio classico. A cominciare dal sec. V e fino all'VIII, la spatha lunga divenne a poco a poco d'uso generale anche in Roma e in Italia.

Un bellissimo esempio di spatha dalla lama lunga 72 cm. venne rinvenuto a Colonia. (fig. 5, a).

L'elsa tende sempre più ad assumere quella forma di croce, che salvo modificazioni di poco conto, durerà fino verso la fine del sec. XVI. Si possono spiegare i motivi dello svilupparsi dell'elsa in forma di croce ricordando che, con le invasioni barbariche, introdottosi l'uso della singolar tenzone, conosciuta col nome di giudizio di Dio, la scherma diventò un'arte, la quale alla fine del sec. XIII aveva già regole proprie. Si sentì così la necessità di ottenere una maggior difesa della mano per garantirla specialmente dai colpi di taglio che scivolavano lungo la lama; donde il prolungamento delle braccia dell'elsa, fino a lunghezze talvolta esagerate.

La Francia dei Merovingi (scavi nelle necropoli dell'alto Medioevo e nei campi di battaglia) ci ha dato molte spade di ferro che vanno dal sec. V al sec. VIII.

L'arte ornamentale cominciò a valersi dell'oro e dell'argento. Questi metalli preziosi si uniscono e si fondono con i lavori di pasta vitrea e di smalti policromi; e qualche gemma già brilla non raramente sulle spade dei re e dei grandi capi. La spada di re Childerico, scoperta a Tournai nel 1563 e che fu chiamata la "spada di Francia" ha frammenti d'oro incrostati di smalti di vetro rossi (Gabinetto delle medaglie di Parigi). Il Museo Nazionale Romano conserva parecchi interessantissimi esemplari di spade longobarde profuse di finissimi lavori di decorazione d'oro e di smalti policromi.

Un'altra specie di spada, propria dei Franchi e dei Germani, fu la scramasax, specie di grossa daga, simile per le dimensioni al gladio romano. La lama ad un solo taglio, leggermente arcuata, lunga circa 60 cm. è larga e piatta, con la costola assai spessa (fig. 5, b, c).

È opportuno rammentare la spada burgunda (fig. 8, n. 1), notevole per la semplicità costruttiva e la tecnica metallurgica: nella lama sono per la prima volta incise le marche dell'artefice armaiolo.

Col fiorire della cavalleria, la spada diviene orgoglio ed onore dell'uomo d'arme. Le lame si allungano e si appesantiscono; una larga scanalatura centrale giunge fin quasi alla punta e appariscono iscrizioni in caratteri onciali.

Il fornimento è formato da un manico di legno, da una traversa ellittica ancora corta, spessa e pesante, di ferro come il pomo, ricoperta sovente di lamine d'oro o d'argento cesellate, scritte, sbalzate, adorne talvolta di smalti. Il pomo della spada carolingia (fig. 8, n. 2), quando non è formato da un solo pezzo di cristallo di rocca, è per lo più a forma di calotta e comincia a racchiudere reliquie di santi.

Alla fine del secolo XV cominciò ad essere usato un nuovo tipo di spada con lunga lama detto stocco d'arcione che divenne l'arma prediletta del cavaliere.

Il Rinascimento, nel suo impulso meraviglioso alle arti, non sa produrre lame di forme e di proporzioni mirabili; il cesellatore le fiorisce di preziose composizioni, di ornati e di figure classiche moventisi sullo sfondo di nobilissime architetture: il tutto incorniciato dai più fini e delicati ornamenti. L'oro versatovi sopra a profusione dalla mano dell'orafo darà al primo tratto della lama un tono caldo contrastante con la fredda azzurrina lucentezza dell'acciaio pulito e renderà più appariscenti i delicatissimi lavori del bulino. Le else, i pomi, siano di ferro, di rame, o di bronzo verranno foggiati con forme dai contorni delicatissimi: nastri, volute, targhe, scudetti ornati di sculture, cesellature rappresentanti intrecci, viticci, sfingi, chimere, putti dorati; mentre per la impugnatura si adopereranno il corno, l'osso, l'avorio, o legni esotici rari, mescolati, alternati a righe, a scacchi, ecc., o saranno ricoperti di preziosi velluti trapunti di fili d'oro, o d'argento (figg. 6-7).

Sebbene la fabbricazione e l'ornamentazione delle armi appartenessero alle arti minori, tuttavia i più grandi maestri concorsero al loro abbellimento; così Donatello non disdegna di segnare il suo nome sulla meravigliosa spada da parata di un comandante di galea, che si conserva nell'Armeria reale di Torino (fig. 7). Più tardi il Riccio, il Foppa, il Caradosso, il Cellini ornano di pregevoli lavori spade e pugnali e specialmente il Riccio ed Ercole da Ferrara, grandi artefici di spade e lingue di bue, modellano e cesellano quei pomi di bronzo mirabilmente contornati di intagli, volute, nel centro delle quali s'intrecciano finissimi sviluppi di fiori, e rami, si muovono figure di disegno perfetto. In proposito è celebre la spada di Cesare Borgia, ora in possesso della casa Caetani di Sermoneta a Roma.

Nelle spade da caccia - dette anche spiedi - apparse nel sec. XV, la lama termina comunemente in forma lanceolata atta a squarciare, mentre un ferro infilato trasversalmente alla base della lancia e che poteva all'occorrenza anche togliersi, serviva a impedire che la bestia nello slanciarsi nuocesse al cacciatore che l'aveva ferita. La traversa era a croce; il manico lungo in modo da potersi impugnare con due mani.

Nel sec. XVI sono tipiche le spade usate dai lanzichenecchi tedeschi calati alla conquista dell'Italia, che da essi assunsero il nome di lanzichenecche (fig. 8, nn. 5-7).

In seguito si praticò l'aggiunta di un ramo di ferro, che partendo dalla parte inferiore dell'elsa andava a ricongiungersi al pomo, formando così un semicerchio che salvaguardava il dorso della mano: e fu questo il primo accenno alla guardia (fig. 8, n. 8).

Seguendo le sorti e i mutamenti della scherma in quest'epoca la spada, specialmente quella di città o da duello, diviene esclusivamente arma da punta e prevale la lama lunga e sottile ma robusta, a sezione di losanga o esagonale; e la spada così foggiata gl'Italiani chiameranno poi striscia, i Francesi rapière (fig. 8, n. 9).

Durante il decorso del secolo XVI i rami di ferro dell'elsa aumentarono di numero formando una specie di gabbia, dentro la quale la mano rimaneva completamente avviluppata e difesa. È questa la spada che appunto per la forma del fornimento si chiama volgarmente a rami (fig. 8, n. 10).

Italia, Germania e Spagna si contendevano il primato nella lavorazione delle guardie a rami, che adornarono di pregevoli sculture, cesellature e ageminature di metalli preziosi.

In seguito, per aumentare la protezione della mano si aumentò ancora il numero dei rami e si pose al di sotto dei rami una piccola piastra a forma di conchiglia (fig. 8, n. 11). Nel sec. XVII l'arte che camminava fatalmente a grandi passi verso il barocco ebbe notevole parte nella trasformazione delle spade. Le piastre a forma di conchiglia, che erano state inizialmente messe sotto i rami del fornimento, si ampliarono a poco a poco, assumendo forma concava e sostituendo infine i rami. Nacque così la spada classica del sec. XVII che fu chiamata a coccia (fig. 8, n. 12). Dei rami ne rimase uno solo, che salendo al disopra della croce s'innesta quasi sempre al pomo. La lama di questa specie di spada è sottile, ma robustissima. La guardia a coccia con la sua superficie ampia e piana si prestò molto allo sviluppo di una decorazione complicata e specialmente gli artisti di Spagna e d'Italia non tardarono a tesservi meravigliosi ricami a cesello e a traforo. La spada a coccia fu propria del gentiluomo. Tipi speciali di spade furono inoltre: quella usata dagli Schiavoni al servizio dei dogi di Venezia, detta appunto schiavona, generalizzatasi in Italia quale arma da cavalleria (fig. 8, n. 13) e la claymore, divenuta poi l'arma nazionale della Scozia (fig. 8, n. 14) e la cui origine risale al Quattrocento.

Nel Settecento il gentiluomo, smessa ormai la corazza e il corsaletto, veste l'elegante e pomposa inquartata e la spada più che arma diviene ornamento; si riduce nelle proporzioni e perde il carattere marziale. Il signore elegante ha la spada capricciosa di bronzo o di rame dorato, o addirittura d'argento o d'oro (fig. 8, n. 16); mentre per i servi e gli scudieri si costruisce uno spadino di ferro e acciaio.

Fin verso la metà del sec. XVIII, da parte di alcuni gentiluomini di vecchio stampo, si continuarono a usare spade da duello (flamberghe), tardo e incompleto ricordo della spada a coccia dei moschettieri di Luigi XIII e degli eroi guasconi della battaglia di Arras.

Durante lo stesso secolo, negli eserciti europei gli ufficiali portarono lo spadino più grande di quello comunemente usato con l'abito civile, e con la lama più corta e robusta.

Con la rivoluzione francese la spada per costume civile fu soppressa. A cominciare dall'impero napoleonico si sono usate spade per diplomatici, per le alte cariche dello stato, per gli ordini cavallereschi e per speciali istituzioni. Come arma da combattimento la spada fu sostituita dalla sciabola (v.).

Spada da esecuzione o da giustizia. - Il nome ne definisce l'uso che aveva in passato. Era in genere arma pesante con lama larga, grande potenza di taglio, elsa a crociera semplice.

Spade d'onore. - Sono armi che vengono donate a sovrani o guerrieri illustri, per commemorare grandi avvenimenti storici, fatti d'arme importanti e simili. Costituiscono sempre capolavori d'arte ai quali concorrono spadai, scultori, incisori, ageminatori, bulinatori, orafi, ecc.

Spada da duello. - Colpisce soltanto di punta. Ha lama lunga cm. 90, dritta, a sezione triangolare robusta, poco flessibile, terminante a punta aguzza. La guardia è costituita dalla coccia in lamiera di acciaio, a forma di calotta sferica, con foro per il passaggio della lama leggermente spostato dal centro. Alla coccia è saldata una sbarretta d'acciaio chiamata gavigliano, con un foro corrispondente a quello della coccia per il passaggio del codolo della lama, che passa poi attraverso il manico di legno e di metallo. All'estremità del codolo si avvita il pomo che tiene unite le varie parti componenti l'arma.

La spada da scherma è uguale alla precedente; soltanto la punta, smussata, termina con un bottone zigrinato.

Spada votiva. - Arma che dai tempi più antichi veniva deposta dai guerrieri nei templi o per impetrare aiuto prima d'iniziare qualche impresa o per ringraziare la divinità dopo averla felicemente compiuta. Queste spade erano per lo più uguali a quelle comuni, o erano armi simboliche.

Per lo sport, v. Scherma.