SPES

Enciclopedia dell' Arte Antica (1966)

SPES

¿ W. Koehler

Personificazione della speranza onorata sin da tempi antichissimi (Liv., II, 51, 2). Lo si rileva già dai suoi rapporti con divinità, anch'esse antiche, quali Fortuna (Τύχη εὔλπις; Plut., Quaest. Rom., 74); e Salus (C. I. L., xiv, 2804). Durante la prima guerra punica A. Attilio Calatino le votò un tempio.

Dopo gli orrori della guerra civile la "nascita del bambino" serve a Virgilio (Egl., iv) d'occasione per "sperare" in una nuova età della pace. Ma questo sentimento ancor vago comincia, come di consueto, a prender forma precisa sotto Augusto: il giorno in cui per la prima volta vestì la toga viri'is (18, x) viene annualmente festeggiato con una supplicatio Spei et Iuve(ntutis). Le speranze della casa imperiale e del popolo si basano sui giovani presumibili successori dell'imperatore: Marcello, Caio e Lucio. Nel 17 d. C. Germanico, il successore presunto di Tiberio, detto princeps iuventutis, consacra un tempio alla Fortuna, essendo stato quello vecchio distrutto dal fuoco (Tac., Ann., ii, 49). Suo fratello Claudio, nel primo anno di regno (41) fa coniare sulle monete la figura intera di s., in occasione della nascita del figlio Britannico, il primo figlio imperiale "nato nella porpora". Ispirandosi a rappresentazioni greche o usando come modello l'immagine cultuale del tempio, i maestri monetarî crearono un tipo della S., rimasto costante in seguito e identificato, anche senza leggenda, come Spes. Si tratta di una giovane donna per lo più in atto di incedere, con un bocciuolo di fiore nella destra, e che solleva con grazia l'orlo della veste.

Anche sotto il regno di Vespasiano, S. esprime l'attesa di un felice sviluppo del o degli eredi al trono: Vespasiano e i suoi figli prendono il fiore porto loro dalla Spes. I presupposti per la conservazione della dinastia, le "nozze" solenni, "benedette" da Giunone o da Concordia, vengono accompagnate sulle monete da "speranze" sotto forma di piccole statuette di S.; Giunone Lucina, la dea che presiede alle nascite, ha talvolta il fiore in mano. Il successore di Adriano, Elio, minacciato da grave morbo, è seguito dalle speranze del popolo intero: Spes p(opuli) R(omani). Le speranze dei Romani accompagnavano pure gli sforzi di Traiano, rimasto senza prole, che vuole sviluppare con un'estesa assistenza sociale, gli ali(menta), l'educazione di attivi successori, e spes Romani nominis (Plin., Paneg., 26, 3). Da Claudio in poi gli epiteti delle iscrizioni presentano accanto ad Augusta, Augusti, Augustorum anche publica e p(opuli)R(omani), a cui si aggiunge sotto i Severi perpetua e firma. In occasione della fastosa celebrazione del millesimo natale della città eterna, Filippo e suo figlio intendono indicare sotto l'iscrizione Spes felicitatis orbis l'attesa di un beatissimum saeculum. Questa "escatologia terrena" era stata preceduta cento anni prima da una escatologia "celeste". Sulle numerose monete consacrate alla consorte Faustina, che iniziano nel 141 e continuano a venir coniate durante tutto il suo regno, Antonino Pio ha voluto esprimere con il frequente uso del fiore di S. la fede in una vita eterna e una continuità nell'attività benefica della Diva Augusta. Ma solo sotto i primi imperatori cristiani S. assume il significato di una speranza nell'al di là. Scompare anche la rappresentazione "pagana" di S. e con essa gli epiteti "terreni", rimangono solo Spes Romanorum e rei publicae, raramente vien conservata l'espressione publica. L'imperatore circondato da un nimbo, il monogramma di Cristo e il signum salutaris crucis dominano le immagini coniate sulle monete dell'imperium divenuto civitas Dei. Caratteristica su una moneta di Onorio la rappresentazione del serpente, trafitto da una lancia, che si contorce sul suolo e che non raffigura già l'antica Salus, bensì quel serpente del peccato, la cui distruzione è attesa dalla "speranza nella salvazione" (Paolo, I Corinti, 13, 13).

Bibl.: G. Wissowa, Religion und Kult der Römer, Monaco 1912, p. 329 ss.; P. L. Strack, Röm. Reichsprägung d. Zweiten Jahrh., Stoccarda 1931, Traian, p. 891 ss.; Hadrian, p. 171 ss; M. Grant, Roman Imperial Money, Londra-Edimburgo 1954, pp. 125, 162.

(† W. Koehler)

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